Vita di Esopo Frigio/Capitolo LX

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Capitolo LX

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Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Capitolo LX
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C A P I T O L O   LX.

COn tai ricordi buoni, e con altre prudentissime ammonizioni essendo Enno da Esopo ammonito, come che una saetta il cuore gli avesse trafitto, venne in tanto spiacere, ed in così gravosa vergogna del suo mal fatto, e della sua [p. 80 modifica]ingratitudine, che ben tosto se ne morì. Or Esopo per satisfare alla richiesta di Nectenabò, ed assicurar al suo signore di non venire d’altrui tributario; ma più tosto sforzare il Re Egizio dar tributo a Liceto: ed a far gli Egizj rimanere per maraviglia di stupor ripieni, fece gli Uccellatori a se chiamare, ed a quelli impose, che quattro piccole Aquile gli recassero vive, le quali fece nodrire: ed insegnava a ciascuna in alto volando portar un fanciullo, io sporta ben assettato. Questi quattro fanciulli governavano le quattro Aquile, e davano lor a mangiare, e perciò ubbidivano questi, come lor Padron, voltando le ali ovunque dal qual di loro fosse accennato, o verso il Cielo, o verso la Terra, o verso qualunque altra parte aerea. Passato il Verno, e venuta la bella primavera; e posta in ordine ogni cosa al viaggio necessaria apparecchiata, inviossi verso l’Egitto, seco conducendo i quattro fanciulli, e le quattro Aquile, con opinione di poter il Re, e gli Egizj al suo Re far tributarj. Nectenabò sentendo Esopo esser vivo da Liceto per sodisfare alla proposta sua disse: Veramente quelli mi hanno tradito, facendomi intendere, che Esopo era morto. Il giorno seguente comandò il Re, che tutt’i suoi ufficiali maggiori si congregassero dinanzi a lui di veste bianche vestiti, ed egli ornato di scarlato, avendo lo scettro in mano, e la regal Corona, in capo di preziosissime pietre variate tessuta: sedeva in alto nell’aureo seggio, e fece introdurre Esopo, che con molta maestà, ed onore fu quivi ricevuto, e dopo le salutazioni, e molte carezze; disse il Re, dimmi Esopo, che ti par di me, e di questi miei che tu vedi quì intorno: Rispose egli: Mi par, che la Maestà tua s’assomigli al Sole, e questi tuoi assistenti [p. 81 modifica]alle spiche mature. Piacque al Re la comparazione e tu molto lodato: però essendosi disciolta la congregazione, il Re fece presentare ad Esopo doni tali quali alla dignità regale, ed alla qualità dell’Ambasciatore del Re di Babilonia erano convenevoli, e degni. L’altro dì poi comandata la congregazione, venne il Re Nectenabò vestito di bianchissime, e preziosissime vesti ed i suoi Consiglieri e gli Ufficiali vennero di scarlato addobbati, onde addimandato Esopo dal Re, che comparazione egli farebbe di lui, e de’ suoi risposegli: Voi, Signore, mi sembrate il Sole d’Estate, quando si trova nel mezzo del Cielo, e quegli tuoi assomigliano a raggi del Sole. Se l’altra comparazione fu grata, e lodata: questa fu al Re, ed a tutti gratissima, e lodatissima; e dicendo poi Nectenabò: Ad ogni modo Liceto con tutto il suo Reame è nulla a comparazione del mio Regno. Rispose Esopo sorridendo: Signore, ciò non affermo io; nè debbi tu così agevolmente sprezzare Liceto Re di Babilonia, anzi più onoratamente potreste di lui ragionare: perciocchè quantunque tu, e la Signoria tua, e questi tuoi rilucano come il sole, e paiano quì gran cosa, paragonati poi con Liceto, e col poter suo, non è dubbio che questa tua luce, e splendore sì oscura ed intorbidasi tanto, che nuvole, e quasi tenebre fannosi. A coteste parole di Esopo non rispose il Re, ma in altro ragionamento trapassando, addimandò ad Esopo se condotto avesse gli uomini, che la Torre edificassero; ed egli allora: sono apparecchiati rispose, purchè voi ci mostriate il luogo dove s’abbia da edificare.