Vera storia di due amanti infelici ovvero Ultime lettere di Iacopo Ortis (1912)/Lettera LVII

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Lettera LVII

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LETTERA LVII

20 giugno.

È vero: fra questi balzi selvaggi e que’ tortuosi monti, che orrendamente verdeggiano, vo tacito errando qua e lá, e salgo e m’aggrappo carpone ora a quel nudo tronco, or a quel spinoso virgulto, e poi stanco mi giaccio e giro pensoso i miei lumi. [p. 173 modifica] Nulla di piú melanconico e maestoso. Qua molti gruppi d’arbori nereggianti ed incolti; lá pochi tronchi e cespugli sparsi nei sabbiosi massi d’un monte; odo da presso il fragoroso mormorio d’una cascata di acque, e ne veggo i lievi spruzzi e le spume biancheggianti; e giá sovra il mio capo vanno ondeggiando le addensate nubi, che lente si posano in una vasta immobilitá. Esce il buon vecchio pastore, appoggiato al suo nodoso bastone, la di cui bianca chioma splende a un qualche raggio furtivo, che traluce dai nembi; e osserva timido e attentamente l’annuvolato azzurro de’cieli. Ed io? Guardo appena, e ricado in una certa fiacchezza ed una stupida noia. L’immaginazione è spenta, gli occhi sono oscurati, il cuore non mi parla: tutta la natura è in uno spaventevole silenzio per me. Non piango, non mi affanno, ma sempre ho il cervello concentrato profondamente in un’idea... O Lorenzo! ella mi persegue per tutto, in ogni arbore, in ogni sterpo, in ogni fronda...; ed io, io non concepisco che lei sola.