Trattato dei governi/Libro quinto/IV

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Libro quinto - Capitolo IV: Riprovazione dei modi antichi nella instruzione dei giovanetti

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Aristotele - Trattato dei governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro quinto - Capitolo IV: Riprovazione dei modi antichi nella instruzione dei giovanetti
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Quelle città, che oggidì pare, che mettino gran diligenza in istruire i fanciugli, parte di loro gli avvezza alla abitudine atletica, facendo in simili esercizî nocumento alla figura del corpo, e al crescere della persona. Ma gli Spartani non cascan già in questo errore, ma ben con le fatiche gli fanno diventare efferati; stimando tale ordine utilissimo alla fortezza. Ma come io ho detto più volte l’erudizione non si debbe fare a una sola virtù, nè a questa sopra di tutte l’altre, e se pure ella si dee fare a questa, e’ non si trova però (e guardisi nei bruti, e nell’altre genti) che la fortezza conseguiti ai costumi efferati, anzi piuttosto alli più mansueti, e che abbino del leonino.

Chè invero molte genti si trova, che hanno la natura facilmente disposta ad ammazzare, ed a mangiarsi gli uomini, come sono gli Achei, e gli Eniochi popoli in sul mar maggiore, e altri fra terra ferma, che parte sono simili a’ detti, e parte peggiormente disposti; i quali sebbene tengon vita d’assassini, non perciò hanno parte alcuna di fortezza. Ancora non si sa egli degli stessi Spartani che, mentre che gli attesero ai faticosi esercizî, gli avanzarono gli altri; e oggi ch’e’ sono rimasti addietro e nell’arte militare, e nei giuochi ginnici. La ragione di ciò è, perchè essi non eron differenti dagli altri per esercitare i giovani in questa maniera; ma solamente perchè essi esercitati andavano contra li non esercitati.

Perciò bisogna mettersi innanzi per esercizio l’onesto e non il bestiale; conciossiachè nè il lupo, nè nessuno altro animale bruto entrasse in un pericolo onesto, ma sì un uomo virtuoso. Ma chi avvezza troppo a tali esercizî i fanciugli, e lasciagli ineruditi dell’altre cose più necessarie, gli esercita (a dire il vero) vilissimamente, facendogli buoni a una sola azione civile, e per questa ancora disponendogli peggio degli altri, siccome la ragione lo dimostra. Ma e’ non bisogna giudicare questo dalle azioni fatte innanzi da loro, ma da quelle del dì d’oggi; dove si vede ritrovarsi degli emuli loro in tali esercizî; il che anticamente non si ritrovava.

È manifesto adunche, che e’ si debbe usare la ginnastica, e qualmente ella si debbe usare; perchè insino alle pube e’ si debbe usare leggieri esercizî senza violenza di cibo, proibendo le fatiche, che non sono necessarie, acciocchè e’ non s’impedisca l’augumento. E che una tale cosa preparare si debba, siamene indizio che nei giuochi olimpici si trova due, infino in tre, che li medesimi vi abbino vinto da fanciugli, e poi che e’ sono stati uomini fatti, per aver eglino consumata in giovanezza la forza negli esercizî necessarî.

Ma un tre anni dopo la puba, atteso ch’egli aranno ad altre discipline, allora sta bene di ritenere quella età che seguita e con le fatiche e con la dieta necessaria. Ch’e’ non si debbe invero a un medesimo tempo affaticare i giovani e nell’animo, e nel corpo; imperocchè l’una parte, e l’altra di queste fatiche è atta a disporgli contrariamente, conciossiachè il discorso della mente impedisca la fatica del corpo, e che quella dell’animo nuoca alla persona.