Sermoni (Chiabrera)/XXVII

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AL SIG. GIO. BATTISTA FORZANO.

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AL SIG. GIO. BATTISTA FORZANO.
XXVI XXVIII
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XXVII

AL SIG. GIO. BATTISTA FORZANO.

     Quando sorge l’Aurora, e tronca in mezzo
Le soavi rapine degli amanti,
E quando poscia il carrozzier celeste
Ricerca di Nettun nell’auree stalle
5Nettarea biada a ristorar Piroo,
Stanco sotto la sferza, altro non odo,
Salvo oricalchi, e minacciosi Araldi
Forte battendo logorar le cuoja
D’aspri tamburi, e solamente io miro
10Quinci, e quindi increspar nobili piume
De’ gran cimieri, e con stridente lima
Elsi pulir di damaschina lama;
Tiensi ogni cosa a vil, solo s’apprezza
Solfo e salnitro, che da cavi bronzi
15Fulmini in guerra formidabil tuono:
Stagione afflitta! vecchiarelle a schiere
Fanno ognor pissi pissi, ed a man giunte
Già non le stanca un dir di Pater nostri,
Ed ogni donna sa cioccar le labbra
20Divotamente, e cotal santo invoca,
Di cui tra danze non sapeva il nome.
Ma le barbe canute in sulla panca
Siedono a scranna esaminando l’opre
Dell’eccelse corone: alto consiglio
25De i grandi dell’Esperia! Inclito avviso
De’ marescialli! ecco l’Europa appesa
Ad un filo di refe: ah cani, ah lupi
Per loro in oro mesceransi i vini
Più cari a Bacco, e coceransi a foco
30Misurato fagiani, e coturnici,
E si faranno il gorgozzul beato,
Sguazzando a mensa, il villanello intanto
Furar vedrassi i seminati solchi?
Sforzeransi le donne, e fra’ tributi
35Spettacol fia la nobiltà pelata,
Già lampeggiante di ricami e d’ostro?
Per cotal guisa io ben sovente ascolto
Parlamentar; ma non ascolto fiato
Pur d’una bocca, ed affermar che in terra
40Su’ decreti celesti è sparso obblio,
Che scacciata da noi sen vola Astrea
Verso le stelle, e che avarizia spiega
Ampie le reti, e che dall’arco scocca
Pur sempre Amor le sue saette indegne,
45Ed arde i cor d’abbominevol fiamma:
A ciò parlare ogni palagio è muto,
Tacene ogni Rialto; e pur Bellona,
O Forzáno, perciò vibra la spada,
E perciò, della Morte aspra compagna,
50Peste mena la falce, e d’ognintorno
Fa per l’aria volar vedove strida:
Così comanda il Correttor del mondo,
Cui non consente serenar l’aspetto
L’ostinata malizia de’ mortali.
55Ma fia chi dica: Gabrïel Chiabrera
Vestir si vuol la cappa del Bitonto,
E consacrar Parnaso. Ei non rammenta
Che forte impresa è drizzar l’anca ai cani.
Forzán, parla costui come un Catone;
60Non è che por le dita entro a’ vespai;
E però tacerommi. Or tu ritorna
Con lento passo alle dilette scole,
Metti Terenzio in scena, e spargi lume
Allo scuro parlar del Venusino;
65O pur ti reca nelle mani i versi
Ove è descritta la pietà d’Enea;
Versi che fanno vil canto, di cigno
Lungo il Caistro in sul morirsi; versi
Che nell’orecchio altrui scemano il pregio
70Delle vergini figlie d’Acheloo.