Trattatello in laude di Dante/XXIII

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XXIII
Dell'alloro conceduto ai poeti

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Tra l’altre nazioni, le quali sopra il circuito della terra son molte, li Greci si crede che sieno quegli alli quali primieramente la filosofia sé e li suoi segreti aprisse; de’ tesori della quale essi trassero la dottrina militare, la vita politica e altre care cose assai, per le quali essi oltre a ogni altra nazione divennero famosi e reverendi. Ma intra l’altre, tratte del costei tesoro da loro, fu la santissima sentenzia di Solone nel principio posta di questa operetta; e acciò che la loro republica, la quale più che altra allora fioriva, diritta e andasse e stesse sopra due piedi, e le pene a’ nocenti e i meriti a’ valorosi magnificamente ordinarono e osservarono. Ma, intra gli altri meriti stabiliti da loro a chi bene adoperasse, fu questo il precipuo: di coronare in publico, e con publico consentimento, di frondi d’alloro li poeti dopo la vittoria delle loro fatiche, e gl’imperadori, li quali vittoriosamente avessero la republica aumentata; giudicando che igual gloria si convenisse a colui per la cui virtù le cose umane erano e servate e aumentate, che a colui da cui le divine eran trattate. E come che di questo onore li Greci fossero inventori, esso poi trapassò a’ Latini, quando la gloria e l’arme parimente di tutto il mondo diedero luogo al romano nome; e ancora, almeno nelle coronazioni de’ poeti, come che rarissimamente avvenga, vi dura. Ma, perché a tale coronazione più il lauro che altra fronda eletto sia, non dovrà essere a veder rincrescevole.