Antigone (Alfieri)/Atto primo

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Atto primo

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Personaggi Atto secondo

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ANTIGONE TRAGEDIA.

ATTO PRIMO.

SCENA PRIMA.

ARGÌA.



ECcoti in Tebe, Argìa... lena ripiglia
Del rapido viaggio... oh come a volo
D’Argo i’ venni! Per troppa etade tardo
Mal mi seguisti, o mio fedel Menete:
Ma in Tebe io stò. L’ombre di notte amico5
Velo prestaro all’ardimento mio;
Non vista entrai. Questa è l’orribil Reggia,
Cuna del troppo amato Sposo, e tomba.
O Polinice, il traditor Fratello
Quì con tua morte sol diè fine all’ire.10
Invendicata ancor tua squallid’Ombra
S’aggira intorno a queste mura, e niega
Nell’empia Tebe al Fratel crudo appresso
Aver la tomba; e par, ch’Argo m’additi...

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Sicuro asilo Argo ti fù: deh! il piede 15
Rimosso mai tu non avessi! Io vengo
Pel sacro cener tuo. Quella, che tanto
Amasti in vita, Antigone prestarmi
Sola può di sua mano opra pietosa.
Oh quanto io t’amo, Antigone; bench’io 20
Non ti vedessi mai! Sorella fida
Ognor tu fosti a Polinice: io teco
A pianger vengo, e ad ottener di furto
Gelid’urna, che a me s’aspetta; ceda
Sorella a Sposa. — O Figlio unico nostro, 25
Questo fia il don, ch’io ti riporto in Argo;
Questo il retaggio tuo; l’Urna del Padre.
Ma dove, incauta, il mio dolor mi mena?
Argiva son; stò in Tebe; e nol rimembro?
L’ora aspettar, che Antigon’ esca.... E come 30
Ravviserolla?... E s’io son vista?... oh Cielo!...
Or comincio a tremar... quì sola... Oh!.. parmi,
Che alcun s’appressi: Oimè!... che dir? Qual’arte?...
M’asconderò.

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SCENA SECONDA.

ANTIGONE.



          QUeta è la Reggia; oscura
35La notte; or via; vadasi... e che? Vacilla
Il cor? Mal ferme il piè tremante imprime
L’orme? Perchè? Forse un delitto imprendo?
Donde il terror? Morte pavento io forse? —
Io temo sol di non compir l’impresa.
40O Polinice, o da me pianto invano
Fratel finor... Passò stagion del pianto;
Tempo è d’oprar: me del mio Sesso fatta
Sento maggior. Dell’inuman Creonte
Ad onta, oggi, da me, il vietato rogo,
45L’esequie estreme, o la mia vita avrai. —
Notte, o tu, che regnar dovresti eterna
In questa Terra d’ogni luce indegna;
Del tuo più denso orrido vel t’ammanta,

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Per favorir l’alto disegno mio.
50De’ Satelliti Regj al vigil guardo
Sottrammi; io spero in te. — Numi, se Voi
Espressamente non giuraste, in Tebe
Niun’opra mai pietosa a fin doversi
Condur, sol vi chiegg’io tanto di vita,
55Quant’or mi basti ad eseguir quest’una.
Vadasi omai: santa è l’impresa; e santo
Quel che mi punge sprone, amor fraterno. —
Ma chi m’insegue? Oimè! tradita io sono...
Donna è, che vien? O chi se’ tu? Rispondi.



SCENA TERZA.

ARGÌA, ANTIGONE.



Argìa.

UNa infelice io sono.

Antigone.

60 In queste Soglie,
In sì tard’ora che fai tu? Che cerchi?

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Argìa.

Antigone cerch’io.

Antigone.

 Ma tu chi sei?
Antigone conosci? A lei se’ nota?
Ch’hai seco a far? Ch’hai di comun con Essa?

Argìa.

La pietade, e il dolor.

Antigone.

 Pietà? Qual motto 65
Osi tu in Tebe profferir? Creonte,
Nol sai? Quì regna. Oh! Non t’è noto forse
Creonte?

Argìa.

 Or dianzi io quì giungeva.

Antigone.

 In Tebe,
In questa Reggia il piè straniera ardisci
Por di soppiatto? A che?

Argìa.

 Se in questa Reggia70

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Straniera io son, colpa è di Tebe: udirmi
Nomar quì tale i’ non dovria.

Antigone.

 Che parli?
Ove nascesti?

Argìa.

 In Argo.

Antigone.

 Ahi nome! Oh quale
M’inspira orror! Così pur sempre ignoto
Stato mi fosse! I’ non vivria nel pianto. 75

Argìa.

Argo a te costa lagrime? D’eterno
Pianto cagion m’è Tebe.

Antigone.

 I detti tuoi
Certo mi suonan pianto. O Donna, s’altro
Dolor sentir che il mio potessi, al tuo
I’ porgeria di lagrime conforto:80
Grato al mio cor fora l’istoria udirne;
Grato il narrarla, a te: ma non è ’l tempo

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Or ch’un Fratello io piango.....

Argìa.

 Ah! Tu se’ dessa:
Antigone se’ tu....

Antigone.

 Sì, son..... ma.....

Argìa.

 Argìa
Vedi in me, sì: di Polinice tuo 85
La desolata Vedova.

Antigone

 Che ascolto?...

Argìa.

Unica speme mia, solo sostegno,
Sorella amata i’ pur t’abbraccio: — Appena
T’udii parlar, di Polinice il suono
Mi parve udir: al mio tremante core 90
Porse tua voce ardir; mostrarmi osai.....
Felice me!... Ti trovo. Al rattenuto
Pianto tra’ dolci amplessi or lascia, ch’io
Libero sfogo entro il tuo sen conceda.

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Antigone.

Oh come io tremo! O tu, Figlia d’Adrasto, 95
In Tebe? In queste Soglie? In man del crudo
Creonte?... oh vista inaspettata! Oh vista
Cara non men, che dolorosa!

Argìa.

 In questa
Reggia, ove me sperasti aver compagna,
E lo sperai pur’io, così m’accogli? 100

Antigone.

Oh più che Suora!... Oh di me parte!... Il seppe
Quant’io t’amassi Polinice: ignoto
M’era il tuo volto sol, ma i modi, e l’alma,
L’indole, il cor, ed il tuo amore immenso
Per lui, ben’io sapea. Quant’Ei t’amava, 105
Tanto io t’amo: vederti i’ non volea
In Tebe mai, nè il vo’... mille funesti
Perigli, trema, hai quì d’intorno.

Argìa.

 Estinto
È Polinice, e vuoi, ch’io tremi? Omai

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Che perder più, che desiar mi resta? 110
Abbracciarti, e morir....

Antigone.

 Di te non degna
Postresti aver quì morte.

Argìa.

 Ognor fia degna,
Ov’io pur l’abbia in sull’amata tomba
Di lui.....

Antigone.

 Che parli?... Misera!... La tomba?...
Poca polve, che il copra, oggi perfino 115
Al tuo Marito, al mio Fratello, in Tebe,
Oggi si vieta.

Argìa.

 Oh Ciel! Ma il corpo esangue...

Antigone.

Giace alle fiere preda in Campo.

Argìa.

 Al Campo
Io corro.

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Antigone.

 Ah! ferma il piè — Creonte fero,
Tumido già per l’usurpato Trono, 120
Leggi, Natura, Dei, tutto in non cale
Quell’empio tien; e non che ’l rogo ei nieghi
A’ Figli d’Argo, Ei dà barbara morte
A chi lor dà la tomba.

Argìa.

 In Campo preda
Alle fiere il mio Sposo? Ed io nel Campo 125
Passai pur dianzi! e tu vel lasci? Il sesto
Giorno già volge, ch’Eteocle ha spento
Il misero Fratello, ed insepolto,
E nudo giace? E le mort’ossa ancora
Della Reggia paterna escluse a forza 130
Stanno? E una Madre il soffre?

Antigone.

 Argìa, non sai
Nostre sventure tutte. Appena vide
Compier Giocasta il Fratricidio orrendo,
D’imbelle pianto non rigò la gota,

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Nè rimbombar fea di lamenti l’aure;135
Dolore immenso le tronca ogni voce;
Immote asciutte le pupille figge
Nel duro suol: già dall’Averno l’ombre
De’ dianzi spenti Figli, e dell’ucciso
Lajo in tremendo flebil suono chiama. 140
Già le si fanno innante; erra gran pezza
Così l’accesa fantasia tra’ mesti
Spettri del suo dolor; rientra poscia
A stento in se; me desolata Figlia
Si vede intorno, e le Matrone sue. 145
Morir vuol’ella, e viver teme; e queta
S’infinge per deluderci....Me lassa!....
Incauta me!... delusa io son: lasciarla
Mai non dovea. — Chiamar placido sonno
L’odo, gliel credo, e ci scostiam: l’iniqua 150
Spada del fianco palpitante ancora
Di Polinice ha tratto, e infino all’elsa
Nel proprio sen l’ha immersa; e cade, e spira. —
Ed io che fò?... Di questo fatal Sangue
Misero avanzo, anch’io perir dovea 155

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Del brando stesso; ma del cieco Padre
Non morto ancor, nè vivo pietade ebbi.
Per lui soffersi l’abborrita luce;
Serbata io m’era a sua tremula etade....

Argìa.

Edippo?... In esso ricader dovea 160
Tutto l’orror del suo misfatto. Ei vive?
E Polinice muor?

Antigone.

 Misero Padre!
Oh! se visto l’avessi! Egli è pur Padre
Di Polinice nostro: ei di suo fallo
Soffre maggior la pena. Esule, cieco, 165
Ramingo, solo, mendicando il vitto
Ei và di Tebe in bando. Il fier Tiranno
Creonte osa cacciarlo. Il proprio nome
Non ardirà far noto: il Ciel, Creonte,
Tebe, noi tutti ei colmerà d’orrende 170
Imprecazioni: al vacillante antico
Suo fianco andar sostegno eletta io m’era;
Ma gli fui tolta a forza; e quì costretta,

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Quì rimanermi: e fù voler de’ Numi
Forse; che, appena era lontano il Padre, 175
Degli insepolti l’inaudita legge
Creonte in Tebe promulgò. Chi ardiva
Romperla quì; chi, se non io?

Argìa.

 Chi teco,
Chi, se non io, potea divider l’opra?
Quì ben mi trasse il Ciel. Da te l’amato 180
Cener veniva ad ottenerne in dono.
Oltre mia speme in tempo ancor son giunta
Di riveder, ed abbracciar le care
Sembianze; e quelle cruda orribil piaga
Lavar col pianto; ed acquetar col rogo 185
La vagante Ombra.... Or che tardiam? Sorella,
Andianne; io prima....

Antigone.

 A santa impresa vassi;
Ma vassi a morte: io ’l deggio, e morir voglio.
Nulla ho che il Padre al Mondo, e mi vien tolto:
Quant’io ti bramo, o morte! Il rogo io sola 190

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Lascia che incenda: tu perir non dei:
Me il rogo stesso col Fratello accolga:
Fummo in duo corpi una sol’alma in vita;
Sola una fiamma anco le morte nostre
Spoglie consumi, e in una polve unisca. 195

Argìa.

Perir non deggio? Oh! Che di’ tu? Vuoi forse
Me vincere in dolor? Pari in amarlo
Noi fummo, pari; od io maggior. Di moglie
Altr’è l’amor, che di Sorella.

Antigone.

 Argìa,
Contender teco i’ non vogl’io d’amore; 200
Di morte sì. Vedova sei; qual Sposo
Perdesti, il sò: ma tu, tu non se’ Figlia
D’incesto; ancor vive la Madre tua:
Esul non hai, non cieco, e non mendico,
E non reo il Genitor: Il Ciel più mite 205
Fratelli a te non diè, che l’un dell’altro
Nel sangue a gara si bagnasser empj.
S’io, di morir pria ch’i’ nascessi degna,

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Sola a morte voglio ir, deh! non t’offendi;
Deh! torna in Argo... Oh! nol rimembri? Hai pegno 210
Là del tuo amor: di Polinice hai viva
Nel Pargoletto tuo l’immagin: torna;
Di te fà lieto il disperato Padre,
Che nulla sà di te; deh! vanne: in queste
Soglie nessun ti vide; ancor n’hai tempo: 215
Contro il divieto i’ basto sola.

Argìa.

 ...Il Figlio?...
Io l’amo, sì; ma pur, vuoi tu ch’io fugga,
Se quì morir si dee per Polinice?
Mal mi conosci: il Pargoletto in cura
Riman d’Adrasto; ei gli fia Padre. Al pianto 220
Il crescerei; mentre a vendetta, e all’armi
Crescer si dè: non è timor, che tormi
Di riveder possa l’amato Corpo.
O Polinice mio, ch’altra ti renda
Gli ultimi onor?....

Antigone.

 Alla Tebana scure 225

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Porger tu il collo vuoi?

Argìa.

 Non nella pena,
Stà nel delitto infamia. Ognor Creonte
Sarà l’infame: orror del nome suo
Sentirà ognun; pietà del nostro.

Antigone.

 Or tormi
Vuoi tu tal gloria?

Argìa.

 Io vo’ veder mio Sposo; 230
Morir sovr’esso. E tu, qual n’hai tu dritto
Di contendermi il mio? Tu, che ancor vivi,
E il vedesti morir.

Antigone.

 Perdona; omai
Pari ti credo a me. Pur m’era forza
Ben accertarmi pria, quanto in te fosse 235
Del feminil timor: del dolor tuo
Non era io dubbia; del coraggio io l’era.

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Argìa.

Dolor cotanto ogni più vil fà prode:
Ma s’io l’amor del tuo Fratel mertai,
Esser potea volgar Donna?

Antigone.

 Perdona; 240
Io t’amo, io tremo; il tuo destin mi duole:
Ma il vuoi? Si vada. Il Ciel te non confonda
Colla Stirpe d’Edippo! Oltre l’usato
Parmi oscura la notte: i Numi al certo
L’attenebrar per noi. Sorella, il pianto 245
Bada tu bene a trattener; più ch’altro
Ci può tradir. Severa guardia in Campo
Fan di Creone i Satelliti infami:
Nulla ci scopra a lor pria della fiamma
Divoratrice dell’esangue busto. 250

Argìa.

Non piangerò.... ma tu.... non piangerai?

Antigone.

Sommessamente piangerem....

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Argìa.

 Ma in Campo
Sai tu in qual parte ei giace?

Antigone.

 Io sò ben dove
Gli empj il gittaro. Andiam: lugubri tede
Meco i’ porto: colà favilla alcuna 255
Trarrem di selce, onde s’incendan: segui
Tacitamente ardita i passi miei.