Caccia e Rime (Boccaccio)/Rime/LXXXIII
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LXXXIII. S’io veggio il giorno, Amor, che mi scapestri
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LXXXIII.
S’io veggio il giorno, Amor, che mi scapestri
De’ lacci tua, che sì mi stringon forte,
Vaga bellezza né parole accorte
Né alcun altri mai piacer terrestri
Tanto potranno, ch’io più m’incapestri5
O mi rimetta nella tua ritorte:
Avanti andrò, finché venga la morte,
Pascendo l’herbe per gli luoghi alpestri.
Tu m’ài il cibo il sonno et il riposo
E il parer huom fra gli altri et il pensiero10
Tolto, che io di me aver devrei:
Et àmi1 facto del vulgo noioso
Favola divenire; ond’io dispero
Mai poter ritornar quel ch’io vorrei2.