Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/222

Da Wikisource.
Anno 222

../221 ../223 IncludiIntestazione 25% Da definire

221 223


[p. 763 modifica]

Anno di Cristo CCXXII. Indizione XV.
URBANO papa 1.
ALESSANDRO imperadore 1.
Consoli

MARCO AURELIO ANTONINO detto ELAGABALO per la quarta volta e MARCO AURELIO ALESSANDRO SEVERO.

Terminò in quest’anno il pontificato e la vita san Callisto papa, con riportare la gloriosa corona del martirio, ed ebbe per successore nella cattedra pontificia Urbano. Da che Elagabalo ebbe alzato alla dignità cesarea il cugino Alessandro1910, per qualche tempo continuò a favorirlo ed amarlo. Ma cominciò a poco a poco a raffreddarsi questo amore, e giunse egli ancora a mirarlo di mal occhio e a pentirsi dell’adozione fatta. E ciò per due motivi. L’uno, perchè voleva addestrarlo ai suoi infami costumi, e pretendeva che seco si unisse a ballare, e a far da sacerdote con quelle sue barbariche fogge di vestiti. Alessandro, di natural grave, e di mente ormai capace di ben discernere il ridicolo e l’indecente nelle azioni del cugino Augusto, non si sentiva voglia d’imitarlo. Oltre a ciò, Mammea, donna savia, sua madre, il distornava da somiglianti eccessi1911. Lo aveva essa allevato con gran cura fin da’ primi anni, provvedendolo di ottimi maestri sì per le lettere che per gli esercizii cavallereschi e militari, senza lasciar passare un giorno in cui nol facesse studiare. Per maestro della lingua greca avea avuto Nebone, per la rettorica Serapione, per la filosofia Stilione. Ebbe poi in Roma per maestro della lingua latina Scaurino, uomo rinomatissimo nella sua professione, per la rettorica Giulio Frontino, Bebio [p. 765 modifica]Macrino e Giulio Graniano. Servirono ancora ad ammaestrarlo nell’erudizione Valerio Cordo, Lucio Veturio ed Aurelio Filippo, che scrisse poscia la di lui vita. L’altro motivo, per cui si svegliò o crebbe il mal animo e lo sdegno di Elagabalo contro il cugino Alessandro, fu il cominciar ad avvedersi che i soldati più genio ed amore mostravano al figlio adottato che al padre. Era in fatti succeduto che le tante pazzie e l’infame vita di questo sfrenato Augusto aveano generata nausea fino negli stessi soldati, gente per altro di buono stomaco. E, all’incontro, mirando essi la saviezza e moderazione del giovinetto Alessandro, quanto sprezzavano e già odiavano il folle Augusto, altrettanto di stima ed amore aveano conceputo pel sì ben costumato Cesare. Pertanto la nata gelosia in cuor di Elagabalo il portò a tentar varie vie di levarlo dal mondo col veleno, col ferro o in altre guise. A questa indegna azione sollecitò chiunque gli stava appresso con promesse di grandi ricompense1912. Tutti osservarono una fedeltà onorata verso di Alessandro, e tutti i tentativi del barbaro imperadore ad altro non servirono che a rendere più cauta per la conservazion del figliuolo Giulia Mammea sua madre, la quale lo istruì di non prendere alcun cibo o bevanda che venisse dalla parte di Elagabalo, e facevagli preparar la mensa solamente da persone di sperimentata onoratezza. Fece Elagabalo levargli d’appresso tutti i maestri, esiliandone alcuni, ed altri uccidendoli; e pur questo a nulla servì. Potevano le spade dei suoi soldati appagar la crudel voglia di Elagabalo; ma, oltre al professar essi dell’amore per Alessandro, e all’avergli verisimilmente giurata anche fede in riconoscerlo per figliuolo dell’imperadore, Alessandro segretamente li regalava; e però niun d’essi volea macchiarsi le mani nel di lui sangue innocente. Giulia Mesa anch’ella andava scoprendo tutti i disegni e le trame del cattivo nipote, e destramente preservava il buono, con non lasciarlo uscire in pubblico1913. Accortosi finalmente Elagabalo della inutilità di queste occulte macchine, determinò di venire a guerra aperta. Mandò pertanto ordine al senato di togliere ad Alessandro il titolo e la dignità di Cesare, e di cassare la di lui adozione. Allorchè in senato fu letta questa polizza1914, niuno de’ padri seppe trovar parola da dire. Se ubbidissero, nol so; ben so che tutti amavano Alessandro, e detestavano in lor cuore la violenza dell’indegno regnante. Certo niun male avvenne ad Alessandro dalla parte de’ soldati. Spedì loro Elagabalo lo stesso ordine, per cui cominciarono a fremere non meno i pretoriani che le altre milizie1915; e perchè videro arrivar gente che cominciò a cancellar le iscrizioni poste alle statue d’esso Alessandro, già erano vicini a prorompere in una sedizione. Vi fu anche una man d’essi soldati che corse al palazzo, con apparenza di voler uccidere Elagabalo1916. Avvisatone il coniglio imperadore, si nascose in un cantone dietro ad una tappezzeria, ed inviò Antiochiano prefetto del pretorio a pacificarli. Poscia, perchè durava la commozione nel quartier de’ pretoriani, colà si portò Elagabalo in persona, per quetare il rumore, insieme col suddetto prefetto. Non si vollero mai arrendere i soldati, finchè Elagabalo non diede parola di cacciare dal palazzo e gastigar colla morte Jerocle, Gordo ed altri scellerati suoi cortigiani, che lui di stolto aveano fatto diventare stoltissimo. Arrivò1917 a tanta viltà Elagabalo, che piangendo dimandò loro in grazia Jerocle, cioè colui che portava il nome infame di suo marito, dicendo che più tosto uccidessero lui stesso che quel suo caro ministro. [p. 767 modifica]L’accordo in fine fu conchiuso, con patto che Elagabalo mutasse vita, e fosse assicurata la vita di Alessandro, nè alcuno degli amici di Elagabalo andasse a visitarlo, per timore che non gli nuocessero o nol conducessero ad imitare gli sregolati costumi del corrotto Augusto. Secondo Lampridio1918, succederono queste cose nell’anno precedente. Era restato pien di veleno per tali avvenimenti l’indegno Elagabalo, e però, venuto il primo dì di questo anno, in cui doveva egli col cugino Alessandro procedere console, non si volle muovere di camera, se non che l’avola e la madre tanto dissero, con fargli temer imminente una sollevazion delle milizie, che solamente a mezzodì con esso Alessandro andò a prendere il possesso della dignità consolare. Ma non volle passar al Campidoglio a compiere la funzione, e convenne che il prefetto di Roma la compiesse, come se non vi fossero consoli. Non sapea digerire Elagabalo il veder così limitata l’autorità sua imperiale, e molto meno che al dispetto suo e sugli occhi suoi vivesse l’odiato Alessandro. Però andava cercando nuove maniere di levarlo di vita; ed ora solamente fu, secondo Erodiano1919, che tentò di torgli il titolo e la dignità di Cesare. Fece partir di Roma all’improvviso tutti i senatori1920, acciocchè non osassero opporsi ai suoi malvagi disegni. E perchè Sabino, senator gravissimo, era restato in città, diede ordine ad un centurione che andasse ad ammazzarlo. Per buona fortuna costui pativa di sordità, e credendo che l’ordine fosse per l’esilio, non ne fece di più. Per comandamento poi di esso Elagabalo, era ridotto Alessandro a starsene chiuso in casa, nè ammetteva udienze. Da lì a poco tempo, volendo il folle ed insieme furbo imperadore scandagliare qual disposizione si potesse aspettar dai soldati, qualora facesse ammazzar Alessandro, fece correr voce ch’esso Cesare era vicino per malattia a mancar di vita. Grande fu il bisbiglio, maggiore dipoi la commozion delle milizie, gridando moltissimi di essi che volevano vedere Alessandro Cesare. Perciò si chiusero ne’ lor quartieri, nè più volevano far le guardie al palazzo cesareo. Imminente era una terribil sollevazione, se Elagabalo, preso seco in carrozza Alessandro, non fosse ito al loro campo. Apertegli le porte, il condussero al loro tempio, unendosi intanto molti strepitosi viva per Alessandro, pochi per Elagabalo. L’ultima pazzia di questo imperadore fu che, essendosi egli trattenuto in quel tempio la notte, nella mattina seguente, che fu il dì 7 (altri vogliono nel dì 9 di marzo, altri più tardi, ma Lampridio chiaramente sta colla prima opinione), fece istanza che fossero ammazzati alcuni di coloro che aveano gridato: Viva Alessandro. Così irritati da questo pazzo ordine rimasero i soldati, che a furia si sollevarono contra di lui. Fuggì Elagabalo, e si nascose in una cloaca, luogo degno di lui; ma, avendolo trovato, lo uccisero, e seco Soemia sua madre, ch’era in sua compagnia, e molti dei suoi iniqui ministri. Fra questi si contarono i due prefetti del pretorio ed Aurelio Eubulo da Emesa, presidente della sua camera, scorticator della gente, che dalla plebe, sollevata anch’essa, e dai soldati tagliato fu a pezzi. Nella stessa rovina restò involto Fulvio prefetto di Roma, e l’infame Jerocle. Di tanti suoi obbrobriosi cortigiani, potenti presso di lui, non si salvò che uno. Furono trascinati per la città i cadaveri dell’ucciso Augusto e di sua madre; poi quello di esso Elagabalo gittato fu nel Tevere. Fece il senato radere dalle iscrizioni a lui poste il nome di Antonino, cotanto da lui disonorato, ed egli da lì innanzi non con altro nome fu menzionato che di falso Antonino, di Sardanapalo e di Tiberino, o pur di Vario Elagabalo. Così, dopo aver questo scapestrato giovine regnato tre anni, [p. 769 modifica]nove mesi e qualche giorno, colla più vituperosa vita che mai si udisse, ricevette una più vituperosa morte, pena convenevole ai suoi molti delitti. E in questa maniera restò libera da un famoso mostro Roma e l’imperio. Lampridio1921 vien poi descrivendo le strane invenzioni della golosità di Elagabalo, nelle quali impiegava egli grosse somme d’oro, perchè superò le cene di Apicio e di Vitellio. Le altre pazzie della sua lussuria si mette egli ancora ad annoverare che non meritano luogo nella presente storia; e però passo a ragionare del novello imperador de’ Romani, cioè di Alessandro, che immediatamente dopo la morte di Elagabalo fu riconosciuto imperadore, per parlarne nondimeno solamente all’anno seguente.