Signorine/Papà, un po' di morale

Da Wikisource.
Papà, un po’ di morale

../Numero del telefono 2635 ../Come la gentile Irene non fu fedele IncludiIntestazione 10 aprile 2024 100% Da definire

Numero del telefono 2635 Come la gentile Irene non fu fedele

[p. 117 modifica]

PAPÀ, UN PO’ DI MORALE!

[p. 119 modifica]

Appena sceso alla stazione di T... (fine di novembre 1917), il signor Brais domandò dove era il ristorante del «Fagiano d’Oro». Tutti glielo indicarono, perchè era il luogo dove meglio si mangiava nella città di T...

E infatti, il signor Brais capì di essere arrivato al regno del «Fagiano d’Oro» più che dal pallone elettrico che rompeva la nebbia autunnale, da un odore di cucina, veramente provocante in questi rei tempi. E non ebbe nemmeno bisogno di domandare: «mio figlio il sottotenente ingegner Brais, fa qui i suoi pasti?», perchè un uomo piccolo, svelto e pingue nel tempo stesso, che non poteva essere se non il felice proprietario del «Fagiano d’Oro», avanzò con [p. 120 modifica]un bel volto, che parea rosolato, anch’esso come un fagiano, e con un bel gilè, ricco di medaglie d’oro.

Disse, senz’altro, in una sua loquela lombarda: – Lu l’è el papà del scior tenente Brais. Si capisce dalla fisonomia. Pinella! Accompagna el scior, e prendi la valìgia, bèstia! E metto, vero? un coperto anche per lei vicino a suo figlio. Adesso va giù un risottin all’onda cont i fong.

Il pinella cioè il garzoncello, aveva detto di sì, che sapeva dove stava d’allòggio il signor tenente, ma poi in un dèdalo di viuzze, e poi per un labirinto di scale buie, si smarrì. Ma un ritàglio di luce che trapelava da un uscio, e un ritocco di chitarra dìssero al cuore del signor Brais: «tuo figlio è là!»

Profonda emozione del signor tenente alla vista del papà.

– Come hai fatto a trovarmi, papà? [p. 121 modifica]

— È un labirinto infatti, dove tu àbiti. E che cosa fai, figlio mio?

– Mi consolo in questi tempi calamitosi con un po’ di mùsica.

– E va bene.

Il signor Brais cadde in una bellissima poltrona che era lì. Capirete, dieci ore di viàggio per percorrere cento chilometri, e cento venti minuti di ritardo!

– Sì, va bene: è una bella stanza.

Brais, figlio, lusingato, aprì la corrente di tutte le lampadine, e fece in onore di papà, un’illuminazione a giorno.

– Naturalmente – disse Brais figlio – me la sono poi «rangiata» io, col mio buon gusto, questa camera.

– E hai fatto bene – rispose Brais padre.

– Se ti vuoi lavare, papà...

– Sì, laviàmoci.

– Mi pare – diceva lentamente il signor Brais padre, asciugandosi e curiosando –, che tu àbbia qui un’esposizione di attrezzi da toilette di molto lusso. Io, ai miei tempi, [p. 122 modifica]quand’ero alla tua età, un pezzo di sapone, un pettine, e basta.

– Ai tuoi tempi, papà, non si conosceva l’igiene. Io ho appena il necessario. Del resto, capirai, papà, in questi tempi calamitosi, in cui domani possiamo essere in trincea, finchè si può...

— E va bene, figlio mio.

– Ti posso offrire un vermut, papà?

– Perchè no?

– Ma – disse il signor Brais, osservando l’armadietto pieno di fine cristalleria, – mi pare che tu abbia in casa una buvette.

– I tempi sono infelici, papà, e bisogna non pensare troppo a tante cose successe recentemente. Evitare la malinconia, papà!

– E va bene. Ma di’ un po’, figlio mio – disse il signor Brais, osservando meglio, – perchè questo letto a due posti? È una piazza d’armi questo letto!

– Un bonissimo letto, papà. C’era già da prima, e oggi mi serve per voltarmi dalla parte destra quando non si può dormire dalla sinistra. [p. 123 modifica]

— Tu vuoi dire: «approfittiamo finchè si può».

– Ecco che hai capito, papà.

– A propòsito di letto –, disse il signor Brais, – io ti volevo dire che sono molto stanco. Vedi tu se all’albergo puoi trovarmi una camera.

Il signor Brais figlio andò, e la stanza era così illuminata che il signor Brais padre dovette per forza osservare le pareti. Si alzò dalla poltrona, ed esaminò.

Il signor Brais figlio, ritornò dopo un quarto d’ora:

– Impossibile, papà, trovare una camera, anzi inutile fare ricerche: gli ufficiali inglesi hanno occupato tutto.

– E facciamo posto ai cari ospiti, nella speranza di non dover far posto ad altri ospiti, che ci mandino a dormire oltre Po.

– Speriamo di no, papà: ma ti prego, non parliamo di malinconie.

– E dimmi, figlio mio, tu mi offri allora, per una notte, l’ospitalità della metà del tuo letto? [p. 124 modifica]

— Perchè no, papà?

– Lo dici però con poco entusiasmo.

– Sai, papà, adesso è tempo non di entusiasmi, ma di molto sangue freddo; come gli inglesi. E poi ti dirò: l’idea di avere una persona vicina in letto, mi fa senso. Ma per una notte e anche per due...

– Grazie, figlio mio.

Sentirai un letto che è un bijou! Soffice e profondo. Ma andiamo a cena, papà?

– Andiamo, figlio mio; ma ti volevo dire una cosa: quando tu sei uscito, ho osservato le pareti...

– Carine, è vero, papà? È una serie di cartoline di creazione italiana, e tu sai bene che d’ora innanzi conviene sostenere l’industria nazionale.

È un’esposizione di varie gambe quella che tu hai qui...

– Ma hai osservato, papà, come finemente calzate? Ai tuoi tempi, vero che non usava così? Rialzano lo spirito dalla visione di tante cose brutte... [p. 125 modifica]

— Tu lo chiami spirito –, disse Brais padre.

– Fra spirito e carne sai bene, papà, che oggi la scienza non fa distinzione. Del resto seguo i tuoi precetti.

– Che?

– Dici pure, papà, che la donna con la testa non capisce niente? E io la guardo dai piedi. Le donne del resto si vendicano così: oggi sono i piedi che contano. Però, ammetti, che piacciono anche a te.

– Figlio mio, non divaghiamo. Andiamo a cena, piuttosto.

Ma se la camera era abbagliante di luce elettrica, le scale erano buie, tortuose, strane, e la gelida nebbia del novembre vi entrava a buffi dai finestroni aperti.

– Mi pare l’albergo del libero scambio – borbottava il signor Brais padre. – Forse è per questo che tu non hai dato l’indirizzo di casa, ma quello dell’albergo del «Fagiano d’Oro». [p. 126 modifica]

All’albergo, il «risottino» era al punto, e il felice proprietario, in onore di Brais papà, venne lui personalmente a spargere alcune fettine di tartufi; e alcuni motti leggiadri lombardi sparse egli altresì.

– Chi sa che prezzo lo mette adesso questo risotto – disse Brais padre.

– Pago io, papà.

– Questo poi non mi pare esatto – disse Brais padre.

Ma il signor tenente non potè cominciare nemmeno a mangiare il risotto, perchè il pinella venne discretamente a dire che una persona aspettava di là.

– Un momento, papà.

E andò.

Passò un momento, ne passarono due.

Il signor Brais stette per un po’ con la testa alta ad osservare quella gran sala piena di monture grigioverde italiane, ma più di rigide monture dorate. Erano gli inglesi venuti a salvare l’Italia dopo Caporetto. Ah, [p. 127 modifica]ironia! Era triste, il signor Brais, e tutti parevano tristi: solo il proprietario del «Fagiano d’Oro» era allegro.

Ma poi chinò il capo sul piatto, e mangiò il risotto.

Mangiato che ebbe il risotto, cominciò a leggere il giornale.

«Questo figliuolo è scomparso» pensava.

Comparve alla fine.

– Cose di servizio, papà. Come era il risotto? Ma non leggere il giornale, se no ti guasti la digestione.

– Può darsi che tu non abbia torto, figliuolo.

– Papà, andiamo a prendere il caffè?

Ma il signor Brais aveva sonno e preferì andare a dormire.

Sì, il letto meritava tutti gli elogi. Vi si sprofondava deliziosamente con una piacevole sensazione di fine tepore.

Ma quella mollezza di dolce letto richiamò per antitesi, la disperata in trincea! [p. 128 modifica]

Sul tavolino da notte vi erano diversi libri, e il signor Brais padre li aperse per scacciare quelle imagini.

Un libro era: Claudine à l’école, un altro libro era: Souvenir d’une femme de chambre.

«Qui mi pare che andiamo piuttosto male, male!»

Ma era tanto stanco il signor Brais padre che non potè leggere. Spense la luce. Il cuore gli cadde, gli occhi gli si chiusero, e quasi gli pareva di dormire, quando fu scosso violentemente.

Un po’ per volta percepì una vocina stridula e feroce che diceva: «Totò, canaglia! Fingi di dormire. Ma ti sveglierò io. Sei una canaglia; lo sai che sei una canaglia? E quelle scarpe quand’è che me le compri? Sempre la scusa che il canuto genitore non manda soldi. Invece è che fai l’asino a quell’altra. Ma aspetta! Dopo tutto quello che ti ho dato!»

Il signor Brais, atterrito, girò la chiavetta della luce, ma vide appena, che sentì [p. 129 modifica]un grido, e una figura scomparve, nel modo stesso che nel sogno scompare l’imagine se nel buio della stanza entra la luce. Non era un ladro e nè meno un sogno.

— Papà, come hai dormito? – domandò Brais figlio al mattino.

– Bene, figlio mio.

– Vero che è un letto eccellente?

– In fatto. E tu hai dormito?

– Niente papà. Colpa tua! Tutta notte non hai fatto che russare, certi urli, certi versi! Fischiavi anche. Facevi senso! E poi, sai bene, che la sola idea di un’altra persona in letto non mi fa dormire.

– Dormirai questa notte, figlio mio, perchè parto stamane; ma ti volevo dire soltanto una cosa: quei libri che hai sul comodino, credi, non vanno bene. Seriamente, vanno molto male!

– Papà – disse Brais figlio – pretendi che legga io un libro di filosofia?

Non scherzare, figliuolo! [p. 130 modifica]

— Allora, se non vuoi che io scherzi, ti dirò che non te ne intendi di letteratura.

– Eh?

– Ma sì, papà! Questa è letteratura morale rispetto a quella di oggi.

– E allora un’altra domanda: le fanciulle, qui in provincia, sono evolute e coscienti come a Torino?

– Perchè mi fai questa domanda?

– Per mia istruzione.

– Capirai che adesso non c’è più distinzione fra città capitale e provincia...

– Capisco, e un’altra cosa...

– Di’, papà!

Sorbivano il caffè, che l’ordinanza accuratamente aveva preparato in un bel fornellino a spirito.

– Sì, eccellente caffè.

– Un po’ di cognac, papà?

– E vada per il cognac; ma ecco quello [p. 131 modifica]che ti volevo domandare: cosa paghi un paio di scarpe?

– Dieci lire e cinquanta, le scarpe del governo; ma non ne approfitto.

– No, caro, volevo dire le scarpe pel governo delle donne: le scarpe là di quelle cartoline illustrate.

– Ah, quelle? Non hanno prezzo: il mio professore di economia politica ci diceva che al tempo degli assegnati, in Francia, un paio di scarpe poteva costare cinquecento lire. Ci andiamo avvicinando.

– Bada, bada, figliuolo che anche questo non va bene.

– Non pretenderai mica che io vada in giro qua e là! L’igiene anzi tutto! Tu, alla tua età, puoi fare a meno di certi articoli di toilette, ma capirai che io, se lascio passare questi anni, dopo non tornano più indietro. Ma che dico anni? Forse giorni.

– Sì, capisco: ma mantener donne...

– Mantener donne? quale errore, papà! Ma sai tu che se io mantenessi veramente una donna, te ne accorgeresti subito? Che [p. 132 modifica]invece di quelle cento lire al mese che mandi, ci vorrebbero migliaia di lire? Tu non ne hai la più lontana idea. Un paio di scarpe oggi rappresenta quello che, ai tuoi tempi, era il regalo innocente di una camelia o di un mazzolino di viole. E poi capirai...

– Si, lo so: coi tempi calamitosi che corrono.

– Ecco che anche questa volta hai capito, papà. Ringrazia il cielo che hai un figlio modello, hai il più onesto dei figliuoli, che fa la guerra per la patria, vive col suo stipendio e non s’arrangia in nessun modo. Sapessi cosa vuol dire, arrangiarsi! È per questo che ti dico: onorami e non disprezzarmi. E mi lasci così, papà?

– Un bacio, figlio mio.

– Sì, ma capirai che col bacio non pago la pensione.

– Ebbene, sia.

E il signor Brais aperse il portafoglio.

– Tieni a mente, figlio mio, però, questa verità di economia sociale, vera in ogni [p. 133 modifica]tempo; una generazione accumula, l’altra generazione consuma, e la terza va in miseria.

– È bene, papà, che le generazioni si alternino al potere, se no avremmo il dominio di classe. Del resto il tuo mestiere, adesso, papà, è di fare il papà. Ed io non so se ci arriverò a farlo. E poi pensa: accumulare capitali può essere cosa pericolosa. Un po’ di morale, papà.