Catullo e Lesbia/Annotazioni/14. A Lesbia - XLII Ad Lesbiam
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XLIII.
Hos pugillares et hæc pugillaria veteres dixisse, nonnullorum confirmat auctoritas. Pugillarium usum vetustissimum esse, et ante Troiana tempora, Homerus indicat in Iliade, scribit enim Bellerophontem ad Euriem a Præsto cum pugillaribus missum. Così il Fusco.
I pugillari erano propriamente certe tavolette da scrivere, fossero di legno o d’altro, e così piccole e di guisa piegate da potersi chiudere in un pugno. Quelle destinate a composizioni amorose e lascive si dicevano vitelliane, perchè usate o inventate da Vitellio imperatore, e anziché spalmate di cera, come le altre, erano inverniciate di torlo d’uovo. Di esse parla Marziale in quei versi:
Hæc sunt, quæ relegente me, solebas |
Pag. 180. Non assis facis, o lutum, lupanare.
A tradurre grammaticalmente la frase non assis facis, suonerebbe: non curi un asse, o un picciolo, come traduce il Lanzi; ma che cosa non curi? certamente le impertinenze ch’io ti dico, i giambi terribili ch’o ti scaglio. In tal caso il verso che segue:
Sed non est tamen hoc satis putandum, |
sarebbe un’inutile ripetizione dello stesso pensiero. Stimo perciò, che il verso non assis facis e il seguente s’abbiano a intendere come un nuovo e più terribile insulto dei precedenti, cioè: Lupanaris quæstum minorem uno asse facis, tam vilem tui corporis prostitutionem avara facis.
Ibidem. Ferreo canis exprimamus ore.
Similmente in Cicerone: Si os tuum ferreum senatus convicio verberari noluisti.
E Licinio Crasso, in Svetonio: In hunc non esse mirandum, quod æneam barbam haberet, cui esset os ferreum, cor plumbeum. Di quanti eroi del giorno si potrebbe dure altrettanto!