Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo III/Natura degli ostacoli all'accrescimento

Da Wikisource.
Capo III

Natura degli ostacoli all'accrescimento

../Progressione geometrica d'accrescimento ../Rapporti complessi degli animali e dei vegetali nella lotta per l'esistenza IncludiIntestazione 1 giugno 2008 75% paleontologia

Capo III - Progressione geometrica d'accrescimento Capo III - Rapporti complessi degli animali e dei vegetali nella lotta per l'esistenza

Le cause che si oppongono alla tendenza naturale delle specie di moltiplicarsi sono molto oscure. Quanto più una specie è vigorosa, più facilmente si moltiplica, e cresce anche la sua tendenza a moltiplicarsi. Noi non conosciamo esattamente niuno degli ostacoli che inceppano la tendenza a moltiplicarsi, nè dobbiamo farne le meraviglie se riflettiamo alla nostra grande ignoranza in ciò, anche per quanto riguarda l’uomo, che noi conosciamo per altro meglio di qualunque altra specie. Parecchi autori hanno trattato abilmente questo soggetto; e nel mio prossimo lavoro io discuterò a lungo alcuni di questi impedimenti, segnatamente riguardo agli animali carnivori dell’America del Sud. Io qui voglio fare soltanto poche osservazioni per richiamare alla mente del lettore certi punti principali. Generalmente sembra che siano le uova o i piccoli degli animali che debbano soffrire maggiormente; questa regola però non è senza eccezione. Fra le piante havvi una enorme distruzione di semi; ma dietro alcune osservazioni da me fatte, ritengo che le piante giovani debbano soffrire assai più, quando crescono in un terreno riccamente fornito di altre piante. Le pianticelle hanno anche a temere molti nemici; così sopra una superficie di tre piedi in lunghezza per due di larghezza, ben vangata e purgata, osservai tutti i germi delle nostre erbe locali di mano in mano che pullulavano, e di 357 che io contai, non meno di 295 furono distrutti, principalmente dalle lumache e dagli insetti. Se si lasci crescere un prato che fu segato, oppure che servì di pascolo ai mammiferi, le piante più vigorose distruggono a poco a poco le più deboli, anche se siano pienamente sviluppate. Sopra venti specie che crescono in un piccolo spazio erboso (di tre piedi per quattro), nove muoiono così fra le altre che si svilupparono liberamente.

La quantità del nutrimento conveniente ad ogni specie contrassegna quindi naturalmente l’estremo limite del suo aumento; pure di sovente non è la privazione di nutrimento, ma la circostanza di servire di preda ad altri animali, che determina il numero medio degli individui di una specie. Così non puossi dubitare che la quantità delle pernici, dei galli selvatici e delle lepri che vivono sopra una vasta estensione non dipenda essenzialmente dalla distruzione dei piccoli carnivori. Se per venti anni non si uccidesse un solo capo di selvaggina in Inghilterra e che inoltre nessuno di questi carnivori fosse distrutto, probabilmente il selvatico sarebbe più raro che oggi non sia; eppure questi animali vengono ammazzati annualmente a centinaia e migliaia. D’altra parte in certi casi, come nel caso dell’elefante, nessun individuo della specie diventa vittima di fiere; perchè perfino il tigre l’India non ardisce che rarissimamente di attaccare un elefante giovane, protetto da sua madre.

Il clima esercita una influenza importante nella determinazione del numero medio degli individui d’ogni specie, e il ritorno periodico di stagioni molto fredde o molto secche pare l’ostacolo più forte alla loro moltiplicazione. Ho calcolato (principalmente dal numero ristrettissimo dei nidi di primavera) che l’inverno 1854-55 distrusse i 4/5 degli uccelli sulle mie terre; vedesi che questa è una somma di distruzione spaventosa, quando si pensi che nelle epidemie umane una mortalità del dieci per cento è straordinaria. L’azione del clima pare a prima vista affatto indipendente dalla lotta per l’esistenza; ma il clima, potendo produrre principalmente una diminuzione di nutrimento, può cagionare una lotta intensa fra gli individui della medesima specie o di specie diversa, che vivono degli stessi alimenti. E quando il clima agisce direttamente, come ad esempio durante un freddo eccessivo, quelli che maggiormente ne soffrono sono gli individui meno vigorosi, ossia quelli che non seppero procurarsi una sufficiente quantità di nutrimento. Quando si viaggia dal Sud al Nord, oppure allorchè da una regione umida si passa ad un paese secco, si osserva invariabilmente che alcune specie divengono sempre più rare e finiscono collo scomparire interamente; e il cambiamento di clima essendo ciò che più ci colpisce dapprima, noi ci sentiamo propensi ad attribuire pienamente questa scomparsa alla sua azione diretta. Ma questa induzione è falsa; noi dimentichiamo infatti che ogni specie, anche nei luoghi in cui è più sparsa, subisce sempre una forte distruzione in certe fasi della vita e per opera dei loro nemici e dei loro competitori che lottano per occupare il medesimo luogo, o per valersi degli stessi alimenti. Se questi nemici o questi competitori sono appena favoriti da un leggero cambiamento di clima, aumentano di numero, e per essere ogni paese popolato da un sufficiente numero di abitanti, le altre specie debbono diminuire. Se viaggiando verso il mezzogiorno noi vediamo che una specie decresca, possiamo andare sicuri che la causa sta nell’essere le altre specie favorite, piuttosto che nel trovarsi questa sola danneggiata. Così dicasi se noi ci dirigiamo verso il Nord, ma in grado un po’ minore, perchè il numero totale delle specie, e per conseguenza dei competitori, diminuisce verso il Nord. Quindi procedendo verso settentrione, o ascendendo una montagna, noi ci abbattiamo più spesso in quelle forme stentate che sono dovute direttamente all’azione malefica del clima, al contrario di quanto avviene nel volgere a mezzogiorno, o nel discendere da una montagna. Quando si giunge alle regioni artiche, quelle delle nevi eterne o dei veri deserti, la lotta per l’esistenza non si verifica che contro gli elementi.

Una prova evidente che il clima agisce soprattutto in modo indiretto, col favorire certe specie, ci viene fornita dal vedere nei nostri giardini una prodigiosa quantità di piante che sostengono perfettamente il nostro clima; mentre non potrebbero mai prosperarvi allo stato naturale, perchè inette a sostenere la lotta colle nostre piante indigene o a difendersi efficacemente dai nostri animali.

Quando, in seguito a circostanze assai favorevoli, una specie si moltiplica straordinariamente in un luogo assai ristretto, spesso si manifestano delle epidemie; almeno ciò venne generalmente constatato nei nostri animali selvatici. Questo è dunque un impedimento non dipendente dalla lotta per l’esistenza. Ma alcune di queste epidemie sembrano originate da vermi parassiti, i quali furono sproporzionatamente favoriti da una causa qualsiasi o dalla maggiore facilità di moltiplicarsi fra animali più affollati; e anche in questo caso havvi una certa lotta fra i parassiti e la loro preda.

D’altra parte succede frequentemente che una grande quantità di individui di una specie, relativamente al numero de’ suoi nemici, è necessaria per la sua conservazione. Così noi possiamo ottenere una quantità grande di cereali, di ravizzi, ecc., nei nostri campi, perchè la semente trovasi in eccesso riguardo al numero degli uccelli che se ne cibano; e tuttavia questi uccelli, anche avendo in una stagione sovrabbondanza di nutrimento, non ponno crescere in numero proporzionatamente a questo nutrimento, perchè questo numero viene limitato nella stagione invernale. Ma tutti sanno quanto difficile sia l’ottenere del seme da pochi grani di frumento o d’altre piante simili in un giardino: in tal caso io perdetti ogni volta i grani seminati isolatamente. Questa necessità d’una grande massa di individui per la conservazione della specie spiega, a mio avviso, alcuni fatti singolari nella natura; p. es., alcune piante rarissime sono molto abbondanti nei pochi punti in cui si trovano: inoltre le piante sociali rimangono tali, cioè abbondanti pel numero degli individui, anche agli estremi confini della loro regione. Si può pensare in questi casi che una pianta sarebbe esistita solamente in quel luogo, in cui le condizioni della vita le riescissero vantaggiose, in modo che molte esistessero insieme, per salvarsi così dall’intera distruzione. Debbo aggiungere che i benefici effetti degli incrociamenti frequenti e gli effetti dannosi delle fecondazioni fra individui molto affini, hanno pure la loro influenza in questa circostanza; ma non voglio estendermi qui sopra questa scabrosa questione.