Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro III/Capitolo 42

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Libro III - Capitolo 42

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Della esercitatione della memoria et della pronuntia. Cap. XLII.

Soleva dire uno, che tanto sappiamo, quanto ci ricordiamo, et certo lo haver pronta memoria, et ricordarsi quando fa bisogno, et delle cose et delle parole, è una qualità molto desiderabile, et di non mediocre utilità in molte occorrenze. Bene è vero che la natura vi ha gran parte, et vediamo per esperienza, che secondo la varietà delle complessioni alcuni apprendono con prestezza, ma non ritengono, altri per contrario più tardi nell’apprendere, conservano meglio et più lungamente; è anchor dono di natura la voce chiara, et suave, la pronuntia distinta, il moto del corpo, et l’attione concertata et con dignità; et nondimeno tutte queste conditioni con l’altre, et con la diligenza, si megliorano, se son buone naturalmente, et si correggono in gran parte, se sono difettose, ma spetialmente la memoria, non solo si conserva, et accresce con la esercitatione, ma si aquista anchora. Per tanto anchor che nel fanciullo si veda voce aspra, impedimento di lingua, et simili altre imperfettioni, non deve il maestro mettere subito la cosa per disperata, ma con carità, et patienza, et lunghezza di tempo, et più con dar conforto, et far animo al povero fanciullo, che con violenza di battiture, deve far prova di superar la natura, il che non è impossibile nella tenera età, quando il difetto non hà fatte le radici alte, et non è del tutto habituato. Si legge che Demostene, principe de gli oratori Greci, haveva una tal maniera di balbutie, quale vediamo in molti, che non poteva proferire la prima lettera della sua professione, cioè della Retorica; ma co’l lungo esercitio, et fatica, fece tanto, che la proferiva poi benissimo, onde con ragione disse colui, che la fatica ostinata vince ogni cosa. Hora per aiutare, et acquistare, le qualità che habbiamo detto di sopra, cioè memoria, pronuntia, et attione, buon modo di esercitatione mi par che sarà, che il fanciullo impari à mente alcuna oratione di Cicerone, che ve ne sono delle non molto lunghe, ò parte di qualche oratione, et la reciti con gravità, et con quella compositione, che si faria parlando in un senato, ò al popolo, il che, come si disse di sopra, è anchor utile per conto della lingua, et le orecchie si avvezzano al suono, et al numero Ciceroniano, et à quella mirabile giacitura, et collocatione delle parole. Et perche i versi s’imparano più facilmente si potrà tal’hora far il medesimo esercitio in qualche parte di Virgilio, et è meglio dirne minor quantità compositamente, come chi parla per farsi intendere, che recitar un gran numero di versi, divorando le parole, et dimezzandole per [p. 152r modifica]la fretta, come per il più si suol fare, laqual cosa posto che fosse buona per esercitar la memoria, certo è ella molto nociva per la pronuntia, et per l’attione. Giova anchora questo esercitio à far che i fanciulli prendano una certa sicurezza, di ragionar in conspetto di molti, et à non impaurirsi superchiamente di quel silentio, quando dovendo parlar un solo, tutti gli altri tacciono, et tengono gli occhi affissati nell’oratore, laqual cosa ad alcuni non esercitati, suole apportare non piccolo terrore; di mano in mano poi potrà il nostro scolare comporre egli stesso, et pronuntiar i suoi proprii ragionamenti, et caminando più oltra dalle angustie della scuola uscirà nella larghezza de gli auditorii, et luoghi publici.