Ciuffettino/Capitolo XXIV

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In cui Ciuffettino XXXV vince i terribili macacchi con uno stratagemma meraviglioso

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In cui Ciuffettino XXXV vince i terribili macacchi con uno stratagemma meraviglioso
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XXIV.

In cui Ciuffettino XXXV vince i terribili macacchi con uno stratagemma meraviglioso.

Tutti i pappagalli componenti l’esercito erano appollaiati su i primi alberi del bosco, proprio contro la spiaggia del mare, alla quale approdavano le zattere degli infami macacchi, abitatori delle isolette vicine.

L’imperatore, che sebbene piccino, aveva molta più intelligenza di tutti i macacchi messi insieme, capì che l’esercito invasore si sarebbe potuto facilmente respingere con una semplicissima burla. E infatti, dopo lanciata un’occhiata sprezzante su gli avversari, disse a Beccolungo e a Beccocorto:

— Guidatemi al Museo storico!... ho bisogno della pelle del re dei macacchi.

— La pelle..! - esclamò Beccolungo, stupefatto.

— La pelle! - ripetè Beccocorto, sbattendo le ali per la meraviglia.

— Sì... obbeditemi! sono o non sono il vostro imperatore?

I due dignitari, almeno una volta tanto, obbedirono, e trasportarono Ciuffettino, con il sistema già adottato poco tempo prima, su di una palma gigantesca che si inalzava nel folto della foresta. [p. 200 modifica]

In cima alla palma i pappagalli dell’isola avevano depositati i ricordi e i documenti più preziosi della loro storia. Ciuffettino, senza badare a Beccolungo e a Beccocorto, i quali gridavano al sacrilegio, all’empietà, arruffando le penne e mettendosi la testa sotto le ali, Ciuffettino, dico, si infilò dentro la pelle del macacco e abbandonò precipitosamente il Museo storico. I dignitari lo seguirono borbottando, altamente scandalizzati. Ma egli li calmò subito.

— Se seguitate a brontolare così, miei cari aiutanti, vi metto allo spiedo per questa sera. Giusto, ve l’ho detto, ci ho un appetito... E voi siete belli e grassocci. Delle vostre lingue, poi, me ne faccio fare un cibreino dal cuoco di Corte...

Traversarono di nuovo il bosco. Quando fu sul limitare, Ciuffettino impartì alcuni ordini misteriosi: e Beccolungo e Beccocorto, divenuti improvvisamente ossequenti e premurosi, fecero due o tre rivoltoloni per terra, e promisero, anche questa volta, di obbedire.

Ciuffettino si avviò, solo solo, verso l’esercito nemico. Mano a mano che si avanzava, le scimmie emettevano dei grugniti di sorpresa e di gioia. Un loro compagno...! nell’isola! La cosa parve di buon augurio a tutti. Il capo dei macacchi si avanzò verso l’imperatore dei pappagalli, facendo ad ogni passo una riverenza, e strofinando il muso contro la sabbia: poi quando si trovò a brevissima distanza da Ciuffettino, in atto di suprema allegrezza, si lanciò in aria, ed eseguì una serie di doppi salti mortali, [p. 201 modifica] con una agilità ed una eleganza che il più bravo ginnasta del globo gli avrebbe invidiate inutilmente.

Ciuffettino allargò le braccia, in atto amichevole: e la scimmia si precipitò per rispondere all’invito, abbracciando strettamente il ragazzo. Fu una scena proprio commovente. Tutti i macacchi si soffiavano il naso con le dita e si asciugavano le lacrime con il fazzoletto.

— Chi sei... fratello? - cominciò il capitano dei macacchi, con voce tremula, soffiando nel pelo del finto collega, sperando di trovarvi qualche cosina che vuoi?

— Non mi vedi? Sono un macacco come te, e forse più di te. Che cosa voglio? Eh, mio caro, non voglio nulla. Sono riuscito a far prigioniero l’imperatore dei pappagalli, ed ora sono padrone dell’isola...

— Tu! - esclamò il vero macacco, grattandosi furiosamente. - Ma io non ti conosco, di dove vieni?

— Di laggiù - e Ciuffettino indicò un punto qualunque, nel mare.

— Deve essere un gran bel paese! - mormorò, convinto, il macacco. - E come hai trovato il coraggio [p. 202 modifica]di venir qui, solo solo?... E come hai conquistato l’isola senza l’aiuto di nessuno?...

— Eh! ti racconterò poi... Insomma: io desidero di dividere con te l’isola dei pappagalli.

— Tu... desideri!... Oh! generoso fratello! È vero, però, che se anche tu non mi avessi fatta questa bella offerta, l’isola me lasarei presa da me...

— Ma allora saresti stato costretto a combattere, perchè i pappagalli da me vinti e sottomessi sono divenuti miei schiavi e mi obbedisco- no in tutto e per tutto... Invece... se sei buono... ti invito a banchetto nella foresta, e poi ti lascio libero di saccheggiare metà dell’impero...

— Infatti oggi ci ho poca voglia di combattere, perchè mi duole un piede... Basta, caro fratello, facciamo così. Verrò a pranzo con te... - e rivolgendosi ai prodi soldati - avanti, figliuoli, si va a mangiare dal fratello macacco, che ci offre anche metà dell’isola senza colpo ferire!...

Le urla e le acclamazioni salirono al cielo.

E l’esercito si pose in moto verso la foresta.

Lo guidava Ciuffettino, il quale faceva il macacco con una abilità davvero straordinaria: sembrava che l’avesse fatto sempre. [p. 203 modifica]

Camminarono fino ad una grande radura, nella quale i pappagalli, dietro gli ordini del loro imperatore, avevano preparato un meraviglioso banchetto. In terra, erano sparse a profusione, in un disordine pittoresco, delle ghiottonerie di ogni genere. C’erano montagnole di mandorle dolci, cùmuli di noci e di nocciòle tostate, piramidi di susine, colonne di dàtteri, mucchi di banane bell’e sbucciate, torri di ananassi, colline di fichi verdini: e poi un esercito di bottiglie di ogni grandezza, avanzo di un bottino memorabile fatto dai pappagalli a bordo di una nave naufragata su la spiaggia dell’isola.

Cominciò il pranzo: e non vi so dire se i macacchi assaltassero con entusiasmo le delicate vivande. Basti ricordare che, di lì a un’oretta, era spolverata ogni cosa. Durante il banchetto, fra il capitano dei macacchi e Ciuffettino ci fu un commovente scambio di cortesie. Il macacco vero prendeva le mandorle, le biascicava ben bene e poi voleva ficcarle per forza in bocca al macacco falso: segno di estrema riverenza e di grandissimo affetto. Ma a quelle belle dimostrazioni il nostro eroe non ci era abituato, e dopo aver lottato fieramente per non subirle, finì con l’alzarsi, adducendo il pretesto di andar a prendere delle [p. 204 modifica]bottiglie di vino speciale, per far onore agli ospiti.

Ciuffettino offrì una di quelle bottiglie al capo dei macacchi, il quale se la incollò alle labbra, piangendo di gioia. In un attimo anche alle altre scimmie venne dispensato il soave licore... e tutti bevvero avidamente. Ma di lì a un quarto d’ora, i macacchi, come si fossero passati una parola d’ordine, reclinarono il capo sul petto, abbandonarono le bottiglie, e rotolarono su l’erba, come morti.

I miei lettori avranno capito benissimo ciò che era avvenuto: i pappagalli, sempre dietro ordine di Ciuffettino, avevano messo dei grani d’oppio nel vino... e le scimmie, bevendo quel vino, si erano addormentate. [p. 205 modifica]

Quando Ciuffettino si fu assicurato che tutti i macacchi avevan chiuso gli occhi, chiamò con grandi voci i suoi sudditi che se ne stavano nascosti fra gli alberi, aspettando l’esito dell’avventura. E ordinò che il campo venisse subito sgombrato dai corpi dei vinti nemici.

I vincitori non posero tempo in mezzo: legarono i macacchi come tanti salami, e poi, riunendosi in gruppi di sette od otto, li trasportarono, volando, ad uno ad uno, su la spiaggia. Li rimisero su le zattere, ruppero gli ormeggi a colpi di becco, e abbandonarono quei vili predoni al loro destino.

E, compiuta questa immane fatica, per tutta l’isola un solo grido, assordante, uscito dalla gola di diecimila pappagalli, echeggiò:

— Viva Ciuffettino XXXV!