<dc:title> La caccia di Diana e le Rime </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giovanni Boccaccio</dc:creator><dc:date>1914</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Caccia_e_Rime_(Boccaccio)/Rime/LXVI&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20230615160525</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Caccia_e_Rime_(Boccaccio)/Rime/LXVI&oldid=-20230615160525
La caccia di Diana e le Rime - LXVI. Benché si fosse, per la tuo’ partita Giovanni Boccaccio1914Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu
De’ tuo’ vaghi occhi, qualor gli vedea,
Giovine bella, quasi che fuggita;
Pur sostenea la deboletta vita5
Un soave pensier, che mi dicea,
Quando di ciò co’ meco mi dolea:
Tosto sarà omai la suo’ reddita[1]!
Ma cciò mai non avene, e me partire
Or convien contr’a grado[2], né speranza10
Di mai vederti mi rimane alcuna.
Onde morrommi, caro mio disire,
O piangerò, il tempo che mi avanza,
Lontano a tte, la mie’ crudel fortuna.
↑Se il presente sonetto fu scritto, come non mi sembra si possa dubitare, al tempo della partenza del Boccacci da Napoli per Firenze (cfr. Della Torre, op. cit., p. 348), sarà facile assegnarne la data al mese di novembre o dicembre 1340.