Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/277

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Anno 277

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Anno di Cristo CCLXXVII. Indizione X.
EUTICHIANO papa 3.
PROBO imperadore 2.
Consoli

MARCO AURELIO PROBO AUGUSTO e MARCO AURELIO PAOLINO.

Nelle medaglie2600 il novello imperadore porta il nome di Marco Aurelio Probo. Egli era2601 nativo di Sirmio nella Pannonia, di famiglia mediocre e mal provveduta di beni. Diedesi in sua gioventù alla milizia, e sotto Valeriano Augusto per li suoi buoni portamenti arrivò ad essere tribuno. Lodavasi forte in lui la bella presenza, il coraggio e la probità de’ costumi corrispondente al suo cognome. Non poche segnalate imprese fece egli in guerra contra varie nazioni barbare e contro i ribelli dello imperio, di modo che fu carissimo a Gallieno imperadore, il quale, scrivendo a lui, il chiamava suo padre. Tanto lo stimò Aureliano Augusto, che parve inclinato a volerlo per suo successore; e Claudio e Tacito il riguardavano sempre come il miglior nobile2602 della repubblica romana. Vopisco rapporta varie prodezze di lui ed alcune lettere dei suddetti Augusti in pruova del gran concetto che aveano di questo personaggio quando era in privata fortuna. Nel mestier poi della guerra niun forse il pareggiava, nè a lui mancava il bel segreto di farsi amar dai soldati, non già con lasciar loro la briglia sul collo, ma con far conoscere ad ognuno quanto gli amasse. Li visitava sovente; nulla voleva che loro mancasse, nè che lor fosse fatta ingiustizia alcuna; anzi colla sua saviezza spesso placava il crudel Aureliano, se il trovava adirato contra di loro. Qualor si faceva qualche bottino, a riserva dell’armi, tutto voleva che si dividesse fra i medesimi soldati. Per altro li teneva egli continuamente in esercizio e in [p. 985 modifica]lavorieri, affinchè s’indurassero nelle fatiche, imitando in ciò l’africano Annibale. E però in molte città fece da essi fabbricar ponti, templi, portici ed altri edifizii, e seccar nell’Egitto delle paludi, per potervi seminare, aprendo canali che scaricassero l’acque, e facilitando in altre maniere il traffico pel fiume Nilo. Creato poscia imperadore in età, e riconosciuto per tale da tutti i popoli del romano imperio, in così belle azioni s’impiegò, che Vopisco si lasciò scappar dalla penna, a mio credere, una sfoggiata iperbole, con dire ch’egli fu da preferire ad Aureliano, Traiano, Adriano, agli Antonini, ad Alessandro e Claudio Augusti, perchè ebbe tutte le loro virtù, ma non già i loro difetti. Così Vopisco2603, il qual poi si trova aver saputo sì poco delle gesta di questo imperadore. Scrive Zosimo2604 che una delle prime sue applicazioni fu quella di punire gli uccisori di Aureliano e di Tacito. Nè arrischiandosi a tal giustizia con pubblicità, li fece invitar tutti ad un convito, dove furono tagliati a pezzi dalle sue guardie, fuorchè uno che si salvò, e preso dipoi fu abbruciato vivo. Ma Vopisco2605 non s’accorda con lui, confessando bensì che Probo vendicò la morte di quegli imperadori, ma con più moderazione e discretezza che non aveano prima fatto i soldati e Tacito Augusto. Perdonò ancora a coloro che aveano sostenuto Floriano contra di lui, perchè seguaci non di usurpatore o tiranno, ma di un fratello del principe. Nel mentre che si trovavano imbrogliati gli affari pubblici per la morte di Tacito e per la disputa dell’imperio tra Floriano e Probo, i popoli della Germania, passato il Reno2606, occuparono non poche città delle Gallie in que’ contorni. Vopisco2607 ci vorrebbe far credere che tutte quelle provincie dopo la caduta di Postumo restassero sconvolte: e che, tolto di vita Aureliano, venissero in poter d’essi Germani. Pertanto l’Augusto Probo, lasciato per ora il pensiero di passare a Roma, sen venne a Sirmio sul principio di maggio, e di là poi marciò alla volta del Reno. Trovò i Barbari sparsi per le città galliche, e diede loro addosso in varii combattimenti, con farne una strage incredibile. In una lettera da lui scritta al senato romano si pregia d’aver uccisi quattrocento mila di que’ Barbari, e di averne presi sedici mila, ch’erano poi arrolati nelle truppe romane, e da lui sparsi in varii luoghi e in diverse legioni. Temer si può che sia scorretto qui il testo di Vopisco, o che la morte di tanti armati sia un vanto, difficile a credere. Ricuperò Probo e liberò dal giogo barbarico sessanta o settanta città nobili delle Gallie. Racconta qui Zosimo2608 una cosa strana, cioè che, provandosi gran carestia di viveri nell’armata sua, oscuratosi il cielo all’improvviso, cadde una dirotta pioggia, e seco una tal quantità di grano, che se ne trovavano dei mucchi nella campagna. Stupefatti i soldati, non ardivano di valersi di questo soccorso; ma incalzati dalla fame, fecero macinar quel grano, e il trovarono molto a proposito per saziarsi. Non avrei fatta io menzione di questo racconto, che, al pari degli altri lettori, credo anch’io favoloso, e tanto più perchè Vopisco non ne dice parola, e Zonara2609 ne parla dubitativamente; ma non ho voluto ometterlo, perchè anche nell’anno 1740 vennero nuove che in una villa dell’Austria era piovuto del grano, e ne ebbi io stesso sotto gli occhi, ma senza essersi potuto chiarire se il vento lo avesse colà trasportato da altro luogo, o in qual altra maniera ciò seguisse: dovendo per altro essere certo che grano tale (se pur ne fu vera la pioggia) non era nato in cielo, nè venuto da quel [p. 987 modifica]paese, dove non si ara nè semina. Aggiugne il suddetto Zosimo che intervenne lo stesso Probo Augusto ad una gran battaglia data ai Logioni, popoli della Germania, que’ medesimi probabilmente che son chiamati Ligi da Cornelio Tacito. La vittoria fu dal canto de’ Romani; Sennone, principe di quella gente, col figliuolo restò prigioniere; ma Probo li rimise poscia in libertà mercè di un trattato di pace, per cui furono restituiti tutti i prigioni e le prede da lor fatte. Seguì ancora un fiero combattimento tra i generali di Probo e i popoli Franchi, mentre l’imperadore in persona facea guerra, e venne alle mani coi Borgognoni e Vandali sulle rive del Reno, popoli che non si sa intendere come dalla Tartaria o da altro paese settentrionale fossero pervenuti fin colà. Non avea Probo forze tali da poter combattere del pari con quelle sterminate masnade di Barbari; però da saggio cercò solamente di dividerli. Tanto dunque gli attizzarono i Romani con dir loro delle villanie, e mostrando poi di fuggire, se alcun d’essi passava di qua dal Reno, che gran parte del loro campo passò il fiume. Non tardarono allora i Romani ad assalirli e disfarli; e quei che restarono intatti di là, non ottennero pace se non con obbligarsi di restituir tutto il bottino e i prigioni. Perchè non eseguirono con fedeltà il trattato, Probo andò ad assalirli ne’ loro trincieramenti, una parte ne uccise, un’altra ne fece prigioniera con Igillo lor principe; e questi, mandati nella gran Bretagna a popolar quel paese, servirono dipoi con fedeltà al romano imperio. Anche Vopisco attesta che Probo, avendo valicato il Reno, portò la guerra in casa de’ Barbari, e li fece ritirare sino ai fiumi Necro ed Alba, con torre loro non minor bottino di quel che essi aveano fatto nel paese romano. Continuò ancora molto tempo quella guerra, senza che passasse giorno in cui non gli fossero portate molte teste di que’ Barbari, per cadauna delle quali egli pagava una moneta d’oro. Un tal guasto obbligò nove di que’ principi a venire a’ suoi piedi e a dimandar pace. Questa fu loro accordata, purchè dessero ostaggi, ed insieme una contribuzion di vacche, pecore e grano. Veggonsi medaglie2610 di Probo colla vittoria germanica, le quali son da riferire all’anno presente, od anche al susseguente, parendo che tante imprese non si potessero compiere in pochi mesi. Cominciò in quest’anno2611 ad infettare il mondo l’eresia di Manete, che stese poi di molto le radici, e durò di poi per moltissimi secoli, con penetrar anche nell’Italia dopo l’anno millesimo della era volgare.