Adiecta (1905)/III/XXXIII

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Primo Maggio

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PRIMO MAGGIO


.... proximis idibus senties,

Cic. Catil. I.


Passano lenti. Un lampeggiar febbrile
     arde a ciascun il ciglio.
Passan solenni e da le dense file
     4non si leva un bisbiglio.

Toccandosi le mani ognun di loro
     cerca il vicin chi sia.
Se i calli suoi non vi segnò il lavoro,
     8quella è una man di spia.

Sotto l’aspra fatica e il reo destino
     molti già son caduti,
molti il carcer ne tiene od il confino,
     12e pur sono cresciuti.

Striscia il gran serpe de la folla oscura
     de i ricchi su le porte.
Dentro, ne lo stupor de la paura,
     16si ragiona di morte.

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Intanto il passo de la muta schiera
     allontanar si sente
e nel silenzio de la fosca sera
     20spegnersi lentamente.

Ecco allora Epulon, vinto il terrore,
     socchiude l’uscio e guata
e dice: «lode a Cristo ed al Questore,
     24anche questa è passata!»

                              

È passata, ma invan te ne compiaci
     ne l’allegre parole,
son gli antichi rancor troppo tenaci
     28per tramontar col sole.

Nel ferreo pugno non hai più la plebe
     che serva un dì schernivi;
germina l’odio da le pingue glebe
     32che mieti e non coltivi.

Ne le officine fumiganti e nere
     contro te si cospira:
sotto la casa tua, ne le miniere,
     36pronta a lo scoppio è l’ira

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e mal ti gioverà crescer guardiani
     a le porte sbarrate;
l’armi, custodi del tuo aver, domani
     40da chi saran portate?

Chi ti difenderà domani, quando
     le turbe mal nutrite
assedieranno le tue case, urlando:
     44«è il primo maggio: aprite?»

Oh, ben gli sguardi noi tendiam levati
     a l’avvenir fecondo
e tu chini la fronte! I tuoi peccati
     48hanno stancato il mondo.