Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli sopra la prima Deca di Tito Livio/Libro terzo/Capitolo XXIV

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Capitolo XXIV

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Libro terzo - Capitolo XIX
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CAPITOLO XXIV

[La prolungazione degl’imperi fece serva Roma.]

Non è dubio che la prorogazione degli imperi fu occasione grande a chi volle occupare la republica; perché era instrumento da farsi amici e’ soldati e séguito co’ re e nelle nazione e provincie forestiere, ed a’ capitani accresceva ricchezza, con la quale potevano corrompere gli uomini, come fece a Cesare el lungo imperio in Gallia. Ma el fondamento principale de’ mali fu la corruzione della cittá, la quale, datasi alla avarizia, alle delizie, era in modo degenerata dagli antichi costumi, che ne nacquono le divisione sanguinose della cittá, dalle quali sempre ne’ popoli liberi si viene alle tirannide. Di quivi nacque la facilitá di corrompere e’ cittadini, e’ soldati, di qui potette sperare uno Catilina sanza imperio e sanza eserciti occupare la republica, di qui coniurazione di piú potenti di dividersi fra loro gli imperi e gli eserciti, e con queste forze tenere bassi gli altri, di qui le prorogazione estraordinarie degli imperi come fu quella di Cesare, al quale non la utilitá della republica, non la necessitá della guerra, non la ammirazione della sua virtú, ma la coniurazione con Pompeo e Crasso di occupare la republica, fece imperio decennale. Non era stato prorogato lo imperio a Silla, quando la prima volta venne alle mani con Mario, ma ne fu causa la divisione tra la nobilitá e la plebe; ed avendo la plebe per capo Mario, [p. 65 modifica]fu forzata la nobilitá cercarsi uno capo. Però conchiuggo che quando Roma non fu corrotta, che le prorogazione degli imperi e la continuazione del consulato, la quale ne’ tempi difficili usarono molte volte, furono cosa utile e santa; ma corrotta la cittá, sursono le battaglie civili ed e’ semi delle tirannide, etiam sanza la prorogazione degli imperi. E però si può conchiudere, che se non fussino state anche le prorogazione, non sarebbe mancato né a Cesare né agli altri che occuporono la republica, né pensiero né facultá di travagliarla per altra via.