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Cucina teorico-pratica/Parte seconda/2

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Parte seconda - Cap. II. Delle diverse cotture del zucchero, e suo uso

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Parte seconda - Cap. II. Delle diverse cotture del zucchero, e suo uso
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CAPITOLO II.


Delle diverse cotture di zucchero e suo uso.


Varie sono le cotture del zucchero, e ciascuna ha il suo uso. La loro gradazione succede, continuando a bollire come segue.

Per ogni terzo di zucchero prendi mezza caraffa d’acqua, che porrai in un polsonetto, o casseruola, ci frollerai due chiara d’ovi col frollatojo della ciccolata, e quando si sarà elevata la schiuma sull’acqua, ci mescolerai il zucchero, e così lo porrai sulla fornella col foco, che non sia molto forte (in caso diverso sortirebbe bollendo tutto); quando vedi, che la schiuma si riunisce fermentando, e si stacca dalla casseruola, allora con la mescola bucata la toglierai, e la verserai in un passa brodo, con un vase al disotto, onde non perdere quel zuchero che sgocciolerà dalla schiuma, e che unirai ancora nella casseruola, polsonetto, o caldaja che fusse, secondo il quantitativo che te ne bisognerà. [p. 193 modifica] Fatta questa prima operazione, verrai alla esecuzione delle diverse cotture del giulebbe che io ne stabilisco dieci, cioè,

La prima cottura chiamasi il piccolo lissè che conoscerai, mettendoci entro un dito destramente, e quindi toccandolo coll’altro, e poscia aprendolo forma un sottil filo, che si spezza. (Questo è buono per lavorare qualunque crema.)

La seconda cottura la chiamo il grande lissè e questa ha un bollo di più della precedente, conoscendone la sua precisione, con eseguirne lo stesso mezzo di sopra, però che il filo non si rompe così facilmente (Questo l’è buono per li rosolj meno cremati).

La terza passando alla gradazione di un bollo di più, la chiamo il piccolo perlèe perchè bollendo forma delle grosse perle (Questo giulebbe è proprio per il sorbetto di limone ed altri).

La quarta continuando a bollire ne succede il grande perlèe e lo conoscerai, che bollendo il zucchero forma delle piccole perle rotonde, ed elevate (Questo è proprio per fare il sorbetto di amarene perchè essendo questo molto aspro il bollimento maggiore del zucchero dà più dolcezza, ed è buono ancora per li rosolj i quali vengono molto cremati).

La quinta l’ho denominata la piccola e grande queue de cochon che la riconoscerai bollendo di più il zucchero, e prendendolo colla mescola, e quindi lasciandolo cadere, nella casseruola, o polsonetto si forma attaccando alla mescola come una coda. (Questo l’è ottimo per farci confettare de’ marroni, ovvero castagne sciroppate col prosieguo, che vedrai nell’articolo proprio). La sesta è il soufflè la quale succede [p. 194 modifica]continuando a bollire, e la conoscerai essere giunta a questo punto, quando immergendo la schiumarola nel giulebbe, e soffiando a traverso de’ buchi, ne vedrai uscire delle scintille di zucchero. (Questo giulebbe è ottimo per conservarlo in vasi di fajenza, o bottiglie di cristallo per servirsene al momento, e portarlo a consistenza maggiore, ove il bisogno lo richiedesse).

La settima, che l’ho chiamata la grande plume la riconoscerai, come la precedente, colla diversità, che le scintille debbano essere più forti, ed immergendo la schiumarola nel zucchero, e battendola con la mano, n’escano delle lunghe scintille, si uniscano insieme, e soffiandole si formano in aria come un piumazzo. (Di questa cottura potrai servirtene per la pignolata, come vedrai appresso al suo luogo).

L’ottava poi l’ho dato il nome del piccolo e grande boulet e la conoscerai (sempre facendo bollire un poco dippiù) secondo la teoria sarebbe di bagnare due dita nell’acqua fresca, che terrai sempre pronta, velocemente le immergerai nel zucchero, nel giulebbe, e subito le ritirerai immergendole istantaneamente nell’acqua fresca; ed allora rimenerai colle dita il zucchero, che v’è rimasto attaccato il quale raffreddatosi rimarrà come una pasta molle; questo come ti ho detto è l’osservazione da farsi secondo la teorica, a tutte le pratiche; ma dovendosi eseguire da un dilettante, è necessario, che dia un altro mezzo come conoscere ugualmente questo punto di cottura, assicurandoti; che oh quanto mi spiacerebbe, se le tue dita si scottassero, tanto per questa operazione, come per qualunque altra esperienza, che potesse accagionarti del male, e la ragione l’è chiarissima [p. 195 modifica]perchè non avvertendoti bene, mi bestemieresti sicurissimamente; sicchè veniamo a noi, onde non brugiarti le dita farai cadere in un piattino asciugato delle stille del giulebbe anzidetto, e dopo che si sarà raffreddato lo maneggerai con le dita e vedrai che si ridurrà come una pasta molle, e laddove non vi fusse giunto ancora ci farai dare pochi altri bolli (di questo te ne potrai servire per le mirenghe di riposto, come al suo capitolo vedrai).

La nona cottura l’ho chiamata il cassè e la conoscerai nella medesima maniera della precedent facendone il saggio diversamente perchè bollendo un poco di più acquista maggior consistenza, sicchè velocissimamente immergerai la schiumarola nel giulebbe, e con ugual precocità la tufferai nell’acqua fresca da dove la ritirerai, e tastando le dita su di essa toccando il zucchero vedrai, che quella patina già fatta e raffreddata si france facilmente toccandosi come se caminasse sopra di un ghiaccio. (Questo punto di cottura è ottimo per ravvolgerci le mandorle, e formarne delli diversi lavori di croccande ec.).

La decima finalmente, ed ultima cottura è il caramel poco diversa dalla precedente, prevenendoti, che volendo il caramel oscuro, allora bisogna far bollire soltanto il zucchero con l’acqua a gran foco, e baderai, che il bollo non sorta fuori dal vase, altrimenti tutto si perderà, e ciò, sintantochè sia giunto a quel grado di calore, che desideri. Per il caramel chiaro, che farai come gli altri, lo conoscerai, facendone cadere un poco in un piattino fresco, e raffreddato, vedrai se si è formato come una caramella (questo punto di cottura, che è il più forte, potrai servirtene per fare il zucchero tirato con colori in tante fittuccine [p. 196 modifica]storcigliate) però dandoci un altro punto di cottura a piccolo foco, senza mai rimenarlo sul foco medesimo, altrimenti diverrà il zucchero nel suo stato primiero.

Volendo dunque eseguire il zucchero torto, per farne libbre tre di diversi colori ci bisogna un rotolo e mezzo di zucchero, che farai in giulebbe come sopra; e quando l’avrai tirato all’ultimo descritto punto di cottura, potrai lavorare il zucchero filato nel modo seguente. Farai sulla tavola di marmo un unto o di oglio di mandorle dolci, o di nocelle (purchè queste non abbiano cattivo odore, come spesse volte avviene) e su di esso verserai il detto zucchero, quindi raffreddato che si sarà, ma non molto, da potersi per un dilettante maneggiare fra le mani onde non si scotti, ci porrai quel senso che ti piacerà, ed il colore, e lo mescolerai, tal quale, come se più volte avrai veduto lavorare li così detti franfellicchi, maneggiando dunque questa pasta con il senso, ed il colore e quando sarà giunto precisamente al colore argentino l’è giusto il punto da poterne lavorare le fittuccine, avvolgendo la pasta anzidetta in uno dei fusi di busso che farai tenere ad un altra persona altrimenti facendolo da te solo ti mancherà il tempo, ed il zucchero s’indurirà, e nulla potrai fame dippiù; le fittuccine le farai di quella lunghezza che ti piace, oppure potrai formarne delle nocchette, delle lettere, ec.


avvertimento.


Se per caso qualche volta avrai mancato ai gradi di cottura, che vorrai fare, perchè ti sarai alienato, dirigendo il pensiero altrove, o discorrendo con qualche Signorina, che il cor più [p. 197 modifica]del giulebbe t’impegnava, basta che te ne avvedi, ci rimetterai alquanto d’acqua fresca, e facendo ribollire il tuo giulebbe, lo ridurrai come vuoi (purchè non siasi attaccato sul fondo del polsonetto, e che avesse preso già qualche cattivo gusto), allora mio caro pagherai il fio della tua alienazione, con far punto, e da capo; e laddove ti sgomentasse che il bollimento del zucchero sia molto forte, e che uscisse dall’orlo del vase, o per causa di molto foco, o che non avrai adattata la proporzione del vase medesimo, ti suggerisco il mezzo, come al momento rimediare, senza togliere il polzonetto, o caldaja dal foco medesimo ci tufferai due stille di latte, oppure quanto una testa di spillone di cera.