Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dell'irrigazione

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Dell'irrigazione

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DELL’IRRIGAZIONE




Indice


[p. 397 modifica]§ 411. Parlando dell’umidità atmosferica al § 177, abbiamo veduto quanto la pioggia sia necessaria alla vegetazione, servendo essa non solo a fornire la parte acquosa della costituzione delle piante, ma eziandio a sciogliere molte sostanze che solo col suo mezzo possono rendersi atte alla nutrizione di esse. Abbiamo pure veduto che la pioggia comunica indirettamente l’umidità alle piante, traendola queste dal terreno bagnato, poco sensibile essendo quella che per mezzo delle foglie o delle parti verdi viene assorbita dall’aria; e che soltanto le piante a tessitura erbacea, carnosa, dette grasse, possono vivere quasi esclusivamente coll’umidità atmosferica.

Perciò, un terreno, quantunque per le sue qualità fisiche e chimiche possa considerarsi fertile, diverrà affatto sterile quando non contenga almeno il decimo del suo peso in acqua; come un terreno affatto ghiajoso potrebbe divenir produttivo quando venisse frequentemente bagnato. Si è poi anche detto che questa umidità deve essere nella proporzione di 1/10 o 1/4 del peso del terreno nei primi 30 centimetri d’altezza; che i vegetali più ne esigono quando sono allo stato erbaceo, che non quando stanno maturando il frutto; che più ne vogliono le erbe che non le piante; e finalmente che l’umidità prodotta [p. 398 modifica]dalla pioggia s’approfonda nel terreno sei volte l’altezza dello strato d’acqua caduto.

Richiamate queste nozioni, e conoscendo che l’umidità naturalmente non viene impartita alle piante che per mezzo delle pioggie, delle nevi e delle rugiade che vengono in diretto contatto con esse, oppure per mezzo delle acque che provengono dalle sorgenti, e che, sortendo dal loro letto, possono bagnare ed inondare qualche superficie coperta di vegetali, ben presto ci accorgeremo che in tal modo l’umidità non può essere impartita nè regolarmente, nè a norma del bisogno della pianta.

Ma all’agricoltura importa che l’umidità venga offerta alle piante nella quantità e nel tempo necessario a ciascuna di esse, onde ritrarne il maggior possibile vantaggio nelle varie coltivazioni. L’agricoltore infatti non solo desidera o deve coltivare quella pianta che gli è più utile, approfittando della maggiore o minore umidità naturale del terreno; ma il più delle volte è obbligato a coltivare una pianta piuttosto che un’altra, per essere il di lei prodotto più ricercato e per conseguenza di maggior valore di quello d’un’altra che meglio si adatterebbe alle qualità fisiche o chimiche del suolo. Abbiamo veduto come correggendo fisicamente e chimicamente il suolo con diversi lavori, con varie materie e concimi, si possa coltivare anche una pianta che naturalmente non allignerebbe in un dato terreno; ed ora trattandosi di coltivare piante che vogliono un diverso grado d’umidità, quantunque poste a poca distanza, fra loro, od alternate sullo stesso spazio di terra, e quindi sotto eguali condizioni atmosferiche, l’agricoltore pensa a provvedere artificialmente ed a suo piacimento il terreno di questa umidità, a ciò venisse regolarmente, e nei momenti opportuni fornita alle piante in quella quantità che ritiensi necessaria al diverso stadio della loro vita. E l’operazione di fornire artificialmente l’umidità o l’acqua al terreno, perchè da esso l’assorbano le piante, dicesi irrigazione.

§ 412. In Italia l’irrigazione artificiale era conosciuta sin da tempi assai remoti. Virgilio ne parla; e sembra che la Lombardia fosse quella porzione della Valle del Po che meglio ne usasse, poichè si hanno documenti che sino dal 900 l'irrigazione aveva le sue norme, e che nel 1065 vi erano canali navigabili: perciò comune ed assai antica è la rinomanza di fertilità che gode la pianura lombarda; ben inteso che sotto una tal denominazione comprendevasi in allora [p. 399 modifica]tutto il territorio delle città poste fra i primi colli subalpini e l’Adriatico, cioè quasi l’intera pianura della Valle del Po. Certo è che i governi popolari che fiorirono nei secoli di mezzo in quasi tutta Italia, ebbero a cuore, più ch’altri mai, la prosperità del loro territorio, come ne fa testimonianza la popolazione assai superiore di quella d’oggidì, la quale in allora viver doveva quasi esclusivamente dei prodotti del suolo italiano, difficili ed assai lente essendo in que’ tempi le comunicazioni coi paesi dell’Asia, che tanta copia di cereali ora ci forniscono.

E per citare alcuni esempi dirò che nel 1117, dal Ticino, presso Tornavento, venne derivato un cavo sino a Binasco detto Ticinello; dal quale, in vicinanza d’Abbiategrasso, nel 1235 se ne derivò un ramo sino a Gaggiano, da dove, nel 1257, venne prolungato sino a Milano. Nel 1100 il cavo Vettabia già esisteva. Nel 1220 fu, presso Cassano, derivato dai Milanesi e Lodigiani, il maggior cavo che esista in tutta Lombardia, detto Cavo Muzza, che conduce 1475 once milanesi d’acqua1, e che ripartite per 75 bocche secondarie, valse a fertilizzare le sterili ghiaje del Lodigiano e di parte del Milanese. Dopo questo tempo, moltissimi altri cavi destinati all’irrigazione si derivarono dagli altri fiumi. Nel 1300 il modo d’irrigazione non variava di molto dall’attuale. Nel 1420 si inventarono le così dette Conche, edificio assai semplice che serve a sostenere le acque, ed a diminuirne la rapida pendenza, di modo che questi cavi o canali in seguito poterono servire anche alla navigazione, prendendo il nome di navigli.

Lo stato idrografico naturale della Valle del Po, ossia la quantità delle acque che la solcano, e la loro direzione e pendenza, doveva agevolare l’opera a chi voleva intraprendere canali di irrigazione o navigabili. In fatti quasi tutti i fiumi vanno nel Po secondando la doppia pendenza del terreno, seguendo cioè una direzione da tramontana a mezzogiorno, quelli che scendono dalle Alpi, ed una da mezzogiorno a tramontana, quelli che vengono dagli Appennini (vedi la carta della Valle del Po a pag. 91). Tutti poi nel loro decorso mantengono una deviazione verso Levante, secondando la generale pendenza verso l’Adriatico che presenta il complesso della Valle. Per questa disposizione naturale dei fiumi, il loro corso divien lungo e [p. 400 modifica]lento, avendo il terreno della parte media della Valle una pendenza verso Levante del 2 al 3 per cento, e la parte più bassa solamente di 1 a 2 per cento. Le conche che già vi ho accennate servirono ancor più ad utilizzare le minime pendenze, ed ormai, nella sola Lombardia, contansi tanti cavi le cui acque sommate assieme, darebbero un corpo di 8640 once milanesi, capace d’irrigare 2600 ettari di prato nell’inverno, e d’estate 350,000 ettari di terreno adacquatorio: calcolo sicuramente inferiore al vero, stante i grandi e molti miglioramenti introdotti negli edificj e nell’uso stesso delle acque.

Note

  1. Per l’oncia milanese, vedi il § 416.