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Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/338

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Anno 338

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[p. 1219 modifica] [p. 1221 modifica]non il nome di Cesare. Le milizie, verisimilmente bene istruite da essi, fecero istanza che tutti e tre prendessero quello di Augusto, e questo di consenso delle altre armate, alle quali fu significata la morte di Costantino, e l’intenzione di crear imperadori tutti e tre i suoi figliuoli. Perchè si volle anche far l’onore al senato romano di aspettare il di lui assenso, che non mancò, tanto si andò innanzi, che solamente nel dì 9 di settembre3426 dell’anno prossimo passato furono essi pienamente proclamati Imperadori ed Augusti; e ne presero il titolo. Avea, siccome già dicemmo, l’Augusto Costantino creato Cesare Delmazio suo nipote, con assegnargli ancora alcuni Stati; e dichiarato re del Ponto, della Cappadocia ed Armenia Annibaliano di lui fratello. Non seppero sofferire i tre ambiziosi fratelli Augusti che, fuor d’essi, alcuno avesse parte nella signoria del romano imperio; e però furono a consiglio per escluderli. La maniera di ottener l’intento fu barbarica, e fa orrore, perchè si conchiuse di levar loro la vita. Ma prima di eseguire così crudele risoluzione, cominciarono essi ad esercitare la sovrana autorità, con levare il posto di prefetto del pretorio ad Ablavio3427, benchè3428 lasciato da Costantino per consigliere di Costanzo. Era stato costui onnipotente sotto il medesimo Costantino; ed uno di coloro che Eusebio Cesariense volle indicare, accennando que’ ministri che, abusandosi della bontà d’esso Costantino, s’erano renduti odiosi a tutti per le loro violenze e per l’ingordigia della roba. Ritirossi Ablavio ad un suo palazzo di villa nella Bitinia, credendosi assoluto colla sola perdita del grado; ma abbiamo da Eunapio3429 che Costanzo sotto mano spedì alcuni uffiziali con lettere dell’armata che lo invitava a tornarsene per suo gran vantaggio. Gli furono presentate quelle lettere con tutta sommessione dagli uffiziali, come s’egli fosse stato un imperadore; ed egli infatti si persuase che l’intenzione de’ soldati fosse di crearlo Augusto. Ma dove è la porpora? domandò egli con volto e voce fiera. Risposero gli uffiziali di non aver eglino se non le lettere; ma che altri stavano alla porta per eseguire il resto. Ordinò Ablavio che entrassero; ma, in vece della porpora, gli presentarono le punte delle spade, e il tagliarono a pezzi. Fu insinuato forse nei medesimi tempi, se non prima, all’armata di far tumulto, con protestare ad alte grida di non volere se non i tre figliuoli del defunto Augusto per signori ed imperadori. E perciocchè erano venuti alla corte i suddetti Delmazio Cesare ed Annibaliano re e Giulio Costanzo, quelli cugini, e questi zio paterno d’essi tre Augusti, in quel bollore fu loro dai soldati tolta la vita3430. Un altro fratello del defunto Augusto (forse Annibaliano) e cinque altri del medesimo sangue, tutti innocenti, incorsero nella stessa sciagura, per attestato di Giuliano Apostata3431. Anzi poco mancò che lo stesso Giuliano e Gallo suo fratello, figliuoli amendue del suddetto Giulio Costanzo, e per conseguente cugini anche essi dei tre Augusti, non fossero involti in questa rovina. Gallo restò illeso, perchè la infelice sua sanità il rappresentava, senza fargli maggior fretta, assai vicino alla tomba. L’età poi di soli sette anni quella fu che salvò la vita a Giuliano. Potrebbe essere che a questi principi scappasse detta qualche parola, che a loro, più che a’ figliuoli di Costantino, fosse dovuto l’imperio per le ragioni della lor nascita; e che di qua procedesse il loro esterminio. Ed ecco con che turchesca crudeltà diede l’Augusto Costanzo incominciamento al suo governo, giacchè niuno degli antichi scrittori attribuisce questa sanguinaria esecuzione a Costantino juniore o a Costante di lui fratelli, ma bensì [p. 1223 modifica]a lui solo3432. Ed ancorchè egli palliasse l’iniquità sua, rifondendola sull’ammutinamento de’ soldati, fu ognuno nondimeno persuaso che egli n’era stato segretamente il motore. Dopo la strage di questi principi, tutti del sangue imperiale, entrò anche la discordia fra i tre fratelli Augusti, o sia perchè cadaun d’essi pretendesse d’aver la sua parte negli Stati decaduti per la morte di Delmazio e di Annibaliano, o pure perchè la division de’ regni fatta dal padre non piacesse a talun d’essi, o restasse esposta, per cagion de’ confini, a varie controversie. È ignoto se allora, o pure dipoi, a motivo dell’Africa, insorgesse fiera lite fra Costantino e Costante, la quale poi andò a terminare in una brutta tragedia, forse perchè Costante pretendesse la Mauritania Tingitana, che soleva andar unita colla Spagna, o perchè Costantino credesse a sè dovuta qualche altra parte dell’Africa stessa. Unironsi, a cagion di tali dissensioni, i tre fratelli a Sirmio nella Pannonia, come attesta Giuliano l’Apostata3433, e quivi Costanzo la fece da arbitrio, con tal saviezza nondimeno e moderazione, che non lasciò ai fratelli motivo di dolersi di lui; anzi nella partizion degli Stati più diede ad essi di quel che ritenne per sè, affinchè si mantenesse la buona unione e concordia fra tutti. Si disputa tuttavia fra gli eruditi se questo abboccamento ed accordo de’ fratelli Augusti seguitasse nell’anno precedente o pure nel presente. Resta parimente controverso qual cambiamento si facesse nell’assegnamento degli Stati. Nulla io dirò del tempo, a noi bastando la certezza del fatto. Ma per conto della divisione, niuna apparenza di verità ha il dirsi dall’autore della Cronica Alessandrina3434 che a Costantino, il maggiore dei fratelli, toccasse Costantinopoli colla Tracia, e ch’egli regnasse quivi un anno, quando, siccome dicemmo, le signorie di lui erano la Gallia, le Spagne e la Bretagna, paesi troppo disuniti e lontani dalla Tracia. Si può ben credere che la Cappadocia e l’Armenia, provincia allora assai sconvolta, venisse in poter di Costanzo; e che egli cedesse a Costantino il Ponto (il che vien asserito da Zosimo)3435, e forse la Mesia inferiore; e che vicendevolmente Costante promettesse o rilasciasse a Costantino qualche parte dell’Africa, o pur altri paesi adiacenti all’Italia. Non si possono ben chiarire queste partite; quel che intanto è certo, l’ambizione, cioè quella fame che rode il cuore di quasi tutti i regnanti, nè mai si sazia, sconvolse di buon’ora i fratelli Augusti, e, non ostante il predetto accordo, poco stette a produr delle funestissime scene. Mentre poi fra loro bollivano queste dissensioni, Sapore re di Persia, animato dalla morte di Costantino il Grande, e credendo venuto il tempo di mietere, entrò con potente armata nella Mesopotamia3436, e mise l’assedio alla città di Nisibi. Più di due mesi vi tenne il campo, ma inutilmente, perchè quella guernigione co’ cittadini fece sì gagliarda difesa, che il superbo re dovette battere la ritirata, probabilmente perchè Costanzo avea ammassata gran gente per darle soccorso. Ma è disputato se all’anno presente appartenga questo assedio: che per altro la guerra coi Persiani continuò dipoi per anni parecchi, e Nisibi altre volte si vide assediata con avvenimenti de’ quali non si può assegnare il tempo preciso, e che solamente, andando innanzi, saran brevemente accennati. Belle son due leggi d’essi Augusti, spettanti a questo anno contro ai ribelli infamatorii3437 e alle lettere orbe, ed accuse secrete, con ordinare che, in vigor di questi atti clandestini, non fatti secondo le regole della giustizia, niuno de’ giudici potesse [p. 1225 modifica]procedere contra degli accusati; e che si dessero alle fiamme quegl’iniqui libelli.