Ciuffettino/Capitolo XXV

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In cui Ciuffettino XXXV si stanca di fare l’Imperatore, e ritorna un Ciuffettino qualunque scappando dall’Isola dei Pappagalli su di una zucca vuota

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In cui Ciuffettino XXXV si stanca di fare l’Imperatore, e ritorna un Ciuffettino qualunque scappando dall’Isola dei Pappagalli su di una zucca vuota
Capitolo XXIV Capitolo XXVI

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XXV.

In cui Ciuffettino XXXV si stanca di far l’imperatore, e ritorna un Ciuffettino qualunque, scappando dall’isola dei pappagalli su di una zucca vuota.

Ciuffettino, poveraccio, dopo aver compiuta la grande impresa, si sentiva cascare dalla stanchezza e dal sonno, e perciò, dopo essersi arrampicato fin su la reggia, disse in un tono piuttosto secco ai suoi due aiutanti di campo:

— Scusate, ragazzi, ma io voglio dormire. Vi saluto, e arrivederci a domani.

Beccolungo e Beccocorto ricominciarono ad arruffare le penne e a frignare.

— Immenso imperatore, noi crediamo che tu scherzi...

— Non ischerzo niente affatto: anzi, guardate!

E si sdraiò sul letto di piume, chiudendo gli occhi beatamente. I pappagalli vennero subito a beccarlo nel naso. [p. 208 modifica]

— Ma che cos’è? - disse, stizzito, Ciuffettino XXXV. - quando io do un ordine...

— Il popolo desidera ardentemente di farti onore!...

— Dite al popolo che lo ringrazio, ma ora ho sonno.

— Impossibile maestà: sarebbe un’offesa!

Nella foresta, che era tornata tranquilla per un momento, si rinnovarono le grida rauche, discordi, assordanti. I parrocchetti, i pappagalli verdi, i giaccò, le cocorite, le are, i kakatoa, intonarono l’inno nazionale dei pappagalli. Figuratevi che roba! Ciuffettino si alzò dal nido, tappandosi le orecchie, e brontolando:

— Anche questa mi doveva succedere!... Speriamo che duri poco...

Beccolungo, che aveva udito, rispose subito con un certo sarcasmo:

— Poco? Ne avrai fino a domani all’alba, grande imperatore vittorioso!

— Ma io non voglio!

— Sì, tu non vuoi, ma il tuo popolo lo vuole!

E così, per quella notte, Ciuffettino non potè chiudere occhio. La mattina dopo gli si consenti di dormire un paio d’ore: ma non appena il sole fu alto all’orizzonte, Beccolungo e Beccocorto vennero a svegliare il ragazzo, e questo, ancora con gli occhi tra i peli, dovette fare un gran discorso ai sudditi festanti.

— Posso mangiare? - chiese, dopo il discorso, Ciuffettino XXXV.

— Certo! - rispose Beccolungo - tutto quello che vuoi....

— ... che vuoi! - ripetè Beccocorto.

— Grazie, per ora mi contento di un panierino di fichi...

— Impossibile! [p. 209 modifica] Ciuffettino torna al paese. [p. 211 modifica]

— Perchè?

— Perchè, i fichi ti farebbero male, e la tua salute ci è preziosa...

— Come siete gentili! Allora, datemi un po’ di mandorle...

— Che!... sono troppo calorose, divino imperatore.

— ... troppo calorose!

— Allora, pazienza: prenderò due noci...

— C’è il caso che sappiano di rancido! Non ci mancherebbe altro!

— Se ci fossero delle susine...

— Fanno dolere il corpo.

— O allora, che cosa mangio?

— Dell’orzo bollito, soave imperatore.

— Ma a me l’orzo non mi piace!...

— E allora, siamo dolenti, ma digiunerai. La tua saiute ci è cara!

— Così mi farete crepar di fame!

Ciuffettino resistè fino a sera; poi dovette cedere, ed ingozzarsi l’orzo bollito. Durante la notte il vecchio kakatoa lo chiamò a presiedere una seduta segreta del Consiglio Imperiale dei pappagalli.

La mattina dopo fu obbligato a passare in rivista


[p. 212 modifica]l’esercito, e poi ad esaminare il bilancio dello Stato.

Dopo colazione - il solito orzo bollito - Ciuffettino ebbe un’idea.

— Oggi sono libero, finalmente, e voglio prendermi un po’ di svago. Andrò su la spiaggia a raccoglier granchi...

Beccolungo gli tolse subito questa speranza. — C’è troppo vento oggi, per andar sulla spiaggia.

— ... troppo vento! - ripetè Beccocorto.

— La tua salute... - cominciò Beccolungo.

— E’ preziosa, lo so - finì Ciuffettino, il quale aveva una gran voglia di piangere. - Ed io che credevo che fosse un bel mestiere... fare l’imperatore! Aveva ragione mastro Mangiavento!... Aveva ragione fin troppo!...

Allora, preso da una risoluzione improvvisa, Ciuffettino XXXV disse ai suoi aiutanti di campo:

— E se io la facessi finita? Se me ne andassi?

I due pappagalli sbatterono le ali violentemente, dilatando le pupille.

— Andartene! Lasciare il trono vacante!... Oh! che dici, immenso Ciuffettino? Ma ci fai istupidire!... Che idee!... Non lo sai, che fino alla tua morte devi regnare in quest’isola? Oh! ma tu vaneggi, tu ti senti male...

— No, mi sento benissimo, anzi... Sicchè... io dovrò rimaner qui fin che campo... a mangiar l’orzo?...

— Certo!... [p. 213 modifica]

— E a sentir gli strilli del mio popolo?

— Senza dubbio!

L’imperatore fece spalluccie. Ma nella sua mente si era già formato un grande disegno, e tutti i pappagalli di questa terra non gli avrebbero impedito di mandarlo ad effetto. Qualche giorno dopo, [p. 214 modifica]passeggiando su la riva del mare, seguito da Beecolungo e da Beccocorto, vide, abbattuta su la sabbia, una zucca gigantesca. Sotto la scusa di volercisi divertire, Ciuffettino aprì la zucca in due, aiutandosi con una grande sciabola, che adesso portava sempre al fianco - era, manco a dirlo, anche quello un avanzo del famoso bottino della nave naufragata - e poi, dopo averla aperta, pregò i suoi aiutanti di campo acciocchè glie la scavassero a colpi di becco.

E questi obbedirono senza sospettar di nulla. Quando ebbero scavata una metà della zucca, Ciuffettino li fece fermare, e disse loro che aveva fretta di tornare alla reggia.

— E la zucca? - chiesero le due bestie, che per obbedire il loro imperatore, avevano faticato come... bestie.

— La lascio qui. Ho voluto provare se vi riusciva di far quel che dico io, qualche volta. Ora andiamo.

I due pappagalli si guardarono, e scossero il capo come a dire:

— Che bel matto!

E tutto finì lì. Però, di nottetempo, Ciuffettino, approfittando del sonno dei suoi cortigiani, discese dal [p. 215 modifica]nido, e si avviò alla spiaggia. Aveva sotto il braccio una lunga canna di bambù che si era procurata nella foresta, una larga foglia di banana, arrotolata, e un cartoccio di mandorle.

La notte era buia.

Gli ci volle del bello e del buono per ritrovare la zucca: ma poi la trovò. Certamente la Fata dei bambini lo proteggeva. E allora si diede a trasformare la zucca in una barchetta: ficcò nel centro del cucurbitaceo gigantesco la canna di bambù, e alla sommità di questa, per vela, legò la foglia di banana. Poi spinse l’apparecchio in mare e vi saltò dentro, raccomandandosi al buon Dio, e promettendo solennemente, se riusciva a salvarsi, di diventare un ragazzino per bene.

L’onda lieve lo spinse al largo.