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Vita di Cecilia De' Vecchi nata Carrara-Beroa/III

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§. III. - Suoi esercizj di spirito

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§. III.

Suoi esercizj di spirito.


Un carattere così compito, ed inalterabile di virtù, e sopra tutto quella sua pace serena, quel suo gaudio nativo e schietto, quella sua ilarità gioconda quella sua bontà senza fiele, quella sua imperturbabile quiete, che secondo S. Paolo sono i veri frutti naturali dello spirito, non potevano in lei essere così singolarmente riuniti senza una vita interiore di grande pietà.

La vera pietà cristiana è la vita del Giusto, che secondo S. Paolo vive [p. 63 modifica] di Fede; questa ha il suo carattere di vita, la sua forza vitale, i suoi stimoli, i suoi esercizj, che quando vanno quadratamente ad equilibrio formano il massimo eccitamento salubre al cuore, onde risulta quella vita di perfezione senza eclisse che somiglia al Sole. (fulgebunt Justi sicut sol) e se avviene, che o uno smoderato esercizio, o sottrazione, e disuguaglianza di stimoli, e di alimenti sconcerti l’equilibrio e ne venga o l’infedeltà a Dio, o l’accidia, o la presunzione, e l’impossibilità, allora lo spirito e la pietà perde il suo vero carattere di somiglianza a Dio che è immutabile, e si verifica nell’anima di questa fatta il rimprovero dello Spirito Santo: Lo stolto si cangia come la luna stultus ut luna mutatur, da questo deve inferirsi, che siccome Dio padre amoroso non manca mai di fornirci delle sue grazie, che sono la forza vitale del nostro spirito, un anima fedele alla grazia arriva al [p. 64 modifica] colmo della perfezione. La fedeltà poi consiste in corrispondere alla grazia stessa nel ricercarla continuamente, e nel togliere ogni impedimento alla medesima. Quindi si può dire che lo spirito viva di questi tre alimenti: raccoglimento, orazione, mortificazione; da questi deriva poi tutto il corredo delle cristiane virtù, perchè l’anima in solitudine, e in silenzio si leva sopra le umane debolezze; l’anima nella preghiera si unisce al fonte d’ogni perfezione, e ne riceve la più intima comunicazione; l’anima nella mortifizione si avvezza a non vivere che secondo la ragione, e la fede, cioè secondo la gloria di Dio, nel che consiste la vita del consumato, è perfetto sapiente.

Premessa questa breve dichiarazione vediamo la nostra Cecilia intenta alla coltura del suo spirito, ed alla fedeltà a Dio. Già bisogna confessare che quest’anima rara è stata prevenuta [p. 65 modifica] dalla libera onnipotente misericordia di Dio con quelle benedizioni speciali che rare comparte e solo a certe anime negli eterni giudizj liberamente, e sovranamente predilette, quali vediamo donate ad un S. Luigi Gonzaga, ad una Beata Angela, ad una Beata Rosa da Lima, perchè ed a giudizio di chi l’allevò nell’educazione, e ad asserzione de’ suoi direttori di spirito, e ben anche alla sincera esposizione che ella fece del suo interno prima di morire, e nella confession generale che fece nell’incontro della solenne missione fatta nel 1800 in S. Maria Maggiore, alla quale con universale ammirazione, e grande incommodo intervenne sempre, e non perdette nemmeno un principio di predica, e ci volle sempre tutta la servitù (esempio raro e degno d’esser il modello delle sue pari) si può asserire francamente, che un peccato veniale avvertito e volontario ella non l’ha commesso in sua vita, e potè come [p. 66 modifica]Luigi dire sulla sera della sua giornata alla vista della morte di non aver mai avuto pensiero cattivo in mente, e che temeva d’aver poca gloria in Paradiso perchè non avea avuto da combattere contro i pensieri suoi, nè contro i moti non buoni del cuore, perchè non ne avea avuto mai: solo si confortava d’aver letto che così era accaduto anche a S. Luigi, che era il suo più caro avvocato (la somiglianza fa nascere la speciale dedicazione).

Questo, che certamente è privilegio, fa il fondo d’oro del manto dell’anima regina, che stan a’ fianchi di Dio, su cui la fedeltà forma poi il bel ricamo de’ varj fiori, che sono gli ornamenti delle virtù. Ma questo medesimo non si trova giammai in un’anima che non sia fedele, e la fedeltà alla grazia di Dio sostenuta dalla grazia medesima forma poi il bello d’un fondo così prezioso. Ben si scorge se un’anima è da Dio eletta a questo gran [p. 67 modifica] bene, e se ella vi arriverà, dallo spirito di raccoglimento che par nato coll’uomo, e va crescendo dolce e tranquillo cogli anni. Guiderò l’anima in solitudine, e parlerò al suo cuore, disse Dio. Se l’anima lo segue, la bella sorte è decisa. Cecilia il seguì ed ecco il perchè ebbe sì gran fortuna. Uno spirito di ritiro, un’aria di raccoglimento, un sistema d’interno silenzio, un disgusto delle frivolezze, un gusto singolare della tranquilla attenzione furono fin da bambina i primi sintomi della sua vita di spirito. Questi sono poi sempre andati sviluppandosi maggiormente, sicchè si può dire che la sua vita fu un continuo raccoglimento. Fatta grandicella, i suoi pensi, i suoi doveri, l’anima sua facevano tutta la sua occupazione. Ella non parlava mai di sortire di casa; ancora sortendo, i suoi occhi non aprivan la porta al cuore; nessuna curiosità, nessuna voglia li moveva. Anche maritata in quel tempo in cui [p. 68 modifica] dovette come sortir dal nido, e comparir nel mondo, il che eseguì con tutto decoro, ella non si divagò giammai. Fu più volte osservata appostatamente che nei giorni ne’ quali si metteva in gala stando lunga pezza alla toeletta sotto le mani della cameriera, o di esperto Perucchiere, così volendo suo marito perchè tra le sue pari comparisse da pari suo, ella mai non alzò gli occhi a mirarsi nello specchio, e non seppe mai com’era pettinata, e dicea sempre che la fattura andava bene assai. Andando per via bisognava che o il marito, o le sue cameriere l’avvertissero di render il saluto, perchè per lo più non vedeva nessuno, e camminava raccolta ad occhi verso terra. Condotta al Corso, o a qualche spettacolo (e vi andava per compiacere il marito allegramente) sen ritornava, che ne sapeva poco più che prima d’andarvi. Ella non dimandava mai nulla, nè mai ricusava come sappiamo che [p. 69 modifica] fu suo costume sempre. Ma si vedeva chiaro che quando poteva fermarsi in casa, o ritirarsi in Campagna, il suo cuore trionfava, talchè suo marito intento a procurare a quest’amabile sposa ogni aggradimento, volendo pure darle sollievo colle gite in carrozza, e vedute di spettacoli, in fine bisognò che si limitasse a ben poca cosa, perchè vedeva bene, che piuttosto che sollevarla, i divertimenti le toglievano la sua più cara delizia, e che ci perdeva piuttosto che guadagnare. Di ballo poi, di festini di danze ella non n’ha voluto saper mai, nè mai ha voluto intervenirvi, nè sentirne parlare.

Trovandosi ella una sera in un’adunanza di numerosa gente d’ogni classe, e sentendo che si volevano introdurre alcuni discorsi ne’ quali si portava come in trionfo il libertinaggio, e la licenza, e si mettevano in derisione gli oggetti e i ministri del Culto, balzò ella tosto in piedi rossa come [p. 70 modifica] una bragia di fuoco (e fu l’unica volta che si vide in collera) ed, andiamo, disse a chi la dovea accompagnare, andiamo da questo luogo. E interrogata poi quando ritornò a casa, dove fosse stata rispose: sono stata alla casa del Diavolo, e poi sorridendo soggiunse: ma ne sono però scappata via senza scottarmi.

Per il Teatro non opponeva un deciso no, ma erano tante le eccezioni che vi faceva, le precauzioni che esigeva, che ben vedevasi che ci andava per dovere del suo stato, e non altro, e vi stava poi esemplarmente. Al suo palco nessun visitatore, nessun complimentario, nessuna leggerezza, nessuna smorfia mondana: sola col marito, o a casa, in altra guisa non occorreva parlarne.

Di corteggi, di servitù mai nulla; sicchè il suo cuore non ebbe mai che un affetto solo, come abbiamo già detto. In casa pertanto che faceva [p. 71 modifica] ella? Compagnia al suo marito, conversazione compita da dovere ad ospiti, a visite; recavasi dalle cameriere per l’ispezione della buona condotta, esercitavasi in lavori di sua portata, ed era eccellente in ogni ramo di donnesca manifattura. E poi? e poi la sua camera, il suo gabinetto, ove co’ suoi libri stava le ore sola. Quando io l’ho più volte visitata, l’ho sempre trovata chiusa nelle sue stanze, e chiamata sortiva sul momento, ma si scorgeva che veniva d’alto. Occorrendo che per aspettare il marito al pranzo, e questi trovandosi per affari costretto a protrarne la sua venuta a casa, l’ora del pranzo andava di là dalle misure; ella si stava nelle sue stanze contentissima, ed all’arrivo del consorte sortiva allegra, e piena di soddisfazione; e dicendole egli che era un pò tardi ella francamente rispondeva; a me pare di no; ed era in questi incontri che alcune volte le scappava di bocca quasi [p. 72 modifica] all’improvviso che il maggior piacere che poteva avere, era quello di godere alcune ore di solitudine nella sua camera. E perchè pensava (e non s’ingannava) che una donna maritata è dipendente decisamente dal marito nell’uso del suo tempo, essa non mancò nemmeno in questo, e chiese a lui se le accordava di passar le sue ore in ritiro a suo modo (cioè con Dio) alla quale improvvisata: anche tutto il dì se vi piace, soggiunse il marito; e confessò poi egli a me che allora dovette dissimulare, e volgersi altrove, perchè intenerito si sentiva da non poter trattenere le lagrime. Avuta questa ampia libertà, ella si godeva tutta, ma specialmente quando si trovava essa in Città, ed il marito in campagna. Quelli eran giorni per lei di gran godimento; facea giornata intiera co’ suoi libri, colle sue divozioni, colla sua presenza di Dio.

Da questo tenore di vita nasceva [p. 73 modifica] in lei quella gran presenza a medesima, e quell’esattezza nelle sue azioni tutte geometricamente ben fatte, quella misura delle sue parole, quella non mai da lei perduta eguaglianza, e quell’uso di pensare e di concentrarsi, che alcune volte si manifestava in lei anche nelle conversazioni, massime quando erano un po’ numerose, e di qualche strepito; e però ella che ben lo sapeva, intentissima a nascondere i suoi doni, volentieri giocava nella conversazione per evitare il pericolo di essere conosciuta in raccoglimento.

In Chiesa poi il suo raccoglimento passava il segno. Io l’ho veduta più volte, io ho predicato più volte in sua presenza, e prevenuto dal suo marito, e da tutta la famiglia, e dal Parroco di Carvico di osservare come Cecilia stava in Chiesa, protesto che se non l’avessi veduta non crederei ad altri quel che posso testificare io stesso: una statua! si [p. 74 modifica] avrebbe detta la moglie di Lot, senonchè quella restò cogli occhi fatalmente in isguardo, e Cecilia li avea nascosti sotto le palpebre. Io l’ho veduta genuflessa alla S. Messa, e l’ho vista seduta a predica; genuflessa diritta sulla vita, china col capo, non appoggiata al banco colle braccia, colle mani incrocichiate, immobile; se poi era seduta, dritta sulla vita, distaccata dallo schienale del banco, col capo chino, immobile. In Chiesa non avea più occhi, non più lingua; era superfluo parlarle, interrogarla; decisamente in Chiesa era una statua, e pareva anche non sentisse più nulla, perchè nemmeno scuotendosi a caso il banco, ed urtando in lei alcuno per inavvertenza non si moveva, nè occorreva dirle d’andar fuori, che era finita la Messa, o altra Funzione; era tutto superfluo; nessun segno di risposta, si levava quando voleva, ed allora si conosceva che era viva. Così si legge anche del suo S. Luigi Gonzaga. Le [p. 75 modifica] prediche le sapea poi ridire così a minuto che solea dirsi in casa dai domestici, e dal marito essere superfluo andare a predica perchè la padrona, e la moglie era solita riportarla tale e quale si sentiva dal pulpito; e bisognava bene che i domestici e le cameriere stessero attente, perchè dopo ne dimandava loro un conto esatto, e non c’era caso di poterle nascondere un ette. A proposito del suo raccoglimento in Chiesa sono assai rimarcabili alcuni accidenti, che riferirò fra poco parlando della sua orazione.

Da questa sua solitudine interna ed esterna, e da un sì costante raccoglimento è poi venuto che ella in sua vita non si ricordava d’aver mai sorpassata una ispirazione di Dio, nè di aver mai avuto rimprovero di non aver secondato l’impulso dello spirito; e quel dire che il Signore le volea troppo bene perchè non lasciava mai di farsi sentire colla sua voce dall’interno [p. 76 modifica] del suo cuore; e quel suo bel proverbio, che nessuno parla così dolcemente come il Signore, e che la miglior conversazione è con Dio. Si calcoli un momento la liberalità di Dio, e la fedeltà di Cecilia da lei confessata, e si troverà quel tesoro di santità interna, che la sua umiltà profonda cercò sempre di occultare con un esterno andante ordinario, che è il vero carattere della virtù perfetta.

Della orazione ognuno può imaginarsi quanto essa fosse amante dallo spirito di silenzio, e di raccoglimento che ebbe in sì alto grado. L’uomo non può stare senza società, o senza malinconia; società umana, Cecilia non la cercava; poca ne ebbe, ed avrebbe sempre fatto senza del tutto; malinconia in sua vita non ne ha patito mai (che felicità!) Deve dunque dirsi che ella avesse una interna società e conversazione di spirito con Dio. E certamente che fin da fanciulla avea ella [p. 77 modifica] di questa conversazione con Dio, che è l’orazione, una grande stima, e ben si vedeva dal gusto, dalla composta abitudine divota, e riverente, dalla volontaria prontezza alle sue orazioni. Non era bisogno che l’attentissima sua Genitrice le suggerisse l’orazione; impreteribilmente vi si applicava; al suono dell’Ave Maria, all’ore dalla Chiesa indicare era impuntabile, e sul momento, fosse dovunque, e con chichessia, ed in qualunque esercizio s’inginocchiava in terra, e la recitava. Così cominciò da fanciulla, e seguitò poi sino alla morte. Il rispetto umano non era da lei conosciuto, ed il rispetto umano obbligava i circostanti ad imitarla mentre l’ammiravano. Fin da fanciulla trovandosi ella coll’ava Tomini, e dicendole questa all’ore opportune: Cecilia vorrei dire l’Officio della Madonna; Cecilia si metteva subito in tale silenzio che non si movea più, e persino per le sue occorrenze bisognevoli di [p. 78 modifica] ricerca, attendeva che l’ava facesse punto, e poi le dimandava se poteva parlarle. Questo suo rispettoso silenzio era il principio del suo profondo raccoglimento che ebbe dappoi. Nell’età sua tenera non sapendo ancor leggere pregava ora la madre ora la zia Anna Beroa a leggerle massimamente la Passione di Gesucristo per cui ebbe sempre un effetto di tenerissima compassione; principio delle saporite comunicazioni che poi godette. Si affrettò d’imparare a leggere per recitare l’officio di Maria Vergine, e leggere i libri che l’innamoravano di Dio. Tostocchè seppe leggere, e lezione, e meditazione furono il suo pascolo gradito, e si può dire che l’una non differisse dall’altra, perchè quando leggeva tanto assorbiva, ed era assorta da quel che leggeva che ben si poteva dire il suo leggere un profondo contemplare.

E qui mi sia lecito riportare una stupenda regolina di metodo spirituale [p. 79 modifica]che si trovò tra’ suoi scritti dopo la sua morte, e che il sacerdote D. Ambrogio Regazzoni, da cui le era stata consegnata, perchè ella mostrò gran desiderio di averla, mi attesta che adempiva con una esattezza incredibile; e ben egli poteva saperlo, poichè fu suo spirituale direttore negli ultimi anni di sua vita. La regola che trascrivo, io so d’averla veduta praticata da molte altre persone, e in tutte ha costantemente prodotti mirabili riuscite di perfezione, verificandosi alla lettera quel detto: quia in modico fuisti fidelis super multa te constituam. Ecco la regola ad litteram:

Quicumque hanc regulam secuti fuerint pax super illos & misericordia. Amen.


Ogni Giorno.


„1.° Svegliata, i primi pensieri saranno di Dio, nè ti fermerai in [p. 80 modifica]letto vegliante, fuori che per bisogno, quando sia giorno.

2.° Farai un quarto d’ora almeno d’orazione mentale, oltre le preghiere vocali.

3.° Ascolterai la S. Messa.

4° Avanti pranzo esaminerai la tua coscienza sopra quel difetto che ti sarai proposta di emendarti, o sopra quella virtù, che avrai stabilito d’acquistare.

5.° Tra le ore dieciotto, e ventuna reciterai cinque Pater alle Piaghe di Gesù, ed un Pater al Santo del mese.

6.° Fra il dì 1.° farai tre mortificazioni sensibili ad onore di Maria santissima, 2.° un quarto d’ora di lezione spirituale, 3.° o leggerai un capitolo, o punto dell’Imitazione di Cristo del Kempis.

7.° Alla sera visiterai il santissimo Sacramento, ed una capella, od immagine di Maria santissima, e [p. 81 modifica]reciterai tre Ave Maria all’Immacolata Concezione, acciò in te, e ne’ tuoi aderenti conservi la virtù della S. Purità.

8.° Avanti di andare a letto farai l’esame di tua coscienza, e l’atto di contrizione, e leggerai, o fisserai ciò che dovrai meditare la mattina.

9.° Ti assueferai di alzare spesse volte la mente a Dio con brevi, ma ferventi orazioni giaculatorie, ed a stare alla presenza di Dio.

10.° Procurerai di distribuire più che sarà possibile le ore della giornata per le tue azioni ordinarie, e di pietà.


Ogni Settimana.


1.° Ti confesserai ogni otto giorni almeno, e ti comunicherai secondo il consiglio del tuo Direttore.

2.° Digiunerai il Venerdì, o il [p. 82 modifica]Sabbato, il primo per la passione di Gesù, il secondo ad onore di Maria Vergine, e in tal giorno farai qualche mortificazione, e ancora un quarto d’ora di più d’orazione oltre la solita.

3.° Ogni Sabbato o leggerai, o racconterai, o sentirai qualche esempio, o fatto di Maria Santissima, e discorrerai di cose spirituali.

4.° Ogni settimana reciterai un Rosario intiero ad onore di M. V.


Ogni Mese.


1.° Sceglierai un giorno per fare il ritiro della buona morte; in essa farai la confessione del mese, la comunione ad onore del tuo Santo del mese, come fosse l’ultima della tua vita, la meditazione della morte, l’esame de’ tuoi proponimenti, e della tua vita, e la meditazione dell’eternità la sera; andando in letto ti metterai [p. 83 modifica]in quella positura, che sarai in morte, ti raccomanderai l’anima, e ti licenzierai dal mondo.


Ogni Anno.


1.° Farai gli Esercizj spirituali o in pubblico, o da te sola, come potrai.

2.° Farai la confessione annuale.

3.° Le sei Domeniche di S. Luigi con novena.

4.° La novena dello Spirito Santo, quella dell’Immacolata Concezione, e dell’Assunta.

5.° Ti preparerai alle Feste de’ tuoi santi Avvocati con alcuni giorni di divozione, come di S. Francesco di Sales etc. e procurerai allora di leggere qualche cosa della loro vita, o de’ loro libri.


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In ogni tempo tre virtù principalmente

Umiltà, Purità, Carità


UMILTÀ.


1.° Farai professione particolare di Umiltà, e perciò rifletterai spesso, che del nostro non abbiamo che putredine quanto al corpo, ignoranza, e peccati quanto all’anima.

2.° Ti guarderai dal dire parola di propria lode, e dal desiderare di essere stimata più degli altri.

3.° Nel tuo vestire sarai sempre soda.

4.° Non ti lamenterai di qualunque disgusto potessi ricevere.


PURITÀ.


1.° Custodirai bene i tuoi sentimenti, massime gli occhi.

[p. 85 modifica]2.° Non starai, nè parlerai con persone di sesso diverso, che per bisogno, o doverosa convenienza.

3.° Ti guarderai dal mangiar troppo, e dal bere, e non mangerai, nè beverai fuori di pasto se non che per bisogno, o per non fare singolarità.

4.° Vestirai con tutta modestia, e fuggirai le mode meno oneste, i luoghi pubblici, e gli spettacoli più che ti sarà possibile.

5.° Non permetterai, che in tua presenza si dica pur una parola immodesta, e non avrai in questo veruno riguardo a chicchessia.


CARITÀ.


1.° Sarai paziente sopportando le ingiurie, e facile in perdonarle.

2.° Sarai amorevole coi poveri, guardandoti dall’amore alla roba.

3.° Pregherai per i peccatori, correggerai il tuo prossimo, e farai [p. 86 modifica]tutto il possibile per impedire i peccati, promovere la gloria di Dio, e levare gli scandali.

4.° Darai tutta la confidenza all’anime dabbene che sai che osservano questa regola, e le ajuterai, bisognando, in ogni maniera.

5.° Sarai divota dell’Anime del Purgatorio, e massime delle tue compagne di spirito; facendo per esse etc. etc. ....... e tutto il resto alla maggior gloria di Dio.

Se a tutto ciò sarai fedele, promette Iddio la pace al tuo cuore, e misericordia all’anima tua. Amen“.

Non sa finire di dirmi il suo Direttore l’amore, ed il gusto con cui Cecilia avea abbracciata questa Regola, parto di Santi, e che ha fatto dei Santi, e con quanta esattezza l’eseguisse. Certo che mai non ne ha preterito sillaba, ma anzi come il grano di senape s’ingrandisce nelle radici, e ne’ [p. 87 modifica] rami, così questa preziosa Regola in Cecilia fu il fonte d’un esercizio continuo di pietà, e di orazione. In breve, le sue due, tre, e più ore di orazione mentale non si perderono mai. Ella non sortiva di camera finchè Luca il consorte non lo dicesse, ma prima di sortire, attesta il medesimo, che insensibilmente uscita dal letto, e vestitasi in profondo silenzio per non interrompere a lui il sonno, egli desto e dissimulante per lasciarla contentare a star con Dio, la vedeva a stare delle ore e delle ore inginocchiata in terra immobile, al solito, come una statua. Sortita di Casa, tosto recavasi alla Chiesa, e come era piacere del suo consorte tutto quel che era piacere di lei, ella vi stava sino che eran finite tutte le Messe, cioè per lo meno due ore, e vi stava nel modo come abbiam detto. Ritornata a Casa se non era imbarazzata da qualche visita, o da affari di famiglia, si rinchiudeva nelle sue stanze, e [p. 88 modifica] vi faceva orazione; la sera quel suo esame quanto era rigoroso! ma nulla presentava. Che lunga orazione era la sua! Quando trovavasi senza il marito per esser egli in Campagna, ed ella in Città, o viceversa, allora cresceva la dose; e levarsi all’alba, e presto recarsi in Chiesa, e starvi a suo bell’agio, a sazietà. La visita al SS. Sacramento non la preterì mai, e questa pure ne’ giorni massime di libertà, era di ore intiere. Il giorno della preparazione alla morte d’ogni mese, era giorno, che liberamente dedicava al silenzio, al ritiro, all’orazione, e quel dì era conosciuto da tutti in casa: perchè quel dì era veramente, e dispoticamente solitaria.

Questo spirito di orazione era poi quello che talmente le inchiodava le potenze dell’anima che pareva che anche i sensi ne rimanessero sospesi. Già bastava che ella facesse orazione per diventar subito immobile come un [p. 89 modifica]sasso, e questo sì nel dire il Rosario colla famiglia, che nella preghiera in sua stanza, come in Chiesa; e perchè in Chiesa la presenza reale di Gesucristo nel Sacramento le opprimeva soavemente il cuore, e le potenze, ella pareva veramente impietrita, e senza l’uso de’ sensi. E qui m’accade di accennare due casi a lei occorsi, che se furono l’effetto passivo di una unione estatica, convien dire che fosse bene profonda, e se non lo furono, sono un capo d’opera della sua presenza di spirito, ed un segnale solenne dell’alta venerazione con cui stava alla presenza di Gesucristo. Era ella un giorno a sentir messa nella Chiesa di S. Pancrazio di Bergamo; eranvi pure varie persone delle più cospicue, e giovani, e spose di lei pari; servitori, e cameriere: quando dal fondo di que’ vecchi tarlosi banchi che sono posti sull’antico disuguale pavimento, e piantati sopra, ed a fianchi de’ sepolcri, [p. 90 modifica]sbucò un temerario sorcio di una grossezza straordinaria, proprio di quelli dell’antico sinedrio di quegli orrori sotterranei. La prima persona cui sortì sotto le ginocchia, e girò attorno, donnescamente impaurita si mise a gridare; accorsero servitori, si fece rumore; quello si mise a saltare di banco in banco cacciato e disperato. Tutte quelle femmine dilicate erano a scompiglio e grida. Il sorcio saltò addosso ad alcune, ad altre si arrampicò alle gambe; allora tutto fu tumulto, sussurro, caccia, strepiti come ad invasione o saccheggio militare. Cecilia era in mezzo, il sorcio girò, saltò d’intorno a lei, si chiamò essa, e Contessina Contessina si gridava. Altre d’intorno a lei smorte prendevano spiriti odorosi, parte partivano, e la Contessina (titolo d’allora) in ginocchio, ritta sulla vita, colle mani incrocicchiate sul petto, colla testa china profondamente, col velo calato, mai non s’è mossa, mai [p. 91 modifica]non s’è rivolta, e come fosse una morta stette in Chiesa finchè volle, senza dar segno veruno, nè risposta; e nel ritornare a casa a suo tempo, interrogata se avea veduto, e sentito l’accidente, sorrise, e nulla più. Un altro giorno erasi recata alla Chiesa di S. Cassiano pure di Bergamo per la funzione, credo io della Novena della Natività di M. V. Ella era inginocchiata nella solita figura, e nel modo consueto. Molte persone erano in Chiesa; quando quel buon Parroco sortito dalla Sacristia in vicinanza dei gradini dell’altar maggiore, e di quegli incommodi ed alti dell’angusto e disagiato presbiterio, sia che per inavvertenza inviluppasse i piedi nel tappeto disteso in terra, sia che intento in altro pensiere urtasse nell’angolo dei gradini dell’altare, vacillò, s’ingarbugliò, cascò, e rotolò giù per i gradini del presbiterio. Potete immaginarvi il tumulto della gente, il correre, l’ajutarlo; lo sbigottimento della fantasia [p. 92 modifica] dilicata di tante femmine primarie, la compassione, la paura, l’improvvisata, l’affetto rispettoso a quel pover’nomo di quel buon Parroco; e poi quando per gran favore del Cielo si trovò che non si era fatto verun male, solo avea fatto una certa tombola per terra quell’effetto comune del malnato istinto di ridere; tutte queste cose potete, dico, immaginarvi che chiasso, che movimento avean prodotto in quella Chiesa; non v’era persona al suo posto, tutto in bossolo, tutto in discorso. Cecilia di marmo, e di legno, diciam meglio, Cecilia in Dio nè alzò un occhio, nè si mosse, nè disse parola; stette tal qual era nell’attitudine di profonda adorazione! Il che nella circostanza interessante la compassione e la carità che in lei era singolare, mostra evidentemente che nulla sentì, cioè che era in alta astrazione da’ sensi, ed intima comunicazione passiva con Dio. La qual cosa [p. 93 modifica] serve di scala evidente a dire, che come abituale, e in ogni incontro, e massime in Chiesa era in lei questa immobilità, abituale fosse in lei il rapimento dello spirito, e che quindi godesse il raro felicissimo stato delle nozze divine. Anima fortunata! Beata lei! Si può dire che le carezze dello Sposo celeste, la buonissima Cecilia se le avea comperate con una fedeltà amorosa, e con una estensione al di sopra d’ogni idea.

Quanto all’uso de’ SS. Sacramenti ella si atteneva decisamente alla Regola. La sua confessione ogni otto giorni, e questa in due parole per non aver niente da dire, e questo niente da dire era di tutte le volte. Ella se ne prese talvolta della pena, temendo di aver delle colpe, e di non saperle trovare. Ma per quanto il suo Direttore con tutte le possibili interrogazioni per contentarla, e per sua regola ancora le venisse ricercando, in fine [p. 94 modifica] tutti i conti riducevansi a zero, e con tutte le ricerche risultava niente. La grande idea che avea dell’esecrabile cosa che è l’offesa di Dio, le avea messo fin da fanciulla un grande ribrezzo a confessarsi: ebbene diss’ella, (e potea allora avere sei anni) sarò sempre tanto savia, e schiverò sempre tanto il peccato che non ne avrò mai da confessare: e, viva il Cielo! mantenne la parola. Per la Santissima Comunione Eucaristica avea una fame passionata, figlia della sua gran fede, e del suo amore intenso a Gesucristo, ma eguale era in lei il rispetto, e pari l’idea di non togliersi dai limiti del proprio stato. Ella era maritata, ella non sortiva che tardi; però si contentava allegramente della Comunione spirituale, eccetto che le Feste tutte, ed i Venerdì. Nei tempi poi di libertà, o delle sue Novene allargava la mano, cioè a dir vero, andava ella a comunicarsi tutte le volte che il suo [p. 95 modifica] Direttore ve la inviava, essendosi privata del suo desiderio, persino in tutte le cose di spirito, il che è poi vera e sincera perfezione.

Iddio Signore avea preparato in quell’anima benedetta un modello di perfezione, che invogliasse ad imitarla anche le anime più dilicate e timorose. Ognuno s’aspetta qui di sentire che ella eguale allo spirito di orazione e di ritiro avesse un carattere di austerità, e penitenza; e di vedere in lei, così come in S. Luigi, innocenza, e penitenza. Fu la sua penitenza la migliore di quante mai n’abbia trovato praticate fin ora: elezione nessuna, rifiuto nessuno, nessuna ricerca, nessuna repulsa. Penitenze afflittive come di flagelli, e simili mai nessuna. Da fanciulla diceva, che non era essa la padrona della sua vita, ma i suoi Superiori, maritata diceva, esser ella obbligata di piacere al marito, e che se si fosse dimagrita, od infermata per far [p. 96 modifica] delle penitenze, avrebbe fatto peccato. Gran detto, gran verità, che tante teste mal montate non sanno capire, e credono farsi sante col rovinarsi, ed esporre la propria, e l’altrui coscienza a far peccati. La Regola era la sua regola, e non se ne dipartiva. Abbiam veduto il suo annientamento di volontà, e di giudizio. Questo è la massima, e la più alta penitenza dell’uomo. Colle spalle rotte, e i fianchi impiagati si può essere capricciosi, superbi, pieni d’amor proprio, d’ostinazione, e di peccati, e dannarsi. Ma senza volontà si è santi, e sicuri del Paradiso; il canone è divino: Beati i poveri di spirito, perchè di questi è il Paradiso. Questo spoglio d’ogni cosa fu sì esatto in Cecilia che sappiamo di lei quel che leggiamo del suo S. Francesco di Sales, che nessuno ha mai saputo cosa gli piacesse, e cosa no; se qualche cibo fosse, o no condizionato; tutto a perfezione, e pur quante [p. 97 modifica] volte non lo era? per lei tutto era abbastanza, e tanto abbastanza, che mai in tavola non cercò cosa alcuna, a segno che il marito ammiratore non perdeva mai di vista il metterne avanti a lei, perchè altrimenti si sarebbe levata digiuna. Dirò cosa, di cui sono io stesso testimonio: pranzava un giorno a Bergamo io con lei sola, essendo il marito andato pe’ suoi affari a Pognano, e vidi che il domestico, che serviva in tavola, metteva come a’ fanciulla i cibi sul piatto alla Padrona, e che ella non mangiava nè più, nè meno di quel che le veniva dato, direi, sulle dita, il che certo quell’uomo non faceva con me. Dissimulai per allora, e dopo l’interrogai, come, e perchè così colla Padrona? e mi rispose, che se così non avesse fatto la Padrona, non avrebbe tampoco rotto il digiuno, che l’esperienza l’avea avuta più volte, e che era quindi stato obbligato dal Padrone medesimo a servirla così, [p. 98 modifica] perchè da per sè non prendeva mai nulla, nè mai nulla dimandava; e soggiunse che tutti i domestici, e le cameriere doveano far lo stesso, e pensar elleno a’ di lei bisogni, altrimenti ella avrebbe veduto mancarsi ogni cosa, senza mai dire una parola. Le si portava cioccolata, o caffè? oh sì, rispondeva ridendo, ma dimandarlo mai, nè mai mostrare che si fosse tardato, e altra qualunque circostanza di poco gradimento. Le si faceva un abito nuovo? oh sì è bello, e grazie al mio caro Luca, e poi altro; colore, qualità, foggia, moda, per lei erano cose indifferenti; era tutto bello, andava tutto bene, e chiedeva al marito se piaceva a lui, ed era giubilante a sentirlo dire di sì, e tanto basta. Anzi egli stesso, che avendo studiata la sua ottima Cecilia, e scoperto che l’unico gusto suo era di veder lui contento; egli che per contentarla avrebbe fatto di tutto, era ben attento a mostrar sempre [p. 99 modifica] aggradimento, perchè così la rendeva felice. Questa è la vera penitenza cristiana, praticabile da tutti, amabile a tutti, non incommoda a veruno, nè odiosa a chicchessia, e superiore alla critica di tutto il mondo. In una parola niente dimandare, e niente rifiutare, vedete là la sua gran penitenza. S. Andrea Avellino fece voto, e l’eseguì di non secondar mai la propria volontà; e la Chiesa ammira questo sacrificio unico negli annali della santità. Cecilia non fece voto, perchè forse non sentiva di aver bisogno di vincolarsi per eseguirlo; ma lo eseguì geometricamente sicchè non solo un voglio, o non voglio; ma nemmeno un vorrei, anzi nemmeno un inclinazione, o ritrosìa, anzi nemmeno un segnale di propria contentezza o scontentezza, nè in parole, nè in fatti, nè in sembiante in lei non fu giammai in tutta la sua vita. Quanto però questo gli sarà costato di vigilanza, di coraggio, di pazienza, di [p. 100 modifica]sacrifizj, basta aver l’umanità per poterlo giudicare. Avea anche per costume di non mangiar frutti il sabbato; questo (siccome la Religione, e la pietà l’avea per così dire dall’ottima madre succhiata col latte) l’avea appreso fin da fanciulla, nè in sua vita il preterì giammai; non le importava che si sapesse anche da altri: fosse chiunque a tavola con lei, il caso era deciso; frutti non ne mangiava. Donna d’un sentimento solo, non avea riguardi, ed eseguiva il suo sistema; e siccome era rigorosissima in nascondere tutto il bene che faceva, di questo diceva non importar niente che si sapesse, e solea dire con una grazia ammirabile: volete voi che io disgraziata non abbia nè anche una divozione? anche i ladri, e i più scellerati ne hanno qualcuna; ho questa picciola anch’io e non la voglio perdere. Ecco di qual tempra era la penitenza della nostra Cecilia.