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Corano/Capitolo XXXI

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Capitolo XXXI

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Maometto - Corano (650)
Traduzione dall'arabo di Vincenzo Calza (1847)
Capitolo XXXI
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CAPITOLO XXXI.

lokman1.

Dato alla Mecca. — 34 Versetti.

In nome di Dio clemente, e misericordioso.

1.  A. L. M. Ecco i segni del Libro savio.

2.  Egli serve di direzione, ed è stato dato per misericordia di Dio a coloro che fanno il bene,

3.  Che fanno la preghiera, e l’elemosina, e che credono fermamente alla vita futura.

4.  Essi sono diretti dal loro Signore, e sono i beati.

5.  Taluno (di questo paese) comprerà chi faccia dei racconti futili per far deviare gli altri dal sentiere di Dio; non vi è in ciò scienza, cerca (in tali racconti) di che divertirsi. E preparata per questi uomini la pena ignominiosa2.

6.  Se gli si raccontano i nostr’insegnamenti (i versetti del Corano), si rivolge con disprezzo, come se non li ascoltasse, e come se le sue orecchia fossero turate3. Eh bene! annunzia a costui il gastigo doloroso.

7.  Quei che avranno creduto e praticato le buone opere abiteranno nei giardini di delizie.

8.  Vi resteranno eternamente, in virtù della promessa di Dio, della vera promessa; egli è il Potente, il Savio.

9.  Ha creato i cieli e la terra senza colonne visibili; ha conficcato sulla terra le montagne (come fossero pali) perch’essa non se ne fugga con voi; v’ha sparso animali d’ogni specie. Facciamo scendere dal cielo l’acqua, e per essa produciamo ogni coppia preziosa.

10.  Quest’è la creazione di Dio; ora fatemi vedere cos’hanno fatto gli altr’Idii. Sì, i malvagi sono smarriti evidentemente.

11.  Demmo a Lokman4 la saviezza, e gli dicemmo: Sii riconoscente verso [p. 208 modifica] Dio, poichè colui che è riconoscente lo è per suo proprio bene. Colui che è ingrato, (lo è a suo proprio danno). Dio è ricco, e pieno di gloria.

12.  Lokman disse un giorno a suo figlio5 per ammonirlo: Figlio mio! non associare a Dio altre divinità, giacchè l’idolatria è una malvagità enorme.

13.  Abbiamo raccomandato all’uomo suo padre, e sua madre; la madre lo porta nel ventre, e soffre pena sopra pena, nè lo slatta che a capo di due anni. Sii riconoscente verso di me, e verso i tuoi parenti. Tutto finisce a me.

14.  Se t’inducono ad associarmi ciò che tu non sai, non obbedire; comportati verso di loro politamente in questo mondo, e segui il sentiere di chi riviene a me6. Voi ritornerete tutti a me, ed io vi ricorderò ciò che avete fatto.

45.  Figlio mio! Ciò che non avrebbe il peso d’un grano di senapa, ancorchè fosse nascoso in un sasso, o in cielo, od in terra, sarà da Dio mostrato al pubblico; poichè è penetrante, ed istrutto di tutto.

16.  Figlio mio! osserva la preghiera, invita (gli uomini) alle buone azioni, allontanali dalle cattive, e sopporta con pazienza i mali che possono arrivarti. Questa risoluzione è indispensabile in ogni cosa.

17.  Non torcere la bocca per disprezzo degli uomini; il tuo andamento non sia orgoglioso, poichè Dio non ama l’uomo presuntuoso, ed ambizioso.

18.  Modera il tuo passo7 e abbassa la voce, giacchè la più dispiacente delle voci è quella dell’asíno.

19.  Non vedete forse che Dio vi ha sottomesso tutto ciò ch’è ne’ cieli, e sulla terra? Ha versato su voi i suoi benefizj visibili, ed occulti. Vi sono degli uomini che questionano di Dio, senza scienza, senza guida, senza libro proprio ad illuminarli.

20.  Allorchè si dice loro: Seguite quel che Dio vi ha mandato dall’alto, dicono: Seguiremo piuttosto ciò ch’abbiamo trovato de’ nostri padri. E se Satana gli invita al supplizio della brace ardente? (1) (2) (3) [p. 209 modifica]

21.  Colui che s’abbandona intieramente a Dio è giusto, egli ha preso un manico solido. Il fine d’ogni cosa è in Dio.

22.  L’incredulità dell’incredulo non t’affligga; torneranno tutti a noi, e noi lor ridiremo le loro opere. Dio conosce ciò che il lor cuore nasconde.

23.  Li faremo godere per qualche tempo, poi li costringeremo a subire un duro supplizio.

24.  Se domandi loro chi ha creato i cieli, rispondono: Dio. Di’ loro: Gloria a Dio! ma la maggior parte di essi non lo sa.

25.  A lui appartiene tutto ciò ch’è nei cieli, e sulla terra. È ricco, e pieno di gloria.

26.  Quand’anche tutto ciò che v’è di alberi sulla terra divenisse penne, quand’anche Dio accrescesse il mare in sette mari (d’inchiostro) le parole di Dio non sarebbero esaurite; egli è possente, e savio.

27.  Vi ha creati come un sol individuo, vi farà risorgere. Dio vede, e sente tutto.

28.  Non vedi che Dio fa entrare il giorno nella notte e la notte nel giorno? Vi ha soggettati il sole, e la luna; l’uno e l’altra seguono il loro corso fino all’epoca stabilita. Dio sa tutto ciò che fate.

29.  Quest’è perchè Dio è la verità stessa, e le divinità che invocate al di lui fianco sono una vanità. Certamente è il Sublime, il Grande.

30.  Non vedi la nave vogar in mare carica di doni di Dio per farvi vedere i suoi insegnamenti? Vi sono in ciò de’ segni per ogn’uomo costante, e riconoscente.

31.  Quando le onde circondano la nave come tenebre, essi invocano Dio con una fede sincera; ma subito che li ha salvati, e resi in terra, alcuno di loro lo mette in dubbio. Ma chi niegherà i nostri miracoli, se non il perfido, l’ingrato?

32.  O uomini! temete il vostro Signore, ed il giorno in cui per poco che sia, il padre non potrà soddisfare per suo figlio, nè il figlio per suo padre.

33.  Le promesse di Dio sono veraci. La vita di questo mondo non vi allucini: l’orgoglio non vi acciechi su Dio.

34.  Dio conosce l’ora. Fa scendere dal cielo la pioggia dirotta. Sa che cosa portano le viscere (delle madri). Niun’anima sa che cosa guadagnerà domani8, niun’anima sa in qual contrada morrà.


Note

  1. Vedi la nota del versetto 11.
  2. Questo versetto, ed il seguente, erano diretti contro un certo Nodhar-ebn-el-Hareth, che aveva riportato dal suo viaggio in Persia i racconti delle gesta di Rustam, e d’Isfendiar, due de più famosi eroi di quel paese, e ne leggeva dei passi ai coreiciti, facendo osservare che queste istorie erano ben superiori a quelle del Corano.
  3. Alla lettera: come se avesse un peso alle orecchie.
  4. Lokman, di cui si parla qui, è un personaggio celebre fra gli arabi per la sua saviezza, e perciò si aggiunge sempre al di lui nome l’epiteto (al hakim)’il savio. Fra i fatti relativi alla storia degli arabi prima di Maometto, si trova che gli Aditi, popolo d’Arabia, soffrendo la siccità, avevano mandato dei messaggi al tempio della Mecca per implorare l’acqua. Uno di questi fu un tal Lokman, ma i commentatori fanno osservare che quel Lokman, non dev’esser confuso col personaggio mentovato nel Corano. Questi dicono, (e ciò come sempre senza citare la prova di alcun’autorità) era figlio di Baura figlio di Giobbe; visse mille anni e giunse così fino ai tempi di Davidde, da cui apprese la saviezza; prima di quell’epoca era consultato in materia di diritto. Altri aggiungono che Dio gli avesse dato a scegliere fra il dono della profezia, e quello della saviezza, e ch’egli avrebbe scelto quell’ultima. Un’altra tradizione conservata presso i poeti, ci dice che Dio gli aveva accordata l’età di sette falchi l’uno dopo l’altro, ciò che lo porterebbe a 560 anni. Quei che lo fanno contemporaneo di Davidde aggiungono che Lokman, vedendo Davidde lavorare ad una gonna di maglia (ved. cap. 21, vers. 80, e cap. 34, vers. 10,) volle domandargli come faceva, ma che fedele al suo spirito di saviezza, si tacque, ed a forza d’attenzione comprese che Dio rendeva il ferro flessibile come la cera nelle mani di Davidde. Tutti questi dettagli de’ quali sarebbe inutile voler ricercare l’origine, e l’autenticità fanno di Lokman un modello di discretezza, di riservatezza, e d’amabilità, ciò che viene confermato da questo passo del Corano.
    Si sa ch’esiste in arabo una raccolta di favole che porta il nome di Lokman il Savio. L’analogia che si osserva fra i soggetti di queste favole, e quelle di Esopo, farebbe persuadere dell’identità dei due personaggi. In appoggio di questa ipotesi verrebbe la caratteristica di Lokman riportata dagli scrittori orientali. Dicono ch’egli era un negro del paese de’ negri d’Egitto, e schiavo; secondo altri era falegname, sarto, calzolajo, pastore; ed abbiamo già detto ch’era un giureconsulto ordinario e rozzo, con grosse labbra. Un giorno che qualcuno lo guardava con disprezzo per il suo colore, e per le labbra, egli rispose che il suo viso era negro, ma che il suo cuore era bianco (puro) e che le sue grosse labbra distillavano parole sottili. Gli si attribuisce ancora di aver recato delle lingue quando gli si domandava cosa v’era di meglio al mondo, e similmente delle lingue quando gli si domandava cosa v’era di peggio. Si vuole infine nel nome di suo figlio Anaam vedere Enno figlio di Esopo. Ma senza arrestarci sul valore di questi dettagli, chiameremo soltanto l’attenzione del lettore sulla maniera con cuí Maometto cerca ad impadronirsi di tutti i nomi celebri che al suo tempo erano in voga presso gli arabi, e mette nella bocca di questi personaggi la sua dottrina.
  5. Il di cui nome era Anaam come abbiamo veduto nella nota precedente.
  6. Rivenire a Dio significa pentirsi.
  7. Non bisogna camminare troppo presto, nè troppo piano.
  8. Cioè, niun uomo sa se meriterà domani una ricompensa, od un gastigo.