Canti di Castelvecchio/Canti di Castelvecchio/La figlia maggiore

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La figlia maggiore

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LA FIGLIA MAGGIORE



Ninnava ai piccini la culla,
cuciva ai fratelli le fasce:
      non sapeva, madre fanciulla,
      come si nasce.

Nel cantuccio, zitta, da brava,
preparava cercine e telo
      pei bimbi che mamma le andava
      a prendere in cielo.

Or cantano i passeri intorno
la piccola croce, in amore...
      che lo seppe, misera, un giorno,
      come si muore!

L’erba è verde, piena di grilli.
Non un passo, non una voce
      mai. Vivono, loro, tranquilli
      intorno la croce.

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Si beccano, s’amano, pascono,
in mezzo a quel pieno di cose
      e di silenzio, dove il verbasco
      fa tra le rose.

No, passeri! su le sue zolle,
no! non fate tanto vicino!
      Là fitto di bianche corolle
      è il pero e il susino.

Andate su l’albero in fiore
che al vento si dondola e culla!
      Non turbate l’umile cuore
      che non sa nulla!

Passa il vento come un respiro
caldo, lungo, dolce, che porta
      su l’alito il polline in giro...
      sopra la morta.

No, vento d’aprile, no, vento
d’amore, no tanto vicino!
      Là nei campi bacia il frumento,
      soffia tra il lino!

Fa che venga l’anima ai cardi,
che le viti tengano il raspo:
      fa che abbiano l’accia, più tardi,
      il guindolo e l’aspo.

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Ma l’erba qui prima del fiore,
ma il fiore qui prima del seme,
      la frullana taglia, e due ore
      sibila e freme.

Un vecchione falcia e raduna
l’erbe e fiori di primavera;
      poi tutto egli brucia, là, una
      limpida sera:

la sera, una sera di maggio,
che s’odono tanti stornelli
      di sui gelsi, e sente, il villaggio,
      di filugelli.

Dal villaggio vedon la fiamma
ch’arde sola, rossa, in quel canto:
      la vedono gli occhi di mamma
      pieni di pianto.

Oh! piange, chè il vecchio le toglie
qualcosa più che le togliesse:
      fili d’erba, piccole foglie,
      povera mèsse,

fioritura, sì, bianca e rossa,
della bimba, che non lo sa:
      sua sola, laggiù, nella fossa,
      maternità.