Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro III/Capitolo 85

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Libro III - Capitolo 85

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Della providenza paterna circa il mettere i figliuoli in corte. Cap. LXXXV.

Ma ritornando al nostro padre di famiglia dico che deliberando egli di mettere il figliuolo in Corte, deve avanti ogni cosa persuadersi che non tratta di piccola deliberatione et però non si avventi ad ogni ombra di apparente utilità, et di interesse, et dove habbia luogo di poter fare elettione più d’una, che d’un altra Corte, pongasi prima ad esaminar bene tutte le circonstanze, che si rappresentano, chieda consiglio, à i più intendenti, veda le riuscite de gli altri cortigiani, cerchi havere informatione della natura del Principe, et delle conditioni di quella tal Corte, dove egli hà mira, esamini anchora le qualità de lo istesso figliuolo, percioche non tutti sono atti à servire, ne à sapersi accomodare à quella maniera di vivere, la quale vuole molta patienza et uno ingegno versatile et avveduto, et che con destrezza sappia sopportare molte imperfettioni, et del signore et de suoi compagni aulici, dissimulando gentilmente alcune cose, la onde gli impatienti, i troppo sensitivi, et soverchiamente collerici, male vi possono durare, et per l’altra parte alcuni non molto accuti, ma alquanto tardi di giuditio et d’una certa semplice bontà bene spesso non fanno altro frutto in Corte, che esser il trattenimento et la favola de i Cortegiani. Non penso essere espediente, communemente parlando, il mandar i figliuoli in Corte mentre anchora sono giovanetti, ma è più sicuro lasciarli alquanto maturare, si per meglio fondarli nel timor di Dio, si perche possano dar perfettione à li studii, si anchora, acciò meno siano esposti à molti pericoli delle più tenere età, non nego però che questa regola può havere qualche limitatione, trovandosi forse alcun Principe che allieva queste piante giovanette, dico figliuoli nobili facendo haver di loro molta cura, et governo, et procurando di condurle à maturità d’ogni maniera di virtù, cosi leggiamo nella sacra scrittura, che Nabucdonosor Re, commandò che si facesse scelta di diversi fanciulli del seme reale, et della nobiltà d’Israele condotta in captività, i quali fossero senza macchia di bello aspetto, et bene ammaestrati et litterati, si che fossero degni di stare nel Palazzo del Re, ordinando che s’insegnassero loro [p. 181r modifica]la lingua et le discipline Caldee, facendoli nobilmente allevare, et provedere delle cose necessarie acciò dopo tre anni, potessero stare avanti il Re, tra i quali fù il grande Daniele, et i tre tanto celebrati fanciulli della fornace ardente. Et certo niuna cosa è più degna di gran Principe che allevare huomini et essere come padre di molti nobili ingegni, à gloria di Dio et publico benefitio. Vada disponendo il padre i figliuoli in quella maniera di studii, ò cavallereschi, ò Clericali, che hanno conformità con le Corti dove pretende mandarli, che se bene per esempio, nella Corte d’un Rè, acquistarà il giovane come è probabile maggior perfettione, nelle cose che à nobile Cavaliere si convengono, che nella Casa paterna, nondimeno il mostrar seme di valore, et havere qualche qualità et conditione eccellente, lo renderà amabile, et gli spianarà la via per acquistarsi più facilmete la gratia del Principe. Et quanto à gli Ecclesiastici util cosa è à quelli che vogliono caminar per la professione delle lettere, la intelligenza de i sacri Canoni, et di Theologia, ad altri che vogliono esser segretarii apporta grande entratura haver come si dice buona mano di scrivere, et molto più giova il sapere acconciamente spiegare i concetti in latino, et in volgare, et haver cognitione di historie, massime delle più vicine à i nostri tempi, et de i governi delle republiche per poter entrare ne i negotii et affari d’importanza, sotto la guida et disciplina d’alcun huomo prattico, et esercitato.