Adiecta (1905)/III/XVI
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AFFRICA
I.
MENTRE PARTONO
Tu che aprendo il mercato alla menzogna
alto salir potesti
e che senza pietà, senza vergogna,
4vivo, di noi ridesti,
or nella tomba dormirai contento
buon vecchio di Stradella,
che accompagnar solevi al tradimento
8l’arte di Pulcinella.
Dormi, buon vecchio, ormai dimenticato
dai servi e dai rivali
e sogghigna se ’l puoi. T’han perdonato
12i morti di Dogali.
A ben più grave e più feroce guerra
l’Italia è condannata;
nuovo sangue latin beve la terra
16dell’Eritrea bruciata.
Nuove vittime ancor di rei consigli
cadran sull’arse arene
e nuove madri cresceranno i figli
20per ingrassar le iene!
Lascia, scarno villan, lascia il sudato
solco a te non diviso!
Tu non devi morir dove sei nato,
24dove amor t’ha sorriso.
La gentil civiltà de’ tuoi signori
ti spinge alla battaglia.
Va, povero villano, uccidi e muori.
28Dopo, avrai la medaglia,
e mentre i legulei ti lauderanno
con sonanti parole,
oh, come l’ossa tue biancheggeranno
32gloriosamente al sole!
Sulla sabbia deserta e funerale
rotoleranno al vento,
ma in qualche trivio della Capitale
36sorgerà un monumento,
su cui tra i bronzi falsi e le sculture
dell’arte a buon mercato
sarà il tuo nome, o buon villan, se pure
40non l’han dimenticato.
Piange intanto colei che la tua culla
vegliò amorosa e forte,
piange le tristi nozze una fanciulla,
44le nozze con la morte,
ma il padre invece, al ciel rivolto il ciglio,
giunte le palme grame,
dice: — beato te, povero figlio,
48che non avrai più fame! —