Dal Misogallo (Alfieri, 1912)/Sonetto XXVI

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Sonetto XXVI

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Sonetto XXVI.

18 luglio 1794.

XVI.   Χρὴ δὲ σιγᾷν, μὴ μόνον τῇ γλώττῇ, πολὺ δὲ μᾶλλον τῇ ψυχῇ.

Polibio, lib. IX, cap. 18.

Ed è forza il tacersi, non pur con la lingua, ma vieppiú assai con l’animo.

La militar tirannide Romana
Ch’oltre ogni Re fa i Cesari nefandi,1
E quella dei Decemviri esecrandi,
4 Cui seppe il fier Virginio alfin far vana;2
E la pretesca nostra Itala, e Ispana,
Dei mostri inquisitori abominandi;3

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E quella dei Tedeschi, e Russi brandi,4
8 Che con un voglio ogni ragione appiana;
E quant’altre fur mai, sono, e saranno
Pria che davver la servitú rincresca
11 All’uomo, illuminato dal suo danno:
Un fior son tutte, una piacevol tresca5
Da far gola, ed invidia a quei che stanno
14 Godendo in Gallia libertà Francesca.6


Note

  1. 1-2. Allude l’A. a quel tumultoso periodo, in cui gli Imperatori erano prima eletti, poi spodestati od uccisi dai Pretoriani, periodo che va da Elvio Pertinace (193 d. C.) a Carino (285 d. C.).
  2. 3-4. I Decemviri furono eletti perché ponessero in iscritto le leggi fino a quel tempo semplicemente orali, e la loro potenza ebbe termine col sacrificio della bella Virginia.
  3. 5-6. Nostra, si sottintende tirannide; nel Filippo l’A. coraggiosamente colpí l’opera della Inquisizione, e sdegnose parole scrisse contro di essa nel cap. 8° del l. I, della Tirannide: «La inquisizione, quel tribunale sí iniquo, di cui basta il nome per far raccapricciare d’orrore, sussiste pur tuttavia piú o meno potente in quasi tutti i paesi cattolici. Il tiranno se ne prevale a piacer suo; ed allarga, o ristringe la inquisitoria autorità, secondo che meglio a lui giova. Ma, questa autorità dei preti e dei frati, (vale a dire della classe la piú crudele, la piú sciolta da ogni legame sociale, ma la piú codarda ad un tempo), quale influenza avrebbe ella per se stessa, qual terrore potrebbe ella infondere nei popoli, se il tiranno non la assistesse e munisse colla propria sua forza effettiva?».
  4. 7. Ricordisi con quanta fretta l’A. rivolse il piede dalla «universal caserma prussiana» e come lo urtasse e lo nauseasse ogni ‘moscoviteria’ (Aut., III, 9°).
  5. 12. Un fior, una cosa gentile e gradita. — Tresca, nel significato di bazzecola, inezia come nel Malmantile del Lippi, (XII, 10°).
  6. 14. Francesca, per Francese dicevano frequentemente gli antichi: cosí Dante, anche fuor di rima (Inf., XXIX, 123).