Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Prefazione

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Prefazione

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Luigi Alibrandi

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PREFAZIONE








auda post morte è il detto del Savio che ci ricorse alla memoria nello imprendere a scrivere di loro che dopo il 20 settembre 1870 sedettero in Campidoglio.

Ardua certo e difficile cosa ella è sempre la vita raccontare di chi può ancora innanzi la morte lo scritto smentire per mutamenti di pensieri, di principî, di azioni; difficilissima, quando alla persona della quale si tesse la biografia si unisca un pubblico carattere che maggiormente rende pericolosa la imparzialità, comecchè un retto giudizio spoglio da pregiudizi e passioni non possa essere pronunziato che sovra una tomba.

Chiunque leggerà quindi le biografie di quanti ebbero parte nella amministrazione della pubblica cosa in Roma dopo l’epoca della sua annessione al regno d’Italia, il farà sospettoso e diffidente, non istimando che lo scrittore abbia saputo e potuto elevarsi al disopra di quella sfera, di dove i fatti avvenuti e gli atti di un individuo si giudicano senza riguardo a partiti e ad opinioni, ma per solo debito di storia ed omaggio alla verità.

Eppure se qualche cosa ci conforta nella impresa, si è appunto la lusinga che i leggitori saranno tosto per formarsene buon concetto, dappoichè senza ridurre la [p. 10 modifica]lode cortigiana, nè la censura elevare a biasimo od astio di partito, procureremo di tenerci in quel giusto mezzo che costituisce per lo storico la coscienza del vero, e dà il guiderdone del bene operato.

Considerare la pubblica veste senza l’individuo, o l’individuo anatomizzare senza la veste, cosa sarebbe quanto facile altrettanto pericolosa: il buon padre sarà un buon consigliere nel Comune, ma niuno potrà ardimentarsi di tanto, per trarre dalla vita privata un assoluto giudizio sulla pubblica, siccome gli errori della pubblica non possono autorizzare a trascorrere i sacri limitari della casa domestica. Con ciò non vogliamo essere fraintesi, poiché la giustizia nel bene, la severità nel male saranno le parallele fra le quali proseguiremo, sicuri di fare cosa gradita a Roma, e di fare a tutti conoscere come il diritto o la brama di occupare un posto nel Municipio importi «intelligenza, cuore, indipendenza.»

Queste biografie serviranno eziandio ad ammonimento por gli elettori, che potranno avere dinnanzi un giusto mezzo per conoscere gli uomini del passato e formarsi un criterio su quelli dell’avvenire.

Epoca singolare si è quella che noi attraversiamo. - V’hanno uomini che usciti ieri da un povero casolare, o per il denaro molto in breve tempo raccolto, o per qualche fatto che fece discorrere alquanto del loro nome, pretenderebbero che la fama evocasse memorie che non esistono, ed irradiasse l’oscurità di loro origine, e ne’secoli lontani rintracciasse la prima vena di quel sangue magnanimo che scorre in oggi generoso nei loro corpi destinati a gonfiarsi per grandi ambizioni: - altri ve n’hanno che un nome antico possedendo, perdettero però lungo la via percorsa dalle generazioni la splendida polvere che copriva le armi gentilizie, e l’ultima sbatterono disdegnosi simulando di democratizzarsi in conformità ad alcune massime del secolo: - altri finalmente ve n’hanno che nobilissimi per senno e coscienza, nè il vecchiume vantano - nè ciò che non sono vogliono apparire.

E noi ci troveremo dinnanzi forse a tutte queste tre specie che maggiormente rendono difficile e penoso lo scrivere:

Poterono questi, possono, o potrebbero i loro simili fare del bene nel Municipio di Roma?

Il Municipio è la esistenza media fra la Famiglia e lo Stato; ente naturale la prima, fittizio ed accidentalissimo il secondo. Il Municipio soggiacque in ogni tempo alle fatalità corrodenti, e sempre venne schiacciato o dalla rozza invasione della famiglia, o dalla preponderanza dello Stato, e così rimase sempre privo di quei [p. 11 modifica]caratteri che gli dovevano essere propri in politica, in morale, in economia. Consideriamo il Municipio secondo la Storia.

La Grecia che fu fra le prime e le più grandi nazioni nella civiltà, reggevasi a Comune, e Solone, Clistene, Aristide ne allargarono i privilegi. I Latini germani dei Greci svilupparono il Comune, e da Servio Tullio ad Augusto si vennero sempre riordinando. Nella età di mezzo le città italiane tenevano i cittadini divisi fra interni ed esterni, e quelli per regione, ed ogni regione aveva una Giunta speciale. In Roma antica ogni regione amministrava la pulizia, il culto, l’edilizia, per opera di edili, tribuni e pretori: - nell’America oggi perdura il Comune: - nella Russia si conservano le grandi tradizioni, e nella Svizzera sono tuttora in vigore le costumanze mediovali dell’Italia. - Ma in ogni parte troviamo il Municipio individualità collettiva innata, quindi con la totalità degli attributi sociali divisi od in idea od in fatto. Gli attributi si partirono successivamente in politici, morali ed economici; da ciò la necessità di unificarli, riconoscendosi la unità per tenerli indissolubili. - Ogni ingerenza dello Stato, ogni invasione nella Famiglia fu passo a tirannide. - Lo straniero non pago di essere sempre sceso in Italia per riscaldarsi al sole della latina civiltà, studiò profondamente la scienza sociale che stà incisa sulle mura merlate degli antichi Municipi. Non fuvvi nazione così fiorente per Municipi, e quindi per libertà, nè altra fuvvene che sì al basso precipitasse da patire e tollerare la più penosa servitù, quanto l’Italia. I Vicari imperiali pare le avessero inoculato il veleno del servaggio, ed a poco a poco i governi, indigeni o stranieri dispoticando vennero ad invadere tutto il campo municipale, ottenendo con la forza la sommissione. Sbocconcellata la patria, divenne facile pasto ad ogni violento, disparve il Municipio, rimase il Governo.

Il Municipio non è che l'esistenza media fra la Famiglia e lo Stato: distrutto il Municipio, la Famiglia scompare, assorbita dallo Stato ch’è la forza collettiva. La Famiglia è un ente federale nel Municipio, il Municipio deve esserlo tale nello Stato. Se altrimenti avvenisse, non conviene illudersi, vi sarebbe la forza sulla ragione, l’indice sulla intelligenza, la catena sulla volontà.

Nello scrivere le biografie di quanti sedettero nel Municipio di Roma dopo il Settembre 1870, stimammo convenienza e debito premettere queste parole, siccome programma, chè gli uomini noi considereremo particolarmente in ordine all’idea che il Municipio deve essere l'esistenza media fra la Famiglia e lo Stato.

Vi sono uomini che la Famiglia, specialmente se blasonata, eleverebbero sopra il [p. 12 modifica]Municipio? Vi sono uomini che per vagheggiamenti d’interesse o di ambizione sottometterebbero il Municipio alla forza invadente dello Stato?....

Noi. ci terremo il più possibile lontani da ogni influenza di partito, e scriveremo degli uomini con la franchezza che si userebbe con chi può essere francamente giudicato. — Non sarà sempre il lauda, trattandosi specialmente di viventi, ma sarà per quanto la coscienza ci sorregga la VERITÀ.