Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Giuseppe Mazzoni

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Giuseppe Mazzoni

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Mario Massimo Filippo Orsini

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MAZZONI GIUSEPPE


Consigliere Municipale




L'
Italia non può vivere se non grande — disse quel Sommo, che nell’universale compianto lasciò in Pisa il sospiro di morte, ma la di cui anima correrà eterna sulla terra del genio. — E disse vero, perciocchè il popolo italiano ha la coscienza de’ propri fati, della propria potenza, ed una voce gli grida continuo, che non si ristia, che proceda concorde, unanime, forte, che vada innanzi gigante e nelle onnipotenti sue braccia costringa la patria diletta, affichè stia salda come torre, che non crolla per furiar de’ venti, sì che chiunque contro lei attentasse ne porti rotta la fronte. — L’Italia non può vivere se non grande!

E fu quella coscienza che ha il popolo, e fu quella voce, che, quando diviso e schiavo talora si giacque, lo richiamava, ond’egli rialzatosi in fraterno abbraccio riunito, dalla smarrita via si ritraeva sotto la luce della civiltà e del progresso, che andava diradando la notte della viltà e della ignoranza, e s’incamminava per il sentiero, che conduce ai liberi tempi, ma il cammino fu lungo e segnato ahi troppo! di lagrime e di sangue.

Il piede straniero s’aggravò più fiate sul collo della patria, c il Sire delle coscienze umane, non si scosse ai gemiti della povera schiava e vide un mare di sangue scorrere sul suolo italiano, ed il suo cuore non si spetrò; ed oggi ancora maledice alla libertà, alla uniti, alla indipendenza d’Italia, e sopra i cittadini, che fecero sacrificio della vita e delle sostanze sparge l’anatema, spauracchio di barbari tempi.

Ma santa e bella cosa è a quei cittadini, morti o vivi, tributare una pagina per i supremi sacrifici compiuti e dirne aperta la vita, chè per cotal guisa ai giovani si porge esempio di forte operare, e al patriotta vivente soddisfazione di adempiuto dovere.

E dei patriotti viventi noi oggi presentiamo Giuseppe Mazzoni, di cui discorreremo brevemente la vita.

Nacque egli in Roma nell’anno 1819, il dì 19 del mese di marzo.

[p. 154 modifica]Onorato fu il nome di suo padre, e per verità a tal nome corrisposero i fatti, chè fu uomo integro e amante di educare la prole in tutte le più elette e civili virtù, e sostenne con zelo e con onestà impareggiabile la carica di Capo Sezione della Direzione Generale delle Dogane.

Giuseppe si applicò con amore agli studi, ed aspirando ad una professione indipendente fece un corso di Ingegneria ed ottenuto il diploma di perito agronomo, di subito cominciò ad esercitare, e mercè la sua abilità ed onestà si trova oggi di avere acquistato una numerosissima clientela sin anco nel patriziato romano.

Era giovane, era studente, e nel suo petto ardeva già forte l’amore di patria, e amava trasfonderlo anche negli amici e nei compagni, onde fu che al succedere degli avvenimenti politici nel 1848 la sua anima ebbe bisogno di erompere nei caldi effondimenti patriottici. Si distinse quindi per tutte le più be Ile virtù della mente e del cuore, per i suoi principii altamente liberali, - per la generosità del suo animo, per la gentilezza delle sue maniere e per quella bontà, che è propria di ogni vero patriotta. — Gli vennero perciò in quel tempo conferiti diversi incarichi. — Fu Commissario della Costituente, fu Membro della Commissione del prestito forzoso, fu Consigliere Municipale, fu Membro della Commissione di approvigionamento e fn eletto anche primo Tenente nella Guardia Civica, e a tutti questi uffici soddisfece con la più mirabile energia ed intelligenza.

Un negro velo però già si distendeva per il cielo di Roma, chè l’aquila di Francia muoveva il funereo suo volo contro la Romana Repubblica.

La città eterna si poneva in sulle difese.

Il Generale Garibaldi adunava i suoi valorosi e li preparava alla resistenza estrema. — E fra quei valorosi fu pure Giuseppe Mazzoni.

Suonò l’ora della battaglia, e fu combattuto un combattimento disperato, ma gl’italiani soggiacquero oppressi non vinti dalle forze straniere maggiori per numero e per armi, e la storia segnò sul capo della Francia anche allora un marchio d’infamia.

Il Mazzoni per il valore spiegato nell’eroica difesa di Roma fu decorato di due medaglie.

Vedeva egli ristorarsi il papale dominio, ma non pertanto sentiva nel cuore una voce, che gli diceva non essere ancora pienamente maturi i tempi, ma che immanchevole sarebbe arrivato il giorno dell’ira, il giorno in cui si sarebbe fatto giudizio della prepotenza straniera e del dispotismo teocratico.

Volgevano gli anni e la congiurazione contro lo straniero e le segrete preparazioni degli uomini, cui in cima del pensiero e nel mezzo del cuore stava la patria, affrettarono il trionfo della lungamente sospirata libertà, unità ed [p. 155 modifica]indipendenza d’Italia, e il distenebramento della buia notte, che copria la luce della civiltà e del progresso.

Correva l’anno 1853 e Giuseppe Mazzoni era imprigionato, chè il papale governo lo credette ravvolto nelle cospirazioni del 15 agosto di quell’anno, le quali avrebbero avuto a loro meta la sovversione del pontificio regime e la liberazione d’Italia dal servaggio straniero.

Fu rinchiuso nel duro carcere denominato di S. Michele, e malgrado i trattamenti crudeli e la selvaggia fierezza contro di lui adoperata, vi si mantenne calmo e dignitoso, e il martirio di quella prigionia sopportò per un anno e mezzo.

Non per questo cessò egli dall’azione di patriotta, chè anzi quel carcere aveva temprato la sua anima a più forti propositi. Nulladimeno si mantenne più cauto, e nel mentre ai doveri di liberale adempiva si occupava anco dei suoi studi di agronomia, ed in ispecial modo si applicò alla viticultura, e rese un suo possedimento, situato in Monte Mario poco lungi della Porta Angelica, modello splendidissimo della più perfetta coltivazione, nel che profuse ingentissima somma. E di vero è una meraviglia, e gli amatori di agraria nel mentre vi apprendono la vasta di lui cognizione in materia agricola, ne traggono insegnamento a progredire in quest’arte, che ben praticata la più larga fonte di ricchezze aprirebbe all’Italia. — E in tanta estimazione egli è venuto, e così chiaro nome siccome agronomo ha levato di sè che una Società estera lo incaricò di scrivere un progetto per migliorare le condizioni dell’Agro Romano, e gli fece patto di non pubblicarlo. — Ma noi confidiamo che questo progetto sarà di poi dalla stessa Società estera dato alla luce della stampa, e quivi si parrà sempre meglio la profondità e la grandezza del Mazzoni nelle cognizioni di agronomia.

I tempi veniansi maturando, e nel 1859 la nuova èra d’Italia incominciava.

Giuseppe Mazzoni stava sempre in Roma, ed ogni passo, che sul suolo italiano si facea per la unità e indipendenza della patria era una festa per la sua anima, ed aspettava con ansia febbrile l’ora, in cui l’astro della libertà risplendesse dai Sette Colli. — Ed in Roma egli essendo non venia manco sua opera a pro del paese, chè egli fu prodigo di sue sostanze per la causa della libertà, e la emigrazione soccorse con generosità senza pari, e la terra della città eterna insieme ad altri patriotti apparecchiava col senno e col denaro alla suprema liberazione.

Correva l’anno 1867. — Parea che i fati a quel tempo segnassero, perchè al Condottiero dei valorosi fosse concesso veder di nuovo rifulgere sul suo capo quel sole di Roma, che amaramente vide tramontare nel 48. Seguito da giovani forti e ardenti, da esuli romani, che lungamente sospiravano riabbracciare i [p. 156 modifica]loro cari, e la terra natale far libera, accompagnato da uomini di lunga prova politica, muoveva alla occupazione di Roma, per porla sul capo d Italia come la più bella e più splendida gemma. — Ma anche allora la prepotenza francese fatta puntello del Papato soffocava con la maggioranza del numero e delle armi la nobile insurrezione, e l’Uomo delle gloriose imprese, pieno di triste dolore, dovette ritirarsi nella diletta solitudine di Caprera.

La vendetta dei cieli cadde finalmente sopra la Francia, e nel giro di brevi giorni giacea sanguinosa, invilita e vinta dall’Aquila Prussiana. — Era l’anno 1870, e il sole del 20 settembre sfolgorò su Roma raggiante di libertà e d’amore. — Fu giorno di commovimento solenne e tutti i patriotti si abbracciarono in amplesso di fratellanza e d’affetto. — Roma era capitale d Italia. — Un’èra più bella s’aspettava principiasse da quel giorno per il bel paese, e il benessere di tutti gl’italiani s’avverasse, e l’amministrazione del governo fosse più retta più ordinata, e Y onore della Nazione sostenuto sempre più meglio, e l’idra clericale distrutta, e la pubblica e privata prosperità più progrediente. — Avvenne tutto ciò? — Noi noi diciamo, chè amara traboccherebbe la parola fuori dei moderati confini. — Ma proseguendo a parlare del Mazzoni diremo che alle prime elezioni egli fu dai propri concittadini mandato Consigliere in Campidoglio. — E se siasi trovato a lato d’uomini, com’egli, liberali ed intelligenti e che la buona trattazione della cosa comunale curassero, noi neppure accenneremo, chè i fatti han dimostrato il contrario. — Il Mazzoni ha adempito sempre agli uffici di Consigliere con sollecitudine e con amore, siccome conviensi a cittadino di bella intelligenza ed onesto, a provato patriotta che il bene d’Italia e di Roma sopratutto desidera.

Da cinque anni è pur Presidente del Circolo Filodrammatico Romano. — Operosissimo ed onestissimo sempre è dalla sua professione che oggi trae i mezzi di un agiato vivere. — Egli è marito affettuosissimo, tenerissimo padre, ed ai figli segna la via da lui corsa, perchè si facciali degni di lui, degni d’Italia.

E conchiuderemo dicendo, che dall’esempio di benemeriti Cittadini, de’ sinceri patriotti ne avverrà, come si espresse quella grande anima del Guerrazzidi stringerci sempre più col vincolo di fratellanza tra noi, confermando il patto di adoperare tutte le forze della vii a nostra ad educare il popolo per palesarsi qual’è padrone della terra, che Dio gli diede ad abitare, ed arbitro dell’anima, che pure Dio gli concesse per vivere libero e contento finchè duri lontano da Lui.




Tip. Letteraria, via Ripetta.