<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3397&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20100217110618</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3397&oldid=-20100217110618
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3397 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 370modifica]nella letteratura. Né poteva essere altrimenti, perché l’una e l’altra vanno sempre del pari. Certo è che nel cinquecento, secolo aureo e principale non meno della lingua e letteratura spagnuola che della italiana, il commercio tra queste due letterature fu strettissimo, e l’influenza reciproca; bensí maggiore d’assai quella dell’italiana sulla spagnuola che viceversa, perché l’italiana era di gran lunga maggiore, e portata ad un alto grado già molto prima, cioè nel trecento. Laonde, se imitazione vi fu, non è dubbio che gli spagnuoli imitarono, e gli scrittori italiani furono loro modelli. Ma senza piú stendersi in questo, egli è certissimo ed evidente che il buono e classico stile spagnuolo e lo stile italiano buono e classico, salvo che quello è meno perfetto, non sono onninamente che un solo. Ora quanta parte abbia la lingua nello stile,1 quanta influenza lo stile nella lingua, come sovente sia difficile e quasi impossibile il distinguere questa da quello, e le proprietà dell’una da quelle dell’altro, o si parli di uno scrittore e di una scrittura particolarmente,