Sulla origine delle specie per elezione naturale, ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza/Capo XII/Dispersione nel periodo glaciale

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Capo XII

Dispersione nel periodo glaciale

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Capo XII - Mezzi di dispersione Capo XII - Alternanza dei periodi glaciali al Nord e al Sud


L’identità di molte piante ed animali sulle cime di monti separati da centinaia di miglia di pianure, dove queste specie alpine non potrebbero vivere, è uno dei più segnalati casi noti della esistenza delle medesime specie in punti distanti, senza che via sia un’apparente possibilità che esse abbiano emigrato da un sito all’altro. Invero è un fatto rimarchevole il vedere tante piante della stessa specie vivere sulle regioni nevose delle Alpi o dei Pirenei, e insieme nelle estreme parti settentrionali dell’Europa; ma è assai più singolare che le piante delle Montagne Bianche negli Stati Uniti di America siano tutte uguali a quelle del Labrador, e quasi le medesime di quelle delle più alte montagne d’Europa, come osservò il dott. Asa Gray. Fino dal 1747 questi fatti persuasero il Gmelin che le stesse specie dovevano essere state create indipendentemente, in parecchi punti distinti; e noi avremmo potuto conservare quest’opinione, se l’Agassiz ed altri non avessero richiamato la più viva attenzione sul periodo glaciale, che ci porge una semplice spiegazione di questi fatti, come ora vedremo. Noi abbiamo ogni sorta di prove immaginabili, nel regno organico e nell’inorganico, che in un periodo geologico molto recente l’Europa centrale e l’America settentrionale soggiacquero ad un clima artico. Le rovine di una casa incendiata non ce ne narrano la storia più esattamente di ciò che vediamo nelle montagne della Scozia e della Gallia coi loro fianchi striati, colle loro superfici liscie, e coi loro massi erratici, trasportati dalle correnti di ghiaccio che riempivano totalmente le vallate vicine. Il clima d’Europa si è cambiato tanto profondamente, che nell’Italia settentrionale le gigantesche morene, abbandonate dagli antichi ghiacciai, sono ricoperte di vigne e di grano. Sopra una gran parte degli Stati Uniti i massi erratici e le roccie striate dai ghiacci galleggianti o da quelli di costa ci rivelano chiaramente un antico periodo freddo.

La influenza del clima glaciale sulla distribuzione degli abitanti dell’Europa, quale fu esposta con mirabile chiarezza da Edoardo Forbes fu considerevole. Ma noi ne seguiremo più facilmente gli effetti supponendo che un nuovo periodo glaciale sia cominciato e si sia compiuto lentamente, come accadde in epoca remota. A misura che il freddo aumenterà e che ogni zona più settentrionale si renderà più adatta agli esseri delle regioni artiche, e meno acconcia agli antichi abitanti che vi trovavano un clima più temperato, questi ultimi saranno cacciati dalle artiche produzioni, che occuperanno il loro posto. Gli abitanti dei paesi più temperati saranno costretti nel medesimo tempo ad incamminarsi verso il sud, finchè non incontrino barriere insormontabili, nel qual caso periranno. Le montagne saranno coperte di neve e di ghiaccio, e i loro antichi abitanti alpini scenderanno nelle pianure. Per tutto quel tempo in cui il freddo avrà raggiunto il suo massimo grado, avremo una fauna e una flora artica uniforme, che si estenderà sulle parti centrali dell’Europa fino al sud delle Alpi e dei Pirenei, e penetrerà anche nella Spagna. Le attuali regioni temperate degli Stati Uniti saranno pure invase dalle piante e dagli animali del nord, e questi saranno quasi uguali a quelli dell’Europa; perchè gli abitanti circumpolari, che noi supponiamo abbiano viaggiato dappertutto verso il mezzogiorno, sono singolarmente uniformi tutto all’intorno del globo.

Non appena il caldo ritorni, le forme artiche retrocederanno verso il nord, e saranno seguite nella loro ritirala dalle produzioni delle regioni più temperate. E di mano in mano che la neve si scioglierà alle basi dei monti le forme artiche occuperanno il suolo scoperto e non gelato, ascendendo nei monti ad altezze sempre maggiori quanto più il calore aumenti, mentre le altre forme identiche continueranno il loro viaggio al nord. Perciò quando la temperatura sia ridivenuta completamente calda, le medesime specie artiche, le quali ultimamente avevano vissuto riunite in corpo sulle pianure del Vecchio Mondo e del Nuovo, rimarranno isolate sulle cime delle montagne fra loro distanti (essendo state estinte su tutte le altezze minori) e nelle regioni artiche dei due emisferi.

Così possiamo spiegare l’identità di molte piante in luoghi tanto lontani, come le montagne degli Stati Uniti e quelle d’Europa. Inoltre possiamo intendere il fatto che le piante alpine di ogni catena di monti sono più specialmente conformi alle specie che vivono in linea retta al nord, o quasi al nord, delle medesime; perchè la prima migrazione al crescere del freddo, e la seconda migrazione al ritornare del caldo, generalmente saranno accadute verso il sud e verso il nord. Le piante alpine di Scozia, per esempio, secondo H. C. Watson, e quelle dei Pirenei, secondo Ramond, sono più specialmente affini alle piante della Scandinavia settentrionale, quelle degli Stati Uniti a quelle del Labrador, e finalmente quelle delle montagne della Siberia alle specie delle regioni artiche di questo paese. Queste viste essendo appoggiate sull’avvenimento perfettamente constatato di un antico periodo glaciale, mi pare che ci spieghino in un modo soddisfacente la presente distribuzione delle produzioni alpine ed artiche1 di Europa e d’America; così quando noi trovassimo in altre regioni le medesime specie sulle cime di monti distanti, potremmo quasi conchiudere, senza altre prove, che un clima più freddo permise la loro antica migrazione a traverso dei bassi tratti interposti, divenuti in seguito troppo caldi per la loro esistenza.

Le forme artiche, durante la loro lunga migrazione al sud e la loro retrogressione al nord, saranno state esposte ad un clima quasi uguale e si saranno conservate in corpo tutte insieme, particolarità che merita di essere menzionata. Per conseguenza le loro mutue relazioni non saranno state molto disturbate e quindi non saranno andate soggette a molte modificazioni, in accordo ai principii inculcati in questo libro. Ma il caso sarà stato alquanto diverso nelle nostre produzioni alpine che rimasero isolate, dopo che il calore cominciò ad elevarsi, sulle prime al piede dei monti e da ultimo alla loro cima; perchè non può dirsi ugualmente che tutte le identiche specie del nord siano restate sulle catene dei monti lontane le une dalle altre, ed abbiano potuto sopravvivere colà dopo quell’epoca; anzi esse si saranno probabilmente confuse colle antiche specie alpine, le quali esistevano sulle montagne prima del principio dell’epoca glaciale, e che durante il periodo più freddo di quest’epoca saranno state temporaneamente spinte abbasso verso la pianura; e saranno anche state esposte ad influenze climatologiche alquanto diverse. Le loro mutue relazioni si saranno quindi turbate in qualche grado; e perciò avranno subìto delle modificazioni, come troviamo in realtà; mentre confrontando le attuali piante alpine e gli animali delle varie grandi catene di montagne dell’Europa, quantunque molte specie siano identicamente le stesse, alcune presentano delle varietà, altre sono considerate come forme dubbie, e molte altre specie sono distinte, ma tuttavia strettamente affini o rappresentative.

Nel dimostrare ciò che, a mio avviso, deve essere avvenuto effettivamente nell’epoca glaciale, supposi che al principio di quest’epoca le produzioni artiche fossero uniformi, come oggi, intorno alle regioni polari. Ma le considerazioni che precedono sulla distribuzione non si applicano solamente alle forme artiche, ma bensì anche a molte forme sub-artiche e ad alcune poche delle zone temperate settentrionali, perchè alcune di queste sono uguali nelle montagne più basse e nelle pianure dell’America settentrionale e dell’Europa; e potrebbe chiedersi con ragione come io dimostri la necessaria uniformità delle forme sub-artiche e di quelle delle zone settentrionali temperate intorno al globo, al principio del periodo glaciale. Presentemente le produzioni sub-artiche e quelle delle zone temperate settentrionali del Vecchio Mondo e del Nuovo sono disgiunte fra loro dall’Oceano Atlantico e dall’estrema porzione settentrionale del Pacifico. Durante il periodo glaciale, allorchè gli abitanti dei due mondi vivevano molto più verso il sud che al giorno d’oggi, essi dovevano essere anche più completamente separati da mari più vasti. Io credo che la precedente difficoltà possa togliersi, ove si rifletta ai più antichi cambiamenti di clima che accaddero in senso opposto. Abbiamo buoni argomenti per ritenere che nel periodo pliocenico più recente, prima dell’epoca glaciale, e quando la maggior parte degli abitanti del mondo erano specificamente i medesimi dell’epoca attuale, il clima era più caldo dell’odierno. Quindi possiamo supporre che gli organismi ora viventi sotto il clima della latitudine di 60°, nel periodo pliocenico abitassero molto più verso il nord, sotto il circolo polare, alla latitudine di 66° - 67°; e che le produzioni rigorosamente artiche allora vivessero nelle terre interrotte che sono anche più vicine al polo. Ora se noi guardiamo una sfera, troveremo che sotto il cerchio polare le terre sono quasi continue dall’Europa occidentale, per la Siberia, fino all’America orientale. Io attribuisco a questa continuità delle terre circumpolari e alla conseguente libera intermigrazione sotto un clima più favorevole, la uniformità necessaria nelle produzioni sub-artiche e settentrionali delle zone temperate del Vecchio Mondo e del Nuovo, in un periodo anteriore all’epoca glaciale.

Credendo, per le ragioni alle quali accennai, che i nostri continenti siano rimasti per lungo tempo in una posizione relativa quasi uguale, benchè soggetti a grandi e parziali oscillazioni di livello, io sono assai propenso ad estendere le precedenti idee e a dedurne che durante qualche periodo più antico e più caldo, come il periodo pliocenico primitivo, un gran numero delle medesime piante e degli stessi animali abitavano le quasi continue terre circumpolari; e che queste piante e questi animali, nel vecchio e nel Nuovo Mondo, cominciarono lentamente a rivolgersi verso il sud, quando il clima diveniva meno caldo assai prima del periodo glaciale. Io penso che noi ora vediamo i loro discendenti, quasi tutti in una condizione modificata, nelle parti centrali dell’Europa e degli Stati Uniti. Con questi concetti possiamo intendere la relazione di affinità esistente fra le produzioni dell’America settentrionale e dell’Europa, relazione che è tanto più rimarchevole se si consideri la distanza dei due continenti e la loro separazione per mezzo dell’Oceano Atlantico. Ci è facile inoltre spiegare il fatto singolare, avvertito da parecchi osservatori, che le produzioni dell’Europa e dell’America erano più strettamente affini fra loro negli ultimi periodi terziari, che nell’epoca attuale; perchè in questi periodi più caldi le parti settentrionali del Vecchio Mondo e del Nuovo debbono essere state unite quasi in continuità delle terre, che avranno servito a guisa di ponte per congiungere le due regioni, finchè il freddo impedì completamente l’intermigrazione dei loro abitatori.

Durante il calore lentamente diminuente del periodo pliocenico, non appena le specie che abitavano i due mondi emigrarono in comune al sud del circolo polare, esse dovettero separarsi interamente le une dalle altre. Questa separazione deve essersi effettuata in epoca molto remota, per quanto riguarda le produzioni delle zone più temperate. E siccome queste piante e questi animali migravano verso il sud, essi saranno stati frammisti in una delle due grandi regioni colle produzioni native dell’America e avranno lottato con esse; e nell’altra con quelle del Vecchio Mondo. Perciò qui tutto era favorevole alla produzione di molte modificazioni, di modificazioni maggiori di quelle che si ebbero nelle produzioni alpine, rimaste isolate, in un periodo assai più recente, sopra diverse catene di montagne e sulle terre artiche dei due mondi. Quindi avviene che se noi confrontiamo le produzioni ora esistenti nelle regioni temperate del Nuovo Mondo e del Vecchio, noi troviamo pochissime specie identiche (quantunque Asa Gray abbia ultimamente dimostrato che un maggior numero di piante, di quel che prima si era supposto, sono identiche); ma noi troviamo in ogni grande classe molte forme che alcuni naturalisti collocano tra le razze geografiche e che altri considerano quali specie distinte, ed una schiera di forme strettamente affini o rappresentative, che sono classificate da tutti i naturalisti come specificamente distinte.

Come nelle terre, anche nelle acque del mare, una lenta migrazione verso il sud di una fauna marina che, durante il periodo pliocenico od anche qualche periodo più remoto, era quasi uniforme lungo le coste continue del circolo polare, potrebbe dimostrare, secondo la teoria delle modificazioni, in che modo molte forme strettamente affini vivano attualmente in aree completamente staccate. Così può anche spiegarsi, a mio avviso, la presenza di molte forme rappresentative esistenti e terziarie sulle coste orientali ed occidentali dell’America settentrionale temperata; e il caso anche più singolare di molti crostacei strettamente affini (come furono descritti nella stupenda opera del Dana), di alcuni pesci e di altri animali marini nel Mediterraneo e nei mari del Giappone, mari che ora sono divisi da un continente e da quasi un emisfero di oceano equatoriale.

Questi casi di parentela, senza identità, degli abitanti di mari attualmente separati, come pure degli abitanti passati e presenti delle terre temperate dell’America settentrionale e dell’Europa, sono inesplicabili secondo la teoria della creazione. Non si può dire che essi siano stati creati simili, in ragione delle condizioni fisiche quasi simili delle aree; perchè se noi paragoniamo, per esempio, certe parti dell’America meridionale coi continenti meridionali del Vecchio Mondo, noi vediamo delle contrade perfettamente rispondenti in tutte le loro condizioni fisiche, ma coi loro abitanti completamente dissimili.


Note

  1. Nell’originale "antiche".