Vita di Esopo Frigio/Capitolo LVII

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Capitolo LVII

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Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Capitolo LVII
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C A P I T O L O   LVII.

DOpo alquanto tempo, Nectenabò Re degli Egizj, avendo inteso Esopo esser morto, mandò a Liceto una lettera, scrivendogli, che se a lui mandasse Architetti, e Maestri, i quali gli edificassero una Torre, la quale non toccasse, nè Terra, nè Cielo, e mandassegli anco un’uomo tanto saputo, che sapesse a tutti i suoi quesiti rispondere, che gli offeriva dargli quei tributi, che gli dimanderebbe, altrimente si disponesse Liceto pagarli a Lui; il Re di Babilonia, letto che ebbe le Lettere, non avendo uomo, il [p. 76 modifica]quale alla sottigliezza della proposta del gran Nectenabò sodisfacesse, nè partito buono, o risoluzione alcuna ritrovando, divenne tutto nojoso, e dolente, e ricordatosi della profonda sapienza d’Esopo, il quale credeva che fosse già polvere fatto, fu pentito con molta amaritudine di averlo fatto morire: pure sospirando diceva, mancargli la colonna del suo Reame, e il suo fermo sostegno esser morto; Ermippo veduta la grave noja, e l'infinito dolore del suo Signore, e che della dannosa morte di Esopo prendeva tanto dolore, che con molta parte del suo sangue ricoperato l’avrebbe; disse al Re, Signore, se tutte le azioni di uno amorevole servidore sono all’utile, ed all’onore del suo Padrone indrizzate, certamente elle son degne con quella amorevolezza, che elle son fatte d’essere accettate. E non è dubbio alcuno, che ad un fedel servo è lecito qualche volta dagl’impetuosi, e subitanei comandamenti del suo Signore discostarsi alquanto, massimamente quando apertamente conosce; che l’esecuzione de’ suoi subiti voleri può recarli vergogna e danno; Io adunque conoscendo, che la morte di Esopo potea cagionare non picciolo danno alla gloria, e allo stato tuo, non lo feci morire, ma l’ho sceretamente salvato, e pasciuto; ed ora, che io veggio te conoscer quello, che molto dinanzi ho conosciuto io, faccioti intendere esser vivo Esopo. Il Re ciò sentendo d’ogni sua amaritudine, e fastidio spogliossi, e tutto pieno d’allegrezza, e contentezza divenne; laonde commendò molto la prudenza di Ermippo, ch’egli avesse a lui dissubidito, e salvato Esopo, e sommamente gli piacque, e però volle, che lui andasse, ed a se presto lo facesse venire. Uscito adunque Esopo dà quella oscura tomba, venne [p. 77 modifica]tutto pallido, maturo, orrido, e pieno di bruttezza, e di miseria dinanzi gli occhi del Re, il quale di compassione, e di tenerezza le lagrime non potè contenere, comandò, che fosse lavato, vestito, ed adornato; il che incontanente fu fatto.