Vera narrazione del massacro di Valtellina/Massacro seguito a Sondrio, al Monte di Sondrio, il Malenco; nel quale restarono morti intorno a 170 persone

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Massacro seguito a Sondrio, al Monte di Sondrio, il Malenco; nel quale restarono morti intorno a 170 persone
Massacro di Teglio, ove restarono morte intorno a LX persone Massacro di Berbenno nel quale restaron morte intorno a 11 persone

“Avendo questi traditori finita e adempita nel modo suddetto a Tirano e Teglio la loro esecrabile impresa, calarono in mezzo alla valle verso Sondrio, ove risiede il Supremo Magistrato, avendo prima messe buone guardie a tutti i passi. Venivano principalmente condotti da Giovanni Guizziardi, Prospero Quadrio e Giulio Pozalio, tutti tre di Ponte, con un intiera compagnia di Ponte, di Chiaro ed alcuni pochi di Trisivo, i quali quella stessa Domenica subito dopo il desinare andarono al porto d’Albosagia; nel quale luogo erano Lorenzo Paribello, Dottore; Giovan Giacomo e Orazio suoi figliuoli, con un’altra compagnia di gente, aspettando il suddetto Giovanni Guizziardi con la sua compagnia.

Tutto questo fu sparso in Sondrio da’ Cattolici stessi, dicendo che quei banditi venivano verso Sondrio, per fare l’ istesso ch’avevano fatto a Tirano e Teglio; si offeriscono al Magistrato di difenderlo, dicendo, che mai avrebbero comportato una tale scelleragine; il perché pigliarono l’arme, sotto pretesto di difesa, facendo sonare il tamburo e campana a martello, onde concorsero ancora armate le comunità circonvicine; ma tutte d’un istesso accordo a mal fare. Imperocchè gli Evangelici, fidandosi sulle grandi promesse fatte loro dai Cattolici, si mescolarono con loro. Essi tenendo celato il loro cattivo intento, or uno, or l’altro degli Evangelici ammazzavano, talché essi Evangelici, essendone già morti diversi, ancora non sapevano il fatto.

Alcuni volendo fuggire verso la valle di Malenco, la quale risponde a Poschiavo, Agnedina e Pregaglia, furono ammazzati da alcuni Villani di Ponchiero, luogo sopra Sondrio, e dalle donne ancora trafitti e feriti Francesco Marlianico, Giovanni Andrea Chiesa, ed altri, particolarmente Bartolomeo Paravicino, Dottore in Leggi di Berbenno, detto il Grasso; il quale crudelmente fu ucciso, d’età d’anni 53.

Fu il giorno seguente di mattina ucciso Niccolò Marlianico, figliuolo di Fellosio, uomo singolarmente affezionato al bene pubblico e all’accrescimento della Chiesa Evangelica. Fu dal suo proprio cugino Emilio Lavizaro, incontrandolo in strada e volendo esso Marlianico, accompagnato da Lucio Orschletta di Zernezo d’Agnedina di sotto a visitare il corpo di guardia nel quadriuio di Sondrio, archibugiato; d’ età d’anni 46.

Allora si ebbe certezza che il giorno avanti era stato ammazzato Cesare, figliuolo di Prospero Paravicino, e di Ortenzia Martinenga, Contessa di Barco, gentiluomo di rarissime qualità, essendo in cammino per suoi affari verso Trevivo, d’età d’ anni 50. Fu ancora ucciso Prospero suo figliuolo d’età d’anni 27; item Battista Girardon col suo figliuolo Giorgio, insieme con molti altri: talché essi Evangelici furono in tal modo dissipati e privi della condotta dei capi loro, che non poterono unirsi alla difesa.

Solo il Cancellier Giovanni Andrea Mingardino, ricordevole delle cose contenute nei sudetti processi, esso giorno di Domenica alli 9 di Luglio, col suo fratello Gregorio ed altri della Chiesa di Sondrio si ritirarono in numero di 18, insieme con alcune donne e fanciulle, in casa sua, la quale è attenente al Palazzo, ed ivi si fortificarono con animo di difendersi sino alla morte; poiché nella piazza la quale era ivi, nessuno ardiva di venire, né entrare nella Chiesa posta ivi in fronte. Deliberò tuttavia il nemico assalire detta casa con 1000 armati; minacciando ancora il Magistrato della vita, se da essi ritirati in detta casa fosse offeso alcuno; il perché il Magistrato istesso comando ad essi che partissero, i quali bene armati si partirono improvviso per Sondrio, Verso il ponte, dove si fermarono alquanto. E rivoltati indietro, presero seco alcuni altri, e poi s’avviarono alla Chiesa del Monte di Sondrio; dove congregati col Pastore, si fecero le preghiere a Dio, e passarono poi al numero di 73 persone in tutto, la valle di Malenco, presidiata da‘ nemici in due parti.

Ma furono da Dio talmente spaventati quei presidi, che si misero in fuga e gli Evangelici, benché dipoi seguiti sino alla sommità dei monti, scamparono miracolosamente salvi.

I nemici, cioè i propri abitanti di detta valle coi loro capi, Iacobo Robustello, Azzo Besta, Giovanni Guizziardi, Lorenzo Paribello ed altri, entrarono in Palazzo, levarono il Dominio al Magistrato, cioè a Giovanni Andrea Traversio di Sanfs d’Aguedina di sopra, Capitano e Governatore di Valtellina; il quale colla sua famiglia s’era ritirato in casa di Paolo Clamero fino al Martedì alli 11 di Luglio, nel quale giorno sotto pretesto di assicurarli furono menati a Malenco: ove nella villa di Chiesa contra la fede data furono fatti prigioni e ritenuti lì 8 giorni seguenti. Quelli che per comandamento di detto Capitano vi si ritrovavano imprigionati, furono liberati, e in luogo di essi messero quelli della Religione Evangelica: mutarono subito il Calendario e diedero in preda i mobili degli Evangelici onde non tanto per atto di Religione, quanto per desiderio di rubare, concorse gran numero di persone da tutte le parti di Valtellina a bottinare: e per l’ acquisto dei beni che si ritrovavano in diverse case nobili ben fornite, cresceva l’ardore del bottinare, talchè i propri fratelli e stretti parenti perseguitavano gli altri alla morte. I massari sperando d’esser liberi del pagare i fitti annuali, ancor essi a gara correvano per i boschi, monti, ricercando i poveri Evangelici fuggiti, ammazzandoli con estrema crudeltà.

Tra questi furono gentiluomini di grandissimo valore: il Dottore Bartolomeo Paravicino da Sondrio, al quale levarono intorno a 2000 scudi: il Dottor Niccolò suo fratello, essendo poco avanti stato ucciso loro fratello Dottore Laelio, nella Chiesa di Teglio: Petronio Paravicino Dottore e Giovanni Battista Mallerio d’Anversa in Belgio, uomo ornato di belle qualità dell’animo e del corpo; imperocchè era buon filosofo e Teologo, e molto atto ad ammaestrare la gioventù: fu sopra preso alle case Morone, e non solo lapidato, ma gli fu di più fenduta la testa, tagliato il ventre e cavate le interiora. I figliuoli suoi Giovan Andrea e Caterina furono condotti a Milano.

Anna di Liba, moglie di Antonello Gratti da Schio nel Vicentino, d’onorata e antica casa, uscito d’Italia alcuni anni innanzi, per la libertà della coscienza, fu esortata prima con buone parole a mutar Religione.

Ma costantemente perseverando, fu ammonita di aver almanco riguardo alla fanciulla la quale teneva in braccio di due mesi incirca; ch’altrimenti in un batter d’occhio sarebbero fatti morire madre e figliuola. Ma essa con animo intrepido rispose, che non era uscita d’ Italia e non aveva abbandonato quello che ivi possedeva per rinunziare la fede, la quale dal suo Signore Gesù Cristo gli era stata, ispirata; che più presto patirebbe se fosse possibile mille morti. E come, diceva lei, avrò io riguardo alla mia figliuola, non avendo Iddio Padre celeste risparmiato il suo unico figliuolo, mio Signore Gesù, anzi datolo a morte per amor mio e di tutti i peccatori? ecc. Porse loro sopra ciò la creatura, dicendo: Eccovela; il Signore Iddio che ha cura dell’uccellino nell’aria, potrà anco salvare questa povera creatura, benché da noi fosse abbandonata in questi monti, ecc. Si straccio le vesti, aprì il petto, e disse: Eccovi il corpo, che voi potete uccidere; ma l’anima mia alla quale non potete mettere mano, io la raccomando all’Iddio mio. Così fu ammazzata, e poi squartata d’età d’anni 35. La fanciulla, perché era di bellissimo aspetto, fu lasciata viva, e data a Castione, d’onde erano questi traditori, ad una donna Papista, acciò l’allattasse. Ed è quivi da notare che questa benedetta martire seguì il lodevole esempio del suo caro fratello Giovanni Antonio, il quale, per causa della verità Evangelica, stette nel detto Schio in grave prigionia due anni continui, e finalmente fu condannato in galea, ove morì nel secondo mese incirca. Essendo in catena menato via da Schio, disse: Potete veramente legare la mia persona, ma la parola di Dio non sarà mai da voi talmente legata ne’ cuori degli eletti, che non si palesi, e faccia frutto, ecc.

Questo esempio veramente cristiano seguirono Giovan Stefano Morone e Rodolfo Crivello, ambedue da Sondrio. Imperocché non solo quanto alle lor persone suggellarono col sangue loro la verità dell’ Evangelio, ma esortarono ancora i lor figliuoli Giovanni Andrea e Giovanni Antonio, l’uno dei quali era d’età d’anni 15 altro di 10, a fare l’istesso imitando l’esempio de’ 7 fratelli Maccabei, e della madre loro, i quali piuttosto vollero morire, che ubbidire al Re, e trasgredire la Legge del Signore.

E per danari e gioie che furono ritrovati appresso diversi maggiormente crebbe la furia a ciascheduno, talché non fu nobile ne ignobile, né donna. né uomo, né giovane né vecchio, di qualunque condizione fossero, che non fosse spogliato due, tre e più volte. Ad alcune onorate matrone furono spiccati gli anelli dalle dita; anzi vollero tagliare le mani e dita affatto a quelle se subito non se li tiravano fuori. Alcune donne furono condotte con violenza dalle cime e sommità dei monti abbasso e coi figliuoli con orribili minaccie sforzate ad andare a messa.

E benché Lucrezia moglie di Antonio Lavizzaro e Caterina moglie di Giulio Marlianico, mosse dall’orror della morte avessero consentito di mutar religione furono nondimeno senza grazia assassinate.

Al Dottore Giovanni Battista Salici di Soglio in Pregaglia avvenne l’istesso; imperocchè quantunque gli fosse promessa la vita, fu però in piazza pubblica detta Campello in Sondrio, legato con una corda e con due archibugiate ammazzato miserabilmente d’età d’anni 72, dopo esser stato spogliato dell’oro suo e danari secondo la comune e troppo praticata regola dei cattolici romani “Haereticîs non est servanda fides” (agli Eretici non convien tenere la fede data).

Domenico Berto, uomo vecchio d’anni 67, fu messo sopra un asino, rivoltato verso la coda, dandogli quella in mano in luogo di e nell’altra mano un libro, conducendolo in questa maniera per Sondrio gridando: Alessio Alessio, ecc. . . tagliandogli le orecchie, il naso, le mascelle, forandolo in diverse parti del corpo con inaudita barbarie alla morte: ma egli tutti questi martirii per amore di Cristo suo Salvatore volentieri e allegramente sostenne. E quindi si può raccogliere quanto avrebbero fatto col signore Alessio, fedele pastore della Chiesa di Sondrio, se in podestà di queste bestie rabbiose fosse caduto. Ma fu per grazia di Dio conservato quella fiata con la moglie e i figliuoli, passando in compagnia 12

del signor Giorgio Tenatio, ministro di Berbenno, e Carolo Salice, figliuolo del cavaliere Ercole, di sì felice memoria, e altri non senza grande fatica, pericolo, e incomodità, le asprezze de’ monti. Iddio misericordioso voglia colla virtù del suo Spirito assistergli clementemente ovunque sia tra i lor persecutori.

Antonio De Prati dal monte fu con molte parole esortato ad abiurare la sua religione: ma costantemente perseverò e con animo generoso dicendo: l’anima mia sarà raccolta nel seno d’Abraamo, e vedranno i nemici miei dopo la mia morte l’Angelo di Dio appresso dime, ecc... ed invero un angelo in vesti bianche apparve sopra il corpo d’ esso, veduto dai circostanti, i quali di loro proprio movimento l’hanno pubblicamente confessato.

Teofilo Mossino ricevette un colpo d’archibugio e non essendo ancora morto, gli fu messo uno sbadaggio in bocca, il quale riempiendo di polvere d’archibugio, gli fu dato il fuoco, e in questo modo passò miseramente di questa vita. Giovanni suo figliuolo fu ucciso con sette ferite.

Domenico Salvetto, liberato dalla prigione, fu esortato instantemente ad abbracciare la religione cattolica romana: nondimeno perseverò costantemente, benché fosse giovane ed amatore delle vanità mondane.

Ed avendo ricevuto un’archibugiata, fu tirato giù per le scale del palazzo abbasso, dove si levò alquanto e pregò che dovessero finir opera nel suo corpo: acciò potesse render l’anima al suo Creatore, d’età d’anni 28.

Giovanni Battista Mingardino essendo stato percosso di molte ferite e spogliato tutto nudo ne’ boschi, ritornò pero così maltrattato a casa, e quantunque i sacerdoti di Sondrio con ogni possibile diligenza l’esortassero a mutar religione, promettendogli in quel caso quasi monti d’oro, perseverò non di meno costantemente nella verità dell’Evangelio sino alla fine.

Cristina Andria, moglie di Vincenzo Bruno da Prada, Maddalena Merli da Montagne, e Giovanni Garate da Francajolo furono precipitati giù nell’Adda dai ponti di Boffetto, San Pietro ed altri, e annegati: perché avevano ricusato di abbracciare la religione cattolica romana, con risoluzione virile, non senza ammirazione dei persecutori stessi.

In questo mentre ricevette ancora la. corona del martirio il reverendo signore Bartolomeo Marlianico, il quale alle volte avea predicato a Sondrio, vero servo di Dio, e di costumi irreprensibili. Ad altri fu tagliata la bocca fin all’estremità delle ganascie: altri ricevettero altri tagli per la faccia: altri in altro modo crudelmente fin alla morte straziati.

Battista del Griglio detto della Bajacca, Vecchio d’anni 75, ritrovandosi nella casa delli eredi del signor conte Ulisse Martinengo di felicissima memoria, assalito dagli assassini, saltò giù da una finestra e passò il fiume Malero. Ed essendo andato a casa e mutatosi le vesti fu di nuovo assalito, preso e condotto al palazzo, messo alla corda e alcune volte crollato, e finalmente in modo con le spade percosso, che gli restarono solo le braccia attaccate alla corda.

Paola Baretta da Schio del Vicentino, vergine d’anni 75, di onorata nobile e antica casa, la quale 27 anni avanti venne per abbracciare il Santo Evangelo a Sondrio, fu da questi scellerati condotta per Sondrio, con ogni vituperio e scherno, sendole messa una mitra di carta in testa, sporcata la faccia, date guanciate, e in altra maniera maltrattata: comandandogli d’invocare la Santissima Vergine Maria e i Santi e di avere in loro la sua fiducia: essa ridendo, con prontezza rispose: la mia fiducia e la mia salute è nel mio solo Salvatore Gesù Cristo, e in quello solo resterò. È ben vero ch’io tengo la Vergine Maria per la vergine più santa d’ogni altra che sia stata, e sarà in eterno; la quale fu vergine avanti il parto, nel partorire, e dopo il parto, e resterà: la quale anco è stata da Dio favorita più d’ogni altra donna nel mondo d’esser fatta madre del mio Signore Gesù, Salvatore del mondo. Tuttavia non potendo lei conoscere le necessità nostre, non essendo onnisciente (perché altrimenti sarebbe Iddio proprio) e avendo ancora avuto bisogno del merito del suo figliuolo, egli non vi è lecito d’ invocare altri che Iddio eterno che fa tutte le cose, e nessuna creatura, di qualunque qualità, ecc. Così sopportava gli schemi e oltraggi con pazienza somma, costanza incredibile e allegrezza, dicendo continuamente: sopporto volentieri, siccome meritamente debbo fare, essendo stato fatto il medesimo inverso mio Signore e Salvatore Gesù, e suoi Apostoli, e tante migliaia di Santi martiri. Fu finalmente condotta via per mandarla, a Milano. Essa perché ciò non fosse fatto, pregò istantemente che fosse ammazzata, atteso che era deliberata di morire nella fede del suo Signore Gesù, e quivi e a Milano, ecc. Ma non potè ottenere la grazia d’ essere uccisa, quivi; anzi fu condotta via, come è detto. Il Martedì 18 Luglio fu nel piano di S. Gregorio in Valtellina ritrovato in pubblica strada un corpo morto di una vecchia: la quale secondo le conietture d’alcuni era quello di questa buona vecchia Paola la quale quivi dagli assassini per fastidio era stata uccisa.

Vi sono stati diversi altri Cristiani Evangelici dabbene e timorosi di Dio, di grande e mezzana condizione, da Sondrio, dal Monte di Sondrio e della valle e comunità di Malenco in gran numero, di crudel morte ammazzati, i quali con animo prontissimo hanno col proprio sangue suggellata la verità, e per tanto degni che se ne faccia menzione. Questi furono i reverendi signori Marco Antonio Alba di Casale del Monferrato, pastore della Chiesa di Malenco, uomo pieno di zelo, d’ età d’anni 63; Giovan Pietro Mingardino, Anastasia sua sorella; Lorenzo Pico, ammazzato sopra il ponte di Sondrio e gittato giù nell’acqua; Andrea suo figliolo a cui fu tagliato il naso e le mascelle sino all’ estremità delle ganasce per dargli più crudel morte; Andrea figliuolo di Paolo detto Luter appresso la beccaria di Sondrio; Giovanni Ovaldo legnaiolo di Coira, appresso il palazzo di Sondrio; Daniele Nevobecker appresso il fiume di Sondrio, nel quale mezzo morto fu gittato; Giovanni Lorenzino appresso la Chiesa Evangelica al monte di Sondrio; Gaudenzino di Massini, Giovanni Bongiano, Battista ed Andrea suoi figliuoli; Giovanni Antano, genero di Vincenzo Bruno; Stefano Pagano di Poschiavo; Antonio Samadeno, Paolo e Iacopo Domonegoni, Andrea, figliuolo di Pietro Ducheno, Domenico suo fratello e Pietro suo figliuolo; Nicolò Fracciuolo, già diacono di Sondrio; Eugenio Chiesa, Giovanni Chiesa e Bernando suo figliuolo. Rodolfo suo fratello, abitante in Malenco, fece promessa di andare a messa, per il che gli fu data la vita; ma perché avea dato a mangiare al sig. Alessio e alla sua compagnia, quando passò il monte, fu archibugiato; Angelina Chiesa, Giovanni Iacopo Chiesa, Ercole suo fratello, Anna Chiesa moglie di Battista Galeto, Paolo Zano, Domenico Zanolo di Poschiavo e Stefano suo figliuolo, Niccola Fennosio, Marlianico, Stefano Garato, Giuditta sua moglie, Battista Garato e Gasperino suo fratello; Giorgio Maino da Fracaiolo, suo figliuolo; Tempino de’ Tempini Gordonese, abitante di Sondrio; Giovanni Antonio Columbera; Giovan Pietro suo fratello; Bernando Bardeia; Andrea suo Domenico Girardono; Giovan Pietro suo fratello; Andrea Girardono, Battista suo fratello e Giorgio suo figliuolo; Iacobo Ortolano da Padova, abitante in Sondrio; Sebastiano suo figliuolo; Abrahamo figliuolo di Alberto Capelli; la moglie di Gusberto Girardone; Domenico Minghetti di Poschiavo, abitante in Sondrio; Vincenzo Bruno e Cristina sua moglie; Giovanni Andrea suo figliuolo; Maddalena di Merli, moglie di Giovanni Antonio di Montagna; Maddalena Bardeia abitatrice di Castione; Faustina Salice, moglie di Filippo Liuro di Caiolo, Giovan Battista suo figliuolo e Filippo suo fratello; Sara Pestalozza moglie d’esso Giovan Battista Liuro e Caterina sua figliuola; Martino Saviolo di Pregaglia, abitante in Sondrio; Giovanni della Fracaiola; Giovanni Andrea Massino; Giovanni Monaci e Teoñlo suo fratello; Giovanni Pietro figliuolo di Teoñlo; Giovanni suo fratello; Lorenzo di Prali; Antonio del Forno; Giovanni del Vincenzo del Tetto; Antonio della Beltramina; Paolo suo fratello; Paolo del Godenzo; Lorenzo del Filippo e Domenico suo figliuolo; Battista Belaro; Paolo Motarello; Lorenzo figliuolo d’ Evangelista Massimo; Paolo Morone e Benedetta sua moglie; Giovanni e Andrea suoi figliuoli; Giovanni Mossino vecchio, di 93 anni, fu ammazzato nel letto; Abundio suo figliuolo; Giovanni di 15 Lorenzo suo fratello; Lidia moglie d’esso Giovanni; Battista loro figliuolo lattante; Andrea del Tognolo; Paolo Berto e Domenico suo fratello; Giovanni Bongiono; Pietro figliuolo di Giovanni Bellarinag Stefaua sua moglie; Andrea Bellarinog Gregorio suo fratello; Andrea Caguoletta; Antonio Mossiuello e Domenico suo fratello; Pietro Bellarino, figliuolo d'Andrea. e Tommaso suo figliuolo; Pietro Mariano detto Pizzo e Iacobina sua moglie; Giovanni suo figliuolo; Caterina della Gualtera; Maddalena sua figliuola; Iacobo Srugnolo; Domenico Vanone; Andrea suo fratello; Domenico Tarco, Pietro Panelatto; Iacobo, Giovanni, Lorenzo e Cesare Grilli; Domenico Rasato; Giovannina, moglie di Andrea Massino; Margherita sua figliuola; Elisabetta della Motta e Caterina sua figliuola; Giovannina sorella di Giovanni della Motta; Giovanni Ferrarino; Anna Ferrarino col suo figliuolo; Angela, moglie di Andrea Ronco; Anna moglie di Bernardo Massimo; Iacobo Andrea e Matteo Carini; Andrea Perola; Giovanni Vicentino; Andreone Cani fu tagliato in molti pezzi d’età d'anni 84. Zaccaria. Ventura del Bresciano, povero mendico mutolo, ma fece segno con le dita che non faceva conto della messa, ecc.

Era anco membro della Chiesa di Sondrio Giovanni Pietro Fugarolo da Bormio. Costui essendo venuto in notizia fu da Ioachino Imeldi e duoi altri compagni suoi arehibugiato all’improvviso per di dietro.

Alcuni si nascosero nelle grotte, caverne e deserti, dai quali solo dì notte tutti impauriti e mezzo morti uscivano; alcuni per il mancamento di vettovaglia, altri perché solo mangiavano radici, fogli e gramigna spiravano affatto. E molti furono gli uccisi in diversi luoghi, i quali non hanno avuto sepoltura, sicché molti sono i cadaveri per selve, boschi, monti e fiumi.