Achille Ratti e l'Ospedale Maggiore di Milano

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G. Castelli

Achille Ratti e l'Ospedale Maggiore di Milano Intestazione 1 dicembre 2015 25% Da definire

ACHILLE RATTI E L'OSPEDALE MAGGIORE DI MILANO


Per la biografia dei grandi, anche i particolari e le notizie minime possono avere un loro parti- colare interesse; perciò mentre altri illustrano gli aspetti più salienti dell’attività di Pio XI, noi riteniamo opportuno accennare qui alle relazioni di Achille Ratti con l’Ospedale Maggiore di Milano, che egli predilesse come altri Pontefici che lo prece- dettero nei secoli.

La prima sua visi- ta all’Ospedale sem- bra risalga al 1893.

Chiamato dal Clero ospitaliere a tenere il discorso celebrativo del Patrocinio di San Giuseppe, al persona- le d’assistenza, accet- tò di buon grado e trattò il Depositimi custodi sviluppando il concetto di S. Paolo ed istituendo un paralle- lo tra la vigilanza af- fettuosa e costante e- sercitata da S. Giusep- pe sulla Sacra Fami- glia e quella che gl’in- fermieri devono eser- d, ^

citare sul malato; con- 77 * 7 *^ L J.

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to > degli infermi.

Amico del pittore Dedica autof

Camillo Rapetti, il al Convitto Ecclesiasti*

Ratti, si intrattenne lungamente con lui

intorno ai soggetti dei grandi affreschi che do- vevano ornare la cupola ed il coro della chiesa dell’Ospedale e gli suggerì, per la prima, la Ver- gine Assunta, quattro Profeti ed i quattro Evan- gelisti; pel secondo — nel cui centro campeggia l’Annunciazione del Guercino — da un lato la cacciata dal Paradiso terrestre e la promessa del- la Redenzione, dall’altro la Vergine col Figlio e


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Dedica autografa di Pio XI al Convitto Ecclesiastico dell’Ospedale Maggiore


l’inizio della Redenzione; si sarebbe costituito per tal modo un trittico simbolico, legando in un con- cetto unitario la pala del Guercino con gli affre- schi moderni laterali.

Questi temi furono svolti dal Rapetti, nella cu- pola fra il 1896 e il 1901, nel coro dal 1908 al 1913.

Qualche sacerdote dell’Ospedaìe ricorda

di aver assistito a quei

discorsi e d’aver poi vi- sto il Ratti seguire la esecuzione dei lavori.

Ma l’opera dei Ra- petti, specialmente nel coro, riflette alcuni di- fetti comuni della pit- tura del tempo, e non sembra che, a cose fat- te, il gusto di Achille Ratti ne fosse molto soddisfatto ...

Il 9 gennaio 1902, nella solenne adunan- za del Regio Istitu- to Lombardo di Scien- ze e Lettere, Achille Ratti teneva una ma- ^ gnifica commemora-

..uj$ zione di Serafino Biffi,

C X XtXX- j, - medico, fisiologo, neu-

stLG !Xl~f ropatoiogico insigne, r " la cui memoria è lega

. • ta all’Ospedale Mag-

jj y j giore nel monumento

/ che lo ritrae, opera

dello scultore Giulio fa di Pio xi Branca, presso la Bi-

dell’Ospedale Maggiore blioteca ospitaliera —

ove si conserva il co- spicuo « Fondo Biffi * — e sopratutto nei Padiglione omonimo. Que- sto sorse per lascito di Antonio Biffi, fratello di Serafino (1908) e consta di un comparto medico e di una sezione neuropatologica che fu « la prima del genere in Italia » mentre anche « al- l’estero non se ne trovavano che pochissime, on- de l’niziativa milanese ebbe applausi e suscitò commenti di ammirazione anche da parte degli


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scienziati d’altre nazioni». Nell’archivio ospita- liere si conservano notizie intorno alla frequenza di Serafino Biffi alle Scuole di Anatomia Patolo- gica presso l’Ospedale (1843), ed alla sua destina- zione in qualità di Assistente all'Anatomia Urna - na nella Scuola di Clinica Chirurgica presso l’Ospedale, a datare dal 1849.

Questa nobile figura di medico e di scienziato fu dunque rievocata da Achille Ratti con un’ora- zione che riscosse l’unanime consenso non solo per l’elevatezza dello stile e per la densità dei concetti, ma ancora per la sicurezza e precisione con le quali fu trattata la parte scientifica, altra prova della vasta coltura del Ratti in vari campi del sapere.

Egli accenna alla missione del medico come ad una missione squisitamente spirituale, e dice :

« E l'uomo, che oggi con onore commemoriamo dopo averlo pianto con dolore, non ha egli da- to rinimitabile esempio del come una missione scientifica si possa trasformare in una missione benefica, in una vera cura di anime, in un vero sublime sacerdozio interamente consacrato alla cura ed al sollievo degli spiriti più profondamen- te afflitti e più tremendamente malati? ».

Immagini vive e mirabili danno un tono ele- vato al discorso, che con chiarezza e precisione descrive la vita e l’opera del valente neurologo.

« Errabondo nella sublime solitudine delle alte valli alpine, quando più copiose e più belle vedevo ie acque cadere dalle rocce in magnifiche cascate e scorrermi ai piedi or biancheggianti vortici, or mobili smeraldi, il mio occhio si volgeva più cu- riose in alto cercando le ghiacciaie che dovevano generarle e dar loro alimento. Non altrimenti mi sento qui come da un’arcana necessità portato a domandarmi donde traesse e in tutta la sua lun- ga vita in sè alimentasse il Biffi una così profon- da e pura vena di verità e di bontà. In quali al- tissime regioni del pensiero si collocavano per lui ie supreme norme deH’operare?... ».

Riecheggia in questa pagina l’amore per la montagna, che fu una delle caratteristiche del grande Pontefice. Cerne Egli sa porre il paragone tra l’origine e la discesa delle acque e l’origine e la discesa dell'umano pensiero! E chiude con queste parole, piene di sana filosofia e dove af- fiora l’amor patrio:

« Finché o Signori, di tali uomini sorgono e si succedono tra noi, che al rispetto dei vecchi te- sori di casa congiungono il senso e il coraggio delle sane novità, non può mancare un avvenire sempre migliore a questo nostro caro Paese, che oggi (scrive lo stesso Ratti nelle Note : anniversa- rio della morte di Vittorio Emanuele II, Re d’Ita- ìia) spiega le sue bandiere nella memoria e nel nome di Lui, che deirawenire gli disserrava le porte, e lo guidava alla conquista».

Nel 1908, in seguito alla dolorosa dispersione di uno dei fondi di pergamene e carte dell’Archi-


vio ospedaliero, storicamente pregevoli, il Consi- glio degli Istituti Ospedalieri dopo aver aperto una inchiesta per stabilire le responsabilità, in- caricava in modo particolare il proprio vice pre- sidente ing. Edoardo De Marchi di provvedere subito al recupero del prezioso materiale; fortu- natamente le ricerche diedero ottimi risultati essendosi potuto riacquistare gran parte di quan- to si riteneva perduto.

E con deliberazione del 6 maggio di quell’anno il Consiglio, nominando una commissione per la riorganizzazione dell’Archivio, chiamava a fame parte Achille Ratti, allora Prefetto dell’Ambro- siana, e che già dal 1905 era membro della com- missione di vigilanza dell’Archivio Storico Civico di Milano.

Egli accettava rincarico con la lettera se- guente:

Biblioteca Ambrosiana, 9 maggio 1908 IU.mo Signor Presidente del Consiglio degli Istituti Ospitalieri

Tengo il pregiato foglio in data 7 corr. n. 2282 div. Pres. All. 1, col quale Ella si compiaceva diligentemente comunicarmi che codesto On. Consiglio nella sua adu- nanza del giorno <5 corr. mi ha eletto insieme ai si- gnori prof. comm. Francesco Novali, comm. Luigi Fu- mi, dott. Carlo Decio a formar parte di una Commis- sione incarica di preparare l’Ordinamento di codesto Archivio in maniera di assicurare la migliore conser- vazione del documenti anche di interesse degli stu- diosi, e di formare il programma per il concorso pub- blico per titoli e per esami per la nomina di un Archi- vista che sia in grado di esercitare le sue funzioni an- che r.ei riguardi della coltura.

L’importanza del Consesso dal quale procede la no- mina, la distinzione delle Persone alle quali essa mi associa, l’altezza ed utilità degli intenti alla Commis- sione proposti sono altrettanti titoli che concorrono a farmi della partecipatami elezione un oggetto di gra- dimento e di riconoscenza.

Con questi sentimenti e col fermo proposito di cor- rispondere del mio meglio all’onorifico mandato mi professo a Lei ed al suo On. Consiglio

obb.tno Sacerdote Achille Ratti Prefetto della Biblioteca Ambrosiana Comm. &w. L. Frizzi

Il nome di Francesco Novati, filologo e let- terato di buona fama. Preside della R. Accademia Scientifico-Letteraria di Milano, non ha bisogno di illustrazione, nè sono ignoti ai milanesi i nomi degli altri due commissari: il conte Luigi Fumi, allora Sovraintendente al R. Archivio di Stato, autore di varie pubblicazioni erudite di Storia Lombarda; ed il dott. Carlo Decio, studioso serio quanto modesto della storia ospedaliera milane- se, le opere del quale ancor oggi conservano tutto il loro valore. Ma il Ratti (è superfluo notarlo) superava di gran lunga gli altri commissari.

Con quella lucidità di mente, con quella pro- fonda coltura e competenza in materia archivi- sta e con quella tenace volontà, che gli erano pro- prie, il Ratti si accinse all’opera, coi collaboratori. Nell’Archivio si conserva una copia dattilogra-


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lata del progetto di « Regolamento interno del- l’Archivio dell'Ospedale Maggiore di Milano », an- notata di suo pugno e che dimostra oltre che la competenza, l’interesse che egli pose nell’assol- vere il compito affidatogli.

Riferiamo questa postilla autografa, intorno agli scarti, dettata daila preoccupazione che non avesse più a verificarsi la distruzione di carte im- portanti :

« Ogni scarto dovrà essere deliberato dal Con- siglio ospitaliere sentita la Commissione ». Quel Regolamento venne poi approvato dal Consiglio e dall’Autorità Tutoria e con qualche modifica- zione vige ancor oggi, che l’Archivio Ospitaliere è sistemato e retto egregiamente.

Achille Ratti fece poi parte della Commissione giudicatrice nel concorso pubblico per titoli e per esami al posto di Archivista, indetto per sostituire il funzionario responsabile dell’infausta dispersio- ne delle pergamene.

Anche qui appare l’opera di Achille Ratti che prende attiva parte, insieme con gli altri membri, alle sedute della Commissione e porta un contri- buto veramente notevole.

In questo Archivio, che è uno dei più ricchi e forse il più cospicuo Archivio Ospedaliero, il Ratti era già stato, e vi tornò ancora, in qualità di stu- dioso. Sono infatti frequenti nelle sue opere le citazioni di testi e documenti dell’Ospedale che Egli aveva direttamente esaminato e studiato col consueto acume, come gli accenni alla storia de- gli antichi ospedali cittadini. Vediamone alcuni.

Dopo aver ricordato che nel 789 i monaci Be- nedettini vennero a stabilirsi presso la Basilica di Sant’Ambrogio (« e per la vecchia e veneranda Basilica furono una vera provvidenza ») il Ratti aggiunge: «Un altro fatto importante vuol es- sere ricordato, che avvenne due anni prima per opera e merito deU’arciprete della chiesa mag- giore: Dateo; e fu la fondazione di un ospedale per i bambini esposti. È un prezioso pensiero, come quello dell’Ospedale dei poveri di Campio- ne, che illumina di una luce simpatica quello che usiamo chiamare, e per altro troppo veramente furono, le tenebre del medio evo. Sono belli esem- pi che vedremo largamente imitati e che com- pensano in certo modo delle miserie che ci rive- lano.

« E anche la casa degli esposti doveva apparte- nere all’Arcivescovo e alla Chiesa milanese, e l’ar- ciprete della basilica maggiore doveva esserne il preposto o direttore, e perchè potesse attendere a quest’ufficio più facilmente, illesi quelli annessi alla sua dignità, la pia casa veniva eretta in tutta vicinanza della cattedrale, là dove era il Coperto dei Figini, ben noto ai milanesi, almeno a quelli d’una volta; e dove prima ancora del Coperto sor- geva una piccola chiesetta detta di S. Salvatore all’Ospedale, in Xenodochio ».


Altrove, commentando consuetudini e creden- ze della Milano medioevale, osserva : « Che se ve- diamo a lungo superstiti e i giudizi di Dio e gli stessi ricordi ed usi pagani, duraron pure a lungo cerimonie altrettanto pietose che educative, come la lavanda dei piedi ai vecchi nel giovedì Santo, fatta dall’Ai-civescovo ed ancor oggi in uso, e la abluzione del lebbroso, che l’arcivescovo pure fa- ceva nella festa delle Palme, e della quale parla ancora il Beroldo ... ». Allude qui ai lebbrosi ri- coverati nell’Ospedaìe di S. Lazzaro all’Arco Ro- mano, cosi denominato perchè sorgeva fuori del la porta Romana, presso un antico edificio mili- tare dell’età imperiale.

Sempre trattando della Chiesa Ambrosiana, nell’elencare gli Arcivescovi benemeriti per opere di scienza, di pietà, di carità, ricorda: Milano da Cardano, già Vescovo di Torino, « ricco e magni fico benefattore del clero, dei poveri e degl’infer- mi », poi Ottone Visconti, che, tra gli altri meriti, ebbe quello d’aver beneficato gli ospedali e prov- veduto «il medico chirurgo gratuito ai poveri»; quindi « l’Agostiniano Gabriele Sforza (1454 1457) che col Fratello Francesco può dirsi confonda- tore del nostro Ospedale Maggiore ».

Poco dopo, a proposito del card. Caprara (del quale dice con tutta franchezza i meriti ed i de- meriti), osserva « le sue debolezze redimeva in qualche modo il Caprara colle larghe beneficenze degli ultimi anni, beneficenze che continuava an- che morendo (1810), chiamato erede universale il nostro Ospedale Maggiore*.

Ancora a proposito d’argomenti ospedalieri, è da ricordare lo scritto del Ratti Lettera di un Cappuccino scritta da Milano nell’ infierir e della peste, piccolo ma ottimo contributo alla storia della tristemente famosa epidemia.

Tralasciamo di proposito altre notizie e citazio- ni degli Ospedali di Milano, che ritornano spesso nelle opere del Ratti, avvertendo che, se è vero che la storia di Milano non può esser fatta senza tener conto della vita benefica della città, attra- verso l’assistenza ospitaliera ed altre forme di ca rità che in passato erano legate agli ospedali, è altrettanto vero che in questi temi il Ratti aveva, oltre a tutto, una speciale competenza, eviden- temente derivata non tanto dallo studio degli sto- riografi precedenti, quanto dalla diretta cono- scenza del nostro Archivio.

Oltre che per motivi di studio spesse volte Achille Ratti venne all’Ospedale Maggiore, a tro- vare il Rettore Vicario, sacerdote don Francesco Massironi, al quale era stretto da vincoli di ami cizia, come lo era col Decano del Convitto Ospe daliero don Enrico Della Beffa, suo condiscepolo nel Seminario Diocesano; altre visite compì in occasione di feste o speciali ricorrenze, e tenne discorsi.

Anche nei breve periodo in cui il Ratti, elevato


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L’Archivio dell’Ospedale, alla cui riorganizzazione il Ratei lavorò nel 1908


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aila sacra porpor a cardinalizia, tornò alla sua di- letta Milano in qualità di Arcivescovo, non trala- sciò occasione per riprendere contatto con l’Ospe- dale.

Come è noto, questo ha il privilegio di avere come Parroco l’Arcivescovo prò tempore di Mi- lano.

La parrocchia ospedaliera, che fu chiamata « di gente coricata », per le speciali condizioni nelle quali si trovano i suoi parrocchiani di occasione, ha la propria chiesa che porta i; nome dell’An- nunciazicne, che fu il simbolo dell'Ospedale Mag- giore, detto alle sue origini « Ospedal Grande del- ia Nunciata ».

La parrocchia era stata istituita da Pio II nel 1458 e quando fu soppressa nel 1787, la chiesa ospitaliera passò alle dipendenze della Parroc- chia di S. Nazzaro.

Nei 1854 la Parrocchia fu ricostituita per l’Ospedale, S. Caterina e S. Antonino, ed affidata ai Cappuccini, « ritenuto però che il vero Par roco debba essere l’Arcivescovo prò tempore» Succeduto ai Cappuccini il clero ospitaliero, nel 1860, fu istituito la carica di Rettore Vicario, a capo di vari sacerdoti, restando sempre l’Arcive- scovo come « titolare della prevostura ».

Per questo l’Ospedale Maggiore di Milano può sentire l’orgoglio di aver avuto a suo Parroco.. Achilie Ratti, durante il breve periodo nel quale fu Arcivescovo di Milano. Breve, perchè il Car- dinal Ratti, come è noto, dopo pochi mesi era elevato alla Cattedra di San Pietro col titolo di Pio XI.

Il 15 settembre, festa dell’Addolorata, ricor- renza particolarmente significativa per i malati, il nuovo Arcivescovo Ratti faceva una visita al- l’Ospedale Maggiore, festevolmente accolto dalle persone che erano convenute davanti alla Chie- sa delì’Annunziata che portava sull’architrave dei portici di accesso un’epigrafe augurale di benve- nuto.

Dopo essere entrato in Chiesa, dove venne into- nato un coro in suo onore, il Presule pronunciò un commosso discorso di circostanza sviluppan- do il concetto della scienza medica che si unisce alia carità cristiana, negli Ospedali. Ricevette poi l’omaggio del clero ospedaliero e delle infermiere imploranti il conforto che il Presule portava nella casa del dolore.

Si recò pei ne 1 le sale di degenza, soffermandosi particolarmente in quelle dei tubercolosi, dei ti- fosi e sostando al letto di molti ammalati ai quali rivolse parole consolatrici, mentre davanti ai casi più gravi che gli venivano presentati si interes- sava in modo speciale chiedendo notizie ai sani- tari.

Poiché per ragioni di tempo la visita dovette limitarsi alle « crociere » del vecchio ospedale, il Cardinale volle ritornare il 28 settembre per vi- sitare gli ammalati dei Padiglioni di via Fran-

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cesco Sforza, dove rimase più di quattro ore pas- sando dall’uno all’altro edificio.

L’Arcivescovo rivolse a chi lo accompagnava parole di compiacimento per l’esemplare funzio- namento di tutti i servizi, dimostrandosi lietis- simo e soddisfatto per quanto aveva avuto occa- sione di vedere e di ammirare, e per aver potuto passare qualche ora in mezzo ai poveri ammalati, tra tante miserie e tanti dolori.

Tornò per la Festa deil’Immacolata, l’8 dicem- bre 1921, celebrò la S. Messa e personalmente di- stribuì la comunione al personale di assistenza, cui tenne pure un discorso di circostanza, ricor- dando le precedenti visite compiute all’ospedale richiamando le tradizioni di bontà e di carità del- l’istituzione, esortando tutti coloro che assistono i malati ad essere degni della missione cui la Provvidenza li ha chiamati, e specialmente rivol- gendosi al personale femminile, che ha vita co- mune, collegiata, quasi conventuale, a venerare rimmacolata come propria speciale patrona.

Fu questa l'ultima sua visita all’Ospedale, poi- ché dopo due mesi Egli era assunto alla Sede Apostolica. Ma vogliamo ancora ricordare un pic- colo episodio del suo interessamento verso le cose dell’Ospedale.

Nel novembre del 1921 il Consiglio Ospitaliero allora in carica e che, seguendo i tempi, non era troppo tenero verso la Religione, nel prendere provvedimenti per disciplinare il servizio reli- gioso, tendeva a limitare le facoltà dei sacerdoti e delle suore, allo scopo, affermava, « di impedire pressioni religiose sui degenti »..

Di fatto si finiva, col pretesto di garantire la libertà di coscienza, ad ostacolare l’esercizio del culto religioso.

Le norme che si volevano applicare rappre- sentavano un’aperta violazione del diritto da parte degli ammalati, nella quasi totalità catto- lici, di avere liberamente e senza restrizioni quel- l'assistenza che la loro fede richiedeva; inoltre si stabiliva una limitazione dei poteri conferiti ai Ministri di Culto nell’esercizio dei loro doveri sacerdotali, mentre si creava un’atmosfera con traria alla religione cattolica, con danno anche per la beneficenza che nei secoli era affluita verso l’Ospedale Maggiore da un sentimento cristiano, come ne è prova la Festa del « Perdono » e le cospicue donazioni di Pontefici, di Cardinali, di Ecclesiastici.

In questa occasione il Cardinale Arcivescovo, anche nella sua qualità di Parroco della chiesa ospitaliera, si interessò della pratica e volle es- sere minutamente informato del punto di vista giuridico della controversia.

Il suo autorevole intervento poi presso la Pre- fettura, ottenne che llnopportuno proposito del Consiglio Ospitaliero di allora, non avesse alcun seguito e venisse definitivamente abbandonato, con generale soddisfazione.


A ricordo delle relazioni che Achille Ratti ebbe con l’Ospedale, lo stemma di Pio XI fu ricamato sul Gonfalone, accanto a quello degli altri Papi : Pio II e Pio IV, che beneficarono l’istituzione.


studi di storia lombarda, ed ha lodato l’opera che si svolge negli ospedali e che è essenzialmente opera di carità. Indi ha impartito la Apostolica benedizione ».



La memoria di Milano e delle terre Lombarde era sempre così viva in Pio XI, Pontefice, che accoglieva con piacere i lombardi che chiedevano udienza. Specialmente poi gradiva le visite degli studiosi e l’omaggio di opere storiche, che anche se modeste, gli ricordavano la sua antica attività di scrittore e di umanista.

In occasione del Congresso Internazionale degli Ospedali, tenuto a Roma nel maggio del 1935, accordò un’udienza speciale a due congressisti: a proposito l’« Osservatore Romano » e gli altri giornali del 23 maggio riferivano la notizia seguente: « Sua Santità si è compiaciuta di ricevere il Segretario Generale degli Istituti Ospitalieri di Milano, che ha fatto omaggio al Santo Padre d’una pubblicazione su 11 « Perdono » all'Ospedale Maggiore di Milano e l’Archivista di quegli Istituti che ha presentato la Storia dell’Ospedale Maggiore medesimo.

«Sua Santità ha gradito gli omaggi, che gli ricordavano il periodo della sua vita milanese e dei suoi


Questi ricordi delle relazioni che Achille Ratti ebbe con l’Ospedale Maggiore di Milano abbiamo voluto rievocare oggi che il Grande Pontefice ha cessato la sua vita terrena, dopo tanta attività illuminata di bene.

Ci è parso che questa fulgida figura d. Papa umanista, dall’ingegno fervidissimo e dalla vasta coltura — la cui dottrina profonda andava dalla paleografia alla storia, dalla bibliografia alle letterature antiche e moderne, che traeva ispirazione dalle alte vette dei monti che aveva rag- giunto, esperto alpinista, e dove forse gli sembrava più vicino il cielo al quale era per le elette virtù destinato — dovesse essere conosciuto anche nei minori episodi dei tempi che precedettero la sua gloriosa ascensione al Soglio di Pietro.

E se tutto ciò non può essere che un modesto contributo alla biografìa di Achille Ratti, pensiamo valga a testimoniare la simpatia e l’amore che Egli portò sempre alla «Cà Granda » milanese.


G CASTELLI