Saggi scientifici/IV

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III V
Questo discorso fu pronunziato nella seduta del 15 settembre 1906 del Congresso dei Naturalisti Italiani, promosso dalla Società Italiana di Scienze naturali, tenutosi in Milano dal 15 al 19 settembre 1906 - Fu stampato negli Atti del Congresso - Milano 1907.

Ho creduto che l'attuale Congresso dei naturalisti italiani, al quale hanno fatto adesione illustri Accademie e numerose Società anche non schiettamente naturalistiche, potesse offrire la migliore occasione per presentare una proposta che a mio parere dovrà suscitare l'interesse di tutti gli scienziati in genere: quella cioè di una Associazione italiana per il progresso delle scienze.

Non si tratta di fondare una Associazione nuova per l'Italia, giacchè, come avrò occasione di accennare, l'Associazione stessa ha già lungamente fiorito presso di noi, anzi possiede una storia gloriosa. Ma, a mio giudizio, non conviene risuscitare immutata la vecchia istituzione colle sue antiche tradizioni, sebbene nobili ed altissime. Si dovrebbe invece ricostituire sopra nuove basi una Associazione che ha avuto vita floridissima e che da un trentennio ormai tace.

Non ritengo necessario spender molte parole per dimostrarne la utilità. Esporrò solo alcuni dati i quali sono molto più eloquenti di qualunque discorso e mostrano come le Nazioni più innanzi nella civiltà hanno sentito da lunghi anni il bisogno di fondare e di conservare poi gelosamente delle Associazioni per l'avanzamento delle scienze dalle quali ritraggono non dubbio vantaggio.

La Società britannica per l'avanzamento delle scienze rimonta al 1831, anno in cui fu fondata dal Brewster. Essa conta 4500 membri. L'Associazione francese ha una data più recente, e venne fusa con l'Associazione scientifica di Francia che era stata già creata nel 1864 dal Le Verrier. Essa pubblica dei resoconti a partire dal 1872. L'America possiede fino dal 1853 una Unione per il progresso delle scienze e delle arti, la quale dà alla luce un rapporto annuale. Esiste una analoga associazione in Australia che conta circa 1000 soci e si riunisce in congresso ogni due anni. La Germania ha costituito dal 1822 la Società dei Medici e Naturalisti ai quali si sono uniti i matematici ed altri scienziati. Nel 1904 la Società accoglieva 2910 membri. Ma la più antica associazione di questo genere appartiene alla Svizzera. La sua origine rimonta al 1815 ed oggi essa conta 800 soci; pubblica degli atti dal 1816, dei resoconti dal 1879 e delle memorie dal 1829.

Il più celebre di tutti questi sodalizi è senza dubbio l'Associazione britannica, sia per il gran numero di soci che ne fanno parte, sia per la ricchezza di mezzi di cui può disporre, sia finalmente per l'importanza dei risultati conseguiti con lungo, perseverante e non interrotto lavoro. Le sue solenni riunioni, che hanno luogo ogni anno in una città del Regno Unito o delle colonie, manifestano l'energia, l'intelligenza e tutte le nobili qualità che fanno la grandezza del popolo inglese.

Non è certamente qui il caso di parlare dei resultati conseguiti dall'Associazione britannica. Mi basti ricordare gli studi sulla questione delle unità assolute compiuti per sua iniziativa, i quali hanno condotto a conseguenze di somma importanza ed utilità nel campo teorico ed in quello pratico.

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L'Italia ha seguito fin dalla sua origine il movimento iniziatosi sui primi del secolo scorso con i congressi degli scienziati. La prima riunione di scienziati europei ebbe luogo in Svizzera nel 1816 per iniziativa del farmacista M. Gasse di Ginevra, e nel 1839 il primo Congresso degli scienziati italiani aveva luogo in Pisa. Fu il principe Carlo Bonaparte, figlio di Luciano, che, preso d'ammirazione pel Congresso tenutosi in Friburgo nel 1838, ottenne dal Granduca di Toscana che ne fosse tenuto uno in Pisa nell'anno successivo.

La storia di questo congresso è stata narrata da varii autori ed ha un notevole interesse. Abbiamo di esso una relazione ufficiale scritta da Gaetano Savi; una del Corridi, che ne fu il segretario generale; più recentemente Elisa Tacchi1 ha pubblicato uno studio accurato e diligente prendendo occasione dallo scritto del prof. Bacci intitolato: «Una miscellanea di stampe sul primo congresso degli scienziati in Pisa».2 Le relazioni ufficiali non riflettono che i risultati scientifici conseguiti, ma dall'articolo ora ricordato e da tutte le memorie dell'epoca risulta appieno l'importanza politica del congresso, l'entusiasmo e le speranze che suscitò una riunione di cultori di scienze in Italia quando l'Italia non esisteva ancora come nazione, le diffidenze che destò nei governi di allora, le inquietudini della polizia. Il generale Radestzki scriveva: «I dotti riuniti in Pisa si sono imposti la maggior riserbatezza nel parlare per non compromettere con imprudenze e indiscrezioni l'avvenire di una istituzione destinata a travagliare gli animi in segreto per gettare le fondamenta dell'opera infernale della rigenerazione italiana».

Non mi addentrerò nei particolari del congresso, rimandando chi amasse conoscerli all'articolo citato, ad un bel lavoro del prof. Linaker3 e ad altri scritti speciali, ma non ho voluto passare sotto silenzio e nascondere che la questione politica, che allora padroneggiava, e ben giustamente, gli animi degli italiani e compenetrava ogni manifestazione di vita civile, dominava nascostamente quella riunione scientifica.

Questo fatto non ho voluto nasconderlo giacchè deve ricercarsi in esso una delle cause principali della rapida decadenza dei congressi degli scienziati italiani dopo che l'Italia cessò di essere una aspirazione ed un sogno e divenne una realtà.

Il successivo congresso si tenne a Torino l'anno seguente, cioè nel 1840. Nel 1841 ebbe luogo a Firenze,4 nel 1842 a Padova, nel 1843 a Lucca, nel 1844 a Milano, nel 1845 a Napoli, nel 1846 a Genova, nel 1847 a Venezia e fu il nono congresso. Il decimo doveva aver luogo a Bologna, ma ben tre lustri s'interposero fra il nono e il decimo congresso che si riunì nel 1861 a Firenze in occasione della Esposizione italiana. Roma fu sede dell'undecimo convegno che si tenne nel 1872 e l'ultima riunione ebbe luogo nel 1875 a Palermo. Da quell'epoca i congressi sono cessati e non se ne parlò più.

Questi congressi degli scienziati italiani furono sempre frequentatissimi; circa 421 membri intervennero al primo del 1839 in Pisa, 500 a quello di Lucca, al congresso di Milano del 1844 i presenti erano 1159, e si pensi alle difficoltà di comunicazioni e di viaggi in quell'epoca. Trovo finalmente inscritti 788 scienziati all'ultimo congresso di Palermo.

Dei resultati scientifici molti in più occasioni han parlato e non è qui il momento di citarli nè di discuterli. Però per dimostrare l'interesse che suscitarono non può tacersi che fin dalla loro origine richiamarono anche l'attenzione degli scienziati stranieri, e mi basti a titolo d'esempio di ricordare che una delle più celebri scoperte del matematico Jacobi, quella del principio dell'ultimo moltiplicatore, venne divulgata dal suo autore nel congresso di Lucca del 18435.

Non pertanto al Congresso di Roma del 1872 l'idea di chiudere la serie delle riunioni degli scienziati italiani era nell'animo di molti. Riporterò le parole con le quali l'illustre Mamiani inaugurò il successivo congresso, quello di Palermo

«Due anni or sono, egli diceva, parevano gli scienziati italiani disposti a smettere questa nobile usanza dell'adunarsi in congresso generale in qualche città illustre di fama e di studi. Le cagioni che si allegavano voi le sapete, nè giova di riandarle. Ma il singolar fatto fu questo, che, accolti essi in adunanza copiosa e fiorita nelle stanze del Campidoglio e consigliandosi sulla opportunità di abolire per sempre i congressi generali, ne uscì in iscambio una conferma impensata e solenne. Il che a mio giudizio non accadeva senza una ispirazione degli animi malconscia di sè, ma pur saggia e previdente. E di vero, potevasi egli interrompere una istituzione nata più che altro a testificare e riconfermare l'amicizia e parentela dei nostri popoli, la storia loro scambievole e la devozione ardente nella patria comune, potevasi, dico, interromperla non avendo ancor visitata Palermo, capo di quest'isola incantevole, di questa terra la più preziosa e la più lucente di tutto il Mediterraneo, la quale in ogni tempo insegnava all'Italia come si odia e come si spezza il giogo degli stranieri?»

Dopo il felice esito del Congresso di Palermo non si sarebbe aspettata davvero la fine delle riunioni degli scienziati italiani, tanto più che un nuovo elaborato regolamento fu discusso e approvato, e ne resultò una nuova costituzione della Società. Il regolamento peraltro non venne applicato mai e il Congresso di Palermo fu realmente l'ultimo, giacchè un trentennio è passato e l'Associazione Italiana per il progresso delle scienze non si fece mai viva, nè di fatto esiste.

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Si tratta ora di cercare di ricostituirla sopra nuove basi. Come ho già detto, un gran numero di persone la ritiene utile ed è in ciò confortata dal luminoso esempio di quello che si fa all'estero. Del resto si può dir male dei Congressi, ma essi rappresentano un bisogno dell'epoca presente, e quanto più essi sono comprensivi, tanto più rispondono di fatto alle esigenze moderne, correggendo la tendenza alla eccessiva specializzazione, riunendo cultori di ricerche diverse, incoraggiando e spronando gli studiosi di una disciplina col mostrar loro quello che si fa nelle altre e quali sono i bisogni delle varie scienze, quali gli aiuti reciproci che esse possono prestarsi.

Il momento per tale ricostituzione sembra a molti di noi oggi opportuno per le ragioni che mi permetto brevemente di esporre.

È indubitato, come ho già avuto occasione di dimostrare, che il pensiero politico dominava nascosto le riunioni degli scienziati italiani fino a che l'Italia non fu costituita. La ragione politica, che aveva ad esse procurato dapprima vita rigogliosa, fu poi fonte di decadenza ed un segno evidente ce lo danno le parole stesse del Mamiani che ho testè citate.

Ora lunghi anni sono trascorsi e la tradizione antica è ormai interrotta. Il rapido sviluppo intellettuale odierno dell'Italia è una garanzia che l'altissimo concetto dell'avanzamento e della divulgazione della scienza, concetto dominante nelle analoghe Società degli altri paesi, può bastare a dar vita e mantenere la nuova Associazione.

Ma un grave pericolo poteva sovrastare all'Associazione stessa, pericolo, agli occhi di molti, tale da comprometterne seriamente tutto l'edifizio.

Questo pericolo però, ritengo che nelle condizioni attuali sia scongiurato. È certo che, se l'Associazione si costituirà, essa sarà composta in gran parte d'insegnanti. La scienza da noi, come del resto in Francia ed anche in Germania, è scienza ufficiale e sono vere eccezioni coloro che si occupano seriamente di studi scientifici senza appartenere al mondo dei professori. Ora un Congresso in gran parte formato di insegnanti universitari e di scuole secondarie, sarebbe stato fatalmente condotto, alcuni anni fa, ad occuparsi, non solo di questioni scientifiche, ma anche di questioni riguardanti i professori come corpo che impartisce l'insegnamento e riceve i suoi mezzi di sussistenza dallo Stato. Di qui l'esame degli ordinamenti scolastici e quello delle condizioni morali ed economiche del corpo insegnante. Dirò, senza tante ambagi, che se tali scottanti questioni fossero cominciate ad infiltrarsi nelle discussioni del nuovo sodalizio, dati gl'interessi che le questioni stesse toccano, le passioni che suscitano, esse avrebbero presto e facilmente preso il sopravvento sopra molte delle vere e proprie questioni scientifiche, e dilagando ed imponendosi avrebbero seriamente potuto compromettere l'avvenire della istituzione, distogliendola dai suoi veri scopi e rendendola forse non simpatica a quella grande maggioranza della parte colta del paese che giustamente desidera assistere a puri dibattiti scientifici.

Fortunatamente però, come ho già detto, un tale pericolo è ai miei occhi scomparso. Esistono già più Associazioni, quelle dei professori di Scuole secondarie e quella recentemente formatasi dei professori di Università, le prime delle quali hanno svolta una azione morale e politica che ha già condotto a nuove leggi per le Scuole secondarie e a nuove ancora condurrà. Quanto all'ultima, la sua azione sta già esplicandosi e svolgendosi rapidamente.

L'esistenza di queste Associazioni, già costituite ed operanti per loro conto con fini e con mezzi chiari e ben determinati, toglie completamente il pericolo che l'Associazione per l'avanzamento delle scienze possa essere distratta dai suoi veri fini e dai veri e propri interessi scientifici.

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Resta a dire brevemente su quali basi si ritiene più opportuno fondare la nuova Associazione.

La scelta, come base, delle Accademie scientifiche esistenti in Italia, che era quella dell'antica istituzione, sarebbe opportuna in quanto darebbe la sicurezza di poter contare sopra ottimi elementi, ma darebbe luogo, come è facile accorgersi, a gravi inconvenienti. In primo luogo la base stessa sarebbe ristretta e avrebbe un carattere per dir così scientificamente aristocratico. Invece più che altro deve cercarsi che la nuova Associazione abbia una larga base, che possa stendere le sue radici liberamente in tutto il paese e abbracciare tutti coloro che volenterosi amano la scienza; sia quelli che hanno direttamente portato ad essa un contributo, sia quelli che desiderano solamente impadronirsi di quanto altri hanno scoperto. In una parola la nuova Associazione deve essere scientificamente democratica. Si corre, è vero, qualche rischio seguendo questo concetto, ma val la pena di correrlo per fare cosa giovane, vitale e moderna, purchè il coraggio e la buona volontà non manchino.

Del resto, che cosa è che costituisce l'intima virtù delle analoghe Associazioni straniere? È che esse sono largamente aperte e che, in quei giorni in cui si riuniscono a Congresso, sono posti a fianco il vecchio campione della scienza che ha conquistato una fama sicura e durevole, e il giovane che fa i primi passi; quegli che s'interessa solo per proprio diletto delle ricerche scientifiche, e quegli che ne fa oggetto del culto più ardente di tutta la vita.

Ora è certo che sono già sorte da per tutto e per quasi tutte le discipline delle Società speciali aventi questo tipo democratico e moderno la cui azione si esplica parallelamente ed accanto alle antiche e celebri Accademie.

È sembrato a molti di noi che appoggiandosi a queste forze vigorose la nuova Associazione sorgerebbe vitale e robusta. La compartecipazione poi delle antiche e celebri Accademie non farebbe che accrescerne il decoro.

Però queste varie Società costituiscono degli organismi fra loro eterogenei con ordinamenti amministrativi diversi; ed è cosa buona ed utile che ciascuna seguiti a conservare la propria completa autonomia ed individualità e possa continuare ad esercitare la propria azione nell'ambito in cui questa si è sempre svolta, pur contribuendo alla creazione della nuova Associazione.

Per tutte queste ragioni storiche e di opportunità io vi presento il seguente ordine del giorno, il quale mi sembra possa contemperare gl'interessi di varia natura che ho avuto l'onore di esporvi:

«1° Tutti i membri delle Società scientifiche rappresentate al Congresso sono senz'altro membri della Associazione per il progresso delle scienze.

» Sarà sufficiente soltanto che essi dichiarino di accettare di farne parte. Nessuna spesa importa tale accettazione. Il regolamento stabilirà le modalità di ulteriori ammissioni.

» 2° L'Associazione terrà Congressi periodici in epoche da stabilirsi ed in località pure da stabilirsi.

» Coloro che intendono di partecipare a tali riunioni pagheranno una somma che sarà da fissarsi per regolamento.

» 3° Il Congresso si dividerà in sezioni ed in sottosezioni, ciascuna delle quali corrisponderà ad una singola disciplina o ad un gruppo di discipline rappresentate dalle singole Società.

» Sarà dato modo a ciascuna Società che lo creda opportuno di organizzare delle sedute speciali per i propri membri durante il Congresso e indipendenti da quelle generali.

» 4° Una Commissione verrà nominata per studiare sulle basi precedenti uno Statuto ed un regolamento da sottoporsi all'esame delle varie Società, e da approvarsi nella prima riunione dell'Associazione per il progresso delle scienze, che avrà luogo in una città e in un'epoca che la detta Commissione stabilirà.

» La Commissione stessa fungerà da Comitato ordinatore del futuro Congresso. Ogni singola Società si incaricherà delle comunicazioni ufficiali fra i suoi membri e questo Comitato».6

1 Tacchi Elisa, Il primo Congresso degli Scienziati Italiani in Pisa - Studi storici, vol. XII (1903).

2 Bacci O. Una miscellanea di stampe del primo Congresso degli Scienziati in Pisa (1839) - Raccolta di Studi critici dedicata a A. D'Ancona. Firenze, Barbera, 1901.

3 Linaker A. I Congressi degli Scienziati e i Congressi pedagogici Italiani. Memorie e speranze - Rassegna Nazionale, voi. III (1880).

4 Michel E. Il terzo Congresso degli Scienziati Italiani in Firenze 1841 - La Rassegna Nazionale, vol. 163 (16 ottobre 1908).

5 Gli atti di questi Congressi vennero volta a volta stampati. Per la parte dei resultati matematici in essi contenuti, il Prof. Cerruti ha scritto un importante studio (Vedi articolo precedente). Per la parte chimica, vedi: La chimica nei Congressi degli Scienziati Italiani per Emanuele Paternò, Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, Vol. I, Roma 1908.

Vedi anche per la storia dei Congressi stessi: Spingardi A. Le medaglie dei Congressi degli Scienziati Italiani, Rivista Italiana di Numismatica XV (1902) - Medaglie commemorative degli XI Congressi degli Scienziati Italiani raccolte e riprodotte per cura di G. Ardizzone, con prefazione del Prof. A. Garbasso - Firenze, 1914.

6 Quest'ordine del giorno fu approvato. Una Commissione venne nominata secondo il n. 4, la cui opera ebbe compimento nell'anno successivo in Parma colla fondazione della Società Italiana per il progresso delle Scienze, e col suo primo congresso. L'articolo seguente è il discorso inaugurale di questo primo Congresso.