Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dell'irrigazione/3

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Diversi modi d'irrigazione

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Dell'irrigazione - 2 Del prato - Del prato

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diversi modi d’irrigazione.

§ 431. L’irrigazione nel modo da eseguirsi può variare di molto per la quantità d’acqua, pel modo con cui la si ottiene, per la disposizione naturale od artificiale del terreno da irrigarsi, pel tempo o stagione in cui s’irriga, e pel genere di coltivazione che vuolsi irrigare.

§ 432. L’irrigazione può essere avventizia, quando i canali non somministrano le acque che ad intervalli irregolari, o soltanto dopo le pioggie e durante la liquefazione delle nevi. Questo è quanto avviene in quei terreni che ricevono le acque da’ monti non troppo alti o dai colli, sui quali le sorgenti non trovano un continuo alimento, nè colle ghiacciaje, nè colle nevi fondentesi per tutta la state, nè pel condensamento dell’umidità atmosferica, che solo è possibile sulle alte cime. I ruscelli ed i cavi di tali località danno acqua in primavera ed in autunno, ma nell’estate rimangono asciutti, se forti e frequenti pioggie non vengono ad alimentarli.

§ 433. Sarà irregolare quell’irrigazione fatta in terreno non convenientemente disposto, o che sia impossibile disporlo per la qualità del sottosuolo. Così avviene ne’ pascoli montuosi ove è impossibile ridurre il terreno a regolare disposizione ed ove le acque delle sorgenti naturali vengono deviate e condotte sulle prominenze, dalle quali poi defluiscono in basso. Ma come abbiamo notato al § 414 quest’irrigazione che non è eseguita sopra spazi di terra proporzionali alla quantità delle acque, nè regolarmente disposti, nè a periodi determinati, può lasciare degli spazj asciutti, ove tra una prominenza e l’altra siavi troppa distanza, o quando venga a scemare l’impulso dell’acqua pel diminuire della sorgente; oppure può inaffiare di troppo e rendere paludose le porzioni troppo ristrette comprese fra i rigagnoli.

§ 434. L’irrigazione per immersione si fa coprendo colle acque alcuni spazi di terreno, discretamente piani e chiusi all’intorno da arginelli, nei quali, in seguito e nella parte più bassa, si apre un’apertura per smaltirle. Un tal modo d’irrigazione ha il difetto di raffreddar soverchiamente il terreno, di bagnare anche la parte erbacea dei vegetali, e di lordarla con quelle sostanze e materie terrose che in esse fossero sospese o disciolte. Questa irrigazione si usa utilmente soltanto pel riso. [p. 418 modifica]

§ 435. Nella coltivazione di molti cereali, quali sono il frumento, la segale, il melgone, l’avena ed il miglio, non che pel lino, pei prati di spianata, e negli orti, per le quali coltivazioni il terreno si lavora in porche od ajuole, larghe 1m,50 circa, si usa l’irrigazione per imbibizione, che si eseguisce introducendo l’acqua nei solchi dividenti un’ajuola dall’altra, e lasciandovela finchè si riconosca che sia penetrata sin quasi nel centro di ciascuna di esse.

§ 436. L’irrigazione regolare finalmente non può aver luogo che nei terreni i quali naturalmente od artificialmente abbiano l’opportuna pendenza, che s’irrigano per porzioni regolari, a’ tempi determinati, secondo il bisogno della coltivazione, e con una determinata quantità di acqua. Una tale irrigazione riesce per conseguenza la più utile ed insieme la meno dispendiosa. Ma perchè ottengansi i migliori risultati, anche l’irrigazione regolare deve essere fatta dietro alcune norme, le quali devono variare secondo il clima, la stagione, l’esposizione, la qualità del terreno, la quantità e qualità delle acque, il genere coltivato ed il suo stadio di sviluppo. In quanto alla pendenza voluta dal terreno per le diverse coltivazioni, ritiensi per media la seguente:

pendenza

Marcita 1m,0 ogni 30m,0
Prato irrigatorio 1m,0 » 60m,0
Campo 1m,0 » 500m,0

Ma anche questa pendenza va soggetta alle variazioni portate dalle varie circostanze sopraccennate e che ora osserveremo in particolare.

§ 437. Per riguardo al clima, l’irrigazione sarà più frequente in quello che fosse caldo, asciutto e dominato forti venti; avvertendo però che il terreno sia bagnato completamente senza che l’acqua vi scorra troppo abbondante e troppo lungamente, in modo da produrvi un soverchio raffreddamento in confronto dell’atmosfera. Epperò, sarà utile il poter irrigare la sera o nelle prime ore di notte, chè in tal momento il divario di temperatura è meno sensibile, l’evaporazione meno rapida, ed il terreno ha tempo d’imbeversi completamente e di asciugare alla superficie prima che sorga il sole o che prendano forza i suoi raggi. Sarà inoltre necessario che nei climi caldi il terreno presenti una minor pendenza [p. 419 modifica]ed un migliore orizzontamento della superficie, a ciò l’acqua possa penetrare più facilmente ed in ogni punto.

Nei climi umidi all’incontro la ruota d’irrigazione dev’essere più lunga, supplendo in parte l’umidità atmosferica a riparare la siccità del suolo, si darà al terreno una pendenza maggiore e s’irrigherà parcamente. Se poi il clima oltre all’essere umido, fosse anche freddo, la ruota potrà essere anche di 15 giorni, essendo che in queste circostanze l’evaporazione del terreno è quasi nulla. La pendenza sarà sempre maggiore per facilitare l’asciugamento e lo scolo delle acque dopo d’aver eseguita l’irrigazione.

§ 438. In quanto alla stagione è chiaro che, l’irrigazione dovendo generalmente supplire all’aridità estiva, è nella state che dovrà essere usata più frequente, evitando possibilmente le ore vicine al mezzogiorno, per la ragione più volte ripetuta del divario colla temperatura atmosferica, ad eccezione che il terreno fosse coperto da alta o folta vegetazione, per il che il sole non potesse verberare troppo direttamente sul terreno. Nella primavera e nell’autunno l’irrigazione può esser utile per certe coltivazioni, in altre non necessaria, ed in altre affatto inutile. Per esempio, può esser utile al prato, ed al lino quando le pioggie non siano frequenti; nei cereali minuti, frumento, segale, avena, orzo, ecc., può farsi in caso di lunga siccità, ma non è necessaria; e nel melgone, e varj legumi, specialmente in autunno, essa diviene inutile.

Nella pratica poi dicesi irrigazione estiva quella che si fa dal 20 o 25 di marzo sino agli 8 o 12 di settembre; jemale quella che incomincia da quest’ultim’epoca e continua sino al 20 o 25 di marzo. L’irrigazione estiva, fuorchè durante alcuni mesi della coltivazione del riso, è sempre in ruota; la jemale invece, e singolarmente nei mesi più freddi, è continua, poichè altrimenti nel verno, per poche ore che l’acqua non ricoprisse il suolo scorrendole sopra in sottil velo, esso si raffredderebbe ed anche sarebbe preso dal gelo, e con ciò perderebbesi il vantaggio di poter con tal mezzo far continuare la vegetazione, trattenendo presso le radici il calore che s’irradierebbe dal terreno, permettendo che il freddo atmosferico lo congelasse. Le acque jemali si adoperano all’esclusiva coltivazione delle marcite.

§ 439. A parità di circostanze le esposizioni di mezzogiorno devono irrigarsi più frequentemente ed a più brevi intervalli che non quelle di levante, ponente e tramontana; come pure [p. 420 modifica]tanto minore sarà la pendenza del terreno quanto più sarà in posizione soleggiata.

§ 440. La diversa qualità del terreno esige pur essa diverse norme nell’usare dell’irrigazione.

I terreni silicei sono quelli che richiedono una più frequente ed abbondante irrigazione, e sono eziandio quelli dai quali coll’irrigazione si ritrae il massimo vantaggio, poichè per essa, da quasi sterili o sterili affatto, possono divenire assai produttivi. Noi sappiamo che una tal qualità di terra, poco o nulla trattenendo l’umidità somministrata dalle piogge, ecc., a cagione della loro poco aderenza, riescono aridi al punto di non permettere che a stento qualunque vegetazione. Egli è perciò che nei terreni silicei, sabbiosi e persino ghiajosi, per mezzo dell’irrigazione si può non solo raddoppiare il prodotto, ma eziandio dar loro un valor grande, mentre dapprima, siccome sterili, riuscivano affatto inutili. Se poi consideriamo gli effetti chimici dell’irrigazione sopra siffatti terreni, vediamo che essa serve a render atte alla nutrizione delle piante molte sostanze che senza di essa rimarrebbero inerti. Infatti sappiamo che le acque, le quali quasi sempre contengono disciolta una porzione più o meno apprezzabile di gas acido carbonico, sciolgono la silice pura o combinata alle basi alcaline, facendosi per tal mezzo possibile la assimilazione della silice, della calce, della potassa, ecc., che entra nella composizione dei silicati, che ordinariamente costituiscono i terreni silicei.

I terreni calcari vogliono essere irrigati frequentemente, ma con poca acqua, poichè una soverchia quantità la estinguerebbe, riducendola a carbonato inutile nel terreno, chè più non eserciterebbe la propria azione decomponente sulle sostanze organiche ed inorganiche che in esso si trovano; e per di più coprirebbe la superficie del campo d’una crosta che impedirebbe il libero accesso dell’aria nelle porosità della terra.

I terreni argillosi sono quelli che meno abbisognano d’essere irrigati, perchè la troppa umidità ed il conseguente loro raffreddamento farebbe danno alle radici delle piante, o per lo meno ne ritarderebbe lo sviluppo.

L’irrigazione nei terreni vegetali dà gli effetti più sensibili. L’acqua che penetra favorisce la lenta combustione delle sostanze vegetali morte, costituendo una sorgente continua di gas acido carbonico, e mettendo a nudo i loro avanzi, o ceneri, le quali restituiscono al terreno e somministrano alle [p. 421 modifica]piante i necessarj principj inorganici. Una prova evidente di questo fatto l’abbiamo nell’abbondante prodotto dei prati stabili e marcitorj, e nell’abbondanza di fogliame o di amido che riscontriamo in quei generi che si coltivano nei prati e nelle cotiche che si rompono, e che vengono irrigati quando vi sia il bisogno. Nei terreni vegetali però l’irrigazione dev’essere frequente sì, ma poco abbondante, poichè si è già detto che questa sorta di terreno più d’ogni altra trattiene l’umidità.

§ 441. Circa alla quantità e qualità delle acque si può ritenere che quanto più formeranno un corpo grosso, si potrà dare al terreno una minor pendenza; e s’irrigherà più di rado; e se all’incontro l’acqua sarà scarsa si dovrà dare maggior pendenza al terreno, per irrigare più in fretta, mancando il naturale impulso dovuto alla quantità, procurando invece d’irrigare più di frequente. Finalmente quanto più le acque saranno migliori, o grasse, maggior pendenza si darà al terreno, perchè la concimazione rende per sè stessa meno sensibili gli effetti della siccità. Così pure quanto più d’estate le acque d’irrigazione saranno calde, potranno scorrere lentamente e più a lungo sul terreno senza raffreddarlo gran fatto, dando al terreno poca pendenza; ma se all’incontro saranno fredde, sarà meglio che si trattengano il minor tempo possibile sullo spazio da irrigarsi, onde non si raffreddi di troppo; e perciò ai terreni che usano di tali acque si darà una maggior pendenza. Inoltre quando le acque saranno grasse, calde ed in abbondanza, la ruota d’irrigazione potrà essere più lunga che allorquando le acque siano scarse, fredde e magre.

§ 442. Rispetto poi al genere di coltivazione ben si può presumere che non tutte le piante, e per la loro diversa composizione e pel diverso loro prodotto, dovranno esigere lo stesso grado di umidità. In generale può dirsi che tutte quelle piante che si coltivano per aver la parte erbacea, vogliono una maggior umidità, distribuita anche ad intervalli regolari, trovandosi esse quasi sempre nelle stesse condizioni, e per conseguenza negli stessi bisogni. Quelle piante invece che si coltivano pel loro seme, abbisognano ben di rado dell’umidità o dell’irrigazione quando sono allo stato erbaceo, e meno ancora poi quando stanno maturando il seme. Per esempio, il prato, dal quale si vuol abbondante parte erbacea evitando che le erbe divengano vecchie e maturino il seme, richiede [p. 422 modifica]una frequente e regolare irrigazione. Il lino, dal quale si vuol un stelo lungo e fino, quand’è cresciuto a poco più di 0m,10 in altezza, vuol’essere irrigato ogni 15 giorni circa; nè si cessa se non quando ha da maturare il frutto. Il frumento, la segale, l’orzo e l’avena non richiedono irrigazione neppur quando sono allo stato erbaceo, ad eccezione del caso di estrema siccità. Il melgone che fa uno stelo assai lungo ed erbaceo, vuol essere irrigato una o due volte al più d’estate, quando però il terreno sia arido e che l’appassimento delle sue foglie mostri il bisogno di supplire coll’irrigazione alla mancanza dell’umidità naturale; quando però incomincia a maturare il seme, desidera piuttosto il caldo e l’asciutto. Persino il riso, che è l’unico cereale coltivato che cresce nell’acqua, quando è giunto all’epoca che deve maturare il gramo, vuol’essere asciugato. Ben è vero che in certe località vi sono dei prati non irrigui; ma tutti sanno che il prodotto di questi è scarso e gramo se il terreno è umido, scarsissimo poi allorquando asciuga più del bisogno. Una coltivazione qualunque, perchè sia conveniente, deve dare una certa quantità di prodotto che compensi le cure e le spese, altrimenti è meglio sostituirvene un’altra che meglio s’adatti alle circostanze del terreno. Il prato, il lino e le risaje non sarebbero le più lucrose coltivazioni senza una irrigazione regolare o continua, e sempre accuratissima.

§ 443. Riguardo poi allo stadio di sviluppo della pianta coltivata, non si dovrà mai irrigare subito dopo la semina, per non ismuovere il terreno troppo mobile pel recente lavoro, perchè il seme non venga trasportato dall’acqua, e perchè asciugando di poi il terreno formerebbesi una crosta sulla superficie che difficilmente sarebbe perforata dalle gemmule nascenti. Meglio è dunque irrigare ed inumidire il terreno prima di lavorarlo, allorchè temasi di susseguente siccità contraria alla germinazione, e seminar poscia prontamente. Così pure per le stesse ragioni non si adacquerà quando il seme sia appena nato, o che i suoi germogli siano troppo teneri, fuorchè nel caso di grande siccità, poichè il terreno s’indurirebbe, e le tenere radici ne soffrirebbero pel raffreddamento e per l’umido. Non s’irrigherà mai, nel tempo della fioritura, quelle piante dalle quali si vuol ottenere il seme, poichè sappiamo quanto l’umidità sia contraria alla fecondazione. Meno poi si userà dell’acqua, quando tali piante staranno maturando il seme. Per conseguenza, l’epoca migliore per irrigare una [p. 423 modifica]pianta sarà quella del maggior suo sviluppo erbaceo, ben inteso che siavene il bisogno.

§ 444. Nella pratica poi oltre alle norme suindicate si preferisce sempre d’irrigare di notte per evitare il divario di temperatura, e tanto più se si tratta di qualche prato appena falciato. Quando però le piante e le erbe siano già alte, allora s’irriga indifferentemente anche di giorno, poichè, non potendo il sole percuotere direttamente il suolo, l’evaporazione e la differenza di temperatura riescono minori. E finalmente il terreno deve sempre essere disposto in modo che, terminata l’irrigazione, possa liberarsi affatto dalle acque, le quali, se vi stagnassero, per l’eccessiva umidità, pel troppo raffreddamento e per l’impedito accesso dell’aria nel suolo, produrrebbero i tristi effetti delle acque stagnanti delle paludi; nei campi la vegetazione s’arresterebbe e nei prati sorgerebbero le erbe palustri.

§ 445. Se voglionsi considerare gli effetti dell’irrigazione sulla costituzione dei vegetali, si hanno le seguenti osservazioni. Nei terreni irrigui le radici delle piante sono più tenere, più porose e più facili ad alterarsi. La corteccia, il tronco ed il midollo sono più grossi e porosi perchè contengono una maggior proporzione di acqua. Le piante presentano una maggior floridezza, ma la loro tessitura è meno compatta di quella delle piante non irrigate. Le foglie sono più abbondanti, larghe e di color più oscuro, ma abbruciate danno una minor proporzione di ceneri. Nei terreni irrigatorj le piante portano una minor quantità di frutti; i fiori odorosi perdono in parte la loro fragranza; ed i frutti, quantunque più grossi, riescono meno saporiti, di color meno vivace, screpolano, si staccano o marciscono facilmente pel minimo contrattempo, e vengono di leggieri guasti dagli insetti. I semi dei cereali sono meno pesanti, meno pregiati, e meno si prestano ad una lunga conservazione, in confronto di quelli raccolti nei terreni non irrigati.

§ 446. Finalmente l’irrigazione al vantaggio agricolo aggiunge eziandio quello igienico di migliorar l'aria, diminuendo l’arsura nei paesi aridi, e l’evaporazione in quelli paludosi. Che i paesi aridi possano rendersi d’un’atmosfera più umida, conducendovi delle acque, è facile ad intendersi per l’evaporazione del suolo irrigato; ma che l’irrigazione possa migliorare l’aria nei paesi paludosi, diminuendo l’evaporazione, forse vi sembrerà un assurdo. Or bene, io vi dico che un lago [p. 424 modifica]evapora meno d’una risaja, e che la risaja evapora meno d’una palude; essendo pochissima l’evaporazione che subisce una superficie perfettamente e costantemente ricoperta da uno strato d’acqua alto discretamente, e che non permetta il riscaldamento del suolo sottoposto, in confronto dell’evaporazione di un’altra superficie ricoperta ad intervalli, per poca altezza e cosparsa di corpi estranei alla sua superficie. Qualora ne voleste una prova potrete imbevere un pezzo di spugna d’un decilitro d'acqua, e la introdurrete in un bicchiere senza comprimerla, un altro decilitro d’acqua invece lo porrete senz’altra cosa in un bicchiere d’egual grandezza, sicchè le due superficie superiori sieno eguali. Se voi farete attenzione, vedrete che il decilitro d’acqua contenuto nella spugna sarà totalmente evaporato, quando quello dell’altro bicchiere non sarà scemato che di poco. Questo fatto adunque prova abbastanza chiaramente che l’evaporazione dell’acqua non è in ragione della sua quantità; ma bensì della superficie che presenta all’aria, e che per ciò l’acqua della spugna evaporò più prontamente, perchè stendendosi nella porosità presentava una maggior superficie. Così le paludi essendo assai porose o spungose evaporano assai più d’una risaja, e questa evapora più d’un lago, perchè gli steli del riso servono ad aumentare la superficie dell’acqua, imbevendosi ed inumidendosi le loro parti interne od esterne; il che più ancora si mostra allorquando si dà l’asciutta.

§ 447. Se però l’irrigazione, nelle suesposte circostanze, presenta dei vantaggi igienici, in molti luoghi d’aria già salubre può riuscire di danno, qualora venga introdotta in abbondanza, a brevi rotazioni, oppure nelle coltivazioni che richiedono una irrigazione continua, quali sono la marcita e la risaja. E per verità, queste due coltivazioni, una estiva o l’altra jemale, non si stabiliscono già soltanto ove il terreno sia paludoso, ma eziandio dovunque si possa aver acqua sufficiente od adattata; ed in allora è certo che una risaja disposta ove dapprima era un terreno asciutto, od anche semplicemente un prato od un campo irrigatorio, aumenterà l’umidità naturale di quel paese, e potrebbe renderlo anche insalubre. Egli è perciò che quando l’irrigazione occupi una estesa superficie, oppure che non sia interrotta da coltivazioni e da terreni che non vengono irrigati, influisce sull’umana salute, come vediamo accadere in quasi tutte le province della bassa Lombardia, e specialmente ove domini la risaja. Ivi, nell’estate, [p. 425 modifica]l’evaporazione continua dell’acqua riempie l’aria di un vapore contenente esalazioni putride, provenienti dalla decomposizione dei vegetali e degli animali che si succedono e muojono nell’acqua. Questo vapore nelle prime e nelle ultime ore del giorno, le quali sono le più fredde, si condensa presso terra, e guai a chi è obbligato a respirarlo od a ricevere quell’infesta rugiada. Le febbri gastriche, intermittenti o perniciose sono il castigo di chi vi si espone per incuria o per obbligo; specialmente se l’individuo non vi è assuefatto. Soltanto il buon sostentamento e l’uso moderato del vino, possono preservare il coltivatore dai nocivi influssi, ma sfortunatamente il lavoratore è miserabile, e la sua vita passa in breve tempo ad una precoce vecchiaja ed alla morte.

In vista di questi possibili danni per l’umana salute era ben necessario che i governi segnassero la distanza dai luoghi abitati per certe coltivazioni continuamente irrigate, quali sono la marcita e specialmente la risaja, sempre che il terreno circostante non fosse paludoso, e quindi convertibile in altre coltivazioni che non esigono l’irrigazione, oppure che non l’esigono che a lunghi intervalli. Anche oggidì esiste in Lombardia una legge (3 febbrajo 1809) per la quale nessuno può convertire un terreno a risaja senza un permesso speciale dell’Autorità amministrativa, essendo prescritta la distanza di 8000 metri dalla città capitale, 5000m dai comuni di prima classe e piazze forti; 2000m da quelli di seconda classe; e 500m da quelli di terza. Come pure è vietato di stabilire marcite nell’interno dei comuni; e si devono tenere a 1000m dalla città capitale, e 500m dai comuni di 1.a e 2.a classe e dalle piazze forti.

§ 448. Altre leggi che riguardano direttamente od indirettamente l’irrigazione sono quelle per le quali vien stabilito:

Che le acque dei fiumi appartengono allo Stato, tanto più se sono navigabili; ritenendosi pure dello Stato le isole dei fiumi navigabili.

Che le alluvioni e le isole dei fiumi non navigabili si dividono ai frontisti in ragione della proprietà fronteggiante.

Che tutte le opere che s’intraprendono nel dominio d’un fiume devono dipendere dall’Autorità governativa.

Chi poi volesse derivare le acque per uso dell’agricoltura, può condurle pel fondo altrui, pagando un quarto più del valore del fondo occupato, ed obbligandosi alla manutenzione dell’acquedotto ed alla rifusione dei danni che questo potesse [p. 426 modifica]arrecare alle proprietà confinanti. Il diritto però di condurre le acque pel fondo altrui e di pagarne il valore non include quello di proprietà, poichè se per una circostanza qualunque venisse a sopprimersi il cavo, la proprietà e l’uso del fondo ritorna ai primitivi possessori.

L’acquedotto o cavo deve condursi per quella parte del fondo ove a giudizio dei periti si arrechi il minor danno, salva sempre l’opportuna derivazione.

Ognuno può scavar sorgenti sul proprio fondo, e condurre le acque per esso, non però in vicinanza di fiumi, canali, o ripari, e sempre che sieno lontane metri 177 da sorgenti che preesistessero.

Nell’irrigazione, il fondo inferiore non può ricusarsi di ricevere le colature del fondo superiore, e così via via.

Le spese occorrenti per le opere lungo i fiumi arginati o canali navigabili sono intraprese dallo Stato, indi ripartite fra gl’interessati, a norma dell’entità dell’interesse medesimo.

Pei cavi privati a varj interessati od utenti, si costuma nominare una amministrazione, e scegliere un ingegnere dirigente per la proposizione e revisione delle opere, acciò siano fatte secondo le migliori regole d’arte.

Per l’esecuzione delle opere si usa l’appalto; e le spese tutte vengono suddivise fra i varj utenti in ragione del loro godimento, attribuendone una quota anche a quelli opificj che esistessero sul cavo, e che usassero delle acque come forza motrice.

Nelle contravvenzioni al regolare uso delle acque, e nel caso di fraudolenta loro sottrazione per parte d’un terzo, l’Utenza o Società degli interessati può chiedere mano forte alla Superiorità.

Queste sono sommariamente le più importanti e più saggie disposizioni sancite dalle leggi attuali, e che però sussistono sino dall’epoche delle antiche repubbliche italiane.