Azioni egregie operate in guerra/1643

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1643.

I
N vece di D. Ottavio volle l’Imperatore, che il Conte Mattia Galasso ripigliasse il comando de’ suoi eserciti. Il Conte avrebbe ripugnato ben volontieri, stante la declinazione grande, in cui erano caduti gli eserciti Austriaci in Alemagna. Tre battaglie eransi perdute nell’anno decorso. Le milizie rimaste trovavansi discoraggite de’ passati incontri infelici. La concordia cogli altri capi non appariva sperabile, stante la pretensione loro, di farla da primi comandanti. Un nuovo nemico erasi suscitato contra gli Stati Imperiali, ed era il Ragozzi, a cui veniva promessa da’ Nemici di Casa d’Austria la padronanza di tutta l’Ungheria Austriaca. Tante difficoltà avrebbono abbattuto ogni altro spirito, e determinatolo a fermarsi sulla negativa. Ma l’affezione, che regnava ardentissima nel General Galasso per il sostentamento della Casa Imperiale, sormontò tutti questi ostacoli, e lo sottomise ad una ubbidienza la più ardua, che possa abbracciare un cuore magnanimo. L’istesso Arciduca Leopoldo, disgustato da’ Consiglieri della Corte, erasi ritirato al suo Vescovato di Passavia, e si protestò, che non andrebbe alla guerra, quando Persone togate volessero dar leggi a persone di spada. D. Camillo Gonzaga, peritissimo nell’arte di munir le piazze, intendentissimo dell’arte militare, e del pari valoroso, era passato al servigio de’ Veneziani. Il General Borri Fiorentino veniva chiamato dal suo Padrone il Gran Duca, per soprastare alle milizie Toscane. D. Annibale Gonzaga, non inferiore al Fratello, era trattenuto al Governo di Vienna, in cui Cesare lo voleva, perchè molto confidava nella di lui custodia. La mancanza di tanti soggetti di buon consiglio, e di braccio forte, di più Italiani, ch’è quanto dire del partito medesimo del Galasso, e conformi al di lui sentimento, rendevano più scabroso il comando allo stesso Galasso. In tanta disuguaglianza, ed insufficienza di potere, determinò Egli di rimanere sulla difensiva, [p. 95 modifica]campeggiare in siti avvantaggiosi, attraversare ulteriori conquiste almeno di considerazione agli Svezzesi, e difficoltare le loro scorrerie. Tenne unito l’esercito. Andava osservando con tutta attenzione, e vigilanza gli andamenti del Tosterdon, e si manteneva nel tenere di Kenigradz, come il più opportuno, a frastornare i disegni nemici. Contava cinque mila Fanti in circa con otto mila Cavalli, laddove lo Svezzese comandava a ben dieci mila a piedi, e otto mila a cavallo, gente eletta, di esperienza consumata, e superiore in ogni conto all’Austriaca. Agli Svezzesi si aggiunsero altri tre mila; Onde animato il Tosterdon dall’accrescimento delle milizie, e dalla debolezza de’ Cesarei, minacciava a varie parti, ma singolarmente Praga. Il Galasso v’introdusse sollecitamente mille, e cinquecento uomini: e accrebbe i presidj ne’ posti circonvicini, soggetti a danneggiare quella Metropoli. Prese posto a Pogadriz, pronto ad applicar i soccorsi, verso dove s’inoltrassero gli attentati ostili. Il Tosterdon, attraversata la Boemia, s’insinuò nella Moravia per levar il blocco di Olmitz, e dilatare a quella guarnigione la sussistenza coll’impossessarsi, come fece, di varie piazze circonvicine. Il Galasso gli tenne dietro, postandosi sotto Bruno Città amica; indi trapassando verso l’Ungheria per coprire quel Regno. Ma egli si trovava afflitto sopra modo, ed angustiato; poiché era inferiore di Soldatesche quasi per metà; e questa mancante di paghe stava scontenta, e in necessità di slargarsi, affine di cogliere onde vivere. Vedeva i Nemici depredare il Paese, arricchirsi, e starne contenti colle spoglie de’ Paesi ereditarj di Cesare, i quali per tali desolazioni rendevansi sempre più impotenti, a contribuire sussidj. Colle partite de’ suoi Cavalli infestava gli Svezzesi, e talvolta ebbe la fortuna di sorprenderne, ed uccidere grosse truppe. Avvicinatosi il Tosterdon a Bruna, Città forte, e principale della Moravia, il Galasso v’introdusse di notte una poderosa Guarnigione, con cui frastornò quell’assedio. Tenne poi dietro all’armata Svezzese, che ritiratasi da’ paesi patrimoniali di Cesare, meditava di arricchirsi colle spoglie d’altro paese, il quale era stato per più anni immune dalla guerra; e questo era il Reame di Danimarca. Per ragioni, note in tutte le Istorie, si suscitò questa nuova guerra; e il Tosterdon tanto più volontieri l’intraprese, quanto che sapeva non esser apparecchiato il Re Danese a ribatterlo; e però sperava considerabili acquisti, e spoglie opime, colle quali impinguare le proprie Soldatesche. Inaspettatamente penetrò nell’Olsazia Danese. Coll’acquisto de’ posti migliori s’internò nelle viscere della provincia. Acquartierò la Fanteria, che vi fece ricchissimi bottini. Colla Cavalleria pose in contribuzione tutto il Paese.

Da questa invasione non aspettata sbigottito il Re di Danimarca, applicò ad implorare l’assistenza degli Amici. All’Imperatore spedì istanze pressantissime per esser soccorso.