Teatro Historico di Velletri/Arme della Città

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../Ingresso di Fede in Velletri IncludiIntestazione 12 aprile 2012 25% Da definire

Persone Insigni della Fameglia Ottavia Ingresso di Fede in Velletri
Arme della Città.
Cap. I.


Ancorchè in un'altra mia Operetta di poco momento, che contiene le Armi particolari delle Fameglie più principali di Velletri, io sia per fare un Discorso dell'Arme universale della Città; con tutto ciò hò giudicato convenevole farne in questo luogo breve mentione. La prima Arme della Città di Velletri non haveva Impresa alcuna; ma conteneva solamente quattro Lettere, cioè S.P.Q.V. le quali, si come nel tempo, che regnavano li Volsci, dicevano, Senatus, Populusquè Volscorum de' quali (come chiaramente s'è dimostrato), a'un tempo fù Capo; così, mentre questa Città fù Republica, et avanti all'Impero d'Augusto, dicevano, Senatus, Populusque Veliternus. Si continuò quest'Arme fin'a gl'Anni del nostro Ottaviano, che facendo per Impresa della sua Fameglia Ottavia una Rocca, over Torre Merlata, li nostri Cittadini la pigliarono per propria Arme della Città. Che la Fameglia Ottavia habbia havuto per Impresa questa Rocca, o Torre, è ben chiaro per quello, che si ha della Fameglia di Sant'Eustachio originata, e dependente dall'Ottavia, che se bene, per il Lupo, et il Leone, che rapirono S.Agapito, e S.Teopisto fanciulli Figlioli del Santo, alza per Impresa questi due Animali con due Fanciulli in bocca; con tuttociò, essendo il Campo dell'Arme diviso, a man destra porta depinta una Torre, ò Rocca, come antica Impresa di questa Prosapia, e della Fameglia Ottavia, dalla quale la S.Eustachia deriva. Cornelio Vitignani1, trattando della Stirpe Austriaca, vuole, che la Torre, ò Rocca Bianca, in Campo vermiglio sia l'Impresa della Fameglia Anicia; nè à tal sentenza io contradico, tenendo che la Fameglia Anicia sia l'istessa che l'Ottavia, e che la Giulia. Perche doppo la morte dell'Imperatore Ottaviano, stante l'unione, che haveva con la Fameglia Giulia, per essere Accia sua madre, sorella, come s'è detto, di Giulio Cesare, in vece di Giulia fù detta Giuliana con voce derivativa, come potrei provare con Epitafij, e Memorie autentiche di gravi Scrittori. Questa Fameglia Giuliana, perche hebbe soggetti, che fecero imprese per la Republica, fù detta Anicia, voce Greca, che non suona altro, che invitta; il che apparisce per molte Inscrittioni collocate in Roma; et autenticate dal Baronio, una delle quali è la seguente.

PETRONIO PROBINIANO, ET ANICIO IVLIANO COSS. PRID. KALENDAS APRILES COLONI, ET COLONIÆ ÆLIÆ HADRIANÆ

Questo Giuliano Console, come afferma il Bardi, lasciò doppo di se Anicio suo figliolo, circa gl'Anni del Signore CCCXXVIII. E così la Fameglia continuò ne' Posteri il Cognome d'Anicio, lasciando quello di Giuliano, la quale in Roma fù sempre grande, e fece imprese eroiche, come confermano Giu. Lipsio , et Ald. Manutio. E ne gl'antichi Annali di Roma si leggono le seguenti memorie.

ANICIVS IVLIANVS COS. PRIMVS CHRISTIANVS ANNO DOMINI CCCXXII. ANICIVS IVLIANVS PRÆTOR VRBIS ANNO DOMINI CCCXXVI.

L'istesso provano li due seguenti Epitaffij trà gl'altri mandatimi dal Sig. Cavalier Francesco Serra persona degna d'esse ammirata per ogni qualità, che rende riguardevole un Cavaliere, ma principalmente per l'essatta, et universal notitia dell'Historie, come uno trà principali di questa honoratissima professione.

DIS MANIBVS
TIRANNIÆ ANICIÆ IVLIANÆ C. F. CONIVGI
Q. CLODI HERMOGENIANI OLIBRI
V. C. CONSVLARIS CAMPANIÆ PROCON. APHRICÆ
PRÆFECTIS VRBIS PRÆF.
PRÆT. ILLIRICI PRÆF. PRÆT. ORIENTIS
CONSVLIS ORDINARII FL.CLODIVS
RVFVS V.P. PATRONÆ PERPETVÆ

Di questa Tirannia2, dice il Baronio le seguenti parole, Dicta est hæc Tirannia Anicia Iuliana uxor Quinti Clodii Hermogeniani, Olibrii V.C. ut produnt antiquæ Inscriptiones, etc. Quest'altro Epitaffio, che stà nel Palazzo de' Signori Cesi.

SEXTO PETRONIO PROBO ANICIANÆ DOMVS
CVLMINI PROCONSVLI APHRICÆ PRÆFECTO
PRÆTORIO QUATER ITALIÆ ILLIRICI APHRICÆ
GALLIARVM CONSVLI ORDINARIO
CONSVLVM PATRI ANICIVS HERMOGENIANVS
OLIBRIVS V.C. CONSVL ORDINARIVS
ET ANICIA IVLIANA C.F. EIVS
DEVOTISSIMI FILII
DEDICARVNT

E perciò l'Abb. Caetano3 hà scritto Aniciam Cæsarum Stirpem. Dal che raggionevolmente si dimostra, che l'Arme della Fameglia Anicia sia l'istessa, che dell'Ottavia, antica Impresa di Velletri. Potrebbono alcuni pensare, che l'Arme del nostro Augusto fosse una Stella, perche, mentre si celebravano li Giuochi Funebri in honore di Giulio Cesare Dittatore suo Zio materno, e Padre adottante; e sagrificava egli à Venere, fù veduta di giorno una lucidissima Stella nel Cielo, dal che pigliò buono augurio, e portò sempre in honor, e memoria del suo Zio, e Padre nella Celata scolpita una Stella. Forse da questo gesto d'Ottaviano alcuni pigliano il principio dell'uso comune di alzare una Stella per Impresa. Alessandro ab Alexandro narra, che nelle Monete d'Argento, che fece stampare Augusto, vi stava impresso il segno di Capricorno; e questo, perche egli sotto tal segno nacque, Augustus Octavius nota Sideris Capricorni, sub quo in Lucem natus erat, Argenteum nummum perculsisse dicitur4. Svetonio registra, che l'impresa d'Augusto, della quale egli si serviva nelle Lettere, Diplomi et altre Scritture, fosse una Sfinge, ch'altro non rappresentava, ch'un Animal biforme, In Diplomatibus, Libellis, et Epistolis signandis initio Sphinge usus est. Prospero Rossetti5 registra, che nell'Anello d'Augusto vi stavano scritte le seguenti parole, Nosce te ipsum6. Altri vogliono, che quell'Animal biforme tutto composto di mezza Capra, e mezzo Pesce; al che aggiongono un Globo mundiale, un Timone di Nave, et il Vaso delle Dovitie. Volendo forse per quelli due mezzi Animali significare (in riguardo di quello che notò Alessandro) li due Segni celesti, che furono favorevoli a' suoi natali; per il Globo mundiale, il Mondo soggetto al suo Impero; per il Timone, lo Scettro, col quale reggeva l'Universo; e per il Vaso delle Dovitie, la Pace e l'Abbondanza de' suoi giorni.

Lascio da parte queste, e simili altre inventioni, parti dell'humano ingegno, e dico, che l'Arme antica della Fameglia Ottavia sia un Rocca; Castello, ò Torre, che nell'Impero di lui, o poco doppo, pigliò per Impresa la nostra Città. La Rocca, e Castello, è Simbolo di Fortezza, che, non senza raggione vien'ancora Fortezza chiamata e per questa dinotavasi il valore, e fortezza di questa Fameglia, che con la sua alta Cavalleria diffese la Città propria, vinse gl'inimici, fece resistenza a' rebelli, e soggiogò il Mondo intero. Che questa Impresa la nostra Città l'habbia havuta dalla Fameglia Ottavia, lo dimostrano li due seguenti versi, che stavano nell'antico Palazzo Priorale.

Hinc Genus, hinc Proavi, divi sum et Cæsaris ortus,
Hic fuit, hic tribuit Civibus arma suis
.

E nel Libro delli nostri Statuti si leggono altri due versi stampati sotto l'Arme della Città, che esprimono l'istesso, e sono li seguenti.

Augusti Natale, Solum celebresquè Velitræ
Quæ dedit Arma suis, Cæsar Alumnus habet

S'aggionge per altra metà dell'Arme tre Arbori insieme ligati, quali da alcune sono stimati Pini; e da altri, Cipressi, denotando forse la stabilità della Città, et il terrore di Morte apportato à genti nemiche. Io nulladimeno sono di parere, che siano Lauri , significanti le tre Fameglie de' Cesari, unite assieme; cioè la Giulia, la Ottavia, e la Claudia, delle quali solamente li Cesari si coronavano di quel Lauro fatale, che si ritrovò nel grembo di Livia Augusta, ultima moglie del nostro Ottaviano. Narra Svetonio nella vita di Sergio Galba Imperatore, che subito che fù sposata Livia Drusilla ad Augusto, volendo andare ad una certa sua Villa, si pose à sedere nel Grembo di lei una Gallina di maravigliosa bianchezza, Conspicui candoris (dice Plinio) che teneva con il rostro un Ramoscello di Lauro verdeggiante, con frondi e con bacche; caso in vero di tanto stupore, che subito furono chiamati Auguri, Auruspici, et altre persone saggie, acciò spiegassero quel che di buono, ò di cattivo dinotava. Fù risposto da quelli, che il Ramo di Lauro si dovesse piantare, e la Gallina conservare, come ancora tutti li Polli che alla giornata da quella nati fossero. Tanto fù esseguito, in guisa tale, che quella Villa, (ch'era vicina al Tevere, nove miglia distante da Roma per la via Flaminia) pigliò, e ritenne poi il nome, Alle Galline7. Anzi nota Enea Vico8, che, perche si conservavano tutti li parti di quella Gallina, sia originato quel trito Proverbio, Voi siete figliolo della Gallina bianca, significando l'essentione di alcuno da qualche peso, ò gravezza, come quei Polli erano essenti dall'uccisione. Di quel Ramo di Lauro, piantato, e divenuto Arbore, se n'incoronava , e ne portava in mano un Ramo Ottaviano, quando trionfava, e gl'altri Imperatori ancora suoi soccessori, come dice Plinio, che registra l'istesso caso, Ex ea triumphans postea Cæsar Laurum in manu tenuit, Choronamquè Capite gessit, ac deindè Imperatores Cæsares cuncti9. Dovevano gl'Imperatori trionfanti, subito finito il trionfo, piantar quel Ramuscello di Lauro, c'havevano portato in mano; e perciò in quella Villa si vidde ad un tempo un Laureto non piccolo. Ma avveniva questo di stupore, che morto l'Imperatore, si seccava subito quella pianta di Lauro, ch'egli doppo il trionfo piantato haveva. Quando poi morì Nerone Claudio, ultimo delle Fameglie de' Cesari, si seccò à fatto tutta la Selva di Lauri; e morirono tutte le Galline, e Polli assieme; segno manifesto, che terminava la Serie de' veri Cesari. Registrarò le parole di Tranquillo, Liviæ olim post Augusti statim nuptias Veientanum suum revisenti prætoruolans Aquila Gallinam albam Ramum Lauri rostro tenentem, ita ut rapuerat, demisit in Gremium. Cumq.; nutriri Alitem pangiquè Ramulum placuisset tanta Pullorum Soboles provenit, ut hodie quoque ea Villa ad Gallinas vocetur. Tale verò Lauretum, ut triumphaturi Cesares inde Laureas decerperent, fuitq. mos triumphantibus, alias confestim eodem loco pangere: et obsernatum est sub cuiusque obitum Arborem ab ipso institutam elanguisse. Ergo novissimo Neronis Anno, et Sylva omnis exaruit radicitus, et quicquid Gallinarum erat, interiit10. Concludasi dunque, che li tre Arbori della nostra Impresa significando le tre sopraccennate Fameglie, siano Lauri, e non Cipressi, ò Pini.

Vengo confermato in questo pensiero da quel che registra Pierio Valeriano, il quale per sentenza di Proclo, dicendo, che il Lauro sia simbolo di salute; vuole che però per custodia, tanto delle case, quanto delle persone si usasse; anzi ne' due seguenti versi d'Ovidio.

Postibus Augusti eadem fidissima Custos
Ante Fores stabis, etc.
11

Egli intende che la Corona Civica (questa si soleva dare à chi liberava di morte un Cittadino Romano) fosse di Lauro, et una tal Corona stasse sospesa nella facciata del Palazzo d'Ottaviano, come per Custodia. Se bene alcuni per le medesime parole del Poeta, pensano ch'avanti al Palazzo d'Augusto non la Corona Civica, ma le proprie piante di Lauro piantate fossero, Eadem verò specie Civicam eam fuisse crediderim, quam Augusti Foribus affixam, Ovidius ait; quamvis nonnulli Arbores ipsas satas putent, quia ita scriptum à Poeta sit; Postibus, etc.

Confermasi quest'ultima sentenza per quello che scrive Dione, il quale registra, che frà gli altri honori, che furono fatti dal Popolo Romano al nostro Ottaviano, quando orò in Senato per la rinuncia del Governo, e per la divisione delle Provincie alla cura de' principali Cittadini Romani, fù decretato, che avanti al suo Palazzo si piantassero li Lauri. Recitarò le sue parole, Cæsari, cum Orationem de eiurando Regno, ac dividendis Provinciis habuisset, multi erant honores delati, nempè ut antè ipsius Domum il Palatio Lauri penerentur. Diciamo dunque raggionevolmente che li nostri antichi Velletrani non Pini, ò Cipressi, ma Lauri alzassero per parte dell'Impresa della Città. Il Lauro fù ne' passati di tanta stima, che Empedocle (riferisce Pierio12) s'havesse havuto à fare trasmigratione in altra specie, sicome non haverebbe scelto trà gli animali, che il Leone, cosi trà le piante non haverebbe eletto, che il Lauro. Lauro dico, ch'è Presaggio d'Imperio, Impresa de Trionfanti, e segno di Vittoria, come si sperimentò in Alessandro Severo Imperatore, nella di cui Casa un Lauro piccolo trà lo spatio d'un'Anno, crebbe tanto, che superò un Persico di molti Anni, presaggio, ch'egli doveva superare, e vincere li Persi, come fece; e perciò, se bene era dedicato ad Apollo, si portava, e metteva avanti à Giove, dice Plinio, Ex his in Gremio Iovis Optimi Maximis deponitur, quoties lætitiam nova victoria attulit. Scaccia i Veleni; quindi Esculapio si coronava anticamente di Lauro. E simbolo della fatiga virtuosa per l'amarezza delle sue foglie. Non è percossa dal Fulmine, se non con infausto presaggio, e cattivo augurio di qualche futura calamità grave; e perciò Tiberio Cesare, mentre tonava, si coronava di Lauro, cosi scrive il Rovellio, Laurus Fulmine non teritur, nisi futuræ calamitatis prodigio, ideo Tiberius Imperator, tonante cælo, coronabatur Lauro13. E manifesto segno di Pace, registra Plinio, Ipsa pacifera, ut quam prætendi, etiam inter armatos hostes, quietis sit indicium14. Il Lauro finalmente è simbolo di Libertà, il che vien'autenticato dall'istesso Plinio, col caso di Lucio Giunio Bruto, il quale fù il Capo à scacciar li Tarquinij, e li Regi, et introdurre di nuovo nella Repubblica Romana l'antica Libertà. Dice egli, che la terra, che baciò questo Bruto, fosse feconda, et abbondante di Lauri, Fortassis etiam in argumentum quoniam in Libertatem publicam is meruisset, Lauriferam tellurem illam osculatus ex responso15.

Narra Alicarnasseo, che simulando questo Lucio Giunio Bruto d'esser pazzo, per evitar gl'effetti della cruda Tirannia di Tarquinio Superbo, già per cupidigia dell'altrui ricchezze contro il padre, et il fratello di lui essercitava, fù mandato per ischerzo, e per gioco assieme con Arunte, e Tito (ò pur Sesto) Tarquinij figliuoli del Rè, al'Oracolo d'Apolline in Delfo per caggione della Peste, ch'affliggeva (anzi per la morte de' putti, vergini, e donne gravide) distruggeva Roma et il suo Dominio, Eo quippe tempore, quando ignotum pestilentiæ genus per ditionem eius grassabatur, quod in pueros maximè sæviebat, et virgines, sed pregnantibus perniciosissimum, matres una cum ipso fœto passim stervens per vias. Esseguiti i commandamenti reggij, e fatti da Prencipi giovanetti li particolari donativi, e preghiere al fallace Nume; Bruto offerì ad Appolline un bastone di legno incavato, ma secretamente ripieno d'oro purissimo. Da' curiosi Giovani si richiede' all'Oracolo, chi di loro doveva haver l'Impero della Repubblica Romana doppo la morte del Rè, e gli fù risposto, che quello sarebbe stato il regnante, che primo sua Madre baciata havesse, Responsum est, cum qui primus Matrem osculatus fuerit; il che saggiamente inteso da Bruto, non la propria Madre, che generato l'haveva (come già concordemente li due Giovani Tarquinij havevano risoluto) ma la Madre terra, con sembianza di caduta, baciò; ed egli per la Libertà della Patria, con l'occasione della violenza fatta à Lucretia moglie di Collatino, fù il primo, c'havesse il supremo honore del Consolato, e scacciati li Tarquinij da Roma, introdusse di nuovo nella soggiogata Repubblica l'antica Libertà. Concludasi dunque per ogni raggione, ch'essendo il Lauro simbolo della Libertà, della quale la nostra Città ne gode l'honore, et il titolo; che li nostri tre Arbori siano Lauri, e non d'altra specie, come altri pensano. Una moneta con la Rocca, e tre Arbori da una parte, dall'altra col volto del nostro Ottaviano Augusto haveva Antonio Foschi, et io l'hò veduta, dalla quale si poteva argomentare l'antichità, e verità dell'Arme di Velletri. E' vero, che vi stava impresso un Fiume, ch'usciva dalla Rocca, ò Castello, forse per lo stillicidio d'acque dalle nostre montagne, cosi copioso, che se ne aduna il Lago di Nemo, e se ne forma il Fiume di Campomorto, quale scorre al Mare vicino ad Astura. Altro pensiero non posso farne; perche non mi pare possibile, che Velletri havesse, ne' passati secoli, Fiume vicino, mentre non vi si vide minimo vestiggio di letto, nè si scorgono apertamente unite tali vene d'acque, c'habbino potuto vicino alla Città formar un Fiume. E se nella salita della Faggiola vi stà una fontana chiamata del Fiume, ma ben sì da qualche insolita affluenza di vena, in comparatione d'altri tempi, dal volgo, ch'ogni momento per quel luogo passa, pigliasse il nome di fontana del Fiume.
L'Arme dunque di Velletri è una Rocca di tre Torri, ò Torre con tre Merli, con tre Lauri ligati assieme; li colori del Campo sono d'argento, e la Rocca d'argento in Campo vermiglio. Oltre à questo, stà nell'Arme, sopra lo Scudo un verso di molto honore, e riputatione, che contiene la già accennata Libertà, et è il presente.

EST MIHI LIBERTAS PAPALIS,
ET IMPERIALIS

Donde habbia havuto principio scritto tanto honorevole, io non l'hò potuto trovare; si tiene però communemente, c'habbia havuto origine dall'haver da Velletri una Fameglia havuto i suoi natali, la quale è stata Seminario de Pontefici, e d'Imperatori, come se dirà à suo luogo. Hò trovato ben sì, che Gregorio Nono Sommo Ponefice ci confermò questo titolo di Libertà, com'apparisce per un Breve, che comincia, Antiqua Progenitorum vestrorum, et vestra fidelitas dudum ab Apostolica Sede promuerit, etc. Dat. Perusiæ per manus Mag. Bartholomæi S.R.E. Vicecancellarii.3.Non.Ianuar.Indit.8.Incarnationis Dominicæ anno 1235. Nel qual Breve in conferma della nostra Libertà espressa nell'Arme, si leggono le seguenti parole, Disponimus vos velut domesticam familiam in sinu Matris diligentiùs confovere, diligere propensiùs, et consuetæ Libertatis insigniis decorare. Finalmente l'Arme di Velletri è ornata di Corona, non solamente perche la Città è stata Capo, e Regia di Natione, ma anco, perche hà havuto il Dominio di Terre, e Castelli con il Mero, e Misto Impero, cum Potestate Gladii, delle quali si trattarà nel Terzo Libro.

Note

  1. Cornelio Vitignano (morto nel 1613) fu uno storico partenopeo, autore tra le altre opere di una Vera genealogia e discendenza della serenissima et inuittissima prosapia d'Austria. Breuemente descritta da Cornelio Vitignano, pubblicata nel 1599.
  2. Tirennia Anicia Giuliana, appartenente alla Gens Anicia e moglie del Console Quinto Clodio Ermogeniano Olibrio che fu in carica nel 379 ed a cui fa rifeimento l'iscrizione epigrafica citata dal Teoli.
  3. L'Abate Costantino Caetani (1560-1650), fu custode della Biblioteca Vaticana ed autore di diverse opere d'erudizione.
  4. Si dice che Ottaviano Augusto avesse fatto battere una moneta d'argento con il simbolo della Stella del Capricorno, sotto la cui luce era nato.
  5. Prospero Rossetti (1552 - 1598), teologo, filosofo e letterato fiorentino, autore di diversi scritti di erudizione sacra.
  6. Ovvero il celebre conosci te stesso.
  7. Si tratta della Villa ad Gallinas Albas o più semplicemente Villa di Livia, posta su una collina tra il IX miglio della via Flaminia e via della Villa di Livia.
  8. Enea Vico (1523 - 1567) celebre incisore e numismatico del '500, fu autore di alcune opere di numismatica, tra le quali il trattato Immagini delle Donne Auguste pubblicato nel 1557, a cui si riferisce l'Autore.
  9. Da quella volta in cui Cesare tenne in mano del lauro in trionfo, portandone una corona sul capo, tutti i Cesari ne sono cinti.
  10. Una volta Livia andò a rivedere, subito dopo il suo matrimonio con Augusto, la sua proprietà di Veio e un'aquila che l'aveva superata volando, le lasciò cadere in grembo una gallina bianca che teneva nel becco il ramoscello di lauro che aveva al momento in cui era stata catturata. Per capriccio Livia fece allevare la gallina e piantare il lauro; la prima ebbe una progenie così numerosa che ancor oggi quella casa è chiamata "Delle galline"; mentre il secondo diede vita ad un bosco così folto che i Cesari, quando ottenevano il trionfo, vi andavano a raccogliere il loro ramoscello di lauro; per di più ciò divenne una tradizione, quella di andare subito dopo il trionfo a piantare altri lauri in quello stesso luogo, e si osservò, che in corrispondenza della morte di uno di loro, l'albero che questi aveva piantato perdeva vigore. Così durante l'ultimo anno della vita di Nerone tutto quanto il bosco si era seccato fino alle radici e tutte le galline erano morte.
  11. Fedelissimo custode della porta d'Augusto
    starai appeso ai battenti ...
  12. Pierio Valeriano (1477 - 1558), umanista e teologo, autore dell'opera Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum aliarumque gentium litteris commentariorum libri LVIII, in ben 60 libri, al cui 50° libro fa riferimento l'Autore.
  13. Il lauro non viene colpito dal fulmine, se non quando è presagio di futura calamità, per questo motivo l'Imperatore Tiberio, quando il cielo tuonava, s'incoronava la testa con il lauro.
  14. Portatrice di pace, poichè quando viene portata in mano, persino tra i nemici armati, essa è segno di pace.
  15. Forse anche per il fatto che aveva riguadagnato la libertà di tutti, che in quella terra da lui baciata per risposta si riempì di piante di lauro.