UE - 2 luglio 2003, Discorso inaugurale del Presidente del Consiglio per il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea

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Silvio Berlusconi

2003 Discorsi Discorso inaugurale del Presidente del Consiglio per il semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea Intestazione 1 maggio 2008 75% Generale

Signor Presidente, Signori Deputati, Signor Presidente della Commissione, in quanto Paese fondatore, l’Italia ha una lunga esperienza di fedeltà alla lettera e allo spirito dei Trattati che in pochi decenni ci hanno portato a costruire, nel segno della pace, uno dei più straordinari esperimenti politici e istituzionali nella storia dell’umanità. Sentiamo perciò con viva tensione morale e intellettuale la responsabilità e l’onore di presiedere l’Unione in una fase costituente, quando bisogna aggrapparsi saldamente alla lezione del passato per costruire l’avvenire, per affrontare novità e occasioni fino a ieri impensabili, per superare le differenze e risolverle in nuova ricchezza da investire nel progetto comune.

L’ingresso a pieno titolo di nuovi Stati membri e la conseguente ridefinizione della nostra identità, anche alla luce della sperimentazione dell’euro e di alcune grandi svolte sulla scena internazionale, soprattutto sul terreno delicato della politica estera e di sicurezza globale, impongono oggi il rilancio dell’arte della mediazione. L’Europa contemporanea, così come l’hanno costruita le sue classi dirigenti, la sua società civile, i suoi imprenditori, il mondo del lavoro e dell’intellettualità, ma soprattutto i suoi cittadini, è nata da grandi sforzi della volontà e da grandi intuizioni dell’intelligenza, che hanno dato un’anima e un linguaggio a valori e sentimenti comuni, integrando e rilanciando i diversi filoni in cui si suddividono la storia, la tradizione e la cultura degli Stati nazionali. Ma il nostro corpo istituzionale, che ha sempre preso slancio dalla grande ambizione di eliminare il conflitto e l’inimicizia dalla scena europea, si è tuttavia nutrito di una serie quasi infinita di mediazioni e di aggiustamenti progressivi delle regole di vita comune.

L’Europa oggi è grande per il cammino che ha percorso, per le sue potenzialità, per il suo orgoglioso contributo alla pace e al diritto internazionale, ma è grandissima per la concretezza e la perizia tecnica con cui è riuscita a superare ogni tipo di crisi, ogni difformità di interessi, ogni diversità di visione, attraverso un metodo comune, regole comuni e uno stile comune nell’adeguare questo metodo e queste regole alla realtà del mondo in movimento. Sappiamo tutti che l’arte della mediazione talvolta ha i suoi costi, e pesanti. Senza il soffio vitale e trascinante di obiettivi condivisi, la mediazione può diventare qualcosa di molto simile alla paralisi burocratica, una lunga ed estenuante serie di elusioni dei problemi e di rinvii delle soluzioni. Il Parlamento italiano, a cui non è mai mancato il coraggio della verità, ha avvertito con forte sensibilità e ha spesso denunciato con sincero trasporto europeista le fasi di stanchezza e di gioco al ribasso che hanno caratterizzato certi periodi della nostra vita nella casa comune degli europei. Ed è per questo che l’Italia, con la sicurezza che le deriva da antica esperienza e l’umiltà necessaria nel trattamento delle grandi e decisive questioni politiche, farà tutto quanto è in suo potere, e tutto quanto essa considera suo dovere, per garantire a questo Parlamento, alla Commissione esecutiva e ai governi del Consiglio europeo il terreno più fertile per una consapevole, serena e responsabile decisione politica sul nostro futuro.

Lo scopo della mediazione è infatti decidere sulla sostanza delle cose e la composizione delle nostre differenze sarà un successo soltanto se ci consentirà di fare un grande salto in avanti e di dotare le nostre economie in via di progressiva integrazione, le nostre culture, la nostra politica estera e la nostra politica di difesa di una nuova ed efficiente fisionomia istituzionale. Una grande Europa ha bisogno di grandi istituzioni. E se il mondo chiede un’Europa autorevole di fronte alle grandi sfide della lotta al terrorismo internazionale, della riduzione delle ineguaglianze e degli squilibri, della ripresa dell’economia globale, è nostro dovere offrirgli un’Unione capace di pesare perché decide, un soggetto capace di decidere con voce forte e chiara in base a una chiara percezione dell’interesse e delle convinzioni comuni, superiori a ogni tipo di particolarismo. Questa Unione che abbiamo deciso di costruire insieme, e i cui contorni abbiamo discusso anche nello splendido lavoro della Convenzione presieduta dal presidente Valéry Giscard d’Estaing, con il fattivo contributo della presidenza greca e dei rappresentanti della Commissione, del Parlamento Europeo e dei parlamentari nazionali, non può che fondarsi sul quadro di valori e di esperienza storica che ci unisce da oltre mezzo secolo all’altro grande soggetto della democrazia liberale moderna, agli Stati Uniti d’America co-fondatori insieme a noi dell’Alleanza atlantica. E affinché questo intreccio di diverse partnership, a un diverso livello di integrazione politica, ricominci a vivere all’altezza delle sue ambizioni e delle sue conquiste di civiltà, in uno spirito di pace e di sicurezza mondiale, occorre che dai rapporti fra gli Stati sia bandita ogni forma di monologo in favore del più aperto, sincero e corretto dialogo.

L’Europa può curarsi della sindrome di Amleto, e decidere di essere senza riserve un protagonista attivo della scena mondiale, può dotarsi degli strumenti diplomatici, economici e militari per farlo in modo convincente, senza mettere in discussione né la sua autonomia e le sue radici né il grande impianto di libertà difeso per lunghi decenni nel quadro delle sue alleanze occidentali. Intorno a questo, come abbiamo constatato di recente al vertice di Salonicco, c’è una grande consapevolezza comune, fissata in un documento di grande interesse coordinato dal commissario per la politica estera e di sicurezza Javier Solana, che già tende a superare in una nuova visione strategica le differenze emerse negli scorsi mesi a proposito della drammatica crisi irachena e degli sviluppi della cruciale questione mediorientale. L’Italia sa di non essere sola nel tentare ancora una volta l’azzardo, la scommessa di una mediazione felice, positiva, che faccia andare aventi le cose. Nel Parlamento presieduto dal collega Pat Cox, e nei suoi gruppi politici che abbiamo incontrato con profitto a Roma, sentiamo di avere un interlocutore attento e paziente, ma che non farebbe sconti di fronte a nostri errori. Nella Commissione esecutiva, presieduta da Romano Prodi, vediamo l’indispensabile elemento di continuità dell’amministrazione e di coordinamento quotidiano del nostro sistema istituzionale. E il Consiglio europeo, sia nel rilancio del piano per la crescita fondato sull’investimento di grandi risorse nelle infrastrutture civili, sia nella grande occasione costituzionale della imminente conferenza intergovernativa, sarà la sede deputata in cui questa Presidenza semestrale dell’Unione, affidata all’Italia, cercherà di definire un’intesa coraggiosa ma non spericolata sulle grandi questioni degli assetti istituzionali, dell’estensione del voto a maggioranza, dei confini della politica estera e di sicurezza comune, e dello spazio giudiziario europeo.

Non possiamo ignorare che su alcuni di questi argomenti esistono tra gli Stati membri posizioni ancora differenziate. La Presidenza italiana compirà ogni sforzo per far convergere queste posizioni avendo però ben chiaro che non sarà possibile procedere ad una completa ridiscussione del progetto di Trattato costituzionale della Convenzione. La Conferenza Intergovernativa dovrà quindi concentrare i propri sforzi sui punti ancora realmente controversi. Da questa impostazione deriva anche l’obiettivo della Presidenza di rispettare il calendario suggerito dal Consiglio Europeo di Salonicco. Apriremo quindi la Conferenza Intergovernativa nel corso del mese di ottobre e la condurremo a ritmo serrato nella auspicabile prospettiva di pervenire ad un accordo entro dicembre. Il Parlamento Europeo sarà associato nel modo più appropriato ai lavori della Conferenza. I lavori si svolgeranno ad elevato livello politico per evitare che lo slancio della Convenzione si areni in un negoziato tecnico-diplomatico come si è verificato nelle precedenti Conferenze Intergovernative. In questa prospettiva mi impegno a ritornare innanzi a voi dopo l’apertura della Conferenza Intergovernativa e all’indomani del Consiglio Europeo di dicembre per verificare insieme il cammino percorso.

L’obiettivo è quello di consentire la firma del futuro Trattato costituzionale nel periodo compreso fra il 1 maggio 2004, data del formale ingresso dei 10 nuovi Stati membri, e le elezioni per il rinnovo del Parlamento previste nel prossimo giugno. Un prolungamento del negoziato oltre tali date comporterebbe da un lato la dispersione del prezioso patrimonio costituente elaborato dalla Convenzione; dall’altro, richiederebbe ai cittadini europei di votare per le elezioni del loro Parlamento senza conoscere i lineamenti istituzionali della futura Unione. Non posso infine che essere compiaciuto dal fatto che per una apprezzabile ragione di continuità storica e simbolica con gli originali Trattati del 1957, si sia convenuto che la firma conclusiva del Trattato costituzionale debba aver luogo a Roma. Ne siamo onorati e faremo di tutto per riservare ai rappresentanti dei Paesi membri una accoglienza degna dell’occasione e all’altezza della nostra tradizione. Signor Presidente, Signori Deputati, Signor Presidente della Commissione, la riforma costituzionale è certamente prioritaria per l’avvenire dell’integrazione europea ma l’Unione deve essere anche in grado di rispondere giorno per giorno alle legittime attese dei suoi cittadini. L’Europa deve porsi sempre più come un fattore di crescita economica e di prosperità. Muoviamo in questo ambito da basi solide: l’Euro rappresenta un elemento di stabilità per le economie dei Paesi che hanno scelto di condividere la sovranità monetaria e la strategia di Lisbona ha individuato un percorso consensuale per il rafforzamento della competitività europea. Ma non dobbiamo nasconderci le perduranti debolezze delle nostre strutture economiche confermate da tassi di crescita inferiori a quelli previsti. La Presidenza italiana ha predisposto, sulla base del programma operativo annuale presentato ad inizio anno insieme alla Grecia, alcune iniziative concrete. La modernizzazione dell’agricoltura, la tutela dell’ambiente, la protezione dei consumatori, la sicurezza alimentare rappresentano altrettante esigenze imprescindibili per i nostri cittadini, sulle quali l’Italia lavorerà al perseguimento delle finalità già individuate dalle precedenti Presidenze. In questa sede dunque mi limiterò ad indicare tre punti che riteniamo cruciali per la competitività dell’Europa.

Il primo è l’esigenza di un più efficace sostegno all’economia tramite un incremento degli investimenti pubblici e privati con la collaborazione delle istituzioni finanziarie europee, in primo luogo della BEI. Tale strategia deve a nostro avviso basarsi soprattutto su un rilancio della politica delle grandi reti infrastrutturali transeuropee. Nell’Unione ampliata l’effettivo funzionamento del mercato interno richiede un’accresciuta mobilità di merci e servizi e quindi una più efficiente rete di trasporti. Si tratta di conciliare le legittime esigenze della stabilità monetaria e del rigore finanziario - che non vanno in alcun modo messe in discussione - con un maggiore stimolo alla crescita dell’economia mediante investimenti non solo nelle infrastrutture ma anche nella ricerca e nella innovazione tecnologica giacchè siamo fermamente convinti del fatto che il capitale umano rappresenti la principale risorsa dell’economia europea. Secondo elemento prioritario è la riflessione sulla sostenibilità dei regimi pensionistici e previdenziali europei. La solidarietà tra le generazioni e l’adattamento dei regimi esistenti alla realtà di un progressivo invecchiamento della nostra società costituiscono una sfida a cui non possiamo sottrarci. Tenendo conto delle diverse situazioni di ciascun Stato membro, dobbiamo porre allo studio delle politiche volte ad incrementare il tasso di occupazione tra i lavoratori più anziani e a ridurre la propensione al pensionamento anticipato. Infine, come terzo punto poniamo la modernizzazione dei mercati del lavoro e la promozione della imprenditorialità soprattutto con riferimento alle piccole e medie imprese. Anche in questo campo solo un approccio coordinato tra i vari Membri dell’Unione Europea ci permetterà di cogliere le opportunità offerte dal grande mercato comune. Queste linee di azione potranno attuarsi attraverso il dialogo tra le parti sociali. Il modello europeo infatti si fonda su un’economia di mercato che mira a bilanciare la libera impresa con le esigenze di coesione e di solidarietà.

A questo proposito non possiamo non rivolgere la nostra attenzione a quell'Europa più fragile, silenziosa, troppo spesso messa in secondo piano dall'inerzia delle legislazioni, ma non per questo meno ricca di valore civile e significato morale. Mi riferisco a quei 38 milioni di cittadini europei che sono disabili. L'Unione Europea ha proclamato il 2003 “Anno europeo delle persone con disabilita'”. La Presidenza italiana, congiuntamente alle manifestazioni e campagne di sensibilizzazione ed informazione già organizzate, si attiverà per gettare le basi di un'azione legislativa contro le discriminazioni. Uno strumento che vada a tutelare le persone con disabilita' in tutti gli aspetti della vita quotidiana e assicurare alle persone con disabilita' un futuro di speranza. Signor Presidente, Signori Deputati, Signor Presidente della Commissione, l’Unione Europea è anche un fattore di stabilità internazionale e la sua responsabilità a questo riguardo comincia alle sue immediate frontiere e dipende dalla sua capacità di rivelarsi disponibile a forme sempre più avanzate di cooperazione con i Paesi vicini. Anche in questo caso la Presidenza italiana intende proseguire nel solco delle attività svolte da quanti ci hanno preceduto nell’esercizio delle funzioni presidenziali. Nell’attuale fase tra la firma e l’entrata in vigore dei Trattati di adesione cercheremo di assicurare la piena partecipazione dei 10 nuovi Stati membri ai lavori del Consiglio facilitandone la completa integrazione nei meccanismi istituzionali dell’Unione. Nel contempo cercheremo di definire entro dicembre una tabella di marcia per la Bulgaria e la Romania che apra le porte all’adesione di questi due Paesi entro il 2007. Continueremo la strategia di preadesione nei confronti della Turchia sulla base delle condizioni definite al Consiglio Europeo di Copenaghen dello scorso dicembre. Sappiamo che la decisione sulla data dell’avvio dei negoziati sarà presa solo alla fine del prossimo anno; ma in tale prospettiva ci sembra quanto mai opportuno che l’Unione sostenga attivamente il processo di riforma già avviato dall’attuale Governo turco.

Continueremo a ribadire la prospettiva europea dei Paesi dei Balcani Occidentali in linea col processo di Zagabria. L’agenda che abbiamo approvato in materia a Salonicco ha rappresentato un ulteriore passo in avanti. Analizzando retrospettivamente il ruolo dell’Unione Europea nei Balcani, possiamo sentirci orgogliosi. Se compariamo la situazione attuale a quella di 10 anni orsono, constatiamo che l’intervento dell’Europa e degli Stati Uniti ha permesso di chiudere i conflitti sanguinosi dell’ex-Jugoslavia, l’ultima grande guerra civile europea, e speriamo che questa sia stata anche l’ultima volta in cui si è versato sangue europeo in terra europea. Riteniamo che ora sia opportuno passare dalla fase degli “Accordi di Associazione e Stabilizzazione” ad una strategia più integrata con lo scopo di rafforzare il nostro rapporto con i Paesi della regione. Siamo coscienti della complessità di tale approccio, ma sappiamo anche che la prospettiva europea è l’unica in grado di fornire un incentivo efficace ai Governi di questi Paesi affinché procedano senza indugi sulla strada delle riforme, della modernizzazione, del libero mercato e dello Stato di diritto. La Presidenza italiana valuta in modo estremamente positivo l’invito della Commissione, condiviso dagli Stati membri, a favorire rapporti sempre più stretti con le aree a noi più prossime (la cosiddetta “wider Europe”). Cercheremo quindi di rafforzare i nostri rapporti con l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia.

Cercheremo altresì di consolidare in special modo il rapporto con la Federazione Russa attraverso un dialogo sempre più serrato e attraverso misure concrete che diano il segno tangibile della volontà russa di appartenere al tessuto politico, economico e culturale dell’Europa e dell’Occidente. Pensiamo che l’attenzione dedicata, dopo il crollo del comunismo, all’Europa dell’Est debba essere ora bilanciata da un uguale interesse per il dialogo euro-mediterraneo, un dialogo decisivo nei rapporti dell’Occidente con il mondo islamico, un problema che ci sembra oggi dominante quanto lo fu in passato il problema dei Paesi dell’Est. La nostra prospettiva è l’attuazione di una zona di libero scambio euromediterranea, già aperta dalla conferenza di Barcellona. Lo sviluppo economico e sociale dell’area sud del Mediterraneo è essenziale per l’equilibrio mondiale dato il livello culturale, politico e demografico del sud Mediterraneo. L’integrazione dell’economia europea con quella dei Paesi arabi è una grande sfida del nostro tempo ed è la chiave per la pace e la sicurezza di quest’area e dell’Europa tutta.

Coltiveremo quindi il dialogo euro-mediterraneo a cui dedicheremo molteplici iniziative nel settore economico, culturale e sociale, tra cui una Fondazione per il “Dialogo tra le Culture e le Civiltà” e il progetto di trasformare la facility finanziaria attualmente attiva in ambito BEI in un organismo autonomo e cioè in una vera e propria Banca Mediterranea. La Presidenza italiana, sulla base delle decisioni adottate dalle Conferenze Ministeriali Euro-mediterranee di Valenza e di Creta, recepite dal Consiglio Europeo di Salonicco, conferma la volontà espressa dal Parlamento Europeo e dai Parlamenti nazionali d’istituire entro il semestre di Presidenza italiana, l’Assemblea Parlamentare Euro-mediterranea, segno di una permanente volontà di dialogo tra l’Europa ed i Paesi che si affacciano sulla riva del Mediterraneo. Signor Presidente, Signori Deputati, Signor Presidente della Commissione, l’instaurazione di condizioni di sicurezza internazionale rappresenta oggi un compito primario per i Paesi che condividono un sistema di valori universali basati sulla libertà, sulla democrazia, sulla pace. È questo il principale terreno su cui vanno oggi rilanciate le fondamentali relazioni transatlantiche e la partnership tra Europa e Stati Uniti.

Vogliamo ribadire il nostro convincimento sul fatto che non ci siano contraddizioni tra un forte impegno europeo ed una altrettanto forte solidarietà transatlantica. In questo spirito intendiamo adoperarci per restituire al rapporto tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America spessore e dinamismo, che sono anche condizione essenziale per una maggiore autorevolezza dell’Europa sulla scena internazionale. La definizione di una solida ed equilibrata relazione transatlantica dipende anche da un sostanziale impegno europeo in materia di difesa che sia coerente con il quadro NATO. La lotta contro il terrorismo e contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il sostegno alla promozione della democrazia e al rispetto dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali rappresentano terreni concreti sui quali sperimentare la nostra capacità di costruire un solido rapporto di collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico. Pensiamo nella fattispecie alla ricostruzione di un tessuto democratico e civile in Irak ed al sostegno del processo di pace in Medio Oriente.

Sappiamo bene che questa situazione è estremamente complessa. La nostra Presidenza unitamente a Stati Uniti, Federazione Russa e Nazioni Unite, opererà a sostegno della “road map” affinché si indichino tempi e modalità per l’avvio di una Conferenza internazionale di Pace. Vi sono almeno due linee di azione che intendiamo promuovere: da un lato recuperare un rapporto di maggiore fiducia con Israele nella prospettiva di una più ampia e strutturata collaborazione reciproca; dall’altro attuare il piano - già lanciato dall’Italia - per la ricostruzione dell’economia palestinese che possa fungere da incentivo concreto ed efficace nei negoziati tra le parti. Signor Presidente, Signori Deputati, Signor Presidente della Commissione, obblighi di sintesi mi precludono la possibilità di elencare tutti i compiti che competono all’Unione sulla scena mondiale. Ma non posso non accennare agli interessi spirituali, culturali, economici e civili che legano l’Europa all’America Latina, che in questo momento vive un periodo di cambiamento che l’Europa si augura fecondo di libertà e di giustizia. Sono gli Stati latino-americani a chiederci un’apertura delle frontiere degli scambi economici. Il successo dell’America Latina è quello dell’altra America legata all’Europa in modo diverso ma non meno profondo che l’America settentrionale.

Desidero anche assicurare che lavoreremo per intensificare i rapporti già esistenti con l’Africa, cui siamo legati per la sua storia carica di pagine dolorose, con l’Asia, con le organizzazioni regionali e con il sistema delle Nazioni Unite per portare innanzi insieme le grandi sfide della lotta alla povertà e alle malattie, della difesa dell’ambiente, della prevenzione dei conflitti. Saremo attenti anche all’equilibrato sviluppo del commercio internazionale come fonte di maggiore benessere e di riduzione delle disparità, che sarà l’oggetto della Conferenza Ministeriale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio di Cancun del prossimo settembre. Signor Presidente, Signori Deputati, Signor Presidente della Commissione, i cittadini europei chiedono Istituzioni democratiche e trasparenti, un’economia prospera, una società libera, ma anche uno spazio di libertà e di sicurezza. A Tampere, a Siviglia e da ultimo a Salonicco, il Consiglio Europeo ha riconosciuto l’esigenza di migliorare le capacità europee di lotta alla criminalità organizzata trans-nazionale, all’immigrazione clandestina ed ai traffici ad essa collegati, attuando un più efficace controllo delle frontiere esterne dell’Unione. Cercheremo di lavorare su questi temi puntando alla mobilitazione di adeguate risorse finanziarie, alla graduale realizzazione di una politica comune dei rimpatrii e ad una gestione integrata delle frontiere esterne. Ma soprattutto ribadiremo l’esigenza di inserire i temi dell’immigrazione nelle relazioni tra l’Unione e i Paesi di origine e transito dei flussi. Dovremo avviare incisive forme di collaborazione con alcuni dei nostri vicini, soprattutto mediterranei e balcanici, in materia di controllo e gestione dei flussi migratori. La nostra legittima richiesta a tali Paesi di una più efficace collaborazione nell’opera di prevenzione dell’immigrazione clandestina, si accompagnerà ad una volontà di integrazione nei confronti dei cittadini dei Paesi terzi legalmente residenti nel territorio dell’Unione.

Oltre al proseguimento delle attività normative in materia di asilo e di visti, riteniamo prioritario migliorare il funzionamento di tutti i meccanismi operativi dell’Unione in materia di contrasto alle attività criminali, a cominciare da Europol. Signor Presidente, Signori Deputati, Signor Presidente della Commissione, dalle considerazioni che ho svolto emerge chiaramente la delicatezza e la complessità delle sfide con cui si deve confrontare l’Unione Europea ed alla cui soluzione la nostra Presidenza cercherà di contribuire, compatibilmente con il limitato tempo a disposizione, ma con spirito di umiltà e di servizio e nel fermo e pieno convincimento che la sicurezza e la prosperità del nostro avvenire dipenderanno sempre più dal processo di integrazione europea che ci ha già garantito per mezzo secolo sino ad oggi: pace, democrazia, libertà e benessere. L’Europa di oggi non è più quel leggero aquilone, capace di intercettare il vento della storia, dei tempi del Trattato di Roma. Si è molto irrobustita, la nostra Unione, e dunque si è appesantita di responsabilità e di doveri, verso i partner e verso il resto del mondo. La mia aspirazione è che nel corso della presidenza italiana, e in vista di quella irlandese, si riesca, con la cooperazione di tutti i soggetti interessati e con lo speciale aiuto dei paesi nuovi membri, a restituire a questo nostro gigante istituzionale qualcosa della sua leggerezza e del suo slancio originario.

Vi ringrazio