Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Enrico Martorelli

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Enrico Martorelli

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Antonio Giuliani Ettore Novelli

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MARTORELLI CAV. ENRICO


Consigliere Provinciale





LL
a missione più bella, più grande, più nobile per l’uomo, che bevve al fonte degli studi l’eletto sapere, che crebbe all’amore della patria, che ornò la mente ed il cuore d’ogni gentile costume, che meditò sui bisogni del popolo, sulle condizioni delle città, che della face splendidissima di peregrine cognizioni illuminò l’ingegno, si è principalmente di rendersi utile al proprio paese, di concorrere con l’opera a consolidare l’immenso edificio della pubblica e privata fortuna, di porgere il tributo della intelligenza e della esperienza al miglioramento e prosperamento delle pubbliche amministrazioni, dalle quali discende la sanità della vita sociale, la felicità dei cittadini, e il riposo tranquillo e sereno della nazione. — Ed è per fermo che d’uomini saggi, virtuosi, onesti abbisogna sempre più la patria, perchè il governo della medesima di perpetue forze si sostenga, e i tempi corrano fecondi di un avvenire ognorapiù fortunato, e il popolo tragga i suoi giorni non nel travaglio e nelle distrette, ma in mezzo allo sviluppo progressivo del bene morale, civile, materiale e politico. E noi avvisiamo non esservi certo più efficace mezzo per conquistare il bene pubblico e privato, quanto incitare gli uomini sapienti ad operare di continuo con lena incessante, e sull’esempio di loro formarsi uomini nuovi, che nuovi beni apportino sul campo della civiltà e del progresso, dove la nazionale famiglia il frutto raccolga di una esistenza riposata e pienamente felice. — E poichè ci proponemmo di trarre bellissima luce dagli uomini, che compongono il Consiglio della romana provincia, siccome queglino che per verità corrisposero [p. 310 modifica]all’altezza dei tempi nel saper condurre la provinciale amministrazione, così, proseguendo a discorrere la vita di loro, porgiamo gli esempi di quelle virtù, cittadine, die debbono seguirsi per conseguire l’utilità comune, il benessere generale. — E dopo ciò entriamo a discorrere la vita di quell’esimio Consigliere provinciale, che è Martorelli Enrico.

Da onesti e civili parenti nasceva egli in Ceprano, provincia romana, nell’anno 1828. Amante degli studi e di fervido ingegno, dapprima si diè ad istruirsi nel Collegio Tulliano di Arpino, che era uno de’ più accreditati, e compiuto il corso di filosofia, trasferissi a Roma, ove si diè a studiar legge nella Romana Università, volgendo l’anno 1845.

Succedevano gli entusiasmi politici, e la storia è tuttavia aperta e c’insegna come nel 1848 e 1849 un papa, che poteva d’un tratto la propria tiara circondare di raggio più bello, sedotto da arti scellerate, una santa causa abbandonasse, la causa della patria;; come una repubblica l’altra trucidasse, quella cioè di Francia le armi immergendo nel cuore della Romana Repubblica. E fu in quel tempo che Emilio Martorelli, i liberi sensi spiegando dell’animo suo ardente dell’amore di patria, dalla teocratica polizia preso di mira, tanta nequizia di persecuzione lo strinse, che gli fu persino impedito di torre nella Romana Università la laurea, essendogli negato l’accesso alla Università medesima. —

Quando Pio IX il vessillo brandì della libertà e benedì alla indipendenza della patria, onde a lui tutta la gente italiana innalzava il canto dell’amore e della fede, il Martorelli fu eletto Tenente della Guardia civica, ed era in cara amicizia con i più distinti liberali italiani, con un Moger, con il Colonnello Masi, con Sterbini, e tanti altri, e sostenne particolari uffici, cui soddisfece con zelo, con energia, con disinteresse, e ne riportò lode onorata. —

Dal 1850 al 1859-60 fu desso in intima corrispondenza politica con le primarie autorità italiane, dai confini dello inallora stato pontificio, e rese importanti servigi, e giova notare come con l’egregio Comm. Berti oggi Prefetto di Girgenti fosse in stretta relazione, mentre questo era Sotto-Prefetto di Sora, e la causa d’Italia favoreggiasse, e come a questo scopo stesse anco d’avviso con il delegato di Pubblica Sicurezza Federico Montani, onde si parve il cuore del Martorelli sempre appassionato per la conquista suprema della unità, libertà e indipendenza della patria.

I trionfi della causa italiana procedevano e il bel paese tutto riscuotevasi dell’ultima e finale riscossa. — Se non che l’ultimo anelito era Roma; Roma la città eterna, la città degli eterni e più grandi destini. — Volgeva l’anno 1867 — tutti i patrioti, e gli esuli romani bramosamente s’accingevano all’opera di [p. 311 modifica]una nobile insurrezione, onde istrappare di mano alla teocratica e straniera signoria la gemma più bella d’Italia. — Quindi molte città della romana provincia, prese di patriottico entusiasmo, abbatterono il sacerdotale dominio, e proclamarono il nuovo governo. E tra queste fu anco Ceprano, che alla formazione della nuova Giunta di Governo chiamò a farne parte, siccome uno dei più distinti e benemeriti cittadini, Enrico Martorelli. Ma non era maturo il fato, e ripiombando la città sotto il dominio pontificio fu il Martorelli costretto esulare nelle meridionali provincie.

Però era fisso che in breve il voto degli italiani s’avverasse, che il vaticinio dei nostri grandi si compiesse, che il sangue di tanti martiri fruttasse il fiore eterno della unità della patria coronata con Roma capitale d’Italia. — E il giorno venne. — E tutto il mondo stette attonito al miracolo, che compievasi nella terra degli eroi, nel suolo, che costò tante lagrime, tante sventure, tante stragi, tante guerre. Roma capitale d’Italia! — Al compimento di questo fatto esultarono le ossa dei padri nostri, i quali si affacciarono plaudendo dai loro sepolcri. — Volgeva il 1870. Enrico Martorelli era prescelto presidente della Giunta distrettuale, e bene il distinto ufficio gli convenne, chè uomo quanto lui niun’altro per fermo v’era che il meritasse, e lo sostenne da cittadino intelligente, operoso, e curante il bene del popolo, gl’interessi della città, e il plebiscito regolò per guisa, che riuscì degno di un popolo libero, di una città italiana di altissimi sensi. —

E poichè i meriti sì della mente, che dell’animo di Enrico Martorelli erano emersi per modo, che la estimazione generale erasi guadagnata, si volle destinato al Consiglio Provinciale di Roma per il mandamento di Ceprano, e in esso si fecero sempre più manifesti i pregi chiarissimi del Martorelli, la di cui opera fu sempre intesa alla buona amministrazioue, al benessere comune, e al supremo interesse della provincia, il perchè degno si rese pur’egli della pubblica e privata benemerenza.

Ma è purtroppo vero che il merito trovò sempre tra gli uomini gara d’invidia e di malignità, epperò anche il Martorelli da invida e maligna rabbia fu preso di mira, onde erasi proposto ritrarsi nella serena dignità del silenzio e abbandonarsi a vita privata, sino a che non avrebbe il paese richiesto nuovamente sua opera, ma fu tetragono ai colpi dei maligni e degl’invidiosi, e restò fermo e dignitoso sotto l’usbergo del sentirsi puro, disposto sempre a giovare della sua azione la città, la provincia, la patria.

E perchè viepiù apparisca in quanta stima, e in quanto riguardo sia tenuto il Martorelli, diremo come fu dai propri concittadini eletto Consigliere Comunale, e poscia nominato Sindaco, nel quale ufficio durò dal 1871 al 1873, [p. 312 modifica]con soddisfazione di tutta la cittadinanza, e lasciando di se fulgidissima traccia. Fu anco Presidente del Consorzio Razionalo, Presidente de’ Condomini, e Direttore del Teatro Filodrammatico di Ceprano, e dappertutto si rese utilissimo, s’acquistò onore e benevolenza, e pose ognora più in luce le sue doti rarissime. —

Noi lo udimmo nel 1871 nella Piazza di Ceprano, alloraquando fu solennizzata la prima festa dello Statuto nella Romana Provincia, e in cui prestò giuramento la Guardia Nazionale, arringare il popolo e con bella ed eletta parola tutti svelare i patriottici sensi e portare l’entusiasmo in tutti gli animi. — E nel giorno della premiazione degli alunni e delle alunne delle scuole elementari, con acconcio parole ragionò sull’insegnamento e sui fecondi risultamenti della istruzione, e fece sempre meglio aperto il suo bello ingegno, e le virtù del suo cuore. —

Fu egli meritamente onorato della Croce di Cavaliere della Corona d’Italia, e s’aveva di poi con Decreto del Re menzione splendidissima per l’esattezza, con cui era stata compilata la Statistica del Comune di Ceprano. —

Con maggior diffusione potriasi ancor ragionare di Enrico Martorelli, ma i tratti di sua vita, in queste pagine delineati bastano, a presentarlo nel suo vero splendore, e a farlo degno di gentile ricordo, chè certamente soltanto coloro, cui l’ombra di una corrotta coscienza, la nullità di vacua mente, la povertà delle opere, o l’essere nemici d’ogni cosa bella, può non essere accettevole la memoria storica di se medesimi. —

Noi pertanto iscriviamo sulla tavola biografica il nome di Enrico Martorelli, siccome quello di un patriota sincero, di un benemerito cittadino, di un uomo sapiente, che anela di vedere felice e grande la propria Nazione. —






Roma — Decembre 1874