Sul modo di interpretare certe esperienze del Sig. P. Zeeman di Leida/Paragrafo 1

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SUL MODO DI INTERPRETARE CERTE ESPERIENZE DEL SIG. P. ZEEMAN DI LEIDA.

Nota di A. GARBASSO.


1. In un lavoro pubblicato nel fascicolo di Marzo del Philosophical Magazine, il sig. P. Zeeman di Leida ha descritto1 alcune esperienze, estremamente interessanti, dalle quali risulta che la luce, emessa da una sorgente luminosa, si modifica, in qualche modo, per l’azione del magnetismo.

Fra i poli di una potente elettrocalamita del Faraday si colloca la fiamma oscura di un becco Bunsen, e in questa si porta all’incandescenza il vapore di un sale sodico; della radiazione emessa si forma lo spettro con un reticolo del Rowland. Eccitando l’elettrocalamita succede che le righe D si allargano alquanto.

Questo avviene comunque sia diretto, nel piano orizzontale, il raggio, che cade sul reticolo. Ma le particolarità del fenomeno si modificano con la direzione della luce incidente.

E cioè, se si tratta di raggi normali alle linee di forza magnetica, gli orli delle righe allargate appariscono polarizzati rettilineamente, e le vibrazioni si compiono in essi secondo la verticale. [p. 4 modifica]

Se invece si tratta di luce, che, percorrendo i canali praticati nel nucleo del magnete, abbia attraversato il campo lungo le linee di forza, i due orli di ciascuna riga sono polarizzati circolarmente, in versi opposti. Versi, che si scambiano con i poli dell’elettrocalamita.

Il sig. Zeeman ha mostrato ancora che i suoi resultati si possono prevedere qualitativamente, quando si accetti la teoria del Lorentz su l’emissione della luce.

Secondo questa teoria i raggi luminosi risultano dalla propagazione di un fenomeno periodico, dovuto ai movimenti di va e vieni degli atomi materiali elettrizzati. Le cariche, che quì entrano in giuoco, sarebbero quelle stesse, la cui presenza si rivela nel fatto dell’elettrolisi.

Ora mi sembra che l’applicazione immediata della teoria del Lorentz al caso pratico attuale conduca a difficoltà insuperabili.

Anzi tutto trova lo Zeeman che il rapporto fra la carica e la massa di ciascun atomo deve essere dell’ordine:

,

quando la grandezza elettrica si misuri in unità del sistema elettromagnetico. Ma dai fenomeni dell’elettrolisi si deduce per lo stesso rapporto il valore:

2,

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le cariche degli atomi dovrebbero dunque essere quattromila volte più grandi che realmente non siano, perchè si potessero produrre, nel modo supposto dalla teoria, i fatti, che l’esperienza dimostra.

Vi è un’altra difficoltà, che credo anche meno agevole da superare, ed è questa che, per intendere la produzione dei raggi circolari, nelle condizioni degli esperimenti, bisogna ammettere che le sole cariche positive vibrino. E non si sa vedere da che debba dipendere una tale disparità di trattamento.

Ma quando queste obbiezioni, che ho messo innanzi, sembrassero abbastanza gravi per rifiutare l’applicazione della teoria del Lorentz, nel modo come fu fatta dallo Zeeman, ci si dovrebbe subito domandare se si possano comprendere altrimenti i fenomeni.

Io mi propongo appunto di esporre una fra le interpretazioni possibili. Come si vedrà, essa ha pur sempre a fondamento le ipotesi del Lorentz, utilizzate bensì per una strada differente.

Pur troppo la teoria, che svolgerò, non si presta bene a verifiche quantitative. Ad ogni modo la pubblico perchè credo che essa possa suggerire qualche esperienza non priva di interesse.

Note

  1. P. Zeeman. On the Influence of Magnetism on the Nature of the Light emitted by a Substance. (Phil. Mag. (5), XLIII, 226, 1897).
  2. Secondo il Richarz (citato in H. Ebert. Electrische Schwingungen molecularer Gebilde. Wied. Ann. XLIX, 651, 1893) sarebbe:

    ,

    in unità del sistema elettrostatico, dunque:

    ,

    ,

    in unità del sistema elettromagnetico.

    D’altra parte il peso di un atomo di sodio si può assumere (H. Ebert, l. c.) uguale a:

    ,

    e quindi la massa a:

    ,

    ,

    .

    Ne viene:

    ,

    appunto come si è indicato nel testo.

    Non è inutile osservare che, in base ai numeri impiegati da noi, l’Ebert (l. c.) potè calcolare certi fenomeni di radiazione luminosa, ottenendo dei valori, i quali si accordano pienamente con quelli dedotti dalle esperienze dirette.