Saggio di racconti/III
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RACCONTO III.
Un giorno maestro Luigi legnaiuolo, essendo tornato a casa per desinare con la moglie e con la Giuseppina sua figliuola di sette anni, era meno ilare del solito, e mangiava con poco appetito. La moglie che se ne accorse ne rimase afflitta, e cominciò a dirgli: «Luigi, ti senti tu male? t’è accaduta qualche disgrazia?» — «A me no, rispose maestro Luigi, ma lo saprai anche tu che è morta la moglie del mio amico Giacomo, ed ha lasciato quel pover uomo con cinque figliuoli piccini. Penso alla sua disgrazia. Ah! se tu lo vedessi! è proprio sbalordito, e non sa come andare avanti; prima perchè voleva tanto bene alla moglie, e poi perchè non può pensare al custodimento di tanti figliuoli; ed ha una bambina, la minore, che è stata divezzata di poco. Come vuoi tu che un uomo che è obbligato a stare tutto il giorno a bottega, possa badare a quella creatura?» — «E anche per mantenerli tutti, soggiunse la moglie, come farà? La Geltrude, poverina, guadagnava una buona giornata a tessere.» — «Tu vedi che rovina è stata per quella famiglia! Ti dico proprio che Giacomo è un uomo perso. Piange tutto il giorno; ora abbraccia una, ora un altro di quei ragazzi; e discorre con loro della mamma in un modo da fare scoppiare il cuore a chi l’ode. Gli abbiamo detto che almeno non dia a divedere tanta afflizione per amore di quei ragazzi; ma egli risponde: per carità, lasciatemi sfogare; anche loro conoscono pur troppo la perdita che hanno fatto; anche loro hanno bisogno di sfogarsi meco; tanto non ci sarà più bene per noi; chi ci potrà liberare dalla miseria?» — «Povero Giacomo, soggiunse la moglie, è disgraziato davvero! Ma procuriamo di trovar la maniera di aiutarlo. Accordati co’ tuoi amici... anch’io ci penserò... qualche cosa potremo fare...» Nel tempo di questo colloquio anche la Giuseppina aveva lasciato di mangiare; e non dava nemmeno retta alle carezze di Fido, un bel cane, al quale voleva molto bene. Fido era il suo prediletto, il suo spasso; le andava sempre dietro; e quantunque fosse quasi più grosso di lei, nonostante la obbediva a ogni suo cenno, e si lasciava fare ogni cosa. Ma quel giorno le sue feste erano inutili. Poteva scodinzolare, leccarle le mani, fregarle la zampa sopra il vestito... la Giuseppina non gli dava retta; gli pose in terra la scodella perchè mangiasse, ma non gli restituì le carezze, e Fido non volle mangiare. Alla fine la Giuseppina, che ascoltava attenta i ragionamenti dei suoi genitori, fece gli occhi rossi e pregni di lacrime. La madre che la vide le ne domandò la cagione; ma il singhiozzo le impedì di risponder subito. Poi correndo ad abbracciare il babbo e la mamma, disse loro così: «Babbo, mamma, voi sapete che vi voglio tanto bene; ma ve ne vorrò anche di più, se e possibile; basta che mi accordiate una grazia. Mi piange il cuore per il povero Giacomo, e più che mai per quella creaturina della sua figliuola minore, che ancora non può camminare da sè, ed è rimasta senza l’assistenza della mamma Ecco qui, noi abbiamo questo cane che è inutile, e vi costa qualche cosa per mantenerlo. Vendetelo povero Fido! gli voglio bene» e lo guardava con tenerezza, «ma trovategli un buon padrone, e non avrà bisogno di me. Vendetelo, e con quei denari, coi cinque paoli che mi dette la zia per Ceppo, e col risparmio che farete non tenendo più il cane, soccorrete la figliolina di Giacomo; pigliatela in casa. Io poi lavorerò ogni giorno più del solito per guadagnarle un poco di campamento. La povera piccina vi sarà grata, e il Signore vi benedirà per questa buona azione.» Il padre e la madre commossi strinsero fra le loro braccia la Giuseppina, e fecero quanto aveva loro suggerito. Ella vide partire Fido senza pentirsene, accolse la bambina con gioja, e prodigò a lei ben altre cure che quelle che aveva avuto fin allora pel cane. Non vi so dire la gratitudine di Giacomo e la sua meraviglia quando seppe a chi era venuta l’idea di fargli quella carità. La povera piccina crebbe savia e amorosa, e fu la migliore amica della Giuseppina; e i suoi genitori non ebbero mai a dolersi di avere esaudito la sua preghiera. Quale consolazione per un padre e per una madre l’avere una figliuola tanto caritatevole!