Gynevera de le clare donne/26. De Biancha Maria Vesconte, duchessa de Milano quarta

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26. De Biancha Maria Vesconte, duchessa de Milano quarta

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26. De Biancha Maria Vesconte, duchessa de Milano quarta
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[p. 263 modifica]Per giungere italico splendore al titolo de l’altissime donne, recordaremo Biancha Maria, unica figliuola del magnanimo Philippo Vesconte, duca terzo de Milano, la quale per copula matrimoniale, per virtute de animo, per costumi, per opere illustre, beleze, honestate et religione, ha dato a la sua preclara styrpe immortal gloria et benigna fama. Questa duncha Biancha Maria, come fu del materno ventre discaricata nel mondo, li prestanti ingegni la celebrarono cum dive laude in celsitudine del sexo femmineo, come veri censori de la futura felicità de lei. Fu alevata cum degne virtute et costumi, quanto altra figliuola de eminentissimo principe. Essendo ella pervenuta in la aetate de [p. 264 modifica]anni xvi, fu sposata per paterna voluntà al conte Francesco Sphorza de li Atendoli da Cotignola, oppido in Flaminia, invictissimo imperatore de arme, fuori de Cremona, nel castello de sancta Croce. Hebbe in dota la città de Cremona, cum el Cremonese, excepto Picighitone et Castello novo, per scontro di quali castelli hebbe Pontremolo. Prima che fusse disponsata, el patre duca, per le occorentie de la comoditate forsi de qualchi stati, la promisse in dui altri principi. Ma lei, come donna de alto iudicio, et vero lume in le humane cose, quantunque fosse in tenera aetate, altri non volse mai che ’l conte Francesco, per il suo alto valore. Credo fusse proprio voluntà del cielo, perchè la virtù de tanta donna fusse copulata cum quello, che è stato de formosità, virtù et alteza de animo, la gloria del nome latino, et precipuo imperatore de la disciplina militare, che mai fusse a’ nostri tempi, et del [p. 265 modifica]stato Bentivoglio fidelissimo protectore in la cità felsinea.

Costei fu donna doctata di beleza: fu grande, fu perfectamente formata, et cum occhii degni, bene organizata. Hebbe aspecto de grande maiestà, fu biancha de carne et candida de costumi, meritamente instituita de tal nome; fu faceta opportunamente cum dolce et casto riso, et honestissime parole, ma fu de gravità reverenda; fu, oltra misura del sexo muliebre, eloquente; fu casta, pudica, et ne li cibi temperata, come professa de religione. Le sue ire et li suoi sdegni furono sempre cum prudentia temperati, per modo in lei non duravano. In ogni loco, tempo et fortuna, hebbe, come devota christiana, timore de Dio. Pigliava piacere degl’homini virtuosi et litterati, di quali fu amatrice et fautrice, et de li loro certamenti havea dilecto. Havea in fastidio li flagitiosi et lasivi homini et donne; li buoni et morigerati haveano gratia cum [p. 266 modifica]lei, cum doni et munificentia. Vestiva cum tal pompa et magnificentia, che a quili tempi non havea pari, ma cum tanta gratia et honestate, che da picoli et grandi consequìa laude. Infra lei et il suo signore coniuncto fu inexhausto matrimoniale amore, cosa che fece sempre iocundo l’animo del conte Francesco. Di che lui hebbe efficacemente più volte a dire che oltra li obligi havea cum Dio, li era molto obligato, che l’havea de una tal donna dignificato, che non havea pari el mondo.

Et meritamente dicea el vero. Perchè de la gloria et celsitudine sua fu molto studiosa et prompta per modo, fu precipua causa farlo principe de Milano: perchè, essendo morto il duca Philippo Maria suo genitore a li xiiii de augusto, correnti li anni de la salute mille quattro cento quaranta septe, confortò cum efficace rasone il conte Francesco suo consorte, che dipoi havea perduto il stato de la Marcha ( [p. 267 modifica]quale li tolse papa Eugenio, cum auxilio de Alphonso re de Aragonia), passasse presto in Lombardia cum quelle gente che havea, le quale erano circa quatromilia persone, infra da piedi et da cavalo; et così fece.

Insieme dunca cum lei, partendose de la Marcha, ne andò ad Cremona, cità che havea per dota habiuta. Giunto ivi, fece la valorosa donna che ’l castello de Pavia, insieme cum li citadini, li detteno el castello de la cità; et li Milanesi, che se erano vendicati in libertà per la morte del prefato duca Philippo, loro signore, et continuando la principiata guerra infra la inclita memoria del prefato duca et la serenissima signoria de Venetia, che lo tolseno per loro generale capittaneo contra essa signoria. Et havendo il capittanio conte Francesco l’anno sequente mille ccccxlviii posto campo a Caravagio, castello munito et forte, et stringendolo strenuamente, il senato venetiano tolse [p. 268 modifica]per suo capittaneo generale el signor Michiletto da Cotignola, per soccorere l’asediato castello, che seco havea quindeci millia cavali de la più florida gente de Italia. Furono quisti duo capitanei a le mani cum loro exerciti, presente la valorosa donna, a cavalo infra li armati: la quale per la sua presentia et virile parole, de affectione piene, li homini d’arme del suo consorte pigliavano ardire et forza contra li suoi inimici: come sa chi la vide, et tu lo intendi che l’ascolti. Ultimamente, come piacque a la fortuna, fu rotto, domato et vincto lo exercito venetiano, per tal forma furono snervate le sue force, in modo, secundo se disse, se ’l vincitore conte Francesco il corso de la victoria prosequito havesse, haverebbe tolto tutto lo italico stato de’ Venetiani in terra, cun ciò fusse che le loro terre et forteze se trovavano exhauste de combatenti et de artegliarie, et li subditi inpauriti et proni a rebellione. Sopra [p. 269 modifica]la qual cosa la gloriosa donna, lieta et prudente, facea insieme cum el signore suo marito iudicio de’ futuri effecti de’ suoi alti pensieri.

Il senato venetiano, come prudentissimo, considerando el grande periculo imminente al stato suo, subito mandò secretamente Pasquale Malopiero, patricio de singular virtute et familiare de li comuni stati, oratore al conte Francesco, cum latissimo arbitrio de pigliare acordo cum lui, nel modo potesse havere, pur che ’l desistesse dal prosequire la victoria. Il conte Francesco, che se reputava non poco iniurato da’ Milanesi, perchè loro tribuivano la virtù de la victoria a li militi braceschi, et intendea che la sua ruina machinavano, diede aurechie, cum prudente consiglio de la savia donna, al veneto oratore, pigliando acordo che ’l serenissimo senato de Venetia dovesse aiutarlo in conquistare Milano, et darli alhora certa quantità de auro, et dipoi, [p. 270 modifica]mensualmente, diece milia ducati et quatro milia cavalli, pagati a tutte le spese del veneto senato, fin che Milano fusse conquistato. Questo concluso et sigillato, el conte rivoltò li suoi stendardi contro Milano et contro il stato de la libertà de’ Milanesi, cosa che molto piacque a la illustre donna. Il senato venetiano li observò la promessa fin al mese di septembre ne li anni Mccccxlviiii, che fu circa uno anno; in questo tempo stringendo el conte li Milanesi per tal modo, che sperava essere de loro superiore et vincitore de l’impresa. Di che il senato venetiano, del stato suo dubitando, per la molto favorevole fortuna del conte, mutò sententia, et revocando le gente havea date in auxilio al conte, subito prese accordo et fece liga cum li oppressi Milanesi, cum condictione che ’l conte dovesse desistere da l’impresa contra Milano, et del suo militare stato restasse contento; et in fra certo termine dovesse [p. 271 modifica]le conditioni de l’acordo ratificare, altrimenti se ’ntendesse, de l’una et de l’altra potentia, inimico.

Questo dispiacendo, cum affanno di mente, al conte, anchora non manchasse di speranza de gloriosi effecti, la valorosa donna il confortò ad non temere, che a lei bastava l’animo, per essere stata figliuola del duca Philippo, che svigliarebbe de’Milanesi li animi, che non lo abandorìano: per il che, poi che così volea la sorte, lui non stesse de ratificare il sequìto acordo. Così el conte, benchè torto recevesse, ratificò le condictione et capituli. Reasetate dunque il conte le cose sue, animosamente et cum aiuto de la pecunia de la magnifica memoria de Cosmo di Medici, patre per publico decreto de la republica florentina, prosequitte l’impresa contra Milano, per forma che lo redusse in tanta extremità de fame che ’l mogio del formento fu venduto ducati sexanta. La proveduta donna, operando [p. 272 modifica]l’ingegno, la astutia et l’arte, cum lettere et nuntii secreti dentro da Milano, che la volesseno insieme cum el conte suo consorte chiamarli dentro, che beati loro; dicendoli che pigliasseno exemplo da Pavia, cità de grandissima importantia al ducal stato, che cum prudente consiglio se era data tranquilmente al signor suo consorte; così li Milanesi dovesseno fare, perchè lei fu per dilecta figliuola del duca Philippo; di che senza resistenza dovesseno aceptare per loro signore il conte suo marito, che li sarebbe, non che signore, ma fratello et patre et compagno; et lei sorella et figliuola. Di che, stretti da la fame et da le persuasive parole de prudentia et amore de tanta donna, chiamarono il conte per signore duca a li xxvi giorni de febraro ne li anni de la salute milleccccl.

Facto questo, vixe il duca in pace cum el senato venetiano senza molestia fin al mese de aprile nel mille cccclii. [p. 273 modifica]Dipoi esso senato li mosse guerra cum florido exercito nel territorio de Milano; et ancora in Parmesana li ruppeno guerra. Il conte alhora, cum potente exercito, adcompagnato da la felicissima donna, passò in Bressana et hebbe la magior parte del comitato di Bressa, tenendo continuamente la guerra in Bressana, fin a l’anno mille ccccliiii del mese de aprile.

La savia donna fu molto amata et reverita da le gente de arme del suo signore marito, facendo grandissimo fondamento in la virtù de l’animo et ingegno de lei. Uno giorno venne novella che ’l castello de Monza era preso per alcuni ribelli presoni; lei senza indusia deliberò recuperare il preso castello, a ciò el conte non se impedisse da lo obstaculo del potente exercito venetiano in Bressana; et disse cum heroica maniera: « chi me vole bene, me seguiti personalmente; » et a piedi se presentò cum [p. 274 modifica]valorosa gente a quel castello. La sua giunta fu de tanto terrore et reverentia alli inimici, che subito senza sangue recuperò il perduto castello; cosa che fu spavento a li suoi inimici et conforto al marito, et de le sue victorie indubitata speranza. Dipoi lei un’altra volta personalmente andò ad trovare el signor marito, che era a campo ad Iorcinovi, ad confortarlo non desistesse da l’impresa, perchè dubitava non se levasse, perchè ogni giorno pioveva; et trovò che ’l conte havea piantato septe bombarde a la forte rocha; et lei glie ne fece piantare due altre, solicitando lei stessa che giorno et nocte trahesseno, et così facendo, tanto che la percossa rocha ruinò nel fosso, et la terra se hebbe. Questo fu molto augumento de conforto al conte, laudandose de la prudentia de la donna, non altrimenti facesse il grande re Mitridate de Ipsocratea sua moglie: de la quale prese più conforto et speranza, che [p. 275 modifica]non fece nel molto exercito, che continuamente da lei cum smisurato amore et fede era persequito. Ma se Biancha Maria tema non havesse habiuta de l’iniusto mormorare de lei, che lasiva non fusse stata, sempre haverebbe infra li armati vigilata, et dormita sotto li pavaglioni, sequendo lo invictissimo et caro marito. Come flagrante de le sue victorie, sempre lei intraveniva in li consigli de le occorentie del campo.

Ultimamente, essendo la pace fine de la guerra, se fece la pace infra el senato venetiano et il conte Francesco, concedendolo Idio, per mezanità del devoto religioso frate Simone da la Barba, a quili tempi uno secundo Paulo, de l’ordine heremitano del divo Augustino, et per virtù de la sapientissima donna, cum honore et vantagio del conte suo marito ne li anni Mccccliiii, del mese de aprile, pacificando duncha ogni homo.

La felicissima donna, come costume [p. 276 modifica]de sua natura, fu molto benigna in audientia a li suoi populi, da li quali singularmente fu amata. Administrò sempre a loro bona iustitia et cum grande clementia et pietate; mai da lei alcuno se partiva senza conforto. Non volea auscultare alcuno genuflexo, nè scoperto del capo, rendendo gratie al salutare Dio de li honori et reverentie gli erano usate. Mai per lei sequite de iustitia alcuno rigore, ma sempre cercò gratie universale. Molti homini per clementia de ella furono da la morte liberati. Per opera sua ancora molti nobili et strenui homini furono da lo exilio, de le carcere liberati, precipuamente Carolo Gonzaga, nobilissimo duca d’arme, che se dicea havea machinato contro il stato del signor suo consorte, et Guilielmo, illustre Marchese de Monferato, quale ogni giorno andava a visitarlo in castello, per conforto de lui; che questa caritevole visitatione fu pronosticatrice lui dovea essere suo figlio genero. [p. 277 modifica]

Fu certo, oltra la feminea natura, liberalissima. Mai fu ingrata de’ receputi beneficii, nè a la fede de’ suoi servitori, munificandoli de centonara et numero de migliara de ducati, et similmente a li servitori del patre, quando li erano recordati. Fu benigna et grata de’ beneficii, et de le proprie substantie. Quando altri li dicea, che troppo munificentia et doni usava, respondea, levando le belle et bianche mane, ornate de riche annella, che non potea far tanto, satisfacesse integramente al suo animo, et che molto era meglio così fare, che fare como faceano quilli, che per avaritia ponevano a la fortuna de’ dati uno monte de pecunia, la quale perdevano, et poi negavano con blasfeme la deità de Dio; et che meglio haverebbeno facto auxiliare uno egregio ingegno, overo qualche suo morigerato amico, indigenti de aiuto, che presso Dio ne haveriano conseguito laude, gloria et mercede. Fu liberalissima ancora in [p. 278 modifica]elemosine, per pietà de l’alto Dio, innumerabilmente, et per opere pie. Infra l’altre spirituale magnificentie fece in Milano haedificare richamente el monastero de sancta Maria de la incoronata; et tutti li monasteri de observante donne fece rehaedificare, cum augumento grande et spesa singulare.

Non fu mai tanto occupata nel stato, ne li piaceri del mondo, che lassasse l’officio de la gloriosa Regina del cielo, subsidio de l’humana salute, de la quale fu molto devota. Ne la festività de la asumptione de tanta Regina, de nocte, privatissimamente, scalza, andava ad fare reverentia al templo de sancta Maria de l’hospitale novo, et a quello de sancta Maria de san Celso fuori de Milano, scalza, del mese di novembre. Hebbe, sopra ogni altra cosa, cura, per consolatione del suo glorioso core, dove era discordia et discensione, pore tranquilità, unione [p. 279 modifica]et pace; et in fare affinitate non fo manco prompta che disposta; che per effecto de quisti suoi felici pensieri spontaneamente et secretamente et publicamente, secundo il tempo, il modo et la natura de l’affinità expendeva de le sue proprie facultate. Alcuna volta, quando a le sue pietose aurechie pervenia, che qualche costumato citadino fusse oppresso da qualche ira de stelle, o vero da sinistra et scarsa fortuna, overo per altrui peccato impoverito, che avesse figliuole da marito et che maritate non le potesse, le aiutava de dota. Talvolta incognita privatamente andava in casa de qualche persone nobile, che costumate fusseno, che sapea haveano figliuole da marito, li dimandava perchè non le maritava. Respondeano che non potevano. La liberalissima donna, de core magnanimo et clemente, alhora secundo la paterna condictione de le figliuole le dotava, et cum molta gratia li trovava marito. [p. 280 modifica]

O donna sanctissima, da essere sempre elevata al cielo cum sacre laude per tanta virtù che possedesti, per ornare la nostra aetate, che di te se può dire, se non, a li nostri tempi fusti al mondo unico exemplo de la muliebre gloria et bontate?

Stette nel vinculo del sacro matrimonio xxv anni, cum molta virtute et gratia del marito; nel qual tempo hebbe octo belissimi figliuoli, de alto et generoso animo. Il primo fu Galeazo Maria, successore del stato ducale, che nacque nel giron di Fermo; secundo figliuolo, la savia Hypolita, che fu moglie de Alphonso duca de Calabria, primogenito de Ferdinando de Aragonia, re di Sicilia et de Hyerusalem; terzo figliuolo, Philippo Sphorza; quarto, Sphorza, quale fu duca de Bari; quinto figliuolo, Elysabeth, marchesana de Monferrato, moglie del marchese Guilielmo; sexto figliuolo, Ludovico Maria, gubernatore et tutore tutissimo del ducato stato de [p. 281 modifica]Milano, cum tanto animo et prudentia, che è inrefraghabile censore de le cause et accidenti de li italici stati; septimo figliuolo, Ascanio cardinale de non poca alteza et de la nostra cità felicissimo Legato; octavo et ultimo figliuolo, Octaviano, che fu gentil signore. Per quisti altissimi figliuoli la felicissima donna non poche serenità giunse a le sue glorie, instruendoli sempre in le opere illustre de virtute.

Quando fu privata per natural morte del marito, lei non se lassò privare del sentimenro da lo ingente merore recevette per la perdita grande, chè subito sequitò il transito del signor marito; cum singular prudentia et grandeza de animo se gratificò cum li suoi citadini, et a tutte le citate et potentati de Italia scripse el doloroso caso. Tutti li citadini, dolendose cum lei de la morte del duca loro signore, se offrirno a la salvatione del stato, cum ogni loro facultate [p. 282 modifica]de molto thesoro. Scripse al suo primogenito duca Galeazo, che in Franza presso la maiestà del cristianissimo re se trovava, et venendo ad Milano, fu destenuto in le terre del duca de Savoglia ad una abbatia, ma presto fu liberato da Antonio da Romagnano, già secretario de la excelsa donna, per li optimi deportamenti hebbe da la excellentia de lei. Quando se fecerono le ducale exequie, li volse la tribulata donna essere presente; et essendo portato il corpo da la camera ne la corticella, dove quello se ornava per lugubre pompa, se ingenochiò cum le mane giunte et cum flebile et alte voce disse verso il cielo: « Oh divina clementia, vogli avere misericordia de l’anima del mio signore marito, come per nostri peccati volesti in croce morire! » Poi bassò gli occhii, spargendo infinite lachryme verso il corpo, et disse: « Oimè, caro signor mio, come te ho perduto! Che vita sarà la mia, se non lachryme et suspiri? [p. 283 modifica]Ogni bene et speranza da mi se è partita! » Così dolendose, fu posta la militar spada a lato il corpo morto. Lei recominciò il cordoglio, dicendo: « O spada che già tanto fusti felice, dove lassi portare el tuo signore, che mai da lui fusti remessa senza singular victorie! » Così, essendoli calciati li speroni, disse: « O speroni, che già fusti cum gloria calciati al mio signore, cum li quali tante volte feritte li potenti cavali in la pace, in la guera, et ne le feste et triumphi, oimè, più da lui sarete adoperati! » Et molte altre parole, de gloria piene, usò, mescolate de lachryme. Et essendo levato il corpo per portarlo al templo, el volse abrazare et osculare infinite volte, bagnandolo tutto de lachryme; per il che fino a le pietre furono a lachryme provocate. Che non so se mai la bella Argia, figliuola del re Adrasto, cum tante lachryme et stridi pianse el caro marito Polinice, figlio de Edippo re di Tebe, [p. 284 modifica]quando infra la moltitudine degli occisi l’ebbe trovato.

Doppo la morte del marito de dui anni, essendosi portata in gubernare lo stato cum summa religione, che tutta Italia cum singular reverentia ne parlava, lei de febre acuta fu gravemente assalita; per la quale, sentendose venire al fine de la vita, senza li fusse recordato, se armò de le sacrate arme, et al suo primogenito in testamento, in questa forma, mosse le sue parole: « Vero et certo è, Galeazo figliuol mio, iocundissimo de tutti li miei figliuoli, nullo è a cui habia portato magior amore et affectione che a ti, et che più l’habia estimato. Ma come poi vedere, io ho satisfacto a la natura. Dio per la sua pietà et misericordia ad se mi chiama, quale se conviene obedire. Io te recomando la mia anima, dipoi tutti quisti tuoi fratelli et Elysabeth tua sorella, de li quali è necessario che tu patre li sia; [p. 285 modifica]et pregoti cum tutto il core , che in tutte le cose che ad Hypolita necessarie sarano, non li vogli manchare; che sai quanto quella a mi è stata dulcissima et cara figliuola. Io ti recomando li mei Milanesi et tutti li altri nostri subditi. Ma li Cremonesi, li quali per ragione paterna sono mia dote, te gli lasso et dono, cum questa condictione, che la cità sia tua et in tuo dominio, ma le intrate se dividano fra te et li tuoi fratelli. Tutti li citadini te recomando. Finalmente tutta la nostra famiglia tractarai in maniera, che intendano chiaramente non havere indarno perso el tempo et li suoi servitii. Io, come vedi, per gratia de Dio et de la sua gloriosa matre, serò disciolta fra poco spatio da le corporee pene. » Le quale cose dette, doppo alquante hore, et dato la sua benedictione a li suoi figliuoli, come se adormentata si fusse, uscì de questa vita gloriosamente negli anni mille cccclxviii, del mese de octobre, in [p. 286 modifica]lo castello de Meliano, lontano da Milano dieci miglia, havendo de sua etate passato anni quarantatri. Il cielo alhora, per dimostrare al mondo che questa donna fusse fin a l’alto regno gradita, aparve nel cielo uno grande cometa, avanti tri mesi che manchasse, il quale durò fin a la sua morte; et così, come a la sua excellentia a poco a poco manchava il spirito, così a poco a poco venia manco il cometa; finito de partire el beato spirito dal pudico corpo, senza indusia il cometta sparve. Et per alcuni fu decto, che manchato il spirito, de continenti fu veduto cadere nel cortile del castello de Meliano.

Al transito de lei, per divina voluntà, in testimonio de la sua religiosa vita et municipale virtute, se il trovò a casu, senza sapere l’uno de l’altro, se existima, tutti li singulari religiosi de observantia, come intravenne al transito de la Regina di cieli, che tutti li Apostoli principi, in [p. 287 modifica]diverse parte del mondo dimoranti, inopinatamente se li trovarono.

Morta duncha questa Biancha Maria, donna de grande beatitudine, fu in Milano sepulta, cum triunphal pompa de exequio, et cum singulti, pianti et suspiri, da picoli et grandi, che mai fu veduto, audito o inteso simile o magiori lamenti, pianti, gridi et percotimento de mane, per modo ancora se piange, desiderando la sua vita per suffragio di suoi populi. Ma dipoi che lei, per le degne sue opere, credere se debbe che triumpha in cielo, così de sua felice memoria religiosamente ornaremo il nostro Sforcesco Gynevero che ne farà iocunda festa, per essere attinente a sua memoria insieme cum l’altre clare donne; le quale non se chiamarebbeno contente senza la compagnia de Baptista Sforza, duchessa de Urbino, per essere stata de virtute un sole, come infrascriptamente narraremo.