Sulla formazione terziaria nella zona solfifera della Sicilia/Capitolo II

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Origine delle maccalube e degli idrocarburi sparsi nelle marne ed argille del miocene inferiore

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Origine delle maccalube e degli idrocarburi sparsi nelle marne ed argille del miocene inferiore
Capitolo I Capitolo III

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Capitolo II.


ORIGINE DELLE MACCALUBE E DEGLI IDROCARBURI SPARSI NELLE MARNE ED ARGILLE DEL MIOCENE INFERIORE.




«I gaz delle maccalube di Aragona, di Terra Pelata e Xirbi presso Caltanissetta, e della sorgente solforosa di Santa Venera presso Aci Reale, contengono poco acido carbonico e sono invece composti in massima parte di idrogeno-carbonato o del gaz delle paludi. Dalle analisi di Fouqué consta poi che il gaz delle paludi in tutte queste emanazioni, e specialmente in quelle di Santa Venera e della Maccaluba di Aragona, sono accompagnate da una quantità notevole di idrogeno libero. Le emanazioni delle sorgenti di San Biagio, della Salinella di Paternò e del Lago dei Palici sono invece ricche di acido carbonico e dipendono dall’influenza vulcanica, mentre le altre dipendono dalla scomposizione delle sostanze organiche.1

Importante è l’analogia tra le emanazioni gazose delle maccalube e le emanazioni della sorgente solfurea di Santa Venera. Nelle maccalube non si incontra acido solfidrico alla temperatura ordinaria, si incontra però questo gaz ad una temperatura di 35° e 40°. L’idrogeno libero in quantità notevole in tutte queste emanazioni accompagna l’idrogeno carbonato, e non vi può essere dubbio che a Santa Venera questi gaz provengano dalla scomposizione delle sostanze organiche. L’idrogeno carbonato, ossia il gaz delle paludi e l’idrogeno libero, costituiscono altresì la parte predominante nelle, esalazioni dei laghi solfurei di Tivoli, e provengono altresì evidentemente dalla scomposizione delle sostanze organiche, e principalmente delle materie torbose che si trovano nel cammino sotterraneo dalle acque percorso. Ragion vuole che anche i gaz delle maccalube si debbano attribuire alla scomposizione delle sostanze organiche.

Questi gaz si incontrano altresì quasi sempre attraversando sia le argille salate, sia le argille ferruginose e gessose sottostanti. Nella galleria di Castrogiovanni, nelle gallerie di Caltanissetta, nella galleria di Lercara, in molte gallerie delle miniere insomma, si incontrò il gaz delle maccalube in quantità considerevolissima.

[p. 13 modifica]Le argille salate, ferruginose e gessose, come ho notato, sono spesso intercalate con straticelli di sabbia o di arena quarzosa e micacea, in modo che questa formazione può considerarsi in molti punti come un’alternanza continua di straticelli di marna e di sabbia. I gaz si esalano specialmente dalle sabbie che sono intercalate colle marne. Allorchè le arene suddette non comunicano coll’atmosfera, i gaz a misura che si sviluppano dalla scomposizione delle sostanze organiche, vi si accumulano in modo incessante e, quando queste sono attraversate da un pozzo o da una galleria, le esalazioni prendono delle proporzioni straordinarie. Nelle maccalube queste esalazioni si producono spesso da fessure esistenti nel terreno. Queste fessure attraversano gli strati di marna o di sabbia, i quali ultimi servono di veicolo ai gaz, che vengono così a convergere da molti punti verso le fessure, dalle quali si manifestano in conseguenza copiose esalazioni di idrogeno carbonato. Questo nella sua corsa trascina seco fango ed acqua salata, producendo così i fenomeni che si osservano nelle maccalube. Le acque che ne scaturiscono se sono abbondanti, come nella Salinella di Paternò del 1866 (Vedi Silvestri, I fenomeni vulcanici dell’Etna) provengono da località più elevate che la maccaluba. Se invece, come nella massima parte de’ casi, le acque eruttate dalle salse sono in quantità piccolissima, è possibile che esse siano filtrate a traverso i meati delle maccalube stesse durante le pioggie e siano sollevate poscia dalle correnti dei gaz.

Le esalazioni gazose delle maccalube, se sono accompagnate da una piccola quantità di acqua, appariscono generalmente più abbondanti che allorquando la maccaluba è da lungo tempo completamente asciutta. Questa maggiore intensità dopo un’epoca di pioggia pare tuttavia un fenomeno più apparente che reale.

Quando la temperatura delle emanazioni delle maccalube aumenta, i gaz idrogeno ed idrogeno-carbonato sono accompagnati dall’acido solfidrico. Questo fenomeno è una conseguenza naturale della composizione del terreno delle maccalube, e delle reazioni chimiche che sui diversi elementi di questo terreno produce una temperatura un po’ elevata. Il terreno delle maccalube è composto infatti di marne e di argille gessose associate a sostanze organiche: l’aumento di calore produce la reazione di queste sostanze sui solfati che si trovano insieme associati e la formazione in conseguenza di solfuro di calcio, dalla cui scomposizione in presenza dell’acqua si ha uno sviluppo di gaz acido solfidrico. Il difetto di acido solfidrico nelle esalazioni delle maccalube alla temperatura ordinaria, prova che a questa temperatura le sostanze organiche sparse ed intimamente associate a quasi tutta questa formazione non reagiscono sul solfato di calce e non ne operano la riduzione. Perchè la riduzione di questi solfati avesse luogo nell’epoca solfifera in larga scala, era quindi necessario che essa venisse coadiuvata dall’azione del calore, a meno che le sostanze organiche non fossero in quell’epoca nei loro primi periodi di scomposizione, come succede attualmente nei laghi di Tivoli, dove anche a bassa temperatura si ha una produzione notevolissima di acido solfidrico. L’acqua che accompagna le emanazioni di idrogeno carbonato e di idrogeno libero che si osservano in questi vulcanetti, tiene sempre cloruro di sodio in soluzione. La presenza costante del cloruro di sodio in queste acque, dimostra che le marne salate sono sede della produzione e delle emanazioni degli idro-carburi. Non solo in Sicilia si [p. 14 modifica]manifesta questo fenomeno, ma in quasi tutte le località in cui si trovano depositi di salgemma o marne salate.

Bremer (così scrive Bischoff, pag. 253, 254, vol. I, Chemical and Physical Geology) diede notizia di un gaz infiammabile, il quale dal 18 di marzo del 1826 constantemente eruppe fuori ad una profondità di 45 braccia (82 metri) da una fessura nella marna argillosa depositata nella miniera di salgemma di Ludovici a Szlatina in Ungheria e venne impiegato ad illuminare la miniera. Una simile esalazione venne quivi osservata anche prima. Da un antico pozzo, il quale stette inoperoso per 86 anni nella Salina di Gottesgabe al Reno nella contea di Techlenburg, si sviluppò un gaz infiammabile, il quale dopo il 1824 venne impiegato per parecchi anni a fornire luce e calore. L’esalazione era circa di un piede cubo (28 decimetri cubi) di gaz per ogni cinque minuti.

Secondo Eaton, si sviluppa idrogeno carbonato in tre punti sulla costa Sud del canale Eriè nello Stato di Nuova York da uno strato di salgemma, sotto il quale giace un esteso strato di carbone di 600 piedi (240 metri) di spessore. A Rocky-Hill nell’Ohio, un miglio e mezzo dal Lago Erie, forando un pozzo per salgemma, si incontrò un’esalazione di gaz combustibile, il quale uscì in grande quantità per un tempo considerevole. Circa due miglia al Sud del lago, un gaz infiammabile sgorgò perforando un calcare bituminoso in quantità tale da essere impiegato per illuminare il villaggio di Fredonia. La luce della fiamma di questo gaz non è tuttavia così vivace come quella del gaz artificiale. Nel distretto di Manetta nello Stato dell’Ohio, il gaz infiammabile è costantemente compagno delle sorgenti salate; dimodochè la sua comparsa nei fori per la ricerca del salgemma è considerata come una indicazione di un favorevole risultato. Nei dintorni di Tseu-lieou-tsing nella China le esalazioni di gaz infiammabile dalle sorgenti salate sono, secondo le comunicazioni del missionario Imbert, molto comuni. Alcune, di queste sono utilizzate puramente per cagione del gaz infiammabile, il quale è somministrato in così grande quantità che è impiegato a far bollire l’acqua salata, come altresì a riscaldare ed a illuminare gli stabilimenti nei quali il sale è preparato. L’acqua salata in uno di questi pozzi essendo cessata, il foro venne continuato alla profondità di 3000 piedi (900 metri circa); l’acqua salata non era ancora apparsa, ma, quando il perforatore ha raggiunto questa enorme profondità, una corrente di gaz apparve improvvisamente e venne utilizzata per fuoco. Vi sono pozzi il gaz dei quali, allorchè è acceso, produce delle fiamme di 30 piedi di altezza: quivi il gaz pare provenire da strati di carbone, poichè questo venne spesso incontrato nel fare i fori.

Dumas trovò che il gaz, il quale si sviluppa dal salgemma crepitante di Vieliczka, venendo disciolto nell’acqua, è infiammabile. H. Rose esaminò questo gaz e trovò che esso appariva come un miscuglio di idrogeno carbonato e di idrogeno. Secondo Bunsen questo gaz consiste di

Gaz idrogeno carbonato 84,60
Gaz ossigeno 2,58
Gaz acido carbonico 2,00
Gaz azoto 10,35

99,53


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Il gaz infiammabile nel sale crepitante deve essere presente in uno stato di forte compressione, poichè Dumas ed H. Rose trovarono che il sale contiene la metà del suo volume di gaz. Differenti pezzi di sale contengono tuttavia ineguali quantità di gaz. Sotto il microscopio non vi si possono scoprire cavità, mentre venendo disciolto nell’acqua e le sue lamelle diventando più sottili, tra esse si formano piccole bollicine di gaz, il quale separa le lamelle l’una dall’altra (onde si produce lo schioppettìo) e fugge dalle fessure così prodotto. I pezzi chiari e trasparenti del crepitante sale decrepitano venendo disciolti perfettamente come i saggi oscuri e non trasparenti.

Non pare che il sale crepitante sia una particolarità delle miniere di Vieliczka; ad Hallstadt in Austria si incontra altresì un sale crepitante analogo.

Esalazioni importantissime di idrogeno carbonato (Bischoff pag. 252, 1° vol.) si incontrano sulle spiaggie occidentali del Mar Caspio. Nei dintorni di Baku sulla penisola di Abscheron un tratto è stato da lungo tempo conosciuto sotto il nome di campagna di fuoco, dove continuamente esala gaz infiammabile, mentre sorgenti di nafta e di petrolio si trovano nella stessa località. Da una lunga serie di osservazioni sulla temperatura delle sorgenti e dei pozzi, Abich trovò che la temperatura media del suolo di Abscheron è di 59° Farh., quella della nafta di 62°,5 a 66°, e quella delle sorgenti di gaz 68°,5. Il gaz in conseguenza può solo provenire da una modesta profondità. Sopra lo Schagdag, non molto lontano dal villaggio di Kinalughi, 7834 piedi sopra il Mar Caspio, si trovarono considerevoli esalazioni di gaz idrogeno carbonato (il fuoco eterno di Schlagdag), il quale affluisce direttamente fuori dalle fessure delle arenarie alternanti con argilla scistosa. Questa fiamma non è mai estinta dalle influenze atmosferiche.

Schmidt (Bollettino dell’Accademia di Pietroburgo, tomo 12), espose i resultati seguenti delle analisi dei gaz di Abscheron e di altre regioni salifere e petroleifere della Russia:

C. SCHMIDT. R. BUNSEN.
Abscheron. Titarofka. Jenikale. Boulganak. Selevannaja.
CO2 0,93 2,18 3,50 4,61 2,49 4,44
CnHn 4,11 3,26 4,26 » » »
H 0,34 0,98 » » » »
N 2,13 0,49 » » » »
C2H4 92,49 93,09 » » » »

Nelle emanazioni della rinomata regione Abscheron, si incontra non solo l’idrogeno carbonato ma l’idrogeno libero ed i bicarburi di idrogeno CnHn. In queste emanazioni non si incontra idrogeno solforato, perchè la loro temperatura è solo di 68°,5 Farh. eguali e 20°,28 centigradi.

Nei gaz invece delle acque termali dei dintorni del Mar Caspio, Abich trovò:

HS 0,222
CO2 13,107
O 0,130
C2H4 46,144
CnHn 0,000
N 40,397

100,000
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Coll’elevazione di temperatura si ha quindi in queste emanazioni la presenza dell’idrogeno solforato, come nelle maccalube.

La presenza del petrolio e della nafta in tutti i dintorni del Mar Caspio, serve a spiegare l’origine di queste esalazioni di idrogeno carbonato. Debbo tuttavia osservare che questi terreni oltre all’essere petroleiferi sono tutti più o meno salati. L’associazione delle argille petroleifere, delle argille salifere e del gaz idrogeno carbonato è un fatto che si osserva nei depositi dell’Africa, che sono considerati da Coquand, come appartenenti all’eocene superiore ed al terreno a fucoidi. I banchi saliferi dell’Armenia e della Persia sono stati dimostrati eocenici da Tchihatcheff e D’Archiac.

La presenza contemporanea del salgemma, del petrolio, delle esalazioni di idrogeno carbonato e delle maccalube, si osserva in vasta scala nelle regioni petroleifere della Valachia e della Moldavia, le quali appartengono all’eocene ed al terreno a fucoidi. Secondo Coquand i banchi di arenaria o di calcare a fucoidi sono in questa regione, specialmente presso Pocura e presso Moinesti, sovrapposti alle argille petroleifere e salifere, alle quali succedono in linea discendente banchi di salgemma. Egli dice tuttavia nel suo lavoro: (Sur les gites de la Valachie et de la Moldavie, Bulletin de la Société géologique de France, tom. 24), che le sezioni di Okna e di Slanick possono generare dei dubbi a questo riguardo, ma che questi dubbi sono risolti dalla sezione di Moinesti. Osserverò più tardi che il deposito delle fucoidi è in gran parte contemporaneo delle argille salifere e petroleifere, che esse possono trovarsi sopra o sotto queste argille e che da una ed anche da più sezioni, ancorchè la successione degli strati vi sia ben definita, non si può argomentare che in tutta la formazione corrispondente debba regnare la stessa legge di sovrapposizione. Questa osservazione è confermata dalla sezione teorica dei terreni terziarii della Valachia rappresentata dal prof. Capellini nella sua opera: Sui giacimenti petroleiferi di Valachia.

Miocene sup. Mollasse e sabbie giallognole di Bustinari, Podeni e Possesti (parte).
Argille turchine con conchiglie di acqua dolce di Tzinta, Damba, Bordeni.
Marne di Odeasca e Valeni di monte.
Argille petroleifere di Matizta (riva destra), Tzinta nelle vicinanze di Bustinari.
Salgemma e gesso di Tzinta, Pocurez, Telega.
med. Calcare oolitico di Pocurez e sabbie sottoposte.
Argille e sabbie inferiori petroleifere di Pocurez. Sabbie succinifere di Possesti.
Argille petroleifere di Kolibasc, Possesti; ed in parte di Tzinta, Baicoui.
inf. Mollasse, scisti bituminosi, argille petroleifere di Possesti, La Plaz, Camarasc, Scorzeni.
Mollasse ed argille con gesso fibroso, zolfo e piriti di Kiosdanka e Gura Draganassa.
Eocene sup. Macigno scistoso con fucoidi e Paleodictyon di Moinesti.
Argille scagliose petroleifere di Moinesti.
med. Macigni o scisti galestrini del fiume Batrinanca.
Argille scistose petroleifere di Batryn.
inf. Gessi di Batryn.

Secondo Capellini le argille petroleifere di Moinesti sarebbero realmente inferiori al macigno a fucoidi di Moinesti. Questo macigno sarebbe tuttavia anteriore alle argille [p. 17 modifica] petrolifere di Possesti appartenenti al miocene inferiore, ed a più forte ragione alle argille petrolifere di Kolibasc, Pocurez e Possesti stesso esistenti nel miocene medio, alle quali fanno ancora seguito in ordine ascendente quelle di Matizta e di Tzinta.

I depositi saliferi adunque della Sicilia, dell’Italia peninsulare, della Valachia, della Moldavia, della Persia, dell’Algeria, e così via dicendo, appartengono tutti alla stessa epoca, ossia all’epoca più importante per lo sviluppo delle fucoidi. In tutti questi terreni sono insieme associati gessi, salgemma, bicarburi di idrogeno, petrolii, idrogeno carbonato, idrogeno libero e sostanze organiche. D’onde deriva quest’associazione così costante di tutti questi elementi? Per determinare la cagione di questa associazione e l’origine di queste sostanze, bisogna osservare quello che succede nella natura dove si formano analoghi depositi.

Il salgemma ed i gessi ed altri elementi salini che si trovano con essi associati, sono oramai indiscutibilmente depositi prodotti dall’evaporazione delle acque del mare, od in altri termini i depositi di solfato di calce, di cloruro di sodio, di ossido di ferro ec., che si incontrano in Sicilia, nell’Italia peninsulare, in Moldavia, in Valachia, in Algeria ec., sono depositi di saline naturali in larga scala. Scavando ora il fondo delie saline attuali, il terreno si mostra tutto impregnato di sostanze organiche, provenienti dalla scomposizione delle alghe. Nei primi compartimenti di epurazione spesso a piccola profondità si osservano ancora traccio delle alghe, ad una profondità maggiore invece le sostanze terrose paiono associate ad una materia torbosa di cui non si conosce la struttura. Anche nei bacini di deposizione del sale, nei quali le acque entrano senza trascinare delle erbe ed apparentemente pressochè prive di sostanze organiche, il suolo ne è tuttavia impregnatissimo. Tutte le materie terrose che formano il fondo dei compartimenti, sia di epurazione che di deposizione del sale, rassomigliano perfettamente alle marne ed argille salifere dell’epoca eocenica della Sicilia, della catena degli Apennini ec., e sono come queste colorite in azzurro dalle sostanze organiche senza che ne compariscano le impronte.

Da queste analogie è lecito dedurre che dalla scomposizione delle erbe marine e specialmente delle fucoidi, che in quell’epoca si moltiplicavano prodigiosamente, provengano le materie organiche che colorano in azzurro le argille salifere della Sicilia e delle altre contrade soprannominate, e che alla scomposizione delle fucoidi si debbano attribuire i carburi di idrogeno, i quali allo stato liquido e gassoso si trovano associati alle argille suddette.

Se la scomposizione ha luogo in presenza dell’aria o sotto una piccola pressione, si ha uno sviluppo notevole di idrogeno carbonato o di gaz delle maremme ed un residuo di materia torbosa. Il petrolio, la nafta e gli altri svariati idrocarburi, come l’ozokerite l’hatchetina, la fichtelite, l’hartite, l’elaterite ec., allorchè si trovano più o meno in presenza degli agenti atmosferici, si scompongono perdendo gli elementi più volatili e si condensano semprepiù passando allo stato di pisasfalto e poscia di asfalto. In presenza degli agenti atmosferici, e sotto una piccola pressione, è quindi impossibile che la scomposizione delle sostanze organiche possa dare origine a petrolio ed a nafta. Ma se la scomposizione ha luogo lentamente sotto una pressione notevole in presenza [p. 18 modifica] dell’acqua salata, può dare origine ad idrocarburi liquidi, come il petrolio, la nafta e gli altri idrocarburi soprariferiti. Questo fatto si è verificato appunto nei giacimenti siciliani. — La potenza delle marne salate è in varii punti della Sicilia superiore ad un chilometro. La formazione ferruginosa, gessosa, sottostante è ancora superiore in potenza al deposito delle argille salifere. Grande doveva essere in conseguenza la profondità di queste saline naturali. Giova osservare che la loro profondità era, durante il periodo del deposito gessoso e ferruginoso, maggiore ancora che durante il periodo della formazione delle miniere di salgemma, poichè il suolo venne sempre innalzandosi lentamente.

Le fucoidi a misura che si deponevano al fondo delle acque venivano coperte dalle marne in esse trascinate. Queste marne sono in molti punti intercalate con straticelli di sabbia finissima, la quale non costituisce tuttavia che la ventesima parte di questo terreno. Tutti questi depositi dimostrano l’esistenza di correnti, le quali dovevano trascinare seco le erbe marine e le fucoidi che in tanta copia si producevano in quell’epoca. Esse si accumulavano spesso in alcuni punti dove le acque erano quasi stagnanti e venivano successivamente associate alle sabbie, alle marne, e sempre dalle marne coperte. La loro scomposizione succedeva quindi sotto una pressione notevole prodotta dalla grande altezza delle acque superiormente e quasi senza la presenza degli agenti atmosferici. Si formarono quindi varii idrocarburi liquidi, dei quali restarono intimamente impregnate le sabbie, i calcari e le marne colle fucoidi associate.

Fra questi carburi liquidi è rimarchevole l’hatchetina o la scheererite composta di idrogeno e di carbonio nelle stesse proporzioni dell’idrogeno carbonato. Bischoff (vol. I, pag. 291), nota che essa si trova presso Merthyr Tydwill nell’Inghilterra, dove riempie piccole fessure attorniate da calcare spatico nel minerale di ferro della formazione carbonifera. A Loch Tyne nella Scozia esso galleggia sopra l’acqua in una palude torbosa. Nel calcare di transizione di Beaulieu in Francia, esso si incontra insieme col carbonato di calce nelle geodi. Si incontra altresì ad Idria insieme col cinabro.

È cosa difficilissima il conoscere quali sieno le circostanze che determinarono la formazione di un idrocarburo piuttosto che di un altro. La temperatura, la pressione, la natura delle acque, la natura delle sostanze organiche, e così via dicendo, sono tutti fatti i quali hanno un’influenza nella composizione e nella natura degli idrocarburi da queste sostanze organiche prodotti.

Tutti questi idrocarburi furono poscia nelle epoche geologiche seguenti, ed ancora oggidì soggetti ad una lenta scomposizione con perdita degli elementi più volatili.

Il gaz idrogeno carbonato e l’idrogeno libero, che si sviluppano nelle maccalube, sono originati specialmente dalla scomposizione degli idrocarburi suddetti.

Sarebbe cosa importantissima il determinare in qual modo siano sparite le impronte delle fucoidi nelle argille salate e gessose, e si trovino solo nei calcari e nelle arenarie della formazione eocenica suddetta. Qualunque sia l’origine di questo fatto, egli è certo che i fondi delle attuali saline sono impregnati di sostanze organiche provenienti dalla scomposizione delle alghe, senza che si possano osservare le traccie delle loro impronte. Anche nelle torbiere e nelle formazioni carbonifere è generalmente impossibile [p. 19 modifica] riconoscere la natura delle erbe e delle piante dalle quali esse sono generate, e pur nondimeno si conoscono e si descrivono nei trattati più di 500 delle loro specie. Se dal deposito carbonifero non si possono determinare le loro forme, queste sono chiaramente visibili in tutti i residui petrificati che si trovano nei calcari e specialmente nelle arenarie di quest’epoca. Applicando ora al terreno eocenico le stesse norme che si adoperarono per il terreno carbonifero onde determinare le piante dalle quali i carboni provennero, si deve conchiudere che gli scisti bituminosi, petrolii e le sostanze organiche in genere delle quali è impregnata questa formazione, provengono dalle fucoidi, le cui impronte si trovano in quantità straordinaria nei calcari e nelle arenarie della stessa epoca geologica. Le impronte delle fucoidi mancano è vero nelle marne salate; si trovano tuttavia non solo nei calcari e nelle arenarie ma ancora nelle argille scagliose sottostanti. Del resto, l’esempio delle saline ci dimostra che le impronte delle fucoidi possono benissimo mancare nelle marne salate, tutto che siano dalle fucoidi generate le sostanze organiche onde esse sono impregnate.

Il fatto più rimarchevole che si osserva nelle saline a questo riguardo è che nei compartimenti in cui si depone il sale, le acque già epurate entrano quasi limpide senza che vi si osservi ad occhio nudo alcuna sostanza organica, e pur nondimeno il loro fondo è impregnato di sostanze organiche azzurre quasi nere come nei bacini di epurazione.

Una parte dei carburi di idrogeno deve quindi passare allo stato di soluzione nelle acque, penetrare in questo stato nei compartimenti in cui si depone il cloruro di sodio e subire ivi una scomposizione ulteriore con perdita notevole di idrogeno e quindi con una precipitazione di elementi più ricchi in carbonio che colorano in azzurro la materia del fondo delle saline. Che un carburo di idrogeno si trovi in soluzione nelle acque salate si può anche dimostrare dalla presenza di questi carburi nel salgemma. L’esempio più notevole di questo fenomeno ci è somministrato dal sale di Vièliczka il quale contiene metà del suo volume di questo gaz, senza che tuttavia col microscopio vi si possano scoprire delle cavità. Il salgemma della Sicilia e specialmente i cristalli, non solo contengono imprigionato in regola generale idrogeno carbonato ma anche sostanze organiche, che, senza togliere la trasparenza ai cristalli suddetti, li colorano bellamente in azzurro.

Questi fatti dimostrano che le marne salifere dell’eocene superiore poterono essere impregnate di materie organiche provenienti dalla scomposizione di erbe marine, le cui traccie ed i cui residui restarono sepolti in altri punti anche molto distanti. Si può quindi ammettere che i carburi, i quali si trovano in Sicilia nel miocene inferiore (eocene superiore), cioè la nafta, il petrolio, l’idrogeno carbonato, gli scisti bituminosi ec., provengano dalla scomposizione delle fucoidi.

Quest’ipotesi serve a spiegare il perchè il petrolio, la nafta e le sostanze bituminose si trovino intimamente associate alle marne salifere in tutte le regioni sopraindicate.

Considerando i carburi che si incontrano nella formazione miocenica della Sicilia come il prodotto della scomposizione delle fucoidi, non intendo di attribuire egualmente alla scomposizione di fucoidi tutti gli idrocarburi, i petrolii ec., che si trovano sparsi [p. 20 modifica]nei varii terreni di altre contrade, potendo questi provenire dalla scomposizione di altri elementi organici. Se tuttavia dalla scomposizione delle fucoidi derivano gli idrocarburi della formazione eocenica in Sicilia, i petrolii della Valachia, della Moldavia, dell’Algeria, dei dintorni del Mar Caspio e dell’Italia peninsulare, debbono attribuirsi alla stessa causa, trovandosi le fucoidi in abbondanza in queste regioni nei calcari ed in genere nelle rocce che accompagnano le argille salifere e petroleifere. Il miocene inferiore fa, specialmente durante l’epoca solfifera, soggetto ad una elevazione di temperatura, la quale, tuttochè limitata, ha determinato in vasta scala la riduzione dei solfati per mezzo delle sostanze organiche. Questa elevazione di temperatura ha dovuto esercitare una influenza notevole sulla scomposizione delle sostanze organiche suddette e quindi sulla varia natura degli idrocarburi da queste prodotti.

Causa della serie alternativa di straterelli di sabbia e di marna nel miocene inferiore. — Ho osservato che le argille salate, gessose e ferruginose sono spesso intercalate con straticelli di sabbia o di arena quarzosa e micacea. Questa alternanza di straterelli pare dovuta alla separazione dei materiali che si deponevano meccanicamente al fondo dei bacini, separazione prodotta o durante il loro deposito o poco tempo dopo dal movimento burrascoso delle acque.

Durante queste burrasche, le argille e le sabbie che costituivano la superficie del fondo vennero rimaneggiate. Le particelle più fine furono tenute lungo tempo in sospensione e, depositandosi poscia, formarono uno strato di argilla sopra uno straticello di sabbia.

La formazione di un grande deposito costituito specialmente verso la sua base da una serie alternativa di straterelli di sabbia e di argilla, era allora un fenomeno naturale e quasi inevitabile in questi bacini, perchè l’evaporazione enorme delle acque, come ci dimostra la concentrazione delle soluzioni di solfato di calce, di cloruro di sodio ed il loro successivo deposito, doveva determinare dall’oceano nei bacini suddetti una corrente come si verifica ancora attualmente dall’Atlantico nel Mediterraneo o dal Mar Caspio nel golfo di Karaboghaz ec. La corrente suddetta doveva trasportare non solo cloruro di sodio, bicarbonato di ferro, solfato di calce ed in genere tutti i sali contenuti in soluzione nelle acque marine, ma altresì sabbie, argille ed erbe marine. Le sabbie si deponevano là dove la corrente era ancora dotata di una certa velocità, mentre le argille finissime, le quali costituiscono i 19/20 di questa formazione, si deponevano dove piccolo e quasi nullo era il movimento delle acque. Durante le grandi burrasche, questi depositi venendo rimaneggiati ed in parte mescolati, dovevano dare origine in molti punti ad una serie alternativa di straterelli di argilla e di sabbia. Il rimaneggiamento di questo deposito era reso più facile dalla diminuzione progressiva di profondità dei bacini, sia perchè il movimento di ondulazione delle acque superficiali poteva comunicarsi più facilmente a quelle che si trovavano al loro fondo, sia perchè una parte del deposito già formato per il sollevamento progressivo del suolo si trovava nuovamente esposto all’azione corrosiva delle acque suddette. Enorme era allora nei mari la vegetazione delle fucoidi: queste correnti dovevano altresì trasportare una quantità considerevolissima di queste erbe concentrandole in varie località speciali.



  1. Debbo qui correggere un errore occorso relativamente al Lago di Palagonia o Lago dei Palici. Nella Memoria ho detto che gli scisti bituminosi sono probabilmente la causa del carattere oleoso del Lago di Palagonia. Questo lago chiamato anche il Lago di nafta, non presenta alcun carattere di questa sostanza; e fu per errore che una nota con punto interrogativo venne da me copiata nello scrivere la Memoria. Passai vicino a questo lago, vidi il terreno in cui ha sede, ma, il tempo stringendo, dovetti continuare il cammino: assunsi informazioni, ma queste furono erronee.