Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro III/Capitolo 40

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Libro III - Capitolo 40

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Come da alcuni ne lo studio di scriver latinamente si offenda la professione christiana. Cap. XL.

Ma ritornando alla lingua latina, dico che à me piace non poco, che il nostro giovanetto vi faccia buon progresso, ma non vorrei già in modo alcuno, che egli fosse del numero di coloro, che pare che si habbino fatto un Idolo di cotesto suo M. Tullio, et tanto si fanno suoi fideli osservatori, che in un [p. 150v modifica]certo modo si scordano di esser christiani. Et per certo egli è pur cosa strana veder alcuni, che fuggono il dire le voci, et i termini christiani, come se fossero scogli, solo perche Cicerone non gli ha usati, et più presto usano vocaboli improprii, et circonlocutioni tal volta ridicole, che parlar come ha parlato Agostino, Hieronimo, et gli altri Santi nostri maestri, et come parla tutto dì la santa Chiesa. Sopra la qual materia si potria dir molto, et si mostraria, s’io non m’inganno, assai chiaro, che huomini, per altro gravi, hanno scritto con modi inettissimi, et dette delle leggierezze non piccole, per ubidir troppo à questa superstitiosa purità del parlar latino; et si mostraria parimente come santo Ambrosio, et altri huomini santissimi hanno condennato questo costume, ma non voglio esser più lungo. Adunque il nostro maestro giuditioso, et christiano, vada per il mezzo della virtù, et non si oblighi à queste leggi, che sotto il pretesto di fuggire la barbarie, aprono la via al gentilismo. Laudo il parlar latino, pur che le parole si adoprino per quello, per che son trovate, cioè per esprimer le cose, et non per contrario, che le cose habbino ad ubidir alle parole. Laudo lo studio della eloquenza, pur che questa ancilla, insieme con tutte le facultà, et scienze humane, serva, et stia soggetta, come è giusto, alla Regina, cioè alla divina sapienza, et alla religion christiana.