Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo VIII/Libro II/Capo III
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Capo III.
Storia naturale, Anatomia, Medicina, Chirurgia.
I. Il lungo e diligente studio posto dagl’I. li ani del secolo xvi nell’esaminare i prodotti (Iella natura, c le grandi opere del Mattioli delPAldrovandi e di tanti altri scrittori da;i0i a suo luogo accennate, avean già rischiaralo Fcr modo la storia naturale, che agevole era innoltrarsi in sì vasto regno più addentro, e lo scoprirne nuove provincie, e correggere quegli errori che soglion sempre accompagnare le prime ricerche, e trovare altre cose finallora non conosciute. Fu grande tra noi in questo secolo ancora il numero di quegli scrittori die qualche parte di questa scienza presero ai’illustrare, e la botanica singolarmente, che essendo la più utile, fu ancora la più ricercata. atnbasciadore in Polonia, in Inghilterra c presso i Giigioni, e finì di vivere a una sua terra detta Quente presso Abbeville nel 1625, in età di 79 anni. Fu autor di più opere, delle quali si può vedere il catalogo degli Scrittori piemontesi di Francesco Agostino della Chiesa, Io ricorderò principalmente quella per cui a questo luogo appartiene, intitolata Legatus, stampata la prima volta in Parigi nel 1712,, e poi ristampata più volte, nella quale assai giustamente ragiona de’ doveri e degli uffici di un ambasciadore. Nè egli fu solamente uomo politico. Amò ancora la piacevole letteratura, e molto pregiata è l’opera de3 Coronis da lui pubblicata in Parigi nel 1612, in cui di tutto ciò che appartiene alle corone usate presso gli antichi, ragiona con molti erudizione. / SECONDO 420 E noi potremmo qui ancora schierare innanzi a’ lettori una interminabile serie di libri e di nomi. Ma, secondo il nostro costume, ci conterremo entro i confini di una ragionevole brevità , e fra ’l grandissimo numero di scrittori di storia naturale direm di que’ soli, la memoria de’ quali è alla nostra Italia più onorevole e più gloriosa. II. Fu questo lo studio a cui principalmente si volse l’Accademia romana de’ Lincei, fondata, come altrove si è detto, nel 1603 dal principe Federigo Cesi. La storia di questa accademia e de’ più illustri uomini che la composero, deesi raccogliere da’ libri da noi indicati del dottor Giovanni Bianchi e del dottor Domenico Vandelli. Era in età di soli 18 anni il principe Federigo, quando, mosso da ardente brama, non solo di coltivar per se stesso, ma di accendere altri ancora a coltivare lo studio della natura, formò questa adunanza, a cui dall’occhio acutissimo della lince diè il nome de’ Lincei, a spiegare la diligenza con cui egli voleva che si esaminasse ogni cosa. Le prudentissime leggi ch’ei le prescrisse, veggonsi riferite da’ due suddetti scrittori, i quali pure ci danno il catalogo di que’ valorosi accademici; e alcuni ve ne aggiungono secondo le lor congetture. Tra essi veggiamo alcuni stranieri, de’ quali non è di quest’opera il ragionare, e sono Giovanni Terenzio da Costanza, che fu poi gesuita, Giovanni Fabbri da Bamberga, Marco Valsero d’Augusta, Giovanni Demisiano da Cefalonia, Teofilo Molitore, Giusto Riquio e alcuni altri. Alcuni ancor ne veggiamo, de’ quali già si 4^6 LIBRO è ragionato, come Giambattista Porta , da noi mentovato nel secolo precedente, il commendatore Cassiano dal Pozzo, Luca Valerio, il Galileo , Mario Guiducci e altri, de’ quali direm tra’ poeti, come Virginio Cesarini, Alessandro Adimari, Giovanni Ciampoli, e, secondo il Vandelli, Alessandro Tassoni («). Noi dunque direna qui solamente di quelli che a questo capo più propriamente appartengono, e che nello studio di cui palliamo ottennero maggior nome, cioè (a) Melila <li esser qui riportato un passo della tante volte da me lodata opera degli Archiatri pontificii del ch. ab. Gaetano Marini, ove, dopo aver detto che Cinzio Clementi medico di Paolo V non fu dell’accademia de’ Lincei, soggiugne (t. 1, p. 493): Di tale adunanza non furono mai altri che que’: trentadue, i nomi de’ quali si trovano nell’Albo pubblicato dal Vandelli; e sogna questi in volervi il Tassoni, il Pi (fero, il Lagnila, il Corvino, V Olina, e Carlo del Pozzo , e Fianco aggi ugnendovi tre suoi Ri mi ne si, il Gualdi, il Diota lievi e il Batta gli ni, oltre il Veslingio, il Vintero, il Mancini e l’Adimari. Parlo franco e sicuro, avendo vedute , esaminate e copiate tutte le carte e i monumenti originali dell’Accademia, la Storia, gli Atti diurni, i carteggi, le leggi e più cataloghi sempre con i nomi autografi, degli associati. Quanto importerebbe che fossero alle stampe così fatte cose! che è assolutamente pochissimo J\+ie*sempre vero quello che si sa di una società d’uomini che sarà sempre d’immortal gloria alla nostra Italia, perchè con un capo di 18 anni, e con tre sole persone in assai giovanile età (Giovanni Eikio di Deventer, Francesco Stelluti di Fabriano, ed Anastasio de Filiis da Terni, tutti e tre di anni?.26 , ammessi nell’Accademia allì 17 di agosto dell’anno 1603) ne’ primi sette anni ardì di far fronte alla tirannide peripatetica, e d’introdurre una nuova e più certa maniera di filosofare, sostenendo con forte animo e religioso una lunga ed indegnissima persecuzione. SECONDO 4^7 ilei fondatore deli*Accademia, di Fabio Colonna e di Francesco Stelluti. E cominciando dal principe Federigo, ei riunì in se stesso tutti que’ rari pregi che formano un vero e splendido mecenate della letteratura. Radunava egli gli accademici nel suo palazzo, ove essi aveano quanto a’ loro studi poteva essere opportuno; un orto botanico, in cui le più pregevoli erbe erano copiosamente raccolte, un ricco museo di ogni genere di antichità, una scelta biblioteca, che fu poi anche accresciuta co’ libri di \ irgiuio Cesarmi. Ma soprattutto essi trovavano nel principe Federigo e stimolo ed aiuto ne’ letterarii loro valori. Animavagli egli a scrivere chi su uno, chi su altro argomento , e poscia egli stesso col suo denaro somministrava loro il mezzo per comunicare al pubblico le loro fatiche. Tra le altre cose persuase egli alcuni de’ suoi accademici ad illustrare e a pubblicar la grand1 opera che Francesco Hernandez avea scritta intorno alla storia naturale del Messico, compendiata in dieci libri da Nardo Antonio Recchi, ma non ancor pubblicata. Ei fece a sue spese incidere tutte le piante e tutti gli animali in essa descritti, e alle fatiche nell1 illustrar quell1 opera fatta da Giovanni Terenzio, che vi ebbe la principal parte , da Giovanni Fabbri e da Fabio Colonna , vi aggiunse egli stesso le Tavole filosofiche, nelle quali divideva le piante tutte nelle diverse loro specie. Ma nè egli potè dar l’ultima mano a questo lavoro, nè ebbe il piacer di vedere uscita quell1 opera alla pubblica luce; perciocché fanno i63o, nell1 età ancor fresca di 45 anni, fu dalla morte 4?8 LIBRO rapito, lasciando delle due mogli, che secondo il dottor Giovanni Bianchi avea successivamente avute, cioè da Artemisia Colonna e da Isabella Salviati, una sola figlia della seconda , che fu moglie di Paolo Sforza. L’Eritreo però afferma che una sola moglie ebbe, ma senza prole di sorta alcuna (Pinacoth. pars 3, n 23). Egli era coetaneo, e sembra perciò più degno di fede; ma, come ha errato dando al principe Cesi il nome di Angelo, invece di quello di Federigo, potrebbe avere anche errato in quest’altra circostanza. Quell’opera fu poi pubblicata nel 1651. Ma non fu essa la sola del principe Federigo. Più opere latine avea ei pubblicate vivendo sul magistero dell’api, su’ cicli, sulle cose prodigiose e sul legno fossile da lui detto metallofito, delle quali io non posso dare più minuta contezza non avendole avute sott1 occhio (a). HI. Più note e ancor più pregiate sono le opere di Fabio Colonna , del quale ha scritta la Vita il sopraccitato dottor Giovanni Bianchi, premessa alla nuova edizione da lui dataci in Firenze nel 1744 del Fitobasano di questo scrittore. Fu egli figlio di quel Girolamo Colonna che pubblicò e con note erudite illustrò i Frammenti di Ennio, c nacque in Napoli verso l’anno 1567. Appena vi fu studio a cui egli nella sua tenera età e sotto la scorta del (a) Parecchie lettere scritte dal principe Federigo Cesi al Galilei ha pubblicate il dott. Giovanni Targioni Tozzetti (Aggrandimenti, ec., t. 2, par. 1, p. 6, ec.), le quali mostrano quanto ei l’amasse, e con quanto ardor coltivasse i filosofici studi. SECONDO ^ dotto suo padre non si applicasse; e nella filosofia, nella matematica, nella musica, nella pittura , nel disegno , nella storia naturale, nella giurisprudenza fece rapidi e felici progressi, non ostante il mal caduco a cui fin dagli anni suoi giovanili cominciò ad essere soggetto. Per trovare ad esso qualche opportuno rimedio si volse principalmente a studiar la botanica, e a confrontar gli antichi co’ moderni nomi di tutte le piante; e in quella che da Dioscoride si dice phu, da’ nostri valeriana, gli riuscì di trovarlo. In età di soli 24 anni pubblicò 1 accennata sua opera intitolata con greco vocabolo Fitobasano, in cui prese a fare la storia di alcune piante più rare note agli antichi, cercando qual nome corrisponda loro presso a’ moderni, aggiugnendovi un’appendice su alcune altre piante e su alcuni pesci; ed egli stesso ne delineò le figure, acciocchè l’incisore potesse meglio scolpirle in rame. Un’altra opera ancor più esatta pubblicò in Roma nel ì (_>i (>, divisa in due parti, e intitolata Manus cognitarum rariorumque nostro caelo orientium stirpium Ecphrasis, con un altra appendice di varie altre cose di storia naturale. E osserva il dottor Bianchi che in quest’opera egli insegna a separare e a distinguere i diversi generi delle piante dal lor seme e dal lor frutto, prevenendo in ciò il Tournefort, il quale in fatti confessa che il Colonna prima di lui avea prescritto quel metodo. Affaticossi poscia intorno alla storia naturale del Messico da noi già accennata , e la illustrò con annotazioni e con giunte. Ei fu ancor l’inventore di un nuovo 4^0 LIBRO musicale strumento da lui nominato sambuca lincea, composto di 50 corde, e ne diè la descrizione in un libro italiano dal nome di essa intitolato e stampato in Napoli nel 1618. Scrisse egli innoltre un Commento sopra le Macchine spiritali di Erone Alessandrino, che non è mai stato stampato, ma conservasene un codice a penna nella libreria Nani in Venezia, e il chiarissimo sig. don Jacopo Morelli ne ha pubblicata la prefazione (Codici mss. della Libr. Nani, p. 18). Pare che negli ultimi anni di sua vita ei ricadesse nel male a cui era stato nei primi soggetto, e che fosse perciò costretto a cessar dagli studi; perciocchè, comunque sembri ch’ei vivesse fino all’età di 80 anni, di lui però dopo il 1630 non trovasi memoria alcuna. Io non riferirò gli elogi che del Colonna han fatto molti scrittori. Basti per tutti quello del Boerahave, giudice ben esperto in decidere delle opere di tal materia. Quicumque, dice (Method. discendi Medic, pars 4, § 8), historiam antiquitatis plantarum scire vult, legat opera Fabii Columnae, qui vix habet simi lem, se<l quidem ìmitatores. IV. Francesco Stelluti, natio di Fabbriano, è il terzo degli Accademici Lincei che voglion qui essere nominati. Ei fu ascritto nel i(k>3 a questa Accademia, quando non contava che 26 anni di età, e nel 1612 ne fu dichiarato proccurator generale. Ebbe parte egli pure nelf edizione della Storia naturale del Messico, e pubblicò innoltre in Roma nel 1635 un trattato Del Legno fossile minerale, illustrando più ampiamente ciò che dal principe Cesi era già stato scritto su tale argomento, benchè amendue prendessero errore, credendo, come riflette il dottor Bianchi, che esso fosse generato dalla terra, mentre veramente esso è un legno. Di lui abbiamo ancora la traduzione in versi sciolti delle Satire di Persio, stampata in Roma nel 1630, e illustrata co’ suoi comenti, ne’ quali egli ragiona spesso del principe Cesi e degli Accademici Lincei, e mostra la sua erudizione nella storia naturale, abbracciando ogni occasione che il suo poeta gli offre, per rischiararne or un punto, or un altro. Così per mezzo di questi e degli altri Accademici Lincei molto lume si sparse su questa scienza, la quale maggior vantaggio ancora ne avrebbe tratto, se la immatura morte del principe Cesi non avesse interrotte le loro fatiche. Egli è vero che il commendator Cassiano del Pozzo raccolse allor l’Accademia nella sua casa, come narra il Dati nell’orazion funebre di esso, e si studiò in più modi di sostenerla; ma pare che al suo zelo non corrispondesse il frutto: perciocchè, trattane la pubblicazione della Storia naturale del Messico, fatta, come si è detto, nel 1651, non troviamo più nè dell’Accademia nè degli Accademici Lincei alcun documento.
Altri scrittori di Storia naturale. V. Frattanto molti altri Italiani avean rivolto l’ingegno e l’opera loro a questa scienza medesima, e a quella parte singolarmente che spetta alla botanica. Francesco Pona medico veronese libri scrisse senza fine, come a Dio piacque, con sommo applauso di quele’età, dice il marchese Maffei (Ver. illustr. par. 2, p. 452), il quale indica gli scrittori che ci 43a libro
danno il catalogo delle mnutnerabili opere da
lui pubblicate o composte. Io però ne accennerò solamente 1 indice di molte cose eli1 ei
serbava presso di sè, concernenti la storia
naturale, il suo Viaggio di Monte Baldo, e il
Trattato del Balsamo degli antichi, perciocchè
queste opere sono state credute degne di venir rammentate dal dottissimo Haller (Bibl.
botan. t. 1, p. 3c)7). Grandissimo parimente è
il numero delle opere di Ovidio Montalbani
bolognese, uno degli scrittori più fecondi di
quell’età , e che sarebbe ancora dei più pregiati, se alla copia corrispondesse la critica e
l’esattezza. Fra esse ne abbiam molte appartenenti alla storia naturale, e a lui si dee la lode
di averci prima di ogni altro data una Biblioteca botanica , stampata in Bologna nel 1657,
sotto il nome di Giannantonio Bumaldi; opera
che dal Seguier è stata giudicata degna di essere aggiunta alla nuova sua Biblioteca de’ libri
dello stesso argomento. Domenico Vigna fiorentino, prefetto dell’orto botanico di Pisa, ci
diede nel 1625 alcune osservazioni latine sulla
Storia delle Piante di Teofrasto, che è in somma , come osserva l’Haller (ib. p. 436), un
Dizionario greco, latino e italiano. Di questo
scrittore più ampie e più copiose notizie abbialo di fresco avute dal ch. sig. dottor Giovanni Calvi primario professore di medicina
in quella università (Hist pis. vireti botan,
p. 103, ec.) (a). Sotto il nome di Tobia Aldini
(n) Dell’orto botanico di Pisa , dei custodi di esso , e
delle premure del gran duca Ferdinando nel promuover SECONDO 433
da Cesena uscì alle stampe in Roma nel 1625
l’Orto farnesiano; ma vuolsi ch’essa veramente
sia opera di Pietro Castelli romano, poscia
professore in Messina (V. Mazzucch. Scritt. it.
t 1, par. 386, ec.), di cui abbiamo in fatti
moltissime altre opere di somigliante argomento
(Haller l. cit p. 427), e fra le altre l’Orto
messinese, stampato in Messina nel 1640. Quel
Giuseppe Aromatari da Assisi, sì celebre pelle contese avute con Alessandro Tassoni, più
che per esse merita di essere ricordato per
una lettera da lui premessa a un suo trattalo
J)e Rabie contagiosa, stampato in Venezia
nel 1625. In esso ei tratta della generazion
delle piante, e vuole che tutte nascano dal
loro seme, e che gli animali tutti nascan dall’uovo, della quale opinione par che egli sia
stato un de’ primi autori tra’ moderni, escludendo la generazione per via di putrefazione
ammessa dagli antichi. Antonio Donati diè alla
luce in Venezia nel 1631 un trattato de’ Semplici che nascono nel lido di Venezia, il (quale
dall’Haller è detto ib. p. 446) un de’ migliori
libri che a que’ tempi si pubblicassero. Giacinto Ambrosini medico bolognese, prefetto
dell1 orlo botanico, e professore de’ Semplici
lo studio di questa scienza, più altre notizie ci ha
date il più volle lodato dott. Giovanni Targioni Tozzetti, il quale tra le altre cose osserva che il suddetto
gran duca mandò alf Indie Orientali fanno i G un
medico, uno speziale e un pittore, perchè facessero
diligente ricerca dell1 erbe più rare {Aggrantùmvntì, cc.,
/. 3 , p. 2 , g3 , tu, cc.).
Tira boschi , Voi. XIV. 28
1 1 434 LIBRO
nell1 università della sua patria , e morto poco
dopo il i GOG (A) , oltre alcuni altri libri di
questo argomento, avea intrapresa una storia
generale delle piante da lui intitolata Pfijrtologiaf che dovea essere in tre tomi divisa,
ma solo il primo ne fu pubblicato nel detto
anno 1666 (V. Mazzucch. l. cit. t. 1, par. 2,
p. 614; Haller l. cit. p. 4iP)• Gian Giacomo
Roggieri romano nel 1677 ci diede un Catalogo
delle piante native del suolo romano (Haller
l. cit. p. 597); e sulle piante del suolo medesimo molto scrisse alla fine del secolo Giambattista Trionfetti, autore ancora di più altre
opere botaniche (ib. p. 628), ma che essendo
venuto a contesa col famoso Malpighi!, e avendo
voluto sostenere l’antica opinione che non tutte
le piante nascesser dal seme, mostrossi troppo
inferiore in erudizione e in ingegno al suo avversario. Qui possiamo ancora accennare Y Economia del Cittadino in Villa di Vincenzo Tanara bolognese, in cui ha più cose che allo
studio della storia naturale non sono inutili,
e le opere del P. Giambattista Ferrari sanese
della Compagnia di Gesù sulla natura de’ fiori
e sulla coltura delle melagrane *, la seconda
delle quali è assai riputata, la prima, che ha
le figure disegnate da Guido Reno e da Pietro
da Cortona, sarebbe più pregevole, se l’autore
{a) Di Giacinto Ambrosini, che finì di vivere nel 1671,
cd anche di Hartolommeo di lui fratello e nella.stona
naturale molto versato, veggansi le notizie presso il
co. l’antuzzi (Scria. bologn. (. 1, p. 219, ec., 227, cc.). SECONDO 435
non l’avesse guasta con uno stile ampolloso e
pieno di favole (ib. p. 4^o).
VI. Io ho accennati in breve tutti questi
scrittori, perciocchè, benchè essi sien degni
di qualche lode, non hanno però ottenuta tal
fama che gli uguagli a’ più rinomati, In maggior pregio è la Storia botanica di Giacomo
Zanoni (a) custode dell’orto botanico bolognese,
stampata in quella città nel e a fame
un giusto elogio, basta il riflettere che il dottissimo sig. dott. Gaetano Monti, che con tanta
sua lode sostiene ora il medesimo impiego,
ha giudicata ben impiegata l’opera sua in tradurla in latino; e accresciutala di molte giunte,
che l’autore stesso morto nel 1682 avea apparecchiate per una nuova edizione, e in più
altre cose ancor miglioratele, f ha pubblicala
di nuovo nel 1742 Gran nome ottennero ancora nella botanica due scrittori siciliani, Paolo
Bocconi e il P. Francesco Cupani. Il Bocconi
fu di patria palermitana, e nacque ai di
aprile del 1633. In età ancor fresca , dopo i
consueti corsi degli studi, prese ad amar per
tal modo tutto ciò che appartiene alla storia
naturale, che cominciando dalla sua isola, tutti
ne corse i monti e tutte le campagne e le valli,
cercando minutamente le piante, le terre, l’erbe , le pietre e quanto di più raro produceva
(a) 11 Zanoni era natio di Monteccliio nel ducato di
Reggio; e perciò di lui si c parlato più lungamente
nella biblioteca modenese ((. 5, p. 4,‘*i cc-). e più
copiose notizie ancora se ne posson vedere negli Scrittori
bolognesi del eh. co. Fautuzzi (t. b, p, 4**> et*.). 436 LIBRO
la natura. Uscito poi dalla Sicilia, visitò colla
diligenza medesima l’isole di Malta e di Corsica , e quindi corse quasi tutta l’Europa , ricercando quanto ogni provincia avea di più
degno d’osservazione, e stringendo amicizia
co’ più dotti u ohi ini che in ogni città incontrava. Trattennesi alcuni anni in Toscana, caro
ai gran duchi Ferdinando II e Cosimo III. Fu
ancora in Padova, ove, secondo alcuni, ei fu
nel 1682 professore dei Semplici, come afferma
il Bulifon in una lettera in quell’anno a lui
scritta da Napoli, e citata dal co. Mazzucchelli, il quale assai diligenti ed esatte notizie
ci ha somministrate di questo scrittore (Scritt.
ital. t. 2, par. 3, p. i4°4> ec*)• ^ so,,d»ra
questa pruova assai forte ad affermare che il
Bocconi avesse veramente tal cattedra, benchè
ciò si neghi da molti. Ma, a dir vero, il vedere che gli storici di quella università, trattandosi di tempi a lor sì vicini, non fan motto
di lui, e che anzi il Facciolati afferma (Fasti
pars 3, p. 405) che dal 1666 fino al 1684
fu quella cattedra sostenuta da Ilario Spinelli,
mi fa dubitare che si spargesse bensì in Napoli, ov’era il Bulifon, cotal rumore, ma che
esso fosse, come avviene talvolta, una falsa
voce. In età già avanzata il Bocconi entrò tra’
monaci Cisterciensi in Firenze, e cambiò il
nome di Paolo in quello di Silvio. D’allora in
poi visse quasi sempre in Sicilia presso Palermo, continuando però a coltivare il prediletto suo studio di storia naturale, e chiuse i
suoi giorni a’ 22 di dicembre del 1704. Lo
stesso co. Mazzucchelli ci ha dato un distinto SECONDO
catalogo di tutte le opere del Bocconi, che
sono in gran numero, e quasi tutte appartenenti
a botanica. E fra esse degne sono di special
considerazione le Immagini e le Descrizioni
delle piante più rare della Sicilia , di Malta ,
della Francia e dell’Italia, stampate in latino
in Oxford, nel 16741 il Museo di piante rare
degli stessi paesi pubblicato in Venezia nel iGj)^,
e la Storia naturale della Corsica, che però
non ha mai veduta la luce. Nè alla sola botanica, ma ad altre parti ancora della storia naturale si volse il Bocconi, e ne abbiamo Dissertazioni e Trattati su alcuni minerali della
Sicilia, sull1 incendio del Mongibello e sulle
materie che ne vengon gittate, su’ fosfori, su’
fuochi sotterranei, ec., oltre un Museo di Fisica c d esperienza, e altre opere di diversi
argomenti, delle quali ragiona a lungo il) suddetto scrittore, il quale anche difende il Bocconi dalla taccia di plagiario, ingiustamente
appostagli. Il p Francesco Cupani era nato in
Mirto castello della Sicilia a’ 21 di gennaio
del 1, e in etù di 24 anni era entrato nel
lerz1 Ordine di S. Francesco. Ei non ebbe, come
il Bocconi, la sorte di far lunghi viaggi, e di
vedere le più lontane provincie: ma applicossi
principalmente a ricercar la Sicilia, e vi andò
con singolar diligenza, esaminando ogni più
pregevole produzione della natura. In fatti a
quell1 isola ristrinse egli le sue fatiche e le sue
opere, pubblicando nel i(x)3 e nel 1 (’><>{ due
Cataloghi di piante ivi nuovamente scoperte.
Ei pubblicò ancora la Descrizione dell’Orto del
Principe della Cattolica 5 e quando il Mungitore 438 LIBRO
scriveva nel 1700 la sua Biblioteca degli Scrittori siciliani, egli avea omai pronta alle stampe
una Storia naturale compita di tutta la Sicilia
(Bibl. sicula, t. 1, p. 212, ec.). Ma egli morì,
prima di pubblicarla, in Palermo a’" 19 di gennaio dell’anno 1710 (ib), t. 2, App. p 4°)? nè
essa ha mai veduta la luce.
VII. A questi scrittori generali di botanica
aggiugniamone un altro che una pianta, o anzi
1 una scorza particolare prese a illustrare uno
tra’ primi. Ognun sa che la chinachina solo
verso la metà del secolo di cui scriviamo, cominciò ad esser nota in Italia , donde poi si
sparse per tutta l’Europa; che i Gesuiti, i
quali portata aveanla dal Perù, ne furono principalmente i promotori e i propagatori; e che
fra essi il Cardinal di Lugo fu quegli che le
diè maggior corso. Alla corte del cardinale era
stato per qualche tempo in Roma Sebastiano
Badi, detto ancor Baldi, medico genovese (Haller; l. cit. p. 519), e avea ivi appreso a far
uso di questa corteccia. Ritornato poi alla patria , ove fu medico di amendue gli spedali e
consultore del magistrato della Sanità, e ove
ancora vivea nel 1676, benchè assai malconcio
dalla podagra, oltre alcune altre opere mediche
che si annoverano dal co. Mazzucchelli (Scritt
ital. t. 2, par. 1, p. 29), nel 1656 pubblicò un
libro intitolato Corteo: Penivi ac redivivus; e
veggendo poscia che il Chifflezio e il Plempio
aveanne impugnato l’uso, con un nuovo libro
intitolato Anastasis Corticis Peruviae, stampato
nel 1 Gf>3, ne intraprese l’Apologia. Questo secondo libro è molto lodato dall’Haller, il quale
/ fra le altre cose riflette ch'egli fu il primo che prescrivesse l'uso della chinachina non solo per la quartana, come erasi finallor fatto, ma ancora per la terzana. E io non trovo altri scrittori che prima di lui pubblicassero libri in difesa di questo rimedio, che il P. Onorato Fabbri gesuita francese, il quale l’anno innanzi, cioè nel 1655, avea data alla luce in Roma un'operetta latina su questo argomento sotto il nome di Antimo Coningio.
VIII. Minor numero di scrittori ebbero le altre parti della storia naturale. E per ciò che i appartiene a' metalli, oltre la Mineralogia del co. Ottavio Brembati cavalier bergamasco, e autore ancora di alcune altre opere (V. Mazzucch. Scritt. ital. t. 2, par. 4, p. 2048), io farò menzione soltanto dell’opera sullo stesso argomento del P. Bernardo Cesi gesuita, stampata in Lione nel 1636, col titolo Mineralogia, seu naturalis Philosophiae Thesauri, in quibus metallicae concretionis, medicatorumque fossilium miracula, ec. continentur. Era egli della nobil famiglia modenese di questo nome, ed in età di 18 anni era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1599. Per molti anni fu lettore di teologia in Parma e in Modena, e in questa città ebbe anche l’onore di esser maestro del principe Borso e del duca Francesco I, allor giovinetto. Nella peste del 1630 fu rapito dalla morte a' 14 di settembre, in età di soli 49 anni (Sotuell. Bibl. Script. S. J. p. 120) e tanto più ne fu compianta la perdita, quanto più caro rendevanlo a tutti le rare virtù che ne adornavano l'animo, e il sapere non ordinario clrl
sue
44° LIBRO
«li cui era fornito (ri). L’accennata opera dunque
non fu pubblicata che dopo la morte dell’autore , e fu perciò dedicata da’ Gesuiti del collegio di Modena al duca Francesco I. Benchè
essa sia fondata su’ principii peripatetici, pruova
nondimeno la inolia e indizione di chi la scrisse,
il quale si mostra versatissimo nella lettura degli antichi e de’ moderni scrittori di tale argomento. Nella Biblioteca degli Scrittori gesuiti si
dice che il p Cesi, il quale è detto Helluo
librorum, lasciò ben trenta tomi di altre sue
opere inedite, che si conservavano nella libreria
di questo collegio de’ Gesuiti. Io altro non vi
ho veduto che un tomo di Prolegomeni e di
Comenti sulle opere di Tacito, il quale ora è
nell’Estense, ove pur sono tre altre opere da
lui scritte in grazia del duca Francesco I,
quando era suo scolaro, cioè quella De triplici
Sphaera, che comprende insieme f Astronomia
e la Geografia; i Comenti sull’arte rettorica, e
que’ sulla Politica e sull’Economia di Aristotele;
le quali tre opere, benchè non portino in fronte
il nome del P. Cesi, eli’ esse però fossero da
lui scritte, raccogliesi dal vedere ch’esse furon
dirette all’istruzion di quel principe, di cui
egli fu maestro.
IX. La storia natural de’ viventi non ebbe
essa ancora tra noi gran numero di scrittori.
Ma uno tra essi può equivalere a molti, e
debb’essere annoverato a ragione tra’ più benemeriti illustratori di questa scienza. Parlo del
(’/) Qualche nltra pu’i distinta notizia «Ieri I*. Cesi si
è data nella biblioteca modenese (t. 2, p. 21, ce.). SECONDO 441
celebre Francesco Redi, nome già abbastanza
noto a’ dotti, perchè io debba parlarne a lungo. e molto più che ne abbiam la Vita descritta
dal canonico Salvino Salvini, la qual leggesi e
tra le Vite degli Arcadi (t 1) , e innanzi al
primo tomo delle Opere di questo scrittore,
stampate in tre tomi in Venezia nel 1712 (a).
Egli ebbe a sua patria Arezzo, ove nacque di
nobil famiglia a’ 18 di febbraio del i()2(>. Studiò nell’università di Pisa, e vi ebbe la laurea
in filosofia e in medicina, e diede presto tai
saggi d’ingegno, che si rendette carissimo a
que’ due gran principi, di cui mai non ebber
le scienze i più splendidi mecenati, il gran
duca Ferdinando II e il principe Leopoldo; e
dal primo, e poscia ancora da Cosimo III, fu
dichiarato suo primo medico, impiego da lui
conservato fino alla morte. Fu ascritto alla Accademia de’ Gelati, nelle cui Memorie stampate, mentre egli ancora vivea, se ne legge un
magnifico elogio, e all’Arcadia di Roma, di cui
fu uno de’ più illustri ornamenti. Fu membro
di quella ancor della Crusca , e co’ bei codici
toscani da lui raccolti giovò non poco a perfezionare l’edizione del Vocabolario, fatta nel 1 <»«) 1,
in cui le opere del Redi stesso furon citate. Ne’
Fasti di quella del Cimento non se ne vede
espressamente segnato il nome, ma vi sono
indicii e pruove assai valide, come osserva il
senator Nelli (Saggio di Stor. letter. p. 113),
(a) La Vita del Redi c anche slata scritta da monsig. Fnbroni (Filar Jlalor. t. 3, p. G e un
Elogio ne ha anche pubblicato il sig. co. Corani. 442 LIBRO
a mostrare eh’egli vi fosse ammesso, e che
avesse non picciola parte nelle sperienze che
in essa si fecero; perciocchè in una lettera
scritta nel 1660, citata dal detto scrittore, ei
dice che di ordine del gran duca lavorava
molte cose, e particolarmente intorno ai sali
fattizii, cavati dalle ceneri di legno, dell’erbe
e de’ frutti; nelle quali cose aggiugne che a ve a
già fatte belle scoperte che sarebbono venute
a luce; e si hanno di fatto cotali sperienze
nelle opere del Redi (a). Ma egli singolarmente
applicossi all’esame degl’insetti e della loro
generazione, e stampò su questo sì importante
argomento le sue sperienze, colle quali ei si
fece a provare che niun di essi nasceva dalla
putredine, come credevan gli antichi. Non fu
però il Redi, come da alcuni si dice, il primo
a combattere quella sì inveterata opinione, perciocchè abbiamo poc’anzi osservato che molti
anni prima aveala combattuta anche Giuseppe
Aromatari. Ma egli con nuove e belle sperienze
la distrusse per modo, che appena vi ebbe più
uom di buon senso che la sostenesse. È vero
(a) Il Redi fu anche membro dell’accademia della
reina Cristina aperta in Roma, e abbiamo più lettere
da lui scritte all’occasione in cui ebbe l’onore di esservi ammesso (Op. I. 5, p. 245, ec. ed. Napol. 1778).
Alle pruove poi recate dal senator Nelli per dimostrare
ehe il Redi interveniva alle adunanze dell’accademia
del Cimento, si può aggiugnerne un’altra ancor più
decisiva, cioè una lettera da lui scritta a Michele Èrinini a1?.5 d’aprile del i6:>9, in cui gli dice: Voleva
venire oggi a doni il buon viaggio , ma non è stato
possibile, perchè oggi s’è fatta la solita adunanza dell’accademia del Cimento (ivi, p. 14). SECONDO
eh’e i non fu ugualmente felice nel proporre la
sua opinione, quanto nel combatter 1 antica;
perciocché parendogli che non sempre potesse
la generazione attribuirsi al seme, diede anche
alle piante e agli animali l’anima sensitiva, da
cui credette che si potesse!’ produrre altri esseri e lor somiglianti. Belle ancora sono le osservazioni del Redi intorno agli animali viventi
dentro a’ viventi, e intorno a’ pellicelli o bacolini del corpo umano, da’ quali egli mostra
formarsi veramente la rogna. Le vipere furono
un altro oggetto delle sperienze del Redi, e sul
lor veleno singolarmente fece bellissime osservazioni. Aggiungansi più altre sperienze intorno
a diverse cose naturali, e particolarmente a
quelle pallottole di vetro, che rotte in qualche
menoma parte, si stritolano, e le sperienze
intorno a quell’acqua a cui si attribuisce la
forza di stagnare qualunque flusso di sangue,
e quelle intorno a’ sali fattizii, e le lettere da
lui scritte a diversi, nelle quali parimente tratta
sovente di cose appartenenti alla storia naturale , e alcuni altri opuscoli e dello stesso argomento, o di altre erudite materie j le quali
opere tutte ci mostran nel Redi un osservato!*
diligente che, spogliatosi de’ pregiudizii, esamina attentamente la natura , e dalle sue osservazioni raccoglie i principii co’ quali essa
opera- e se non sempre giugne allo scoprimento
del vero, addita almeno agli altri la via per
cui possano essi arrivarvi. Quindi appena si
divolgaron dal Redi queste sue opere, che non
solo in Italia, ma in Francia ancora, esse col 444 LIBRO
loro autore salirono in altissima stima. Alessandro Segni, scrivendo da Parigi al principe Leopoldo nel i6(>6, e rallegrandosi dell’onor fatto
al Redi nel nominarlo lettor di lingua toscana
in h irenze, Mi creda l’A. V, dice; (Lettere
ined. t. 1, p. 28 \, ec.), che il sig. Redi è (qui
conosciuto e stimato mediante il suo libro delle
vipere, che ciascuno ne parla con ammirazione,
ed è onore del paese che gli si dia animo e occasione di fare delle altre opere. Nè solo il Redi
è scrittor dotto e ingegnoso, ma colto ancora
e leggiadro quant1 altri mai 5 e 11011 si può di
leggieri decidere se colle sue opere ei più diletti, o istruisca. E vedesi in esse innoltre, anche allor quando ei difendesi contro gl1 impugnatola delle sue opinioni, quell1 indole dolce
e piacevole per cui egli era amatissimo da
chiunque avea la sorte di accostarsegli. Tutti
in fatti ne lodano la dolcezza dell’animo, l’amabilità delle maniere, la facilità nel comunicare le sue scopet te, le premure e le sollecitudini ad altrui vantaggio, la rara modestia, il
perfetto disinteresse e tutte le più belle virtù
che in lui si ammirarono. Le opere del Redi,
dopo la citata edizione del 1712, sono state
ristampate più volte, e una nuova edizione ne
fu fatta in Napoli nel 1741 in sette tomi in 4 °
Alcune lettere ne sono state pubblicate di fresco da monsig. Fabroni (Lettere ined. t. 1,
p. 181; t. 2, p. 327 , 329). Delle Poesie toscane, per le quali ei non fu meno famoso che
per le altre sue opere, diremo altrove. Negli
ultimi anni di sua vita fu travagliato dal mal SECONDO 445
caduco; ed essendosi ritirato a Pisa per godere del beneficio dell’aria, la mattina del 1
di marzo del 1694)fu trovato morto nel proprio letto. Il corpo ne fu condotto ad Arezzo,
come egli avea ordinato; e ne fu pianta la
morte, quanto ne era stata onorata la vita. Tre
bei medaglioni in onor di esso coniati per ordine del gran duca Cosimo III si posson vedere nel Museo Mazzucchelliano (Lettere ined.
t. 1, p. 181).
X. Potrebbe qui ancora farsi menzione delle
Considerazioni intorno alla generazion de’ viventi di Francesco Maria Negrisoli celebre medico ferrarese, ma ei non le divolgò che nel 1712,
e non è perciò di questo luogo il parlarne (a).
Qui deesi rammentare la Ricreazione dell’occhio e della mente sull’osservazion delle Chiocciole del P. Filippo Buonanni della Compagnia
di Gesù, stampata la prima volta nel 1681 ,
poscia da lui stesso accresciuta, tradotta in latino e pubblicata di nuovo nel 1684 e ,7°1>
Benché egli non fosse il primo a trattare di
questo argomento, e a divider le chiocciole
nelle diverse lor classi, e benchè alcuni abbianlo accusato di non averle sempre esattamente disegnate, l’opera nondimeno del Padre
Buonanni. per le molte ricerche e per le diligenti sperienze da esso fatte, è stata assai lodata da diversi scrittori che si accennano dal
(a) Veggo anche citarsi ria alcuni V Esperienze intorno
alla generazione delle Zanzare di Pietro Paolo da
S. Gallo , stampate in Firenze uri 1679. Ma nè io le
ho vedute, nè trovo ehi nc dia piò distinta notizia. 446 LIBRO
conte Mazzucclielli (Scritt itnl. t. a , par. 4 ,
p. 2^29, ec.). Ma so egli osservò diligentemente
le chiocciole, non fu felice nello spiegare la loro
generazione: e, fermo ne’ principii peripatetici,
negò che gli animaletti in esse rinchiusi nascesser dall1 uovo. Ebbe perciò contese col Redi,
ed egli a difendere la sua opinione, oltre qualche altro opuscolo , diè in luce nei 1(191 l’opera intitolata: ()Observationes circa viventia,
quae in rebus non viventibus reperiuntur, cum
Micrographia curiosa; opera in cui sugli insetti e su altre cose minute ingrandite col microscopio espone molte sperienze e molte scoperte da lui fatte, ma si occupa principalmente
nel combatter l’anima sensitiva dal Redi nelle
piante introdotta. E se in ciò solo avesse da
lui dissentito, la vittoria sarebbe pel Buonanni.
Ma ei volle negare la generazione dal seme e
dall’uovo, e in ciò non ha omai alcun seguace
della sua opinione. Deesi ancora al P. Buonanni
l’accrescimento del celebre museo Kircheriano,
che fu da lui molto aumentato e posto in ordin
migliore, e di cui innoltre pubblicò egli un’erudita Descrizione stampata in Roma nel 1709;
della qual opera una nuova edizione ha intrapresa pochi anni addietro il sig. Batarra riminese. D’altre opere di questo dotto scrittore,
cioè delle Medaglie de’ romani Pontefici, del
Catalogo degli Ordini religiosi, del Gabinetto
armonico, e di più altri trattati da lui o pubblicati , o apparecchiati per le stampe, ma rimasti inediti, si vegga il catalogo presso il citato co. Mazzucchelli, il quale ci dà ancora
ragguaglio de’ diversi impieghi da lui nella sua SECONDO 447
Peli gioii sostenuti, e accenna inoltre la perfezione con cui il P. Buonanni lavorava i microscopii Egli finì di vivere in età di 87 anni
a’ 30 di marzo del 1725.
XI. La chimica credesi comunemente una
scienza nata Oltremonti, e di là venuta in Italia; e io son ben lungi dal contrastare alle straniere nazioni la gloria che un Van Helmont, un
Boyle, un Lemery e più altri scrittori di quella
scienza hanno loro acquistata. Mi si permetta
però di riflettere che il grande Haller , la cui
testimonianza è troppo autorevole, dà a un
Italiano il vanto di essere stato il primo a lasciare in disparte le inezie e i sogni a cui
eransi in addietro abbandonati i chimici, e
a trattare questa scienza con vera dottrina.
Perciocchè egli parlando di Angiolo Sala, delle
cui opere medico-chimiche accenna f edizione
fatta in Francfort nel 1647 , dice di lui: Primus Chemicorum, qui aesiit ine/) ti re (li ibi.
botan. t. 1, p. 416); breve, ma magnifico elogio, dopo il quale l’Italia non ha che invidiare
ad 3101111" altra provincia. Ma quanto più è degno
d’essere rammentato questo scrittore, tanto più
è oscuro ciò che a lui appartiene. Questa biblioteca Estense ha un altra edizion posteriore
delle opere del Sala, fatta in Roven nel 1650.
Nel titolo di essa egli è detto di patria vicentino, e archiatro in Meckelburgo; e nella prefazione si dice ch’egli era stato medico in Italia, negli Svizzeri, nelle Fiandre, e per ultimo
in Allemagna; ch’egli avea scritte le sue opere,
quali in una, quali in altra lingua di quelle
provincie, e ch’esse erano poi state tradotte, 448 LIBRO
ma assai scorrettamente, in latino, e stampate
in Francfort. Fra queste opere l Ilaller rammenta
e loda singolarmente la Saccharologia, la Hidrolœologia, la Tartarologia, Y Opilogia, YExegesis Citjniiatrica, l’Einetologia, e quella intitolata Essentiarwn Vegetabili uni Anatomc, alcune
delle quali erano state tradotte ancora in francese e in inglese, ma ciò non ostante esse sono
poco note in Italia (a). Nè debbonsi ommettere
le sperienze sui sali fatte dal Redi e da altri
Accademici del Cimento , le quali pure giovarono a rischiarar questa scienza, e a trarla da
quel barbaro ingombro in cui aveala avvolta
l’ignoranza e la superstizion di coloro che della
chimica non avean saputo valersi che a’ rovinosi e inutili tentativi dell1 alchimia.
XII. Più noti e più comunemente riconosciuti
’ sono i meriti degl Italiani verso f Anatomia. A
qual perfezione fosse ella da’ nostri condotta
nel secolo precedente, si è da noi a suo luogo
mostrato. Nel secolo di cui scriviamo, si continuò in Italia a fare nuove scoperte anatomiche , o confermando sempre più chiaramente
ciò che già si era osservato, o correggendo
gli errori in cui eran talvolta caduti, come dovea necessariamente avvenire, i primi scrittori,
o innoltrandosi maggiormente a scoprir parti
nuove da essi non conosciute. Io ommetlendo
(a) Del Sala ha parlato il P. Angiolgabriello da Santa
Maria (Scritt. vicent. t. 6, p. 44 , ec-) i ,Tm cf?h n,l~
cora non ha saputo indicarci le circostanze della vita
da lui condotta, e solo ci da il catalogo delle opere
da lui pubblicate. SECONDO 4^9
quegli anatomici che altro non fecero che ripetere ciò che era già noto, dirò di que’ soli
che nuovi lumi sparsero su questa scienza. E
continuerò perciò a valermi dell’opera altre
volte lodata di M. Portal, che se è spesso caduto in non piccioli falli in ciò che appartiene
alla storia, ove però decide del merito degli
scrittori e delle loro scoperte, sembra comunemente degno di fede. Ei loda assai (Hist
de l’Anat. t. 2, p. 261) i due libri De partibus generationi inservientibus di Francesco Piazzoni padovano, stampati in Padova nel 1621
e poscia altre volte altrove, e riferisce le belle
scoperte da lui fatte prima d’ogni altro in questa materia, e ne loda ancora un altro trattato
De vulneri bus sclopetorum, di cui annovera
quattro edizioni dopo la prima di Padova
nel 1605. Ei fu professore nell’università di
Padova dal i(5i8 lino al 1624 in cui finì di
vivere. M. Portal, che ne avea giustamente fissata la morte, ha errato nel volersi correggere
(t. 6, part. 2, Suppl. p. 7), affermando ch’ei
morì nel 1622; perciocchè e il Papadopoli (Hist.
Gymn. patav. t. 1, p. 35o) e il Facciola ti (Fasti
Gymn. patav. pars 3, p. 3(jo), sulla testimonianza del Tommasini scrittore contemporaneo,
lo dicon morto nel detto anno 1624, e riferiscono l’onorevole distico che ne fu posto per
iscrizione al sepolcro nel tempio di Santa Giustina. Ei ricorda ancora i tre libri De affectionibus
cordis (l. cit. p. 415) di Annibale Albertini da
Cesena, stampati in Venezia nel 1617, e mostra che M. Senac , nel suo sì famoso trattato
Tiraboschi, Voi. XIV. 29 I
4^0 LIBRO
«lei Cuore, ha fatto uso delle riflessioni di questo medico, lodandone l’esattezza. Nome più
celebre nella storia dell1 anatomia è quello di
Gaspare Aselli cremonese, professore nell’università di Pavia , famoso per la scoperta delle
vene lattee da lui descritte nella sua opera L)e
Lactibus, seu Lacteis Venis, la qual però non
uscì alla luce che dopo la morte dell autore in
Milano nel 16:17. M. Portal ci dà l1 estratto di
questa pregevole operetta (ib. p. 4^!> ec-)j e
alcune altre notizie di questo dotto anatomico,
che fu rapito dalla morte in età di soli 45
anni, si posson vedere presso il co. Mazzucchelli (Scritt ital. t 1, par. 2, p. 1159, ec.),
e presso gli altri scrittori da lui citati. Ei ci
dà ancora un lungo estratto di alcune delle
opere anatomiche e chirurgiche di Marco Aurelio Severino (l. cit p. 493) natio di Tarsia
in Calabria (e non di Cartagena in Tarsa,
come egli qui scrive), il quale, dopo avere per
molti anni con sommo applauso e con infinito
concorso di forestieri sostenuta la cattedra di
anatomia e di medicina in Napoli, ivi morì
nel 1656, in età di 76 anni. Il numero dell’opere da lui scritte, benchè non tutte stampate , si può dire infinito, come ci mostra il
catalogo che se ne ha nella Biblioteca del Toppi,
e presso l’Origlia (Stor. dello Stud. di Nap.
t. 2, p. 82), il quale giustamente riflette ch’egli dalla moltitudine più che dalla bontà di esse
cercò fama. Molte utili osservazioni nondimeno
vi si ritrovano sulla natura degli ascessi, sulla
carie delle ossa, sulla gobba e su altre deformità del corpo umano5 e nell’anatomia egli ha secondo ,<51
fatte varie scoperte, che il Peyer, il Graaf il
Licutaud hanno poi credute lor proprie (u). Ei
fu gran promotore di quella eli’ ci chiama medicina efficace, su cui pubblicò anche un1 opera, cioè di quella che si fa col fuoco e col
ferro, e la prima singolarmente voleasi da lui
adoperare quasi ad ogni occasione^ del che io
credo che non molto grado gli sapessero i suoi
infermi. Cecilio Folio o Fuoli modenese, o anzi
da Fanano sull’Alpi di Modena, medico e professore d’anatomia in Venezia, e onorato ivi
delle divise di cavaliere, fece nuove riflessioni
sulle vene lattee dell’Aselli scoperte (e pare,
come osserva M. Portal (l. cit p). 549)), ch’egli abbia conosciuti i vasi linfatici), diede una
nuova ed esatta descrizion dell’orecchio, e una
nuova sua opinione sulla generazione e sull’uso
della pinguedine. Il suddetto scrittore ci dà il
catalogo delle opere da lui pubblicate circa
il 1640; e benchè rilevi alcuni errori ne’ quali
è caduto, lo annovera però tra’ più ingegnosi
e più esatti anatomici (ò). Lo stesso egli fa riguardo a Domenico Marchetti (t. 3, p. 16, ec.)
padovano , professore di anatomia e di medicina in quella università, scolaro e successore
(a) Fra le opere del Severino vuoisi rammentare
singolarmente quella De Piscium respi rottone , nella
quale egli molto dottamente e da valoroso anatomico
mostra per qual modo anche i pesci respirino. Veggast
ciò che intorno a quest’opera ha scritto il sig. Tommaso
Ilarbi eri (Notiz. de Mote in. e Filos. napol. p. i3i, ec.).
(b) Più distinte notizie del Folio, a cui dec»i ancora
l’erezione del Teatro auatomico in Venezia , si suno
date nella Biblioteca modenese (t. 1, p. 311, ec.). 4ja LIBRO
del celebre Veslingio , e ivi morto nel 1688
(Facciol l. cit. p. 306). Di lui abbiamo un
compito Trattato di Anatomia in latino, stampato in Padova nel i(552, a cui non si può
fare miglior elogio che col ripetere il detto
deli1 Mailer, aitato ila M. Portai, ii qual si duole
che quest’opera non sia abbastanza conosciuta.
Questo secondo scrittore afferma di averla letta,
e di avervi trovate molte osservazioni assai interessanti, che egli viene sponendo distesamente.
Xlil. Ma tutti questi benchè celebri nomi
» sembrano ecclissarsi al comparire di quello del
gran Malpighi, uno de1 più rari genii che il secolo precedente abbia prodotti, e la cui memoria vivrà sempre gloriosa ne’ fasti dell" italiana letteratura. Oltre la Vita eli’ egli scrisse
di se medesimo, facendo la storia de’ suoi
studi e delle sue scoperte, abbiam quella che
ne ha distesa il dottissimo Eustachio Manfredi
(Vite degli Arcadi t t. 1) , e un’altra che ne
ha pubblicata monsig. Fabroni (Vitae Italor.
doctr. excell. dec. 2, p. 232, ec.) elegantemente
scritta in latino dal ch. sig. ab. Giuseppe Marotti allor gesuita, e di quest’ultima noi ci
varremo principalmente, accennando in breve le
diverse vicende della vita di questo grand1 uomo, e poscia dando un1 idea delle opere da lui
composte. Marcello Malpighi ebbe a sua patria
Crevalcuore, terra del Bolognese sul confin modenese, e ivi nacque verso il principio di marzo
nel 1628. Studiò in Bologna, e vi ebbe a suo
maestro nella filosofia Francesco Natali, e nella
medicina, a cui poscia tutto si consacrò, Bartolommeo Massari e Andrea Mariani, il primo
/ SECONDO ^3
nell’anatomia , il secondo nella medicina assai
rinomato; e dal Massari principalmente, che a
propagare lo studio dell’anatomia avea in sua
casa istituita un’adunanza, in cui essa di continuo si esercitava, apprese con qual esattezza
dovessero farsi le osservazioni anatomiche, e
quanto grande ne fosse il frutto. Quattro anni
dappoichè ebbe ricevuta la laurea, fu dal senato di Bologna trascelto ad occupare una cattedra di medicina; ma appena avea egli cominciato a salirla, l’abbandonò. Il Malpighi erasi
già fatto conoscere per uomo di sommo ingegno; e i gran duchi di Toscana perciò aveano
sopra lui quel diritto medesimo che sopra quasi
tutti i grand’uomini di questo secolo vollero
esercitare. Invitato da Ferdinando II, andossene
a Pisa, e vi ebbe la cattedra di medicina teorica. Era ivi allora Giannalfonso Borelli, di cui
si è nel precedente capo parlato, e tra questi
due valorosi filosofi si strinse tosto grande amicizia, per cui si vennero animando ed aiutando
l’un l’altro ne’ loro studi; e come il Borelli
trasse molti lumi per l’anatomia dal Malpighi,
in cui questi era meglio versato, così il Malpighi fu dal Borelli istruito nella buona fisica.
Ma l’aria di Pisa gli era nocevole; e perciò
nel 1660 fu costretto a chieder dal gran duca
il congedo, e questi gliel diede, perchè più
ancora che la sua università amava il Malpighi,
e nol volle esporre a pericolo di gravi malattie. Nel 1660 adunque fece ritorno all’antica
sua cattedra di Bologna, ove insieme con Silvestro Buonfigliuoli e con Carlo Fracassati spertissimi anatomici continuò a coltivar questo
1 4’> * LIBRO
studio e a fare nuove scoperte. Frattanto essendo morto in Messina Pietro Castelli, che
ivi era professore di medicina, tanta era!.la
fama sparsa del saper del Malpighi! , che quel
senato gliel destinò a successore, e invitollo a
quella università collo stipendio di mille scudi.
Colà dunque recossi il Malpighi, e vi punse
nell ottobre del 1662, e per lo spazio di quasi
quattr’anni vi si trattenne insegnando e insieme
esercitando la sua arte. Ma il non curar eli’ ei
faceva le antiche opinioni degli Arabi e de’
galenisti gli eccitò contro l’odio di molti; e
si vide anche uscir qualche libro in cui il Malpighi era incivilmente malmenato. Perciò ei risolvette di andarsene, e ottenne, benchè a
gran pena, da quel senato licenza di tornare
a Bologna, a patto però, che spediti alcuni
domestici affari, che da lui si allegavano per
motivo della sua partenza, facesse ritorno a
Messina. Sul principio del maggio del 1666 ei
fu a Bologna; e pochi mesi appresso ecco
giugnerli pressanti lettere dal senato di Messina , che colà il richiamano. Ma quel di Bologna tanto si adoperò col Malpighi, ch’egli
si vide, probabilmente con suo piacere, costretto a trattenersi in questa città. Fu essa
poscia per molti anni il soggiorno ordinario
del Malpighi, il quale però passava gran parte
dell’anno in villa, per attendere con più agio
agli amati suoi studi. Nel 1669 ebbe l’onore di essere aggregato alla Reale Società
di Londra, la quale ancora ne fece a sue
spese stampare qualche opera. Essendo stato
nel 1691 eletto a pontefice il Cardinal Antonio SECONDO £35
Tignateli» col nome d’Innocenzo XII , questi, che in Bologna avea conosciuto e amato
molto di Malpighi, chiamollo tosto a Roma, e
dichiarollo suo medico, cameriere e prelato
domestico. Ma allora era già egli in istato assai cagionevole di salute (a), e dopo soli tre
anni del nuovo suo impiego, a1 a3 di giugno
del 1694, colpito da improvviso colpo (l’apoplessia , e a grande stento riavutosene, si
apparecchiò con segni di cristiana pietà alla
morte, a cui un altro colpo il condusse a1 29
di settembre dell’anno stesso. Il corpo, come
egli avea ordinato, ne fu trasportato a Bologna , e sepolto nella chiesa di S. Gregorio de*
Ministri degli infermi con una onorevole iscrizione , che si riferisce anche da INI. Portai
(1. cit. p. 118), insieme con quella più breve
e più elegante che leggcsi sotto il busto a lui
innalzato in quella università. Ma più che tai
(a) Fin dall’anno 1684 era egli soggetto a gravi dolori, ed ebbe innoltre in quell’anno la funesta disgrazia
di un incendio che gli recò gravissimo danno. Per altro , scrive egli da Bologna a’ 9 di maggio del detto
anno al Redi, io vivo, se pure si può dir vita, in
ozio, senz’altra applicazione che di fuggire i dolori.
Un fortuito incendio occorsomi in casa ne’ mesi passati f mi ha consumato, oltre quel poco di buono che
io avea , le. mie Memorie manoscritte e i Microscopi
ossiano lenti; anzi essendomene restata addosso una
sola, questa poco dopo mi fu levata con alcuni pochi
denari: onde bisogna intender il parlar del Cielo;
tanto più che agli antichi miei guai si sono aggiunti i
dolori articolari, che bene spesso mi legano; sicché
solo mi resta l’imparare e godere dell’altrui fatiche
(Op. del Redi, t. 6, p. 82, ed. Napol. t}*;#).
f T’*’ LIBRO
monumenti, renderanno eterna la memoria del
Malpighi le molte dottissime opere da lui pubblicate, delle quali dobbiam or dare una breve
idea.
Furono esse, oltre diverse particolari
edizioni, stampate congiuntamente in Londra
nel i(586. in due tomi in folio, e un altro
tomo, che abbraccia le opere postume, ne fu
ivi stampato a spese della Società nel 1697.
Io non ne farò un minuto catalogo, ma solo
delle più celebri accennerò gli argomenti e le
principali scoperte. Il polmone, viscere per
f addietro mal conosciuto, fu il primo oggetto
delle ricerche di questo grand1 uomo. Ei ne
esaminò e esattamente ne descrisse la sostanza , la struttura, le parti diverse; ne vide i
vasi arteriosi, e fu il primo che col microscopio vedesse in esse aggirarsi il sangue, e
ne trasse la spiegazione e i rimedii di varie
malattie che in quella parte si formano. Nel
cervello ancora ei s’innoltrò assai più che non
si fosse finallora fatto, e sulla sostanza di esso,
e sulle minute parti onde è composto, fece
osservazioni agli altri anatomici sconosciute.
Colla medesima diligenza prese ad esaminare
la lingua, e primo fra tutti ne descrisse le
papille nervose; e da esse passando all1 organo
del tatto, spiegò come da altre somiglianti
papille, che son nella pelle, possa esso formarsi. Il fegato ancora fu dal Malpighi esaminato , e lo stesso egli fece riguardo alle reni
e a’ lor vasi sanguigni, e alla milza da lui
descritta, dice M. Portal, con tanta esattezza,
che tutte le osservazioni da lui fatte posson
\ SECONDO 4^7
passare per altrettante scoperte, atteso il poco
che innanzi a lui erane conosciuto. Il mistero
della generazione, e le parti che ad essa concorrono , la formazione del feto e quella delle
ossa, le glandole conglobate, i vasi linfatici,
e più altre parti del corpo umano furono parimenti f oggetto delle ricerche di questo illustre anatomico, e in tutte egli fece scoperte
che alla medicina recarono non ordinario vantaggio. Ad altre parti ancora della storia naturale ei rivolse il suo studio. Il trattato de’
Bachi da seta è uno de’ più compiti che si
abbiano su questo argomento. Ma stimabilissima singolarmente è l’Anatomia delle piante,
perchè egli, affin di esaminarne e descriverne
la struttura, le disseccò col metodo stesso con
cui si disseccano i corpi degli animali, e potè
quindi parlarne con tale esattezza, che questo
trattato fu rimirato da tutti come un capo
d’opera. Ebbe nondimeno il Malpighi! non pochi avversarii. Il Borelli, benchè gli fosse amico , ne criticò alcune opinioni, e prese principalmente a combattere ciò eli" egli intorno al
polmone aveva scritto. Giangirolamo Sbaragli
professore dell’università di Bologna, e autore
di alcune opere mediche e anatomiche che si
annoveran con lode da M. Portal (t. 4, p.85),
in una di esse, che ha per titolo Oculorum et
mentis vigiliae, stampata in Bologna nel 1701,
si diè a confutare moltissime descrizioni che
date avea il Malpighi *, e questo libro eccitò
una lunga contesa , e fu sorgente di molti altri , quali in difesa del Malpighi medesimo,
quali in favore dello Sbaragli. 11 P. Buouanni, 4^8 libro
pei sostenere la peripatetica generazione della
putredine, scrisse egli pure contro il Malpighi.
Ma questi, benchè sia egli pure caduto talvolta in errori, scoperti poscia e confutati da’
più recenti anatomici, e benchè alcune delle
sue opere non corrispondano al nome da lui
ottenuto, è tuttora considerato come uno de’
più benemeriti rischiaratori di questa scienza;
e le opere contro di lui scritte han recato
maggior onore al Malpighi stesso, che agli autori di esse suoi avversarii. Quindi io conchiuderò ciò che ho detto finora di questo illustre
anatomico, colle parole del sopraccitato M. Portal, il quale, dopo aver fatto un lungo e diligente estratto delle opere di esso, Ecco, dice,
l’estratto delle opere di uno de’ più grandi
anatomici che ci offra la storia. Io non do
che una debole idea delle sue fatiche. Tocca
agl intendenti dell arte il consultarle. Il Malpighi prese la natura per suo modello, e ne
fu il vero pittore. Que’ che vorranno studiarlo , non potranno seguire guida migliore (l. cit.
t. 3 , p. 151).
XV. Al Malpighi succede Lorenzo Bellini,
nome parimente famoso all’anatomia e nella
medicina. Ammiratore insieme ed emulo del
primo , egli scrisse su alcuni degli argomenti
medesimi che quegli o avea già rischiarati, o
stava allora illustrando; e se nelle scoperte
anatomiche ei non giunse ad uguagliarne la
fama, lo superò nell’adattarle alla medicina, la
quale fu da lui condotta a una perfezione molto
maggiore di quella che aveanle proccurata le
opere dei medici precedenti, singolarmente SECONDO 4^0
coll’applicarvi eli* ci fece le leggi della meccanica. Parecchi autori, citati dal co. Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 2, p. 686, ec.), ne hanno
scritta la Vita; ma noi ci varremo di quella
che più recentemente ne ha pubblicata il più
volte lodato monsig. Fabroni (Vitac ltalor.
doctor. ex cell. dee. 4 , p- 39, ec j t. 4, p. 6).
Girolamo Bellini e Maddalena Angiola Minuti
cittadini fiorentini furono i genitori di Lorenzo,
nato in Firenze a’ 3 di settembre del 1643.
Il gran duca Ferdinando II, che fu avvertito
de’ segni di raro ingegno che si scorgevano
nel giovinetto Bellini, gli fu invece del padre
mortogli ne’ primi anni, e sovvenendo alle
angustie domestiche in cui si trovava, inviollo
alla università di Pisa, e il diè scolaro ad
Antonio Oliva e ad Alfonso Borelli. Colla scorta
di questi due valentuomini, e aiutato dal Redi
e da Alessandro Marchetti, il Bellini si avanzò
felicemente nelle scienze matematiche, nelle
fisiche e nelle anatomiche, e per queste gli fu
di grande soccorso f assister eh’ei facea giornalmente alle sperienze che il Borelli stava allor facendo sopra gli animali, per comporre
la celebre sua opera de’ lor movimenti. In età
di vent’anni non ancora compiuti pubblicò
nel 1663 la sua Dissertazione sopra le reni, la
quale fu accolta con grandissimo applauso, e
più volte stampata. Nell1 anno medesimo ricevette la laurea , e prima ancor di riceverla fu
dal gran duca trascelto alla cattedra di logica,
indi trasferito a quella di filosofia, poi di medicina , e per ultimo di anatomia. Egli ebbe
l1 onore di aver più volte lo stesso gran duca 46° libro
presente alle sue dimostrazioni anatomiche; e
pruova ancora più bella della stima c dell alletto che per lui avea quell ottimo principe,
egli ebbe, quando essendo caduto gravemente
infermo, il gran duca , venuto a Pisa, mandò
tosto al Bellini a significargli il dispiacere che
ne provava, e a recargli una somma notabile
di denaro; ordinò a’ suoi proprii medici di
assistergli di continuo e di somministrargli a
sue spese tutto ciò di che abbisognasse, e
mostrossi sempre amorevolmente sollecito del
ristabilimento di un uomo a lui sì caro. Ciò
non ostante, non era il Bellini contento di quel
soggiorno. L’invidia con cui si soglion rimirare gli uomini che si sollevano sopra il volgo,
e che si allontanano da’ battuti sentieri, e una
certa sua naturale severità congiunta a una
cotal franchezza nel palesare i suoi sentimenti,
rendevanlo odioso a molti, e fra gli altri al
presidente di quella università; e delle persecuzioni che ei soffriva , ei ragiona in una lettera al principe Leopoldo, scritta nel marzo
del 1673 Lettere ined. t. 1, p. 243, ec.). Ma
la protezione di questo principe e del gran
duca Cosimo III, succeduto frattanto a Ferdinando II, tenne fermo il Bellini in quella
università; e nel 1683, essendo egli stato colla
promessa d’ampio stipendio invitato a quella
di Padova, per opera singolarmente del Redi,
ricusò di partire da Pisa. Nel 1691 il gran
duca chiamollo a Firenze, e il nominò suo
medico, e con lui fece nell’anno stesso il viaggio di Loreto. Fu per qualche anno accettissimo a questo principe; ma gl’invidiosi e i SECONDO ij6r
nitnici clic sempre egli ebbe, prevalendosi di
qualche cura che poco felicemente eragli riuscita , e svegliando nell1 animo di Cosimo III,
piissimo sovrano , sospetti contro il Bellini
come uomo di ree massime e irreligioso , ne
alienarono l’animo; ed ei fu costretto a passare gli ultimi anni della sua vita chiuso quasi
sempre in casa. A questo dispiacere un altro
domestico se ne aggiunse; perciocchè avendo
egli nel 1696, a istanza degli amici, presa in
moglie Leonora Mannozzi, la prima sera ch’egli ebbela in casa, sdegnato per un fanciullesco
scherzo di’ ella gli volle fare, la congedò, e
fu poscia costretto a pagarle ogni anno non
picciola somma di denaro. Gli fu di qualche
sollievo fra tanti disgusti l’onore a lui fatto da
Clemente XI, che l’anno 1701, per opera di
monsig. Lancisi, il dichiarò suo primo consultore nelle cose alla sua sanità appartenenti.
Morì con segni di cristiana pietà agli 8 di
gennaio del 1704, e fu sepolto nella chiesa di
S. Felice, ove anche erasi determinato di innalzargli un onorevole monumento j ma ciò
non fu mai eseguito.
XVI. Le opere del Bellini, stampate prima
separatamente più volte, furono poi insieme
riunite e pubblicate in Venezia nel 1708, in
due tomi in 4°j nella qual edizione però,
come avverte il co. Mazzucchelli, alcune sono
state dimenticate. La Dissertazione sulle reni,
come si è detto, fu la prima che dal Bellini si
pubblicasse. Ei non avea ancora veduta l’opera
su quelle parti scritta dal celebre Eustachio,
che gli venne alle mani solo alcuni mesi
XVI
Sue <>i>ere. 4^’3 LIBRO
appresso; e M. Portai dice (t. 3, p.191) ch’ei
merita fede, poichè paragonando insiem le
due opere. si conosce che quella dell Eustachio è molto superiore a quella del Bellini. Ei
nondimeno confessa che questa contiene molte
osservazioni importanti, eh1 egli stesso viene
indicando) tra le quali è la scoperta di que’
piccioli canaletti che dagli anatomici si son
poi detti ductus belliniani, scoperta che lo
stesso Malpighi, il quale dopo il Bellini scrisse
su questo argomento , a lui attribuisce sinceramente v O/j. posth. p. 52, ed. Amstelod.). Tre
anni appresso, avendo egli dal Borelli saputo
che il Malpighi! in Messina stava scrivendo intorno alla lingua, e che avea in essa scoperte
certe membrane prima non conosciute, volle
egli ancora scrivere sullo stesso soggetto, e le
loro Dissertazioni uscirono alle stampe nello
stesso anno 1665; nel qual tempo pure, avendo
il Borelli eccitato Carlo Fracassati a esaminare
lo stesso membro, avvenne che e il Malpighi
e il Bellini e il Fracassati, senza saper l’uno
dell’altro, vi scoprirono le papille nervose da
noi già indicate , nel che però sembra che al
Malpighi si debba la precedenza nella scoperta,
ma al Bellini la lode di aver ad esse attribuito
il senso del gusto. Avea egli ancora intrapresa
un’opera sulla respirazione e sulla separazion
della bile. Egli ne dà l’idea in una sua lettera
al gran duca Ferdinando II, che è stampala
tra le sue opere , e di cui anche ci dà l’estratto M. Portal, lodando alcune osservazioni
che fa in essa il Bellini. Ma egli non eseguì il
suo disegno, e di quest’opera non si ha che SECONDO ’ ^>3
1’accennata idea. Più altre osservazioni anatomiche si contengono in diversi opuscoli del
Bellini, e ne’ Discorsi d’Anatomia divisi in tre
parti, e pubblicati dal celebre Antonio Cocchi
in Firenze nel 1741 e nel 1744 Ma benchè
in essi più cose leggansi a questa scienza assai utili, e che scuopron l’ingegno e l’esattezza nell’osservare di questo scrittore, non
son però quelli che gli abbiano ottenuto più
nome} ed è certo ch’egli in essi e in altre
sue opere è caduto in varii falli, che sono poi
stati scoperti e confutati. Maggior fama han
conciliata al Bellini i suoi opuscoli medici De
urnis et pulsibus, De missione sanguinis,
De febribus De morbis capitis et pcctoris y cc.
Egli non seguì in essi l’antico metodo di ragionare secondo certi principii fondati più sull’immaginazione de’ medici, che sulla costituzione del corpo umano. Applicatosi a conoscere
la costruzione, la figura, le operazioni delle
diverse membra interne, l’indole degli umori
del corpo e le leggi con cui per esse si aggirano, ardì prima di ogni altro di applicare le
leggi della meccanica alla medicina , e il fece
con sì felice successo, che il Boerahave, nella
prefazione premessa agli Opuscoli del Bellini,
ristampati in Leyden nel 1717, afferma che
nella scienza della medicina non v’ ha alcuno
che si possa antiporre al Bellini. e appena
uno o due che gli si possano paragonare, perchè egli si diede a studiare la natura medesima, non fingendo a capriccio, ma osservando
minutamente ogni cosa, e spiegando tutti i
fenomeni che nell’uomo o sano o infermo si 464 LIBRO
veggono, secondo le infallibili leggi della meccanica , tratte dalla fabbrica del corpo umano
e dalla natura degli umori che per esso vanno
scorrendo (a). E che il Bellini fosse versatissimo nelle leggi della meccanica, si scuopre
ancora dalla dimostrazione da lui (data di quella
proposizione che è stimata il principal fondamento di questa scienza. cioè che la ragione
de’ momenti si compone dalle ragioni delle
forze assolute, e dalle distanze in cui operano; dimostrazione che Alessandro Marchetti
spacciò poi come sua , e fu più volte cagion
di contese forse non ancora finite. Intorno a
che veggasi il Saggio più volte citato del senator Nelli (p. 85, ec.), e le Lettere con cui
l’avvocato Francesco Marchetti si è sforzato
di difendere la memoria del suo genitore. Il
Bellini per ultimo fu valoroso poeta italiano;
ma di ciò sarà altrove luogo più opportuno a
parlare.
XVII. Sieguono ora alcuni altri anatomici che
se non furono ugualmente famosi che il Malpighi! e il Bellini, meritan nondimeno in questa
Storia onorevol menzione. Parla brevemente
(a) Monsig. Fabroni avverte ciò che prima di lui
aveaao accennato il dottor Targioni e il P. Niccolai
(Lezioni, t. I, p. 376), ebe par clic il Uclliui avesse
idea di quella universale attrazione, il cui sistema rese
poi tanto celebre il Newton: Quantum vero late pattai, dice monsig. Fabroni (p. 4 >) » haec via, quam
naturai s contractionis nomine appellai Bclhniu*, piùribus ille exposuit in propositione L suorum Opuscolo rum , qurm lortim qui leget , non nulla ibi cuni admirdtionc offendei, quac indicare et innuerc videntur
Si vv.unianarn attractioncm in tcrrcsiribus cvrporibus. SECONDO 4^5
M. Portai (l. cit p. 258) di Guglielmo Riva
astigiano, di cui , citando la testimonianza di
monsig. Lancisi, afferma che morì nel 1676
attaccato da una febbre pestilenziale, per essersi addormentato sotto una pianta nella Campagna Romana. Egli avverte che l’Haller ne ha
trovate in Gottinga 32 Tavole anatomiche le
quali rappresentano molti feti mostruosi, e ove
vedesi una nuova tavola de’ vasi delle reni, a
cui f autore ha aggiunte alcune riflessioni chirurgiche. Egli qui non ne cita alcun’opera} ma
altrove (t. 6, part. 2 , p. 768) ne indica due
osservazioni chirurgiche, stampate in Roma
nel 1663 e nel 1664* Era di fatto il Riva di
que’ tempi in Roma, e l’abate Michelangelo
Ricci, poi cardinale, scrivendo nel i(365 al
principe Leopoldo, Noi abbiamo qui, dice
(Lett. ined. t. 2, p. 131), un certo Sig. Guglielmo Riva molto esercitato nelle cose dell’Anatomia, il quale ha radunato varie osservazioni , a fine di stamparle un giorno, e i
rami sono quasi tutti intagliati. Me le partecipò
r altro giorno, e le sentii con sommo piacere,
perchè le novità di Pecquet, Bartolino ed altri
moderni francamente esaminandole, mostra in
fatto quali siano vere, e quali false, sempre
con anatomie reiterate che ha fatte de’ corpi
umani. Parecchie osservazioni chirurgiche del
Riva sono inserite nel primo tomo dell’accademia de’ Curiosi di Vienna, ed ivi egli è detto:
Jo. Gulielmus Riva Pcdcmontanus, fria tomi cu s
Romanus celeberrimae Chisianae Legationis in
Galliam, S. AI. Christianissimae ac Pontificis
Tiraboschi, Voi XIV, 3o 4*’^ LIBRO
Clementis JX (hirurgus (a). Cario Fracassati
professore di medicina prima in Bologna sua
(a) Belle notizie intorno al Riva, che fu chirurgo
del re di Francia e del pontefice Clemente IX., e che
morì in Roma a’ 17 di ottobre de! i(v>~, ci ha date
il ch. sig. dottor Antonio Mann ucci medico primariosopra mu imeni deir Arcispedale della t ousulazinne in
ltoina, dirette al sig. dottor Pietro Orlandi, e inserite
nell’Antologia romana (1788, lugl. n. 1, ec.). Io non
mi arresterò che sopra due cose, le quali son degne
di più esatta considerazione. La prima è che, come
abbiam veduto accennarsi dal cnrdinal Ricci, egli ave.»
apparecchiati e fatti intagliare più rami di descrizioni
anatomiche ch’ei disegnava di publicare; e di fatto
nel suo testamento, da lui steso fin dal 1 G(3.|, egli lasciò le sue Opere tP Anatomia, cioè li rami intagliati
della chililazione, circolazione e linfilazione co’ suoi
.scritti a ciò appartenenti al sig. Paolo Manfredi li ttore di Sapienza, con condizione che nello spazio di
un anno e mezzo dopo la sua morte dovesse darle
alla luce, al qual fine gli fece un legato di cento scudi.
Ma I* ordin del Riva, qualunque ragion se ne fosse,
non fu eseguito, e quell’opera si conserva ora scritta
in pergamena presso il suddetto sig. dottor Pietro Orlandi, che fin dal 1 di marzo del 1788 si compiacque
con sua lettera di darmene avviso. Essa ha per titolo:
Novissima, et inaudita usque ad saeculum praesens t jrfispida viva Physico-Anatomica de latice, in animante a
Jo: Guglielmo Riva Astense Doctore in medicina romano anatomico , etc. jamdiu private, osti usa , mox in
theatro publico indìgitata, obseiva’ ìonibus motto nuperr:mis oc. aere exaratix illustrala figurìs. ec. colla dedica
ad Alessandro VII, e vi si trovano sette Tavole anatomiche , le quali debbon esser diverse da quelle che si
hanno in Gottinga; perciocchè di fatto nell’.inventario
fatto dopo la sua morte, oltre questa grand1 opera , si
veggon indicati molti altri disegni d’anatomia. L’altra
cosa degna d’osservazione intorno al Riva , si è eli’ ei
fu uno de’ primi in Italia a tentare la trasfusione del sangue, c che fu forse il primo tra noi a tentarla negli SECONDO 4(ìpalna , poscia in Pisa, e di cui abbiamo già
latta menzione, fu avuto in conto di valoroso
uomini. Io non mi tratterrò qui a cercare a chi si debba
la gloria di aver prima d: ogni altro tentata la trasfusione del sangue di un animale in un altro. Il dottor
Giovanni Targioni Tozzetti riferisce i passi di diversi
scrittori tedeschi e inglesi, che prima della metà del
secolo di cui trattiamo, l’aveano progettata, e osserva
che fin dal secolo precedente il Cardano ne avea parlato, come di cosa da alcuni creduta possibile. Ei reca
ancora un passo dell’opera di Domenico Folli da Poppi,
in cui dice di aver avuto fin dal 1652 l’idea della trasfusione del sangue (Aggrandimenti ec. t. 1, p. 261, ec.).
(Checchè sia di ciò, pare che il primo ad eseguirla in
Italia fosse il celebre Gemignano Montanari modenese.
Nel Giornale de’ Letterati d’Italia, stampato in Roma
I anno 16G8, si parla (p. 91) della sperienza da lui
fatta in Bologna in casa del Cassini nel maggio del 1667,
in cui il sangue cavato totalmente a un agnello, che
perciò ne morì, fu trasfuso in un altro che visse sette
mesi dopo, e si riporta una relazione fattane dal medesimo Montanari. Innoltre nello stesso anno 1668 fu
stampata in Roma la relazione Dell3Esperii n%e falle in
Inghilterra, Francia ed Italia intorno alla celebre e
famosa trasfusione del sangue per tutto gennaro 1668;
e fu ristampata l’anno stesso in Bologna, colla continuazione fino a tutto il maggio del detto anno, della qual
seconda edizione ha copia questa ducal biblioteca; e vi
si narrano diverse esperienze fatte su ciò in Roma dal
chirurgo Ippolito Magnani. Ma più ardito fu il Riva ,
il qual volle tentarla negli uomini; e tre ne trovò che
vi si sottomisero. Se ne ha la relazione stampata in
un foglio volante, che conservasi nella Casanatense di
Roma, scritta in latino, e autenticata da quattro medici
testimonii di veduta, di cui mi ha trasmessa copia il
soprallodato sig. dottor Orlandi. Dicesi in essa che nel
dicembre del 1667 avea il Riva fatta la trasfusione del
sangue di tre castrati in tre uomini con metodo più
dolce di quello che usavasi in Francia e in Inghilterra,
perche face vasi sine venne extraelione vcl cxcoriaUouc, 4(’8 LIBRO
anatomico, e diversi opuscoli se ne hanno alle
stampe, e alcuni di essi inseriti nelle Transazioni filosofiche. M. Portai dice (l. ciL p. iy5)
che essi sono molto inferiori a cjue1 del Malpigli. Egli stesso però ne loda alcune osservazioni , e singolarmente il valore con cui combatte l’opinione del Willis sull1 orìgine de* nervi
e sulle funzioni vitali. Altre opere e altre notizie di questo scrittore si posson vedere presso
il P Orlandi (Scritt. bologn. p. 81) (a). Maggiori elogi fa M. Portai delle due opere anatomiche di Antonio Molinetti veneziano (l. cit
p. 3<)3), professore tf anatomia e di medicina
in Padova, ove, con raro esempio, giunse ad
avere tino a 1600 fiorini di stipendio (Facciai.
I»
ma col solo foro usato nel salasso un po’ più largo. Di
questi tre uomini così curati, il primo, cioè il signor
«iotlor Gianfrancesco Sinibaldi, in cui, essendo tisico
marcio, nè potendosi cavargli sangue, l’operazione non
potè riuscire, morì di quel male alcuni mesi dopo; un
altro che da sedici giorni avea continuamente la febbre,
essendo essa cessata, era partito da Roma, nè più erasene udita novella; il terzo, che già da 36 giorni era
travagliato da febbre terzana, il terzo giorno ne era rimasto libero. I nostri valorosi medici decideranno se
queste sperienze bastino a provar utile la trasfusione
del sangue, la qual però ebbe contraddittori in gran
numero, e assai pochi seguaci. Ho voluto parlare con
qualche estensione di queste sperienze, perchè esse,
soltanto però negli animali, sono state più volte e felicemente rinnovate in questi ultimi anni da’ valorosi
professori di questa università nel palazzo di S. E. il
sig. marchese Gherardo Rangone magnanimo e inlendentissimo protettore dei buoni studi.
(a) Veggasi ancora il dottor Gio. Targioni Tozzetti
(Aggrandim. ec., t. 1, p. 270, ec., 294, ec.). SECONDO
Fasti, pars 3, p. 345), e morto nel 1675. La
prima è intorno a’ cinque sentimenti del capo;
la seconda e una descrizione di tutte le parti
di esso. Il suddetto scrittore compendia le belle
osservazioni da esso fatte singolarmente sull’occhio e sul cervello , e loda il congiungere che
ingegnosamente egli ha fatto la fisica coll’anatomia. Ei fa ancora onorevol menzione dell’Anatomia di Bernardo Genga, stampata in Roma
la prima volta nel 1675, e i Comenti da lui
pubblicati nel 1694 sugli Aforismi d’ippocrate,
che spettano alla chirurgia (l. cit. p. 508); e
l’Anatomia dell’ossa di Domenico Gagliardi,
stampata in Roma nel 1689, e ristampata in
Leyden nel 1723, e la dice piena di riflessioni
originali e degne di elogio (t. 4? p• 107, ec.);
e finalmente le Osservazioni Anatomicho-mediche di Giambattista Fantoni bibliotecario, medico e consigliere di Vittorio Amedeo I duca
di Savoia, stampate in Torino per opera di
Giovanni di lui figliuolo ed erede nel saper
medico e anatomico (ib. p. 229, 269) (a). E
(a) A questi celebri anatomici doveasi unire monsignor Giammaria Castellani nato in un luogo detto le
Calcare nella diocesi d’Alba, ma nello Stato di Genova,
medico primario dell’arcispedale di S. Spirito in Sassia, e professore d’anatomia e di chirurgia della Sapienza romana e archiatro di Gregorio XV, e mogio
l’anno i(y>5. Intorno a lui ha raccolte le più esatte
notizie il soprallodato ch. sig. dottor Pietro Orlandi romano, e mi ha fatto l’onore d’indirizzarmele, inserendole nell’Antologia romana (1788, dic. n. 25, 26).
Oltre qualche opuscolo anatomico da lui pubblicato,
osserva egli che, per testimonianza dell” Allacci scrittore 47° LIBRO
ciò basti degli scrittori d’anatomia, per dimostrare che questa scienza, anche nel secolo di
cui scriviamo, dovette in gran parte all’Italia
i nuovi e felici progressi ch’ella venne facendo.
Solo ad essi io aggiugnerò uno che, se non
fece conoscer co’ libri quanto ei ne sapesse,
mostrollo col fatto, e in modo dt fame stupirr f accademia delle Scienze in Parigi. Ei fu
Gaetano Giulio Zumbo siracusano, che nel 1701
presentò a quell’accademia una testa umana
da lui formata di cera, in cui tutte le più minute parti , le vene, le arterie’ , i nervi, le
glandole, i muscoli, vi si vedevano espresse,
ed ogni cosa colorita al naturale (Hist. de l’Acad. an. 1701, p. 57). Ei morì poco appresso,
e l’accademia pianse la perdita dell’ammirabil
segreto di cui egli avea usato in quel sì raro
lavoro. Questo medesimo artefice. essendo in
Genova, avea lavorato in cera una Natività del
Redentore e una Deposizion dalla Croce, opere
amendue maravigliose, che furon poi trasportate
a Parigi, e delle quali leggesi la descrizione
con temporaneo, il Castellani formò alcune grandi c insigni tavole anatomiche, ed egli erede con ottime e
ben fondate ragioni che siano quelle medesime che
van sotto il noine di Pietro lìerettini da C.ortona, e
che furono pubblicate la prima volta nel I73i in Roma
coi Conienti di Gaetano Petrioli, e poi ivi di nuovo
nel 1781) coi Comrnti del dottor Francesco Petraglin;
le quali tavole da alcuni erano state falsamente attribuite al Riva. di cui si h parlato poc’anzi, da altri
al Veslingio. Abbiamo anche veduto altrove che 11 mousig. Castellani decsi la prima origine della biblioteca Casauatense. SECONDO 471
nel Journal des Savari s (an. 1707 , Suppl,
p. 450 , ec.).
XVIII. Nè meno felice fu lo stato delf arto
medica, la quale essendo colf anatomia sì strettamente congiunta, dee necessariamente o fiorire con essa , o con essa giacere dimenticata
e negletta. Più copiosa ancora che quella degli
anatomici è la serie de’ medici; e perciò più
ancora ci è qui necessario l’usare di una prudente scelta, lasciando in disparte quelli che
scrissero di medicina, sol perchè vollero farsi
autori, accennando coloro il nome de’ quali è
ancora in qualche venerazione, e alquanto più
a lungo stendendoci nel ragionare di quelli di
cui è più chiara la fama. Fortunato Fedeli siciliano, morto in età di 80 anni nel i(>3o, fu
il primo che adattasse la medicina agli usi legali , scrivendo l’opera che ha per titolo: De
Relationibus Medicorum libri quatuor, in quibis ea omnia, quae. in forensibus ac publicis
causis medici referre solent, pienissime tnuluntur, cheTu stampata prima in Palermo nel 1602,
e fu creduta degna di essere ristampata in Lipsia nel 1674, oltre alcune altre opere mediche
da lui pubblicate, che si annoverano dal Mongitore (Bibl, sicula, t. 1, p. 199). Giambattista
Codronchi medico imolese si accinse, forse
prima d’ogni altro, a scrivere le Effemeridi
annuali delle malattie; e l’an 1603 stampò
in Bologna la descrizione e f esame di quelle
che l’anno precedente si eran vedute in Imola
Di lui ancora si ha un Trattato su’ difetti della;
voce, stampato (fin dal 1597 in Francfort. Bar
tolommeo Castelli fu il primo autore ili ui 4?2 IJBUO
Lessico medico latino e greco, di cui dopo la
prima edizion veneta del 1607 annovera l’Haller fino a 13 altre edizioni, nelle quali da alcuni esso fu poscia di molto accresciuto (Bibl.
botan, t. 1, p. 438). Di Marsilio Cagnati veronese, che fu medico di molto nome in Roma,
ci ha lasciato un grande elogio f Eritreo (Pillar odi. pars 1. p. C)7), e dopo lui lì marchese
Maff’ei (l er. ili par. 2,p $379) che ne accenna
le molte opere date in luce. Prospero Marziani
sassolese, che al tempo medesimo esercitava la
medicina in Roma, avendo scritte alcune annotazioni sulle opere del Cagnati, queste furono
censurate e riprese da due altri medici Aezio
Cleto e Giovanni Manelfi. Ma in difesa del padre,
morto nel 1622, sorse Francesco Marziani di
lui figliuolo, e con una sua opera intitolata
Anti-paralogismus, stampata nello stesso anno,
difese il padre insieme e il Cagnati. Di Prospero
abbiam di fresco avute assai esatte notizie
scritte dal sig. Cammillo Baffi e inserite in
questo Giornale di Modena (t. 13), ove anche
si annoverano diverse opere da lui pubblicate,
e si riferiscono gli elogi che altri scrittori di
medicina ne hanno fatti. Due assai pregiate
Dissertazioni pubblicò ne’ primi anni del secolo
Domenico Terillo medico veneziano, una sulle
cagioni della morte improvvisa, l’altra sull’uso
de’ vescicanti. È ancora in pregio tra’ medici
l’opera di Tommaso Cornacchini d’Arezzo,
stampata in Arezzo nel 1607 , col titolo Medicina practica rationalis et empyrica, in cui
assai esattamente descrive le malattie, e saggiamente ne proporle i rimedi. SECONDO ^73
XIX. Di mezzo a questi medici un altro ci
si fa innanzi che, pe’ libri da lui pubblicati e
per le vicende della sua vita, è degno di particolar ricordanza. Ei fu Girolamo Mercurii romano , di cui a lungo ragionano, dopo altri
scrittori, i PP. Quetif ed Echard (Script. Ord.
Praed. t. 2, p. 38). In età giovanile fu alle
università di Bologna e di Padova , ed attese
principalmente allo studio della medicina, in
cui tra gli altri maestri ebbe Giulio Cesare
Aranzi da noi nominato nella Storia del secolo
precedente. Entrò poscia nell1 Ordine de" Predicatori , e si rivolse allora agli studi proprii
della nuova sua professione, ma senza abbandonare la medicina , cui non solo continuò a
coltivare, ma diessi ancora a esercitarla, singolarmente in Milano, ove era da molti richiesto nelle lor malattie. Un religioso medico era
un oggetto troppo straordinario, e perciò il
Mercurii divenne presto il bersaglio delle dicerie di molti; ed egli, sdegnato al vedersi ancora tra i suoi non curato, anzi, come a lui
parve, perseguitato per l’esercitar eli’ ci faceva
la medicina, gittato l’abito religioso, fuggì dal
chiostro, e andò aggirandosi per diverse provincie, prendendo allora invece di quel del Girolamo il nome di Scipione, che era quello
probabilmente che avea ricevuto nascendo. Ei
corse allora quasi tutta l’Europa; perciocchè
racconta egli stesso di essere stato due anni
in Francia col carattere di medico di Girolamo
Lodrone comandante delle truppe tedesche
sotto Anna di Gioiosa, di aver soggiornato
anche in Ispagna , e di aver esercitata la
XIX.
Soliti*
(•iroluM«rcn* 47 t LIBRO
medicina in diverse città d’Italia. Per varii anni
fu in Peschiera sul Veronese, ove egli si vanta
di aver preservati molti di quegli abitanti dalla
insalubrità dell’aria, a cui quel castello era soggetto; ed ivi ancora avea egli fatto acquisto di
un picciol podere per passarvi in pace la sua
vecchiezza. Ma pentito finalmente dell’errore
commesso nell’abbandonare la Religione, e ottenuto il perdono del suo fallo, ad essa fece
ritorno circa il principio del secolo XVII, e in
essa poi visse costantemente riparando con una
non ordinaria pietà gli antichi suoi errori, finchè circa il 1615 chiuse i suoi giorni in Roma.
I suddetti scrittori ci danno il catalogo delle
opere da lui pubblicate, fra le quali le più utili
alla medicina sono la Commare o Raccoglitrice.
opera più volte stampata, nella quale descrive
minutamente i diversi casi che posson nascer
ne’ parti, e il metodo che dee in essi tenersi;
e quella intitolata Degli errori popolari d’Italia,
in cui ragiona de’ falli che spesso commettono
i medici o nel prevenire, o nel conoscere, o
nel curare le malattie; e benchè usi di uno
stile diffuso troppo ed incolto, propone nondimeno riflessioni e sperienze che possono essere nella medicina di molto uso.
XX. Niuno però de’ medici finor nominati è
celebre nei fasti di questa scienza per importanti scoperte e per nuovo sistema in essa introdotto. Non così Santorio Santorio, a cui la
sua Medicina statica ha acquistato un tal nome,
che, finchè quest’arte sarà conosciuta, vivrà
immortale. Egli era natio di Capo d’Istria , e
avea fatti i suoi studi in Padova, ove ebbe la SECONDO
laurea. Dopo avere esercitata per alcuni anni
la medicina in Venezia, nel 1611 fu chiamato
alla prima cattedra di medicina teorica nella
suddetta università (Facciol. Fasti, pars 3 ,
p. 244) collo stipendio prima di 800, poscia
di 1500 fiorini. Ivi diedesi egli a fare le osservazioni che poscia espose nell1 opera poc1 anzi
accennata. Benchè gli antichi medici avessero
scritto sulla traspirazione, e un trattato di essa
avesse pubblicato il celebre Cardinal Niccolò da
Cusa , niuno però avea fatte sopra essa quelle
sì esatte riflessioni che vi fece il Santorio, nè
aveane formato un compito sistema. Egli ne
esaminò la necessità e la quantità , e mostrò
che la materia che per essa si evacua, è maggiore di quella che si fa per tutte le altre evacuazioni insieme; osservò le diverse maniere
con cui essa siegue 5 calcolò la proporzione
ch’essa ha col cibo e colla bevanda , con riguardo però alla diversità del clima, della stagione, della complessione, dell’età; le diverse
vicende a cui essa è soggetta, secondo i diversi stati del corpo 5 e gli utili o dannosi effetti che alla sanità ne derivano. La bilancia
da lui ideata per fare tutte queste sperienze ,
e di cui egli servi va si continuamente, gli agevolò l’accertare le osservazioni che su ciò egli
andava facendo, e che poscia egli descrisse
nella sua Medicina statica, stampata la prima
volta in Venezia nel 1 (> 14- Poche opere mediche hanno avuto applauso uguale a questa e
ugual numero di edizioni. Fino a venti ne annovera M. Portal (t. 2 , p. 389()), e forse più
altre se ne potrebbono aggiugnere. Fu tradotta 4;6 LIBRO
anche in italiano, in francese, in tedesco c in
inglese, e parecchi medici valorosi 1’ hanno illustrata con note. Dello stesso autore abbiamo
ancora i Comenti sulla prima parte del Canone
d’Avicenna, un trattato sul taglio della pietra,
un’opera intitolata Methodus vitandorum errorum omnium qui commi tu fjossunt in arte medica , e alcune altre accennate dal Papadopoli
(Hist. Gymn. patav. t. 1 , p. 362); e benchè
esse non siano pregiate come la prima , vi si
contengono nondimeno parecchie osservazioni
alla medicina assai utili. Egli era ingegnosissimo
nell’ideare e nel fabbricare diversi strumenti
alla stessa arte opportuni. Alcuni ferri per
estrarre la pietra , una macchina per prendere
i bagni, un letto di nuova foggia pe’ feriti, alcuni termometri per conoscere il grado di calor negl’infermi, una macchina per iscoprire la
diversità de’ polsi, ed altri diversi stromenti
eli’ ei descrive nelle sue opere, son pruova
della fecondità del suo ingegno. Non è perciò
a stupire ch’ei fosse richiesto da molti nelle
lor malattie, e che perciò, dopo tredici anni,
lasciasse la cattedra per passare a Venezia. Il
senato però non volle che a lui fosse o tolto
o sminuito l’ampio stipendio di cui prima godeva. Morì in Venezia in età di 75 anni, a’ 24
di febbraio del 1636 e nel chiostro de’ Servi,
ove fu sepolto, gli venne innalzata una statua
di marmo ad eterna memoria di un uomo che
tanto avea illustrata la medicina.
XXI. Quando il Santorio da Padova passò
a Venezia, ebbe nella sua cattedra per successore il conte e cavaliero Pompeo Cainio SF.CONUO
udinese, il quale prima era stato professore e
medico in Roma (a), ma più felice, come narrasi dall1 Eritreo (Pinacoth. pars 1, p. 4#)
nelP insegnar dalla cattedra , che nell’assistere
agl’infermi. Egli ebbe ivi gravi inimicizie con
Cesare Lagalla napoletano, medico esso ancora
famoso, di cui pure ci ha dato l’elogio il medesimo Eritreo (ib. p. 223). Ma chi crederebbe
che le liti fra questi due medici fossero non
già sulla spiegazione di qualche aforismo d’ippocrate, o sul metodo di sanar qualche infermo, ma chi tra essi piacesse più alle donne?
nel che il Caimo pretendeva per la sua rara
bellezza di essere molto superiore al Lagalla,
come narra lo stesso scrittore. Del Caimo parla
a lungo il Papadopoli, che ne annovera ancor
le opere, e racconta (l. cit p. 361) che nel 1631
infierendo la peste in Padova, egli non si diè
già al servigio degli appestati, come narra
M. Portal (l. cit p. 458)? ma ritirossi alla
patria, nè perciò potè schivare la morte, che
il rapì l’anno stesso , contandone egli 63 di
età. Molte opere mediche abbiam parimente
di Giovanni Manelfi medico assai accreditato
in Roma ai tempi di Urbano VIII, fra le quali
merita di essere rammentata per la natura dell’argomento quella De fletu et lacrimis, c di
(n) Il Mundosio ha annoverato il Caimo trn7 medici
di i’aolo V. Ma il sig. abate Marini lo ha escluso dal
Ine catalogo, benché ei creda non abbastanza l’ondato
ciò che narrasi dall7 Eritreo , eli5 ei ricusasse quell1 impiego, a cui dui pontefice era stato invitalo, mosso da
superstizioni uslrologiche (Degli Orciài tri ponti/, t. i,
P- 4‘j4)47 3 ubro
Giulio (’osare Chiodini o Ghindino bolognese,
professore nell università della sua patria j e
tra esse son celebri quella singolarmente t De
ingressu ad Infirmos, e quella intitolata Empyrica rationalis, che fu poi pubblicata da
(Giulio Cesare il giovane (V. Orlandi, Scritt.
bologn. p. 180; Fai ita zzi, Scritt bologn. t. 3,
p. 157). Paolo Zacchia romano fu uno de’ più
dotti medici dell’età sua, e il sapere ne fu
tanto più ammirabile, quanto più si stese a
ogni genere d’erudizione , e non solo alle
scienze , ma alla pittura ancora , alla musica,
alla poesia, all’eloquenza. Fu medico del pontefice Innocenzo X, e visse fino al 1659 , in
cui, in età di 75 anni, venne a morte. Le
opere da lui composte e date alla luce si annoverano in parte dall’Allacci (in Apibus urban.), e più compitamente dal Mandosio (Bibl.
rom. t. 1, p. 102, ec.), i quali ancora accennano , o riferiscono gli elogi con cui hanno
di lui parlato molti scrittori di que’ tempi.
Fra queste opere sono le più pregiate quelle
De’ Mali ipocondriaci, e Del Vitto quadragesimale, scritte in lingua italiana. Ma maggior
fama ancora egli ottenne colle sue Questioni
medico-legali, di cui si fecero varie edizioni,
e quella singolarmente nel 1688 in Francfort
in tre tomi in folio. M. Portal sembra che non
sappia finire di lodare quell’oper i (l.cit.p. 429)Ei dice che è una delle migliori che i medici
italiani abbian prodotte, e che noi possiamo
vantarci di aver pubblicati intorno alla medicina i migliori libri che si abbiano} ch’egli ha
composta quest’opera in favore de’ giureconSECONDO
suiti destinati a decidere di questioni medicolegali, e in favore de1 medici obbligati dal loro
stato a far relazioni alla giustizia; ch’egli è
osservatore giudizioso ed esatto, e versatissimo
nell1 anatomia, sulla quale ci ha date importantissime osservazioni; aggiugne che nell’esercizio della medicina non è possibile Y esser
privo di una tal opera; invita que’ che non
l’hanno a farne f acquisto; dice che sarebbe
a bramare eh1 essa fosse spiegata nelle diverse
scuole della Francia, e che aggiugnendovi alcune particolarità, tratte dalle leggi di ciascheduna provincia, si avrebbe in essa un corpo
perfetto di medicina legale.
XXII. Molti famosi medici ebbe in questo
secolo il regno di Napoli; ma di tre soli, che
furono per avventura i più illustri, io dirò
brevemente. E sia il primo Leonardo da Capoa. Egli insiem con Cornelio, da noi nel precedente capo lodato, si affaticò a sbandire da
quella provincia f antica barbarie, e a spargervi le nuove scoperte de’ recenti filosofi. Fu
ivi professore di medicina e di filosofia, e
coltivò ancora la storia naturale; del quale suo
studio diè pruova al pubblico nelle sue Lezioni
intorno alla natura delle Mofete. Libero da’
pregiudizii che anche nelle scienze si sogliono
introdurre, oltre il Parere sopra f origine e il
progresso della Medicina, stampato in.Napoli
nel 1681, pubblicò ivi ancora otto anni appresso i Ragionamenti intorno ali incertezza
de medicamenti, ne’ quali agli encomiatori di
questa scienza è sembrato eli1 ei Y abbia oltre
il dovere depressa. Di qualche altra opera da 4$° LIBRO
Imi pubblicata, e di alcune:»Il.ro appartenenti
alla poesia eli1 egli avea composte, e che gli
furono involate, veggasi la Vita di esso scritta
da Niccolò Amenta, e inserita tra quelle degli
Arcadi illustri. Luca Tozzi, nato in Anversa
nel 1638, fu egli ancora professore di molto
grido nell1 università di Napoli; e tal fama era
sparsa di lui per f Italia, che f università di
Padova lo invitò alla cattedra di medicina. Ma
egli non volle allora abbandonare il regno, di
cui fu fatto regio protomedico generale. Nel i6j)5
fu chiamato a Roma a succedere al gran Malpighi nella carica di medico del pontefice Innocenzo XII, da cui fu anche nominato suo
cameriere, e professore di medicina nella Sapienza. Dopo la morte di questo pontefice, ei
fu destinato ad essere prima medico del re
di Spagna Carlo II, e già erasi posto in viaggio verso Madrid; ma giunto a Milano, e udita
ivi la morte di quel monarca, volse i passi
addietro, e tornossene a Napoli, ove poscia
morì nel 1717. Oltre un Discorso della Cometa, da lui stampato in età giovanile nel 1664,
ei pubblicò un Corso intero di Medicina , diviso in due parti, nella prima delle quali comprendesi la teorica, la pratica nella seconda;
alcuni Comenti sugli Aforismi d Ippocrate , ini
Trattato sul Caffè , sul The e sul Cioccolate,
e alcuni altri opuscoli. Finalmente Luca Antonio Porzio, nato nel 1637 in Pasitano nella
Costa d1 Amalfi , fu dapprima professore in Napoli , indi nel 1670 nella Sapienza di Roma;
di là passò a Venezia, e nel 1684 in Allemagna , e soggiornò per alcuni anni in Vienna. SECONDO 4^1
Ma provando poscia quel clima alla sua salute
nocivo, ripatriò, ed ebbe in Napoli la cattedra
d’anatomia, cui sostenne fin verso il 1715.
Molte sono le opere fisiche e mediche e di
storia naturale da lui composte, delle quali si
può vedere il catalogo nelle Biblioteche napoletane. Io accennerò solo quella da lui stampata in Vienna col titolo De militis in castris
sanitate tuenda, nella quale fu egli il primo
che rivolgesse agli usi militari la medicina.
XXIII. Un famoso medico raguseo, ma allevato e vissuto sempre in Italia, dee egli pure
avere in questa Storia quell1 onorevole luogo
che al raro di lui merito è per ogni riguardo
dovuto. Ei fu Giorgio Baglivi, che nato in Ragusa circa il 1669, e trasportato in età fanciullesca a Lecce, ivi, e poi anche in Salerno,
in Napoli e in Bologna con tal fervore e con
tale felicità si rivolse allo studio di questa
scienza, che ottenne presto la fama di dottissimo medico. Stabilitosi quindi in Roma, vi
ebbe nel i(3g5 la cattedra di chirurgia e di
anatomia nella Sapienza, e la sostenne per più
anni con sì grande onore, che ne divenne
celebre il nome in ogni parte d’Europa. L’Imperiale Società d1 Augusta e la Reale di Londra
lo ammisero tra’ loro socii, i più dotti uomini
di quell’età ambirono di aver con lui commercio di lettere, e ne parlano con sentimenti
di somma stima; e i forestieri più illustri che
venivano a Roma, non credevano di aver soddisfatto abbastanza all1 erudita loro curiosità ,
se non conoscevano il Baglivi. Nel congresso
letterario di monsig. Ciampini e nella erudita
Tiraboscui, Voi, XIV. 3i 483 LIBRO
conversazione di monsig. Marcello Severoli, a
cui interveniva frequentemente, era considerato
come uno de’ principali ornamenti di quelle
illustri adunanze, e così pure dell’Arcadia di
Roma, benchè le sue troppo più serie occupazioni non gli permettessero il coltivare la
poesia. Ma egli fu da immatura morte rapito
nel più bel fiore delle speranze, a’ 17 di giugno del 1707, in età di soli 38 anni. Il conte
Mazzucchelli, da cui abbiam tratte in compendio queste notizie, ci ha ancor dato il catalogo (Scritt. ital. t. 2, par. 1, p. 51, ec.) di
tulle le opere da lui composte e date alla luce , che oltre diverse particolari edizioni, furono anche fino a undici volte almeno congiuntamente stampate. Fra esse si hanno in
grande stima i due libri De Praxi medica,
stampati la prima volta nel 1696, mentre egli
era ancora in età assai giovanile, i quali talmente parvero opera d’uom consumato e maturo , che nacque dubbio in alcuni che il Baglivi, avendo trovata un’opera inedita di qualche
valoroso medico, l’avesse spacciata qual sua ,
e forse il dubbio avrebbe trovata fede, se
coll’altre sue opere ei non avesse poi sostenuta la fama che con quella erasi conciliata.
Molte delle opere del Baglivi appartengono all’anatomia, e singolarmente i quattro libri De
Fibra motrice ac morbosa, ne’ quali però
M. Portal si duole (t. 4 > P- 2491 C^1C dopo
avere disapprovati coloro che di ogni cosa
forman sistema, si mostri egli pur non esente
da questo difetto. Due accuse venner date al
Baglivi riguardo a quest’opera, cioè di aver SECONDO 483
fatta sua la scoperta delle dura meninge, che
dicevasi osservata già dal celebre dott. Antonio
Pacchioni reggiano, e di essersi dato il vanto
di aver prima di ogni altro trattato l’argomento de morborum successionibus, il quale
già era stato trattato da un altro illustre medico reggiano, cioè da Giovanni Casalecchi,
benchè l’opera di questo nè avesse allora, nè
abbia mai veduta la luce. E il co. Mazzuo
clielli riflette che il Baglivi si difese ben felicemente contro la prima accusa; ma che non
è sì agevole il difenderlo dalla seconda (a).
XXIV. Noi potremmo qui ancora innoltrarci
a parlare di monsig. Giammaria Lancisi romano
e di Giuseppe Lanzoni ferrarese, che (fin dagli
ultimi anni del secolo di cui scriviamo, ottenner gran nome tra’ medici, ma amendue sopravvisser ancor più anni del secol presente,
non essendo morti che nel 1725 il primo,
nel 1730 il secondo , e ad essi perciò deesi
con più ragione dar luogo nella Storia dei nostri tempi. Io conchiuderò dunque la serie de’
medici col ragionare di un dotto medico carpigiano, cioè del dottor Bernardino Ramazzini,
che se non giunse ad uguagliar la fama di un
Malpighi, di un Bellini e di un Santorio, per
la moltitudine però, per la varietà e per l’erudizione delle sue opere, è meritevole di distinta
menzione. La Vita che ne ha scritta il dolici1
(a) Del Casaleccln e del Pacchioni lio parlato a Iiiiij^o
nella biblioteca modenese (t. 1, p. 313; t. 3, p.
c questo secondo meriterebbe di esser qui rammentato
con distinzione, se non appartenesse p.u al secol nostro
che al precedente.
XVIV.
Di iWimr•linn llainaamiai. 484 LIBRO
Bartolommeo Haraazzini di lui nipote, e il bell’elogio degnissimo della pubblica luce che
nell’anno 1777 ne ha recitato nel riaprimento
di questa università di Modena il ch. sig. dottor Michele Araldi, ci agevoleranno il parlarne,
e il dare idea de’ lumi che su questa scienza
egli sparse (a). Carpi fu la patria del Ramaz’/.ini, che ivi nacque nel i633 da Bartolommeo
e da Caterina Federzoni. Prima nelle scuole de’
Gesuiti nella sua patria , poscia in Parma attese agli studi delle lettere e delle scienze, e
della medicina principalmente, cui poscia praticò per alcuni anni in Roma. Nel 1671 si stabilì in Modena, ove nel 1G82 avendo il duca
Francesco II fondata l’università, ei ne fu eletto
primo professore di medicina teorica, e recitò
in quell’occasione l’orazione da noi altrove accennata. Nel tempo medesimo eccitossi tra lui
e il dottor Giannandrea Moncglia la famosa
contesa sulla morte della marchesa Martellini
Bagnesi, che molte scritture produsse da una
parte e dall’altra, e nella quale il Ramazzati
ebbe agio di far palese il molto suo sapere
nell’arte medica, come si può vedere dalla diffusa relazione di tal contesa dataci dal Cinelli
(Bibl. volante, t. 4 , p- n4)- <piesta città
fu ascritto all’accademia de’ Dissonanti; perciocché della poesia ancora dilettavasi il Ramazzini, e oltre un Centone tessuto co’ versi
{a) Della vita e delle opere del Ramazzini si è parlato alquanto più stesamente nella Biblioteca modenese
(t. 4, p. 240, ec.), e ne ha anche scritta elegantemente la Vita monsig. Fabbroni (Vitae Italor. t. 14»
p. 62). SECONDO 4o5
di \ irgli io in lode del re Luigi XIV, stampalo
qui nel 1677, alcune non ineleganti elegie se
ne leggono nella poc’anzi citata Vita. Ma la
medicina e la fisica ne formavano il principale
studio e la più dolce occupazione. Nel 1690
cominciò a pubblicare le sue Osservazioni sulla
costituzione e sulle malattie di quell’anno, e
continuò a farlo per quattro anni seguenti; e
appena si sparse quest’opera ne’ paesi stranieri,
che grande fama ne venne all’autore, ed ei si
vide onorevolmente ascritto all’accademia de’
Curiosi della Natura di Vienna col gloriosissimo
titolo di terzo Ippocrate, e da tutti i più dotti
medici dell’Europa altamente encomiato. I celebri fonti modenesi furono anche dal Ramazzini attentamente considerati; ed egli nel 1691
ne pubblicò la descrizione, nella quale avendo
egli fra le altre cose scoperto il plagio dell’inglese Burnet che nella sua Teoria sacra della
Terra avea spacciato qual suo un capriccioso
sistema ideato già dal Patrizii, come noi pure
parlando di esso abbiamo osservato, quest’opera fu in Inghilterra accolta con tanto applauso, che venne tradotta in inglese, e di nuovo
stampata. Più ancora si diede a vedere l’acuto
ingegno del Ramazzini nelle sue Effemeridi barometriche, stampate in Modena nel 1695, nelle
quali avendo egli osservato l’abbassarsi che fa
il mercurio ne’ tubi, quando l’aria pregna di
umori sembra esser più grave, ei si fa a spiegare il fenomeno; e a me, ugualmente che la
spiegazione del Ramazzini, sembra ingegnosa
l’osservazione che fa sopra essa il soprallodato
dottor Araldi, di cui perciò non sarà discaro LIBRO
a chi logge die io rechi qui le parole: Ei ne
reca, dice, una sua spiegazione, che oltre all’essere ingegnosissima, o io molto tu’ inganno,
o in sè rinchiude siccome! il germe d’una intera teoria, che sembra assai più recente, e
nata anzi solo a’ dì nostri « sopra la natura
e le cagioni dclF evaporazione; perchè congetturando egli, che però l’atmosfera nelle accennate circostanze s’alleggerisca, perchè il copioso umido, che seco recano i venti portatori
delle nuvole e della pioggia, ne. separa e precipita al basso le particelle iF altra natura più
mas siede e pesanti raccolte in essa, e costrette
a cedere il luogo alle sopravvegnenti acque, di
cui è F aria secondo esso avida e bibula sopra
modo, manifestamente si scorge ch’egli immagina i vapori non già misti unicamente, e sospesi, e nuotanti nell’aria, come pare che fino
a questi ultimi tempi siasi comunemente opinato, ma sibbene ad essa strettamente congiunti,
e per una perfetta ed intima combinazione accoppiati, e conseguentemente ch’egli attribuisce
all’aria stessa l’attività e la forza di vero solvente; per cui essa dalle, sostanze pressochè
tutte sparse sulla faccia del globo stacchi le
minime loro molecole, e a sè le. attragga e le
unisca, nelle (quali due proposizioni consistono
appunto, se non sono ingannato, le principali
novità, cui si pregiano di avere scoperto alcuni
valenti fisici de’ nostri dì. Egli ebbe alcuni avversarii della sua opinione, e fece loro l’onore,
forse da essi non meritato, di rispondere alle loro
obbiezioni. Ma ebbe anche il piacere di veder
la sua opinione approvata dal gran Leibnizio, SECONDO 487
che alla teoria del Ramazzini! aggiunse poscia
chiarezza e perfezione maggiore, Io non farò
un minuto catalogo di tutte le altre opere mediche del Ramazzini, fra le quali abbiamo ancora molte orazioni da lui dette in diverse occasioni. Ma due singolarmente furono da’ dotti
onorate di grandi encomii, cioè quella delle
Malattie degli Artefici, a cui in una seconda
edizione aggiunse un Trattato sulla sanità delle
Monache, e quella della Conservazione de’ Principi, da lui dedicata al figlio del duca Rinaldo I,
allora principe ereditario, e poscia duca Francesco III. Sulla fine del 1699 fu il Ramazzini
chiamato alla seconda cattedra di medicina nella
università di Padova, e dieci anni appresso fu
promosso alla prima con decreto onorevolissimo
di quel senato, in cui si ordinava che, attesa la sua avanzata età e la cecità che travagliavalo da qualche anno, facesse quelle sole
lezioni che a lui piacesse di fare. In questo frattempo, cioè nel 1706, ei fu ascritto all1 Arcadia romana, e, ciò che per lui fu assai più
glorioso, nel 1709 all’Accademia di Berlino.
Ei visse fino all età di 81 anni; e la morte il
sorprese quasi nell’esercizio d1 insegnare 5 perciocché a1 5 «li novembre del 17» 14? mentr’ci
disponevasi ad andare all’università per tenervi
scuola, colpito da apoplessia, dopo dodici ore
finì di vivere, compianto da tutti quelli che
conosciuto ne aveano ed ammirato non sola
la molta dottrina , ma ancora le virtù dell’animo, e le amabili e dolci maniere che a tutti
il rendevan carissimo. 488 LIBRO
i XXV. A compir questo capo rimane solo
che diciamo di alcuni scrittori di chirurgia}
de’ quali però più scarsa è la copia , e men
celebre è il nome. M. Portal reputa degna di
lode la Pratica chirurgica e l’Introduzione alla
Chirurgia d’Ippolito Parma medico e chirurgo
di Padova, stampate amendue in latino, la
prima in Venezia nel 1608, la seconda in Padova nel 1612 (t. 2, p. 308),e fa pur qualche
elogio delle opere di Matteo Rossi e di Teodoro
Baronio cremonese (ib. p. 312, ec.), e più ancora delle opere di Piero Marchetti, che per
molti anni fu professore di anatomia e di chirurgia nell1 universi là di Padova sua patria (t. 3,
p. 56). Ma uno de’ più famosi tra gli scrittori di
chirurgia, e forse il più benemerito di quest’arte
nel secolo di cui ragioniamo, fu Cesare Magatti,
di cui ha scritta la Vita Prospero di lui nipote (a). Era egli natio di Scandiano nel ducato
di Reggio, ove nacque nel i5"t) da Giorgio
Magatti e da Claudia Mattacoda, famiglie amendue in quel paese distinte. L’università di Bologna lo ebbe a suo allievo; e poiché ivi rice»
vette la laurea nel 1597, passò a Roma, ove
attese principalmente all1 anatomia e alla chirurgia , e indi, tornato in patria, tliedesi ad
esercitar la seconda con sì felici successi, che
il marchese Bentivoglio credette di recar gran
vantaggio all1 università di Ferrara sua patria,
(/7) Di Cesare, di Prospero e di Giambattista Magatti,
e delle contese nate all’occasione del metodo di Cesare,
si può vedere ciò che più a lungo si è detto nella Biblioteca modenese (t. 3 , p. 108).
\ SECONDO 489
facendo clic vi fosse condotto il Magai li per
professore di chirurgia, e ne’ Cataloghi di essa
ei vedesi infatti segnato fin dal i(jia (Morsetti,
UisL Gjrmn. Ferr. t. 2, p. 230). Tenne il Magatti con sommo applauso e con uguale concorso la detta cattedra per alcuni anni, finchè,
dopo una grave malattia, determinossi a lasciare
il mondo, ed entrò nell’Ordine de’ Cappuccini.
Continuò nondimeno ad esercitar la sua arte
fino al 1647, nel qual anno, essendo stato costretto a soggettarsi al taglio della pietra, e non
essendo questo riuscito felicemente, diè fine a’
suoi giorni. L’opera che il rendette allora famoso, e per cui egli è ancora in gran credito
tra gf intendenti dell’arte, è quella De rara
medicatione vulnerum, stampata in Venezia fin
dal 1616, e dopo altre edizioni ristampata in
Lipsia nel 1733 con una prefazione in cui si
espongono i meriti degl’Italiani verso la medicina e la chirurgia: Egli è il primo autore ,
dice M. Portal (t 2, p. 408), che abbia procurato di semplificare la chirurgia. Le riflessioni e i precetti di’ ei dii per la curazion delle
piaghe, son degne di un profondo filosofo e
di un attento osservatore della natura. Fra le
altre cose ei proscrive i uso delle taste e piumacciuoli, de’ quali ei non vuole che il chirurgo si serva, se non quando si tratta di
estrarre dalle piaghe qualche corpo estraneo ,
o di ritardare la cicatrice di una piaga antica,
o che serva di spurgo a qualche umore morboso. Queste riflessioni, dice il suddetto scrittore , sono state trascurate per lo spazio di più
di cento anni, e non è gran tempo che i saggi 49° libro
chirurghi ne han conosciuto il pregio. Ei siegue
poscia a riferire alcune delle più importanti riflessioni che sulla cura delle ferite fa il Magatti;
e avverte che molte di esse sono state da’ moderni chirurghi proposte come loro scoperte;
mentre pur esse si trovano anche più minutamente spiegate nell’opera di questo scrittore.
Fra gli altri il chirurgo Francesco Agostino
Belloste al principio del nostro secolo ha fatto
un grand’uso delle riflessioni del Magatti, il!
cui nome egli accenna soltanto nella sua prefazione, e ciò diede* occasione al medico Dionigi Andrea Sancassani da Sassolo di stampare
il suo libro intitolato Lume all’Occhio, in cui
scuopre quanto il Belloste si fosse arricchito
delle spoglie del chirurgo scandianese. Un altro
chirurgo francese, cioè il Sennert, prese a confutare l’opera del Magatti , e a lui perciò rispose Giambattista Magatti fratello di Cesare
medico di professione. Ma il Sancassani vuole
ch’esso fosse lavoro dello stesso Cesare, e che
questi, essendo allor cappuccino, pubblicasse il
libro sotto il nome di suo fratello. Di Giambattista si ha alle stampe un tomo di Considerazioni mediche scritte in latino e pubblicato in
Bologna nel 1637, col titolo di tomo I, e l’autore infatti promettevane altri due, che poi non
vider la luce; e forse son quelli che conservansi mss. in questa biblioteca Estense, ma
attribuiti a Prospero nominato poc’anzi , di
cui pure abbiamo qui diciotto volumi mss. intitolati Phantasmata medica et philosophica, e#
quasi altrettanti di altre opere appartenenti a
medicina, oltre alcune dissertazioni mediche del soprallodato Cesare. I quali codici son pervenuti pochi anni sono a questa biblioteca per
dono del cavalicr Antonio Vallisnieri figlio del
celebre scrittore di storia naturale, nipote per
parte di madre di Cesare Magatti.