<dc:title> La caccia di Diana e le Rime </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giovanni Boccaccio</dc:creator><dc:date>1914</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Caccia_e_Rime_(Boccaccio)/Rime/V&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20230623125538</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Caccia_e_Rime_(Boccaccio)/Rime/V&oldid=-20230623125538
La caccia di Diana e le Rime - V. Non credo il suon tanto soave fosse Giovanni Boccaccio1914Boccaccio-Caccia e Rime-(1914).djvu
Non credo il suon tanto soave fosse
Che gli occhi d’Argo tutti fe’ dormire[1],
Né d’Amphion la cythara a udire
Quando li monti a chiuder Thebe mosse[2],
Né le syrene anchor quando si scosse5 In vanoFonte/commento: editio maior Ulixe provido al fuggire,
Né altro[3], se alcun se ne può dire
Forse più dolce o di più alte posse;
Quant’una voce ch’io d’un’angioletta
Udì, che lieta i suoi biondi capelli10
Cantand’ ornava di frond’ et di fiori.
Quindi nel pecto entrommi una fiammetta[4],
La qual, mirando li sua occhi belli,
M’accese il cor in più di mill’ardori.
Note
↑Il suono del flauto di Mercurio; cfr. Purg., XXXII, 64-66.
↑Il Boccacci nell’Ameto: ‘Amfione col suono della chiara cetera le dure pietre mosse a chiuder Tebe’. Cfr. qui oltre, VIII, 3-4.