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Caccia e Rime (Boccaccio)/Rime/V

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V. Non credo il suon tanto soave fosse

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Rime - IV Rime - VI
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V.


Non credo il suon tanto soave fosse
     Che gli occhi d’Argo tutti fe’ dormire[1],
     Né d’Amphion la cythara a udire
     Quando li monti a chiuder Thebe mosse[2],
     Né le syrene anchor quando si scosse5
     In vanoFonte/commento: editio maior Ulixe provido al fuggire,
     Né altro[3], se alcun se ne può dire
     Forse più dolce o di più alte posse;
Quant’una voce ch’io d’un’angioletta
     Udì, che lieta i suoi biondi capelli10
     Cantand’ ornava di frond’ et di fiori.
     Quindi nel pecto entrommi una fiammetta[4],
     La qual, mirando li sua occhi belli,
     M’accese il cor in più di mill’ardori.


Note

  1. Il suono del flauto di Mercurio; cfr. Purg., XXXII, 64-66.
  2. Il Boccacci nell’Ameto: ‘Amfione col suono della chiara cetera le dure pietre mosse a chiuder Tebe’. Cfr. qui oltre, VIII, 3-4.
  3. Suono.
  4. Allusione al senhal della donna amata.