Come andò a finire il Pulcino/Il cuore di un cane

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La strage La morte di Cocò

[p. 230 modifica]questo d’essere il pollo più sventurato che sia vissuto sotto la cappa del cielo ! I miei tìgli, messi in ùmido con dei fungili, servirono al pranzo del giorno dopo, e mia moglie fu seppellita sotto un pedale di fichi. Così va il mondo. Oh se la signora Ida Bac- cini sapesse questa storia dolorosa! XIII. Il cuore di un cane. (Qui c’è una lunga interruzione nel manoscritto. È evidente che al povero galletto, colpito negli affetti più legittimi e cari, mancò la forza di continuare il racconto delle sue tristi vicende. — I. B.). È tornato maggio, son tornati gli uccelletti a fabbricare i nidi per le spose e pei figli: ma per me, ornai, ogni speranza di gioia è morta. T - 231 [p. 231 modifica]— Vivo con le mie memorie ; e spesso la sera mi sorprende genuflesso presso il pedale di fichi sotto le cui ombre protettrici dorme il sonno eterno la mia Giorgia. Talvolta, anche, vo riandando i tempi della mia infanzia, quando la Marietta mi metteva i fioc- chini color di rosa intorno al collo e mi obbligava a guardarmi allo specchio. Rivedo la bella casa tutta inondata di sole, i poderi gialli di grano, la Tonia, Geppone, Giampaolo, la signora Clotilde col suo degno marito, il piccolo Alberto, e.... ohimè, la mia cara mamma e i miei fratellini. Allora una mano di ferro mi stringe il cuore, e dagli occhi mi trabocca un fiume d’amaro inconsolabile pianto. Oh care memorie dell’età giovanile, oh santo amore della mamma, oh speranze di giorni avventurosi, come tutto ciò è lontano, lontano da me !... Yespignano, caro paese nativo, potessi rivederti e poi morire in pace ! 16* — Baccini, Memorie d'un Pulcino, ecc. — 232 — [p. 232 modifica]In casa, nulla è mutato ad eccezione dei signorini. Il signor Masino s’è fatto un gio- vinottone, la signorina non lia più le sue abitudini sciatte nè viene più a studiar la storia in cucina : anzi sua zia sostiene che si pettina e si guarda allo specchio più del bisogno : proprio si vede che in questo mondo nessuno si contenta mai ! E Medoro ? Medoro vive, lo sciagurato : e se dovessi dir la mia opinione, crepa di salute. Dopo la spaventosa esperienza fatta su i miei figli, sembra che la caccia gli sia entrata in testa ; tanto che quest’ inverno il signorino è tornato sempre con la carniera piena d’uccelli. Due o tre volte presero perfino la lepre. Con me tiene un contegno umile e contrito insieme. Sia che la mia vista gli ricordi l’or— [p. 233 modifica]233 — ribile strage commessa o, come è forse più probabile, il diluvio di bastonate che gli piovve sulla schiena, egli evita più che può la mia presenza. Se io, in preda ai miei tristi pensieri, erro nei vialetti che rimangono a levante del giardino, si può star sicuri che Medoro è a ponente. Una volta, un’ unica volta, egli tentò di avvicinarsi a me tenendo in bocca una grossa farfalla ancora palpitante. Capii che era un delicato omaggio reso alla mia sventurata condizione e forse, chi sa? un timido tentativo di pace ; ma io lo guardai con tal piglio severo e dignitoso insieme, che l’assassino si allontanò mogio mogio, con la coda fra le gambe. (Qui v’ è un’ altra interruzione nel manoscritto, che diventa sempre più difficile a decifrarsi : i periodi sono corti e spezzati, la calligrafia orribile, una vera calligrafia da galline, tanto che mi par d’esser ritornata maestra, quando correggevo le lezioni dei miei scolaretti. Questi segnali mi fanno capire ch [p. 234 modifica]e il — 234 — vecchio « Pulcino » è róso da una malattia di languore, che pur troppo lo condurrà al sepolcro. — I. B.). Dio m’ha salvato da un’ orribile morte : m’ha salvato per mezzo d’un suo angelo.... ho sbagliato ! Ber mezzo d’una sua umile, molto umile creatura. Lunedì scorso, le donne di servizio andarono a letto senza accorgersi che in un fornello di cucina era rimasto ancora acceso del fuoco, e che accanto al fornello c’ era uno spazzolino e un soffietto. Io avevo preso sonno da poco, quando una luce vivissima mi ferisce gli occhi. Mi sveglio in sussulto e vedo la cucina in fiamme. Per fortuna non avevano chiuso la stia col palet- tino, sì die d’un balzo potei saltar fuori. Ma un calore insopportabile mi soffoca. Mi metto a urlare chicchirichì con quanto fiato ho in gola, e mi slancio su una tavola pósta in un canto, verso la porta. Mi rispondono immediatamente i latrati di Medoro e gli urli dei padroni che gridano al fuoco. Sento / — [p. 235 modifica]235 — un gran fracasso di mobili, un alternarsi di voci piangenti, ma nessuno entra in cucina. Le fi ani me stanno per lambire la tavola; io perdo la testa, spicco un volo e mi trovo in mezzo alla fornace ardente. Non so ridire lo spasimo che in un àttimo mi bruciò la gola: capii che morivo: balbettai — [p. 236 modifica]236 — il nome della mamma.... oh, quel nome neanche da vecchi si dimentica : neanche sul punto di render l’anima a Dio! e mi sentii sollevato in alto e condotto in men che si dice in un luogo tutto frescura e profumi. Ohe fosse il paradiso de’ polli ?... Oh ! ma qual vista ! Medoro mi teneva fra le zampe. Medoro mugolava e mi leccava le escoriazioni prodotte dal fuoco !... Medoro era stato il mio salvatore ! - 237 [p. 237 modifica]Feci l’atto di fuggire da quella stretta, da quelle carezze che mi riuscivano odiose. — Non ti muovere : — mi disse con dolcezza. — Ti faccio proprio orrore? — Io non dico codesto.... — balbettai — ma preferisco di star lontano da te ! — Tu mi odii sempre a causa della strage dei tuoi figli.... — sussurrò mugolando. — Mi pare che sarebbe una ragione giustificata ! — risposi piangendo. — Oh Oocò, buon Oocò, — riprese Medoro dandomi una gran leccata in iin’ala tutta abbruciacchiata — rifletti bene a quel che dico. Io non avevo alcuna idea malvagia riguardo a te e ai tuoi pulcini. Capivo solo confusamente che il padrone desiderava che io ghermissi e magari strangolassi dei piccoli uccelli, eguali, press’a poco, ai tuoi figliuoli. Quante volte dopo i primi e infelici tentativi di caccia mi veniva a sbattere sul naso un cardellino ferito, come per dirmi : « Imbecille ! Questa presa la dovevi far tu ! » E così sempre fino al giorno fatale in cui ebbi a soffrire insulti e scherni crudeli sulla — [p. 238 modifica]238 — terrazza di casa. Mettiti nei miei piedi : odo una scarica di fucile : credo che sia il mio padrone che mi animi, che mi ecciti alla caccia: non so più quel che mi fo.... vedo i pulcini che corrono.... nella mente esaltata li confondo con le lodole e i cardellini.... mi esalto e.... il resto lo sai ! Però ti giuro, — aggiunse Medoro mugolando — che io, non ebbi affatto P intenzione di ucciderli ! Non è colpa mia se ho l’anima di fuoco e i denti così duri!... O Cocò, povero Cocò, non mi serbar più odio : perdonami in nome delle tue stesse creaturine, in nome di tua madre !... — Non potei reggere. Sfiorai delicatamente il becco sul muso del povero cane che s’era but- — 239 — [p. 239 modifica]tato a pancia all’aria, pome in attesa di qualche formidabile gastigo, e dandogli un fraterno bacio di pace gli disse: — Medoro, io ti perdono ! — Voglio chiuder le mie memorie con questa parola tanto bella. A che prò seguitare a scrivere ancora! Nulla più di nuovo potrei affidare a queste carte. Mi fo vecchio, la vista mi si indebolisce e i miei chicchirichì non son più quelli d’una volta ! La cresta mia sì bella La scolorì il dolor; La voce del mio cuor Non è più quella. Consegnerò il manoscritto delle mie memorie alla signora Carolina. Oh se la mia padrona potesse imbattersi nella signora Ida Baccini ! Dicerto me le farebbe stampare, e così i bambini mi concederebbero ancora una volta il tesoro della loro simpatia !