Vita di Esopo Frigio/Capitolo LII

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Capitolo LII

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Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Capitolo LII
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C A P I T O L O   LII.

DEtto, che ebbe Esopo, i Samj chiaramente intesero la intenzione sua, ed il morale sentimento della Favola, onde deliberarono ritenere Esopo nella Città, considerando quanto fosse lor utile, e necessario il consiglio suo, però vollero gli Ambasciatori licenziare, ma nol volle Esopo, il quale, sperando con la sua prudenza, e destrezza, e con le sue morali persuazioni rendere a Samj l’animo del Re benevolo, ed amico, se [p. 70 modifica]a lui se ne gisse, volle ad ogni modo con gli oratori partire. I quali giunti in Lidia, e ritornati alla presenza di sua Maestà, dissero. Ecco Signor quest’uomo il cui consiglio a Samj cotanto è utile, e salutifero. Il Re veduta la picciola, deforme, contrafatta statura di Esopo non senza colera sprezzandolo disse: Or vedete, che vilissimo uomicciuolo a soggiogare un’Isola mi recava impedimento. Allora Esopo a lui disse: Oh forte, e magnanimo Re, io non mosso da necessità veruna, nè da forza costretto, anzi contra il volere, e deliberazion de’ Samj, come i tuoi Ambasciatori sanno, ma di mia propria, e spontanea volontà sono qui innanzi al tuo regale aspetto venuto, dove penso, che la tua Maestà non ingannerà punto quella grande opinione mia, che della benignità tua ho conceputo, persuadendomi, che tutte le tue azioni procedano da quelle virtù, di che in tanto Re, qual sei tu, suole esser ornato, e lucente. Supplicoti adunque, che ti piaccia quattro parole benignamente ascoltare. Egli, fu già un uomo, il quale pigliando le Locuste, e quelle, perchè le biade guastavano, ammazzando, vennegli preso anco una Cicala, la quale vedendo ch’egli ancor lei voleva ammazzare, disse umilmente: O uomo da bene, non voler per Dio, senza alcun proposito, e senza ragione uccidermi, io non alle biade, nè anco a te faccio, nè feci dispiacere alcuno, anzi col veloce movimento dell’ali mie, così soavemente canto, che non picciola consolazione reco a viandanti, e pellegrini. Nè in me troverai altro, che voce, qual’ella si sia; e perciò pregoti, se io alcuna cosa non essendo, anzi a molti io sia utile, e grata, non volere anco me offendere. Ciò sentendo quell’uomo, lasciolla [p. 71 modifica]andare. Così io ora; o valorosissimo Signore, a tuoi piedi son venuto, inchinevolmente supplicandoti a non volermi senza giusta cagione uccidere, che s’io non feci mai cosa mala, nè posso, nè voglio altrui offendere, giusta cosa e, ch’io anco non sia offeso. Ed alla tua sapientissima giustizia appartiene, non sopportare, che mal portamento mi sia fatto, però essendo tu d’ammo generoso, e magananimo, spero da fe riportar cortesia, e favore, e non ingiuria, violenza, o danno: e quantunque inetto, e disgraziato mi vedi, nondimeno in questo contrafatto corpicciuolo, regna buona, leale, e sincera mente, donde procedono le parole mie, ed i miei consigli utili, veraci, e salutiferi, e la vita mia vieppiù, che la morte (avvenga, che tu sii gran Re, e potentissimo) può non mediocremente giovarti, e recarti profitto, conciosia, che i gran Signori più di buoni, e saggi, e fedeli consigli, che di tesoro, e d’armi hanno mestieri, il che la stessa esperienza te lo può dimostrare.