Storia di Torino (vol 2)/Libro III/Capo III

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Capo Terzo


Seminario de’ chierici. — L’abate Giampietro Costa. — Energia e costanza di volontà in alcune stirpi montane. — Biblioteca del Seminario, dono del prete Gaspare Antonio Giordano. — Piazza di San Giovanni. Portici, quando costrutti. — Casa della prevostura. — Gioco del pallamaglio pel conte Rosso e per Amedeo, principe d’Acaia, nel 1585.


Ultima a sinistra di Dora Grossa apresi la via del Seminario che mette dopo breve corso sulla piazza di San Giovanni.

Abbiam veduto che il Seminario de’ cherici, istituito in conformità de’ decreti del Concilio di Trento, era dapprima collocato presso la chiesa di Santo Stefano, dove appunto sono ora i Gesuiti; che trasportato dopo qualche anno in alcune case presso Sant’Agnese (la Trinità), avea venduto nel 1596 le case e la chiesa alla confraternita della Trinità ospitatrice de’ pellegrini. [p. 350 modifica]

L’isola in cui sorge la moderna fabbrica contenea la Zecca, una casa dello spedale di San Giovanni ed il palazzo de’ marchesi Carron di San Tommaso.

Fu alzato il novello edifizio nel secolo scorso sui disegni del Juvara, finito poi dall’architetto Cerruti per cura massimamente dell’abate Giampietro Costa che ne fu per 56 anni rettore; e che tutta la propria sostanza impiegò, parte a vantaggio di quello stabilimento, parte in altre opere di pietà e di beneficenza a prò della terra d’Usseglio, sua patria.

In quella remota valle alpina, a pie delle ghiacciaie che si stendono tra le alte vette dell’Iserano e del Roccamelone, nasceva Giampietro Costa nel 1672.

Dopo d’aver appreso i primi rudimenti in patria, venne col fratello Giuseppe a Torino, e tanta era la loro povertà, e tanto insieme l’amore allo studio, che non avendo olio da mantenersi una lampada, studiavano le lunghe sere d’inverno sotto ad una tenda di piazza d’Erbe, profittando del lumicino d’una rivendugliola. Gli uomini nati e cresciuti tra gli agi della capitale, non conoscono la forza di volontà di quelle razze primitive, e il poter che hanno di durare molti anni tra gli stenti e le fatiche più immani, per riuscire ad un fine lungamente vagheggiato nella loro mente. E quindi, allorché vedono [p. 351 modifica]alcuno di tali uomini sollevarsi ad un tratto e sfolgoreggiare, credono di trasognare e di veder miracoli; e sono per verità miracoli di perseveranza, di sobrietà, di sopportazione. Io conobbi dimesticamente uno di quei montanini, che mi fu maestro e poi amico, il quale visse con nome onorato, e raglino una cospicua sostanza; e so da lui, che venuto in giovane età a Torino, visse egli ed un suo compagno molti anni in una soffitta, senza telaio alla finestra, innanzi alla quale, per ripararsi dall’aria, stendeano di notte il proprio abito. Dormivano su poca paglia per terra, avendo solo una povera coltre con cui si coprivano. Mangiavano il pane di nera segala che ogni settimana i genitori loro mandavan da casa, e beati quando nelle maggiori feste dell’anno loro s’aggiungeva il regalo d’un po’ di cacio. Non gustavano mai vino; e qualche ripetizione fatta agli altri scolari meno attenti, loro dava mezzo di radunare que’ pochi soldi de’ quali, sul cader del secolo scorso, si contentava un padrone di casa per una soffitta aperta a tutte le vicende atmosferiche.

Da tali principii crebbe un uomo che, oltre al ristorare la propria famiglia, ebbe modo di alzare una chiesa, e di fondar una scuola a prò della sua patria. Chi ha il coraggio di restringersi al puro necessario è sempre ricco.

I medesimi documenti doveano avere i fratelli [p. 352 modifica]Costa, de’ quali il maggiore Giuseppe, nato il 27 di febbraio del 1758, s’addottorò in teologia, fu parroco di Moretta, e morì in odore di santità, a’6 dicembre del 1721, essendo non solo l’amico, ma la vittima de’ poveri, che erano nella casa parrocchiale più padroni di lui medesimo, come ne’ tempi appunto della chiesa primitiva.1

Il minore Giampietro, pigliala similmente la laurea nella sacra facoltà, poi aggregato al collegio di teologia, rimase a Torino, e salì a sommi onori. Accenno come una sua gran lode e prova di vita intemerata, la dimestichezza che ebbe col beato Sebastiano Valfrè; poi rammento, come in ottobre del 1689, fu deputato coadiutore al canonico Carrocio, come nel 1704 fu canonico effettivo della Metropolitana, dove col tempo sostenne l’ufficio di teologo, ed ebbe la dignità di cantore. Nel 1739 era preside del collegio de’ Teologi.

Confessore d’Anna d’Orleans, moglie del re Vittorio Amedeo ii, poi confessore di Carlo Emmanuele iii, ebbe la badia del Villar San Costanzo. Morì pieno d’anni, di meriti, d’onori il 29 novembre 1760, lasciando il Seminario erede d’ogni sua facoltà.

Il teologo Costa suo fratello avea già lasciato una somma perchè se ne convertisse il provento nel mantenere un cappellano e maestro di scuola nella borgata delle Piazzette in Usseglio sua patria. [p. 353 modifica]L’abate Costa vi fe’ la cappella e la casa, e fondò inoltre in Seminario quattro posti gratuiti per altrettanti chierici d’Usseglio, con preferenza a’ suoi congiunti.

Alla fabbrica del Seminario contribuì, dopo l’abate Costa, il cardinale Gio. Battista Roero, molto benemerito di chiese e d’opere pie in Torino, a cui perciò fu dedicato, come all’abate Costa, dai rettori del Seminario, un busto con iscrizione sotto ai portici che fan bello il cortile di quel maestoso edificio.2

La cappella del Seminario dedicata alla Concezione, fu consecrata in gennaio del 1774 da monsignor Rorengo di Rorà.

Il Seminario di Torino ha una biblioteca, la quale prima della rivoluzione era anche copiosa di manuscritti; e fra questi, per testimonianza d’Angiolo Carena, si trovava un abozzo di storia de’ vescovi di Torino, dell’abate Costa.

Il prete Gaspare Antonio Giordano di Cocconato avea legato al Seminario la ricca libreria da lui raccolta, coll’intenzione che si rendesse pubblica e coll’ordine di stamparne un accurato catalogo. In una specie di decreto latino da questo buon sacerdote dettato, si prescrive che tre ore alla mattina e tre alla sera cuilibet adire legendi causa liceto. Ed infatti per qualche tempo fu pubblica. Ora prevale forse al riguardo che merita la volontà del donatore, la [p. 354 modifica]considerazion del disturbo che reca ad una casa di educazione l’ingresso quotidiano d’esteri. D’essa biblioteca si è stampato il catalogo, colla designazione de’ libri donati dall’abate Costa. Nella libreria v’è il busto del prete Giordano, con iscrizione che rammenta il dono della biblioteca da lui con lunga fatica raccolta (1752), ed arricchita teste dalia scella e copiosa libreria lasciatale per testamento dal teologo collegiato Giacomo Bricco di Ala, uomo di molta dottrina, autore del Brevis lusus poeticus ad Lancei valles.

Eccoci ora alla piazza del Duomo. I portici che si veggono avanti alla chiesa furono costrutti verso il 1622, per ordine di Carlo Emmanuele i, che privilegiò chi fabbricasse secondo il disegno uniforme di suo gusto, e die’ gratuitamente le colonne di marmo bianco, sulle quali dapprima si reggevano quegli archi.3

In quel sito, nella metà del secolo xv, erano le case della prevostura del duomo, concesse in enfiteusi insieme coll’attiguo giardino, a Nicolò Beccuti e ad Antonio di Bivara. Colà si progettava di fare il palazzo arcivescovile, poichè Emmanuele Filiberto ebbe occupalo l’antico palazzo de’ Vescovi.

Presso la medesima casa si costruiva in ottobre del 1385 una tettoia, nella quale Amedeo vii, detto il conte Rosso, pigliava sollazzo al gioco del pallamaglio col suo bel cugino Amedeo, principe di Acaia.4 [p. 355 modifica]

Prima di parlare de’ due regii palazzi che sorgono a notte ed a mezzodì del Duomo, e del nuovo regio palazzo che in certo modo fa corpo con questo tempio per via della cappella palatina del Santo Sudario, uopo è che per noi si rivolga l’animo al bel San Giovanni, capo del Vescovado Torinese, surrogato nel 1495 alle tre chiese antiche, onde si componeva il Duomo.



Note

  1. [p. 360 modifica]Se ne ha la vila stampata dopo quella del servo di Dio Giovanni Antonio Vachetta, prete della Missione.
  2. [p. 360 modifica]

    QVOD SEMINARIO CLERICORVM IN NOVAS AEDES EXCITANDAS
    XL MILLIA LIBRARVM TESTAMENTO RELIQVERIT
    CVRATORES SEMINABII
    M. P.
    ANNO MDCCLXVII

    L’iscrizione in onore dell’abate Costa dice:

    QVOD SANCTE ADMINISTRATO PER ANNOS LVI
    SEMINARIO CLERICORVM ANTIQVIS AEDIBVS REFECTIS
    CONTINENTIBVS ALIIS NOVISQVE PRAEDIIS COEMPTIS
    SPLENDOREM EIVS ET CENSVM INSIGNITER AVXERIT
    CVRATORES SEMINARII HAEREDES EX ASSE
    BENEMERENTI POSVERVNT
    A. MDCCLXVII.

  3. [p. 360 modifica]Archivi camerali. Registro patenti, vol. 55, fol. 3 2.
  4. [p. 360 modifica]Conto della chiavarla di Torino.